Aristotele - È egoista chi ama se stesso?


Immagine Aristotele
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel nono libro dell'Etica Nicomachea, Aristotele discute dell'origine dei legami di amicizia, fondamentali per la vita umana, individuando l'amore per se stessi come loro fondamento. Questo amore primordiale, che porta ciascuno a cercare il proprio bene, è alla base della capacità di estendere questo desiderio di bene agli altri, condividendo un modo di essere o donando qualcosa di prezioso, come accade con un figlio. Aristotele parte dall'opinione comune che considera egoista chi ama se stesso, ma argomenta che chi è virtuoso non ama se stesso ciecamente, bensì cerca il proprio sviluppo migliore, diventando così benefico verso gli altri. Con questa tesi, Aristotele introduce un tema dibattuto sia nell'antichità che nella modernità: il concetto di philautìa, l'"amore di sé", che può essere considerato la radice di ogni vizio o, al contrario, la fonte di perfezionamento e un sacro dovere.


Lettura


Ci si pone anche il problema se si debba essere amici soprattutto di se stessi o di qualcun altro. Infatti si rimproverano coloro che sono amici soprattutto di se stessi e li si denomina in senso dispregiativo «egoisti». Ed è opinione comune che colui che è cattivo compia ogni azione per se stesso e tanto più quanto più è malvagio – e per questo lo si accusa, per esempio, di non fare nulla che prescinda da se stesso – e che colui che è virtuoso faccia invece ogni cosa a motivo del bello, e quanto più è virtuoso tanto più agisca a motivo del bello ed in vista dell'amico e trascuri il suo interesse.

Ma i fatti sono in disaccordo con queste affermazioni e non senza ragione. Si dice infatti che bisogna essere amici in massimo grado di colui che è il migliore amico e l'amico migliore è colui che volendo ciò che è buono per qualcuno, lo vuole in vista di quello, anche se nessuno lo saprà. Queste caratteristiche si riscontrano al più alto grado nel rapporto dell'individuo con se stesso e così anche tutte le altre in base alle quali si definisce l'amico.

Si è detto infatti che tutti i sentimenti di amicizia partono dall'individuo stesso e si estendono agli altri. E tutti i proverbi sono concordi, come «un'anima sola», «comuni sono le cose degli amici», «affezione è uguaglianza» e «il ginocchio è più vicino della gamba»: tutti questi detti, infatti, si potrebbero applicare soprattutto al rapporto con se stessi, poiché è di se stessi che si è amici in massimo grado.

E dunque soprattutto se stessi bisogna fare oggetto d'amicizia. A buon diritto pertanto ci si interroga su quale delle due opinioni si debba seguire, avendo entrambe una loro credibilità. Dunque bisogna senza dubbio tenere distinti tali ragionamenti e definire in quale misura ed in quale aspetto l'uno e l'altro siano veri. Se quindi comprendessimo in quale senso ciascuno intende l'egoismo, forse si farebbe chiarezza.

Coloro che riducono ad un'offesa chiamano «egoisti» gli uomini che assegnano a se stessi la parte maggiore in fatto di ricchezze, onori e piaceri del corpo; sono infatti queste le cose che la moltitudine desidera ed è riguardo ad esse che si affanna, ritenendo che siano i massimi beni; e perciò sono anche oggetto di contesa. Pertanto coloro che si prendono una parte eccessiva di questi beni, godono dei desideri e in generale delle passioni e della parte irrazionale dell'anima.

Tale è la moltitudine e per questo dalla moltitudine, che è cattiva, proviene l'epiteto: giustamente allora si rimproverano coloro che sono egoisti in questo modo. È chiaro, poi, che sono coloro che attribuiscono a se stessi tali beni ad essere solitamente detti dalla moltitudine egoisti; se infatti uno si desse sempre la pena di compiere, egli stesso e prima di ogni altra cosa, ciò che è giusto oppure saggio, o qualunque altra delle cose conformi alle virtù e, in generale, procurasse sempre a se stesso ciò che è bello, nessuno direbbe che costui è egoista e neppure lo biasimerebbe.

Tuttavia si dovrebbe ritenere egoista in misura maggiore l'uomo di tal genere, perché egli attribuisce a se stesso le cose più belle e i più grandi beni, gode della parte dominante di sé e in tutto obbedisce ad essa. Come è opinione comune che una città e ogni altro organismo consistano soprattutto nella parte dotata di maggiore autorità, così anche l'uomo: «egoista» pertanto è colui che ama soprattutto questa parte e di essa si diletta. E un uomo si dice intemperante e temperante in base al fatto che l'intelletto domini oppure no, nella convinzione che ciascuno si identifichi con esso; e si ritiene di avere compiuto da soli e volontariamente soprattutto le cose che si accompagnano alla ragione.

È chiaro dunque che ciascuno è, o è soprattutto, questa parte , come anche è chiaro che è soprattutto questa ad essere amata dal virtuoso. Perciò egli sarà estremamente egoista, ma secondo una specie d'egoismo diversa da quella che viene biasimata, e differendone tanto quanto il vivere secondo ragione differisce dal vivere secondo passione e il desiderare ciò che è bello dal desiderare ciò che sembra essere vantaggioso.

Tutti dunque approvano e lodano coloro che si impegnano in modo eccezionale per le azioni belle; e nel caso in cui tutti contendessero in vista di ciò che è bello e si sforzassero di compiere le cose più belle, da un lato nella comunità si avrebbe tutto ciò di cui si ha bisogno e dall'altro, in privato, ciascuno avrebbe i beni più grandi, se appunto la virtù è una tal cosa.

Conseguentemente colui che è buono deve essere egoista (egli infatti trarrà godimento dal fare ciò che è bello e procurerà dei vantaggi agli altri), mentre non lo deve il malvagio: egli danneggerà se stesso e coloro che gli sono vicini seguendo cattive passioni. Dunque per il malvagio ciò che deve fare discorda da ciò che fa, mentre il virtuoso fa ciò che deve fare, poiché ogni intelletto sceglie quel che è la cosa migliore per lui stesso e il virtuoso obbedisce all'intelletto.


Guida alla lettura


1) Quale significato viene dato in genere all'amore di sé?
Nel testo presentato, l'amore di sé, o "philautìa", viene discusso come un concetto centrale per comprendere i rapporti umani e l'etica secondo Aristotele. In generale, l'amore di sé è considerato come l'origine di tutti i rapporti di amicizia, poiché si ritiene che sia naturale per gli individui desiderare il proprio bene e cercare ciò che è migliore per sé stessi. Aristotele argomenta che questo amore di sé, quando adeguatamente sviluppato, porta alla capacità di trasferire il desiderio di bene agli altri, contribuendo così alla virtù e al beneficio della società nel suo complesso.

Tuttavia, il significato dato all'amore di sé può variare a seconda del contesto culturale, filosofico o psicologico. In generale, può essere interpretato come la cura di sé stessi, la consapevolezza dei propri bisogni e desideri, nonché il rispetto e l'apprezzamento di sé stessi. Questo concetto può essere visto sia in una luce positiva, come fondamento per il benessere personale e il miglioramento individuale, sia in una luce negativa, se interpretato come egoismo o narcisismo eccessivo.

Nel contesto aristotelico, l'amore di sé è visto come una base per l'amicizia e il perseguimento del bene comune ma anche come un elemento da bilanciare con l'amore per gli altri e il rispetto delle virtù morali.

2) A quali persone è legittimo attribuire l'epiteto di egoisti, secondo Aristotele?
Secondo Aristotele, è legittimo attribuire l'epiteto di egoisti a coloro che attribuiscono a se stessi principalmente ricchezze, onori e piaceri del corpo, desiderati dalla moltitudine e considerati i massimi beni da quest'ultima. Queste persone si prendono una parte eccessiva di tali beni e godono dei desideri e delle passioni, dimostrando un comportamento che si conforma alla parte irrazionale dell'anima. Aristotele specifica che sono soprattutto coloro che si dedicano a tali beni ad essere considerati egoisti dalla moltitudine. Tuttavia, Aristotele suggerisce che se un individuo si impegnasse principalmente nel compiere azioni giuste, sagge, virtuose e si procurasse ciò che è bello e conforme alle virtù, non verrebbe considerato egoista, né sarebbe biasimato.

3) Chi, pur amando molto se stesso, non è mai egoista?
Secondo Aristotele, una persona che ama molto se stessa ma non è mai considerata egoista è quella che agisce sempre in conformità con la virtù. Questo individuo, pur amando se stesso, non si limita a perseguire il proprio interesse personale, ma agisce secondo ciò che è giusto, saggio e bello, in armonia con le virtù. In altre parole, egli si impegna costantemente per compiere azioni virtuose che portano beneficio non solo a sé stesso ma anche agli altri. Questo comportamento altruistico e virtuoso contraddistingue l'amore di sé da un egoismo dispregiativo.

4) Che rapporto c'è tra amore di sé e amicizia per gli altri?
Il concetto di "amore di sé" (philautìa) secondo Aristotele è fondamentale nel determinare la natura delle relazioni di amicizia. Aristotele argomenta che l'amore per sé stessi è la base da cui derivano la capacità di trasferire il desiderio di bene agli altri. In altre parole, il modo in cui una persona si ama e si cura influisce direttamente sul modo in cui agisce nei confronti degli altri. Questo amore per sé stessi non è necessariamente egoismo nel senso dispregiativo, ma piuttosto un riconoscimento e una valorizzazione della propria dignità e del proprio benessere.

Quando una persona ama se stessa in modo virtuoso, cerca di realizzarsi al meglio e di perseguire ciò che è buono per sé. Questo porta naturalmente ad agire in modo benefico verso gli altri, poiché il desiderio di bene e il rispetto per la dignità altrui sono estensioni di quello che si prova per sé stessi. In altre parole, l'amore di sé può essere una fonte di virtù che si estende agli altri attraverso l'amicizia.

Quindi, c'è un legame profondo tra l'amore di sé e l'amicizia per gli altri secondo Aristotele. L'amore di sé virtuoso può essere la base su cui si fondano le relazioni di amicizia, poiché porta a un desiderio genuino di bene e di condivisione con gli altri.

5) Che cosa significa seguire la parte dominante per il virtuoso?
Nel contesto dell'etica aristotelica, seguire la parte dominante per il virtuoso significa agire in accordo con la ragione e la virtù. Aristotele distingue tra due parti dell'anima: la parte razionale e la parte irrazionale. La parte razionale è associata alla ragione, alla riflessione e alla capacità di prendere decisioni in conformità con la virtù, mentre la parte irrazionale è associata agli impulsi, alle passioni e ai desideri materiali.

Per il virtuoso, seguire la parte dominante significa dare priorità alla parte razionale dell'anima, cioè agire in base alla ragione e alla virtù anziché essere guidato dalle passioni e dai desideri materiali. Ciò implica che il virtuoso si sforza di realizzare il bene e di agire in modo giusto, anche a discapito dei propri desideri personali o delle tentazioni materiali. In altre parole, il virtuoso cerca di dominare le proprie passioni e desideri inferiori in modo da seguire la guida della ragione e perseguire il bene comune.

In sintesi, seguire la parte dominante per il virtuoso significa agire in accordo con la ragione e la virtù, dando priorità al bene comune e al perseguimento del bene morale anziché lasciarsi guidare dalle passioni e dai desideri materiali.


Guida alla Comprensione


1) Spiega il ragionamento per cui il significato stesso dell'amicizia (volere il bene dell'amico) deriva dal rapporto di amore per se stessi.
Il ragionamento che emerge dal testo di Aristotele riguardo al significato dell'amicizia e il suo legame con l'amore per se stessi può essere spiegato nel seguente modo:

Origine dell'amicizia nell'amore per se stessi: Aristotele sostiene che l'amicizia ha origine nell'amore per se stessi. Questo significa che l'individuo desidera il bene per sé stesso e cerca di realizzare il meglio per la propria vita.
Trasferimento del desiderio di bene: Dal momento che ciascuno cerca il bene per sé stesso, questo desiderio può essere trasferito ad altri. Quando si ama qualcuno, si desidera il suo bene come si desidera il proprio. Questo trasferimento del desiderio di bene costituisce la base dell'amicizia.
Volontà di condividere e donare il bene: Aristotele sottolinea che l'amicizia porta a condividere un modo di essere o a donare qualcosa di prezioso per l'altro, come accade ad esempio nei rapporti genitori-figli. Questo atto di condivisione o donazione si basa sulla volontà di far sperimentare agli altri ciò che si ritiene prezioso o positivo, simile a ciò che si desidera per sé stessi.

In sostanza, il ragionamento di Aristotele suggerisce che l'amicizia nasce dall'amore per se stessi poiché il desiderio di bene per sé stesso si estende agli altri, formando così legami di amicizia. Questo concetto sottolinea il legame stretto tra l'amore di sé e la capacità di amare gli altri, poiché il desiderio di bene per sé stesso diventa la base per il desiderio di bene per gli altri.

2) Perché il virtuoso, amando se stesso, non può che esprimersi in belle azioni?
Il concetto di virtù in Aristotele è fondamentale per comprendere perché il virtuoso, amando se stesso, si esprime attraverso belle azioni. Secondo Aristotele, la virtù è un'abitudine o un'abilità che permette all'individuo di agire in conformità con la ragione, raggiungendo il suo scopo in modo eccellente.

Quando una persona è virtuosa, ama se stessa nel senso che desidera il bene per sé. Tuttavia, questo amore per sé non è egoistico nel senso comune del termine, ma piuttosto si basa sulla comprensione e il rispetto delle proprie virtù e del proprio potenziale razionale.

Il virtuoso, quindi, agisce in modo tale da perseguire ciò che è giusto e bello, non solo per sé stesso ma anche per gli altri, poiché riconosce che il vero bene consiste nel vivere una vita virtuosa e armoniosa con gli altri membri della comunità. Le azioni virtuose sono intrinsecamente belle perché sono guidate dalla ragione e mirano al bene comune.

In sintesi, il virtuoso, amando se stesso, si impegna naturalmente in azioni belle perché comprende che agire in conformità con la virtù non solo è vantaggioso per sé stesso ma contribuisce anche al benessere della comunità nel suo insieme.

3) Con l'idea dell'amore di sé del virtuoso, Aristotele delinea un modello di autoperfezionamento, da cui deriva la massima soddisfazione per l'individuo. Perché?
Secondo Aristotele, il concetto dell'amore di sé del virtuoso si basa sull'idea che coloro che perseguono la virtù e si impegnano nel fare ciò che è giusto e bello sono in grado di raggiungere la massima soddisfazione e autoperfezionamento. Questo perché il virtuoso, amando se stesso in modo appropriato, cerca il miglioramento interiore e la realizzazione della propria natura razionale. Inoltre, agendo in base alla ragione e alla virtù, il virtuoso è in grado di contribuire al bene comune e di essere benefico nei confronti degli altri. Di conseguenza, attraverso l'amore di sé inteso come la ricerca della virtù e del bene, l'individuo ottiene la massima soddisfazione personale, insieme alla realizzazione di un'esistenza moralmente significativa e gratificante. Questo modello di autoperfezionamento si fonda sull'idea che la felicità e la realizzazione personale siano strettamente legate alla virtù e alla ricerca del bene sia per sé che per gli altri.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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