Parafrasi e Analisi: "Canto XI" - Divina Commedia - Dante Alighieri
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi
4) Riassunto
5) Figure Retoriche
6) Personaggi Principali
7) Analisi ed Interpretazioni
8) Passi Controversi
Scheda dell'Opera
Autore: Dante Alighieri
Prima Edizione dell'Opera: 1321
Genere: Poema
Forma metrica: Costituita da tre versi di endecasillabi. Il primo e il terzo rimano tra loro, il secondo rima con il primo e il terzo della terzina successiva.
Introduzione
Il canto XI dell'Inferno di Dante si colloca al confine tra il sesto e il settimo cerchio, in un momento di pausa narrativa in cui il poeta, guidato da Virgilio, si sofferma per riflettere sulla struttura morale e teologica dell'oltretomba. È un canto di grande rilievo dottrinale, in cui emerge il rigoroso schema logico con cui Dante organizza i peccati nell'aldilà, ispirandosi a fonti filosofiche e teologiche come Aristotele, Cicerone e Tommaso d'Aquino. Qui viene spiegata la suddivisione del peccato in base alla sua gravità e intenzionalità, introducendo il tema della violenza e della frode che saranno trattati nei cerchi successivi.
Testo e Parafrasi
In su l'estremità d'un'alta ripa che facevan gran pietre rotte in cerchio, venimmo sopra più crudele stipa; e quivi, per l'orribile soperchio del puzzo che 'l profondo abisso gitta, ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio d'un grand'avello, ov'io vidi una scritta che dicea: ‘Anastasio papa guardo, lo qual trasse Fotin de la via dritta'. «Lo nostro scender conviene esser tardo, sì che s'ausi un poco in prima il senso al tristo fiato; e poi no i fia riguardo». Così 'l maestro; e io «Alcun compenso», dissi lui, «trova che 'l tempo non passi perduto». Ed elli: «Vedi ch'a ciò penso». «Figliuol mio, dentro da cotesti sassi», cominciò poi a dir, «son tre cerchietti di grado in grado, come que' che lassi. Tutti son pien di spirti maladetti; ma perché poi ti basti pur la vista, intendi come e perché son costretti. D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista, ingiuria è 'l fine, ed ogne fin cotale o con forza o con frode altrui contrista. Ma perché frode è de l'uom proprio male, più spiace a Dio; e però stan di sotto li frodolenti, e più dolor li assale. Di vïolenti il primo cerchio è tutto; ma perché si fa forza a tre persone, in tre gironi è distinto e costrutto. A Dio, a sé, al prossimo si pòne far forza, dico in loro e in lor cose, come udirai con aperta ragione. Morte per forza e ferute dogliose nel prossimo si danno, e nel suo avere ruine, incendi e tollette dannose; onde omicide e ciascun che mal fiere, guastatori e predon, tutti tormenta lo giron primo per diverse schiere. Puote omo avere in sé man vïolenta e ne' suoi beni; e però nel secondo giron convien che sanza pro si penta qualunque priva sé del vostro mondo, biscazza e fonde la sua facultade, e piange là dov'esser de' giocondo. Puossi far forza ne la deïtade, col cor negando e bestemmiando quella, e spregiando natura e sua bontade; e però lo minor giron suggella del segno suo e Soddoma e Caorsa e chi, spregiando Dio col cor, favella. La frode, ond'ogne coscïenza è morsa, può l'omo usare in colui che 'n lui fida e in quel che fidanza non imborsa. Questo modo di retro par ch'incida pur lo vinco d'amor che fa natura; onde nel cerchio secondo s'annida ipocresia, lusinghe e chi affattura, falsità, ladroneccio e simonia, ruffian, baratti e simile lordura. Per l'altro modo quell'amor s'oblia che fa natura, e quel ch'è poi aggiunto, di che la fede spezïal si cria; onde nel cerchio minore, ov'è 'l punto de l'universo in su che Dite siede, qualunque trade in etterno è consunto». E io: «Maestro, assai chiara procede la tua ragione, e assai ben distingue questo baràtro e 'l popol ch'e' possiede. Ma dimmi: quei de la palude pingue, che mena il vento, e che batte la pioggia, e che s'incontran con sì aspre lingue, perché non dentro da la città roggia sono ei puniti, se Dio li ha in ira? e se non li ha, perché sono a tal foggia?». Ed elli a me «Perché tanto delira», disse, «lo 'ngegno tuo da quel che sòle? o ver la mente dove altrove mira? Non ti rimembra di quelle parole con le quai la tua Etica pertratta le tre disposizion che 'l ciel non vole, incontenenza, malizia e la matta bestialitade? e come incontenenza men Dio offende e men biasimo accatta? Se tu riguardi ben questa sentenza, e rechiti a la mente chi son quelli che sù di fuor sostegnon penitenza, tu vedrai ben perché da questi felli sien dipartiti, e perché men crucciata la divina vendetta li martelli». «O sol che sani ogni vista turbata, tu mi contenti sì quando tu solvi, che, non men che saver, dubbiar m'aggrata. Ancora in dietro un poco ti rivolvi», diss'io, «là dove di' ch'usura offende la divina bontade, e 'l groppo solvi». «Filosofia», mi disse, «a chi la 'ntende, nota, non pure in una sola parte, come natura lo suo corso prende dal divino 'ntelletto e da sua arte; e se tu ben la tua Fisica note, tu troverai, non dopo molte carte, che l'arte vostra quella, quanto pote, segue, come 'l maestro fa 'l discente; sì che vostr'arte a Dio quasi è nepote. Da queste due, se tu ti rechi a mente lo Genesì dal principio, convene prender sua vita e avanzar la gente; e perché l'usuriere altra via tene, per sé natura e per la sua seguace dispregia, poi ch'in altro pon la spene. Ma seguimi oramai, che 'l gir mi piace; ché i Pesci guizzan su per l'orizzonta, e 'l Carro tutto sovra 'l Coro giace, e 'l balzo via là oltra si dismonta». |
Sull'orlo di un alto scoscendimento (ripa), delimitato (che facevan) in cerchio da numerosi massi (gran pietre) spaccati (rotte), giungemmo sopra un affollamento di anime (stipa) sottoposte a più crudeli tormenti (più crudele); e là, a causa (per) dell'insopportabile eccesso (soperchio) del fetore che emana (gitta) il baratro infernale (profondo abisso), ci accostammo, indietreggiando (in dietro), al coperchio di un grande sepolcro (avello), su cui vidi una scritta che diceva: "Custodisco (guardo) papa Anastasio, che Fotino distolse (trasse) dalla retta dottrina della fede (via dritta)". «La nostra discesa deve (conviene) essere ritardata (tardo), in modo che prima l'olfatto (il senso) si abitui (s'ausi) un po' al fetore (tristo fiato); poi non ce ne sarà (no i fia) più bisogno (riguardo)». Così disse il maestro; e io: «Cerca di trovare (trova) una compensazione (a questa forzata perdita di tempo) (Alcun compenso), in modo che (che) il tempo effettivamente non vada perduto». Ed egli: «Sto proprio pensando a questo». «Figliolo», aggiunse poi, «all'interno del burrone delimitato da questi massi (dentro da cotesti sassi) vi sono tre cerchietti, digradanti (di grado in grado) come i precedenti (que' che lassi). Sono tutti pieni di dannati (spirti maladetti); affinché poi, quando scenderai nei cerchi successivi, ti sia sufficiente (ti basti) soltanto (pur) il vedere questi spiriti (la vista), cerca di capire bene (intendi) in che modo e per quale motivo essi sono così stipati (costretti). Il fine di ogni mala azione (malizia) che merita la condanna (odio) divina è l'infrazione del diritto (ingiuria), e ogni scopo del genere (ogne fin cotale) danneggia (contrista) gli altri (altrui) o con la forza o con la frode. Ma poiché la frode è vizio (male) proprio dell'uomo, offende maggiormente (più spiace) Dio; e per questo (e però) i fraudolenti sono collocati più in basso (stan di sotto) e sono sottoposti a pene più gravi (più dolor li assale). Il primo dei tre cerchietti (ossia il settimo cerchio) è tutto dei violenti; ma poiché si può far violenza (si fa forza) contro tre categorie di persone (a tre persone), esso è diviso (distinto) e ordinato (costrutto) in tre gironi. Si può (si pòne) far violenza a Dio, a se stessi e al prossimo, sia nei confronti delle persone stesse (in loro) che dei loro averi (in lor cose), come udrai attraverso un chiaro ragionamento (con aperta ragione). Nei confronti del prossimo si possono provocare (si danno) morte violenta (per forza) e ferite (ferute) dolorose, e nei confronti dei suoi averi devastazioni (ruine), incendi e rapine (tollette) dannose; per cui (onde) il primo di questi gironi tormenta tutti gli omicidi e coloro che provocano danno fisico (fiere = feriscono) ingiustamente (mal), guastatori (provocatori di ruine) e predoni, raggruppati in diverse schiere. Si può (Puote omo) essere violenti (avere... man vïolenta) contro se stessi (in sé) e contro i propri averi (beni); e perciò è necessario (convien) che nel secondo girone si penta inutilmente (sanza pro) chiunque si priva della vita (priva sé del vostro mondo, ossia i suicidi), giocando d'azzardo sperpera (biscazza) e distrugge (fonde) le proprie sostanze (sua facultade) e piange poi (i beni perduti) nel mondo (là), dove invece avrebbe dovuto (de') vivere felice (facendo giusto uso delle proprie ricchezze). Si può (Puossi) far violenza contro Dio (deïtade), negandolo nel proprio cuore (col cor) e bestemmiandolo, disprezzando (spregiando) natura e arte (sua bontade); e per questo il terzo (minor) girone imprime (suggella) col suo marchio (segno) sodomiti (Soddoma) e usurai (Caorsa) e bestemmiatori, che parlano (favella) disprezzando Dio nel proprio cuore. L'uomo (l'omo) può usare la frode, di cui (ond') ogni coscienza sente un intimo rimorso (è morsa), verso (in) chi si fida e verso chi non si fida (fidanza non imborsa). È evidente (par) che quest'ultimo tipo di frode (Questo modo di retro) spezza (incida) solo (pur) il vincolo (vinco) dell'amore naturale (che fa natura); per la qual cosa nel secondo di questi cerchietti (ossia l'ottavo cerchio) si trovano (s'annida) ipocriti (ipocresia), lusingatori (lusinghe), maghi e indovini (chi affattura), falsari, ladri (ladroneccio) e simoniaci, ruffiani, barattieri (baratti) e altri spregevoli peccatori del genere (simile lordura: fraudolenti e seminatori di discordie). Con l'altro modo di usare la frode (Per l'altro modo: verso chi si fida) si dimentica (s'oblia) il vincolo dell'amore naturale (quell'amor.../ che fa natura) e quello che si aggiunge in seguito (ch'è poi aggiunto: rapporti di parentela o di patria ecc.), da cui (di che) nasce (si cria) una fiducia particolare (spezïal); per cui nel cerchio più piccolo (ossia il nono), dove si trova il punto dell'universo in cui (in su che) ha sede (siede) Lucifero (Dite), viene in eterno consumato dai tormenti (è consunto) chi tradisce (trade)». E io: «Maestro, il tuo ragionamento (ragione) si sviluppa (procede) assai chiaramente, e distingue molto bene il basso Inferno (questo baràtro) e i dannati (popol) che esso (ch'e') racchiude (possiede). Ma dimmi: i dannati (quei: gli iracondi) della palude fangosa (pingue), quelli (i lussuriosi) che sono travolti dalla bufera (che mena il vento), quelli (i golosi) flagellati (che batte) dalla pioggia e quelli (gli avari e i prodighi) che si scontrano (s'incontran) insultandosi (con sì aspre lingue), perché non sono (non... sono ei) puniti all'interno della Città di Dite dalle mura infuocate (città roggia), se Dio li ha in odio (in ira)? e se non li ha in odio, perché sono dannati all'Inferno (a tal foggia)?». Ed egli: «Perché il tuo ingegno», disse, «esce tanto dal retto cammino (delira) che è solito percorrere (da quel che sòle)? o forse (o ver) (se non delira) la tua mente è attratta (mira) da altre dottrine (altrove)? Non ti ricordi (rimembra) delle parole con cui l'Etica di Aristotele (la tua Etica) tratta diffusamente (pertratta) delle tre disposizioni peccaminose (che 'l ciel non vole), incontinenza, frode (malizia) e violenza (matta bestialitade)? e come l'incontinenza meno offende Dio e quindi riceve (accatta) una pena meno grave (men biasimo)? Se tu consideri (riguardi) bene tale opinione (sentenza), e richiami (rechiti) alla memoria chi sono i peccatori (quelli) che subiscono (sostegnon) la punizione (penitenza) fuori della Città di Dite (sù di fuor), ti apparirà chiaro (vedrai ben) perché costoro sono separati (dipartiti) dai dannati della Città di Dite (questi felli), e perché la divina giustizia (vendetta) li colpisce con pene meno gravi (men crucciata/ ...li martelli)». «O sole (Virgilio) che risani ogni intelletto (vista) offuscato dal dubbio (turbata), tu mi dai soddisfazione (contenti) a tal punto (sì) quando risolvi i dubbi (solvi), che mi rendi gradito (m'aggrata) il dubitare (dubbiar) non meno che il sapere (saver). Torna ancora un poco indietro (ti rivolvi)», dissi io, «al punto in cui (là dove) dicevi (di') che l'usura offende Dio, e chiarisci (solvi) il mio dubbio ('l groppo)». Egli rispose: «La filosofia aristotelica (Filosofia), per chi è in grado di intenderla, sottolinea (nota), e non soltanto (non pure) in una sola parte, come la natura procede direttamente (lo suo corso prende) dalla mente ('ntelletto) e dal modo di operare di Dio (sua arte); e se tu esamini (note) attentamente (ben) la Fisica aristotelica (tua Fisica), troverai, quasi al principio (non dopo molte carte), che le vostre attività (l'arte vostra) seguono, per quanto possono (quanto pote), l'opera divina, così come il discepolo ('l discente) segue (fa) il maestro; così che la vostra attività è quasi nipote di Dio. Se tu richiami alla mente la parte iniziale del libro della Genesi (lo Genesì dal principio), è voluto da Dio (convene) che gli uomini (la gente) ricavino (prender) dalla natura e dal lavoro (Da queste due) il necessario per vivere (sua vita) e l'incentivo a migliorare le proprie condizioni (avanzar); e poiché l'usuraio (l'usuriere) si comporta in modo diverso (altra via tene:), disprezza (dispregia) la natura in se stessa (per sé) e nella sua figlia (seguace), dal momento che basa (pon) la sua fiducia (spene) in qualcos'altro (in altro: ossia negli interessi sul denaro prestato). Ma ormai seguimi, poiché ritengo opportuno (mi piace) andare ('l gir); perché la costellazione dei Pesci è già salita (guizzan) sull'orizzonte (orizzonta), e il Carro (l'Orsa Maggiore) si estende completamente (tutto... giace) sopra il Coro (il Maestrale, a nord-ovest), e il dirupo ('l balzo) si può discendere (si dismonta) assai più in là (via là oltra)». |
Riassunto
La Tomba di Papa Anastasio (vv. 1-12)
Arrivati al bordo che separa il sesto cerchio dal settimo, Dante e Virgilio sono costretti a fermarsi a causa del terribile fetore che si leva dall'abisso infernale. Trovano rifugio vicino a un sepolcro, che, secondo l'iscrizione, appartiene a Papa Anastasio II, vissuto in un periodo di tensioni tra le Chiese d'Oriente e d'Occidente. Virgilio decide di approfittare della sosta per abituare Dante al cattivo odore prima di proseguire.
La Struttura del Basso Inferno (vv. 13-66)
Durante la pausa, Virgilio spiega a Dante come sono organizzati i cerchi inferiori dell'Inferno. Essi si dividono in tre cerchi sempre più stretti. Il settimo cerchio è dedicato ai violenti, suddivisi in tre gruppi: coloro che usano violenza contro il prossimo, contro se stessi e contro Dio. L'ottavo e il nono cerchio puniscono la frode, considerata un peccato più grave della violenza poiché usa l'intelletto per compiere il male. Nell'ottavo cerchio, suddiviso in dieci bolge, si trovano i fraudolenti verso chi non si fida; il nono cerchio, invece, è riservato ai traditori, che ingannano coloro che si fidano. Al centro di questo cerchio, imprigionato nel ghiaccio, si trova Lucifero.
I Dubbi di Dante sulla Divisione dei Peccati (vv. 67-90)
Dante si interroga sul motivo per cui alcuni peccatori non siano puniti all'interno delle mura della città di Dite. Virgilio spiega che, secondo Aristotele nell'Etica, i vizi umani derivano da tre cause principali: l'incontinenza, la malizia e la violenza bestiale. Tra questi, l'incontinenza offende Dio in misura minore, poiché nasce da una debolezza umana verso le passioni. Per questo, i peccatori incontinenti si trovano fuori dalla Città di Dite.
Il Peccato degli Usurai (vv. 91-115)
Un secondo dubbio di Dante riguarda gli usurai, puniti nel settimo cerchio come violenti contro Dio. Virgilio chiarisce che l'usura è un peccato contro natura, concetto sostenuto sia da Aristotele che dalla Bibbia. Aristotele insegna che la natura è un'opera di Dio, e il lavoro umano, seguendone le leggi, è quasi una prosecuzione divina. La Genesi, inoltre, stabilisce che l'uomo debba procurarsi il sostentamento dal lavoro. Gli usurai, guadagnando solo attraverso il denaro, ignorano queste leggi, offendendo così la natura, l'arte e, indirettamente, Dio stesso. Dopo queste spiegazioni, con l'alba ormai vicina, Virgilio invita Dante a riprendere il viaggio.
Figure Retoriche
v. 8: "Anastasio papa guardo": Anastrofe.
v. 25: "De l'uom proprio male": Anastrofe.
v. 28: "Di violenti il primo cerchio è tutto": Anastrofe.
v. 51: "E chi, spregiando Dio col cor, favella": Iperbato.
v. 65: "Che Dite siede": Anastrofe.
v. 72: "E che s'incontran con sì aspre lingue": Metonimia. Con il termine lingue si sta facendo riferimento agli avari e ai prodighi, ovvero la materia per l'oggetto.
v. 90: "Divina vendetta": Anastrofe.
v. 91: "O sol che sani ogni vista turbata...": Apostrofe.
v. 102: "Non dopo molte carte": Metonimia.
vv. 103-105: "L'arte vostra quella, quanto pote, segue, come 'l maestro fa 'l discente; sì che vostr'arte a Dio quasi è nepote": Similitudine.
vv. 4-5, vv. 6-7, vv. 23-24, vv. 26-27, vv. 31-32, vv. 40-41, vv. 42-43, vv. 57-58, vv. 64-65, vv. 67-68, vv. 83-84, vv. 95-96, vv. 106-107: Enjambements.
Personaggi Principali
Nel canto XI dell'Inferno, Dante e Virgilio non incontrano personaggi specifici, ma il canto si configura come una sorta di momento di riflessione e spiegazione. Virgilio illustra l'ordinamento del basso Inferno e i criteri che regolano la distribuzione delle anime nei cerchi più profondi. Tuttavia, alcuni riferimenti indiretti a figure e categorie di peccatori permettono di tratteggiare i personaggi che popolano questi luoghi:
Papa Anastasio II
Il canto si apre con un riferimento al sepolcro di Papa Anastasio II, identificato come il personaggio sepolto nel luogo dove Dante e Virgilio si fermano a causa del fetore che sale dal basso Inferno. Secondo l'iscrizione, Anastasio è condannato per eresia. La figura di Anastasio è controversa: Dante lo colloca qui seguendo fonti medievali che lo ritenevano responsabile di un'apertura verso dottrine eretiche, sebbene la questione sia oggetto di discussione storica. Questo personaggio rappresenta simbolicamente il legame tra il potere spirituale e le deviazioni dottrinali.
Gli eretici e i peccatori del basso Inferno
Pur non comparendo direttamente, Virgilio descrive i peccatori che abitano i cerchi inferiori, fornendo una panoramica della loro condizione morale e delle colpe che li hanno condotti alla dannazione:
I violenti (Settimo cerchio): Divisi in tre gironi, comprendono coloro che usano violenza contro il prossimo (omicidi e tiranni), contro se stessi (suicidi) e contro Dio (bestemmiatori, sodomiti e usurai). Dante anticipa così l'incontro con i personaggi che troverà nel cerchio successivo, sottolineandone la gravità.
I fraudolenti (Ottavo e Nono cerchio): Sono coloro che usano l'inganno, puniti con pene sempre più severe. Nell'Ottavo cerchio, i fraudolenti verso chi non si fida abitano dieci bolge, ognuna dedicata a una categoria (ad esempio ruffiani, simoniaci, maghi). Nel Nono cerchio, invece, si trovano i traditori, ossia coloro che hanno frodato chi si fidava di loro. Il tradimento culmina con la figura di Lucifero, al centro della terra.
Gli usurai
Dante chiede chiarimenti sul peccato degli usurai, che secondo Virgilio sono collocati nel terzo girone del settimo cerchio. Gli usurai non sono nominati individualmente, ma la spiegazione filosofica fornita da Virgilio permette di delinearne il profilo: si tratta di persone che guadagnano sfruttando il denaro senza lavorare e che per questo commettono una violenza contro la natura e Dio stesso.
Analisi ed Interpretazioni
Il canto in questione rappresenta una pausa nella narrazione, durante la quale Dante introduce un'ampia spiegazione dottrinale sulla struttura morale dell'Inferno. Questa digressione, tra le più approfondite dell'intera opera, prepara il lettore alla discesa nei cerchi più profondi e chiarisce i criteri di suddivisione dei peccati, ispirati alla filosofia di Aristotele e alla teologia medievale.
L'Inferno è organizzato secondo tre grandi categorie di peccati, basate sull'Etica aristotelica: l'incontinenza, la violenza e la malizia. I peccati di incontinenza, come lussuria, gola, avarizia, prodigalità e ira, occupano i cerchi superiori e sono considerati meno gravi poiché derivano da una debolezza dell'animo piuttosto che da un'intenzione malvagia. La violenza e la malizia, invece, appartengono ai cerchi inferiori, poiché implicano un'offesa deliberata verso gli altri o verso Dio. La malizia è il peccato più grave, poiché implica l'uso della ragione per compiere ingiustizie in modo intenzionale.
Attraverso le parole di Virgilio, Dante illustra la suddivisione dei cerchi inferiori. Il VII cerchio è dedicato ai violenti, suddivisi in tre gironi: quelli che commettono violenza contro gli altri e le loro proprietà (tiranni, assassini, predoni); quelli che rivolgono la violenza contro sé stessi e i propri beni (suicidi e scialacquatori); e coloro che offendono Dio e la natura (bestemmiatori, sodomiti, usurai).
Gli ultimi due cerchi riguardano la frode, ritenuta il peccato più grave perché sfrutta deliberatamente la capacità razionale dell'uomo per ingannare. L'VIII cerchio punisce la frode contro chi non si fida, con dieci diversi tipi di peccatori, tra cui seduttori, adulatori, simoniaci e ipocriti. Il IX cerchio, il più profondo, è riservato alla frode contro chi si fida, ossia il tradimento. Questo include coloro che hanno tradito parenti, amici, patria o benefattori, ed è qui che si trova Lucifero, simbolo supremo del tradimento contro Dio.
Un aspetto importante del canto è l'approfondimento sul peccato di usura, che Dante colloca nel girone dei violenti contro Dio e la natura. L'usura è vista come una violazione del disegno divino, poiché l'uomo dovrebbe procurarsi sostentamento attraverso il lavoro, imitazione della natura e della creazione divina. Chi invece trae profitto esclusivamente dal denaro disprezza sia la natura sia l'arte, offendendo direttamente Dio. Questo tema riflette le tensioni sociali dell'epoca di Dante, quando l'usura era diffusa e percepita come un grave pericolo per la convivenza civile.
La narrazione è interrotta da un momento di attesa, causato dal fetore proveniente dal VII cerchio, che costringe Dante e Virgilio a sostare. Questo espediente narrativo permette a Virgilio di esporre i principi morali che regolano l'Inferno e di spiegare come i peccati più gravi siano puniti progressivamente man mano che ci si avvicina al centro della Terra. Tuttavia, alcuni peccati, come quello degli eretici o degli ignavi, sembrano non rientrare perfettamente nella classificazione tradizionale e sono stati oggetto di diverse interpretazioni.
Attraverso questa spiegazione, Dante sottolinea come l'Inferno non sia solo un luogo di punizione, ma anche un riflesso razionale dell'ordine universale voluto da Dio, dove ogni colpa è punita in modo proporzionato alla sua gravità. L'usura, in particolare, viene messa in evidenza come simbolo del disordine morale e sociale che affliggeva l'Italia del tempo, e diventa un esempio emblematico del legame tra peccato personale e corruzione collettiva.
Passi Controversi
Molti studiosi hanno ipotizzato che Dante confondesse papa Anastasio (vv. 8-9) con l'imperatore bizantino Anastasio I, influenzato dal diacono Fotino nell'eresia. Tuttavia, questa teoria è oggi respinta, poiché basata su un canone del Liber Pontificalis (probabilmente non autentico ma ritenuto tale da Dante) che afferma come il papa fosse stato indotto al monofisismo da Fotino.
Nel v. 31, il termine pòne significa "può", con l'aggiunta della particella "-ne" per epitesi. Al v. 44, il verbo biscazza significa "sperpera denaro nel gioco d'azzardo" e deriva dal latino medievale biscatia, che indicava una bisca. Il v. 45 (e piange là dov'esser de' giocondo) si interpreta come "piange sulla Terra i beni perduti, quando dovrebbe invece essere lieto". Sebbene alcuni leggano là come un riferimento al Paradiso, questa ipotesi è poco plausibile.
I sodomiti puniti nel VII cerchio prendono il nome dalla città biblica di Sodoma, distrutta insieme a Gomorra per i peccati dei suoi abitanti, tra cui l'omosessualità. La città di Caorsa, identificabile con Cahors in Francia, è nota per la pratica dell'usura, tanto che nel Medioevo "caorsino" era sinonimo di usuraio. In Paradiso (XXVII, 58), san Pietro usa questo termine per Giovanni XXII, originario di Cahors e accusato di simonia e corruzione.
Nei vv. 58-60, Virgilio elenca otto dei dieci peccati puniti nelle Malebolge, ma in un ordine differente rispetto alla struttura originale, probabilmente senza un motivo specifico. Allo stesso modo, ai vv. 70-72, i peccatori dei primi cerchi sono citati senza seguire un ordine preciso. Nel v. 73, l'espressione la città roggia si riferisce a Dite, circondata da mura arroventate dal fuoco (VIII, 70-75).
I vv. 106-108 evocano il passo della Genesi (3, 17) che descrive il lavoro come punizione per il peccato originale: "Con fatica trarrai nutrimento dalla terra per tutti i giorni della tua vita". Infine, i vv. 112-115 indicano che mancano circa due ore all'alba (sono circa le quattro del mattino). Questa conclusione si basa sul fatto che la costellazione dei Pesci sta sorgendo e quella del Grande Carro si avvia a tramontare verso Nord-Est.
Fonti: libri scolastici superiori