Parafrasi, Analisi e Commento di: "Voi che per li occhi mi passaste 'l core" di Guido Cavalcanti
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte
Scheda dell'Opera
Autore: Guido Cavalcanti
Titolo dell'Opera: Rime
Data: Momento imprecisato della vita di Cavalcanti (1259 ca.-1300), probabilmente più prossimo alla fase della giovinezza
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Sonetto di 14 endecasillabi suddivisi in due quartine e in due terzine. Rime: ABBA ABBA nelle quartine (rima incrociata), CDE CDE nelle terzine (rima ripetuta), dove C ed E sono in assonanza.
Introduzione
"Voi che per li occhi mi passaste 'l core" è uno dei sonetti più celebri di Guido Cavalcanti, poeta toscano del XIII secolo, considerato uno dei principali esponenti dello Stilnovo. Questo componimento, caratterizzato da un'intensa introspezione emotiva e da un raffinato uso delle figure retoriche, rappresenta un perfetto esempio della poetica stilnovista, incentrata sull'amore come esperienza spirituale ed elevata. La poesia esplora il tema dell'amore che, penetrando attraverso gli occhi, raggiunge il cuore dell'amante, provocando una profonda trasformazione interiore. Attraverso l'analisi del testo, possiamo cogliere le sfumature stilistiche, linguistiche e tematiche che rendono questo sonetto un capolavoro della lirica medievale.
Testo e Parafrasi puntuale
1. Voi che per li occhi mi passaste 'l core 2. e destaste la mente che dormia, 3. guardate a l'angosciosa vita mia, 4. che sospirando la distrugge Amore. 5. E' vèn tagliando di sì gran valore, 6. che' deboletti spiriti van via: 7. riman figura sol en segnoria 8. e voce alquanta, che parla dolore. 9. Questa vertù d'amor che m'ha disfatto 10. da' vostr' occhi gentil' presta si mosse: 11. un dardo mi gittò dentro dal fianco. 12. Sì giunse ritto 'l colpo al primo tratto, 13. che l'anima tremando si riscosse 14. veggendo morto 'l cor nel lato manco. |
1. Voi che mi trapassaste il cuore attraverso gli occhi 2. e risvegliaste l'anima che dormiva, 3. prestate attenzione alla mia vita angosciosa 4. che Amore distrugge tormentandola di sospiri. 5. Egli [Amore] viene avanti facendo a pezzi [la mia vita] con così grande forza 6. che i miei fragili spiriti vitali fuggono via: 7. rimane in [mio] potere solo l'aspetto esteriore 8. e quel poco di voce, che esprime dolore. 9. Questa forza di Amore che mi ha distrutto 10. è giunta veloce dai vostri nobili occhi: 11. una freccia mi lanciò nel fianco: 12. il colpo arrivò così dritto al primo tiro 13. che l'anima si ridestò tremante 14. vedendo il cuore ucciso sul lato sinistro. |
Parafrasi discorsiva
Voi che mi trapassaste il cuore attraverso gli occhi e risvegliaste l'anima che dormiva, prestate attenzione alla mia vita angosciosa che Amore distrugge tormentandola di sospiri.
Egli [Amore] viene avanti facendo a pezzi [la mia vita] con così grande forza che i miei fragili spiriti vitali fuggono via: rimane in [mio] potere solo l'aspetto esteriore e quel poco di voce, che esprime dolore.
Questa forza di Amore che mi ha distrutto è giunta veloce dai vostri nobili occhi: una freccia mi lanciò nel fianco: il colpo arrivò così dritto al primo tiro che l'anima si ridestò tremante vedendo il cuore ucciso sul lato sinistro.
Figure Retoriche
Personificazione: v. 4, vv. 5-6, v. 8, vv. 9-11, vv. 13-14: di Amore, percorre l'intero sonetto a partire dal "Amore", "E' vèn tagliando di sì gran valore, / che' deboletti spiriti van via". La sofferenza fisica del poeta è causata dall'azione dilaniante di Amore, raffigurato come vero e proprio personaggio, "voce alquanta, che parla dolore". La voce del poeta è indicata come un essere dalla vita propria, "Questa vertù d'amor che m'ha disfatto / da' vostr' occhi gentil' presta si mosse: / un dardo mi gittò dentro dal fianco.". Amore è raffigurato nella classica rappresentazione cupidina, armato di frecce che generano il sentimento, "che l'anima tremando si riscosse / veggendo morto 'l cor nel lato manco.". Anima e cuore sono raffigurati come due individui che dormono vicini e si svegliano quando il cuore è colpito a morte dall'agguato improvviso di Amore.
Allitterazioni: vv. 1-2, v. 3, v. 12: della s, t, a, e: "Voi che per li occhi mi passaste 'l core/ e destaste la mente che dormia", della a: "guardate a l'angosciosa vita mia". Cavalcanti insiste su questi suoni sibilanti per dare l'idea del sussurro e della debolezza del corpo tormentato, della t: "Sì giunse ritto 'l colpo al primo tratto". Il suono duro imita quello della freccia che si conficca nel cuore.
Apostrofi: v. 1: "Voi". Il componimento è formalmente indirizzato alla donna amata.
Metafore: vv. 9-11, vv. 12-14: "Questa vertù d'amor che m'ha disfatto / da' vostr' occhi gentil' presta si mosse: / un dardo mi gittò dentro dal fianco.", "Sì giunse ritto 'l colpo al primo tratto, / che l'anima tremando si riscosse / veggendo morto 'l cor nel lato manco.". Cavalcanti dipinge l'istante dell'innamoramento con l'immagine di Amore nascosto nell'occhio della donna pronto a sferrare il suo dardo e con la raffigurazione dell'animo che si sveglia destato dall'agguato che lascia al suo fianco il cuore trafitto a morte.
Perifrasi: v. 1: "Voi che per li occhi mi passaste il core". La donna è indicata con questa frase che sottolinea la parte del corpo (gli occhi) che genera l'amore nel poeta.
Antitesi: v. 2: "e destaste la mente che dormia". La comparsa dell'amore è una rivelazione che risveglia improvvisamente l'animo e gli rivela la verità dolorosa del sentimento.
Iperbole: vv. 5-6, vv. 12-14: "E' vèn tagliando di sì gran valore, / che' deboletti spiriti van via". Il sentimento avanza con forza tanto grande nel poeta che il corpo e gli umori degli organi interni ne sono dispersi, "Sì giunse ritto 'l colpo al primo tratto, / che l'anima tremando si riscosse / veggendo morto 'l cor nel lato manco.". Il colpo sferrato da Amore è di precisione e destrezza sovrumana.
Sineddoche: v. 8: "voce alquanta, che parla dolore". Ciò che resta del poeta è solo una debole voce che parla unicamente della sofferenza estrema generata dall'amore.
Analisi e Commento
Storico-letterario
Voi che per li occhi mi passaste 'l core è un sonetto che risale a un momento imprecisato della vita di Cavalcanti (1259 ca.-1300), probabilmente più prossimo alla fase della giovinezza. Le Rime di Cavalcanti sono infatti una raccolta di 52 componimenti tra sonetti, ballate e canzoni giunte sparse nella tradizione letteraria italiana e raccolte in un unico volume solo nel 1813.
Il poeta è una delle più eminenti figure della corrente letteraria diffusasi in Italia tra Duecento e Trecento del "Dolce Stil Novo", secondo la definizione che ne dà Dante Alighieri, che era legato a Cavalcanti da un rapporto di profonda amicizia, nel XXIV canto del Purgatorio dialogando con il rimatore guittoniano Bonagiunta Orbicciani. Il tema principe degli stilnovisti, il cui capostipite è indicato nel poeta bolognese Guido Guinizzelli, autore della canzone-manifesto Al cor gentil rempaira sempre Amore, è la lode della donna amata, creatura di origini celesti assimilata a un angelo e dimostrazione terrena dell'esistenza di Dio per la quale si realizza il percorso verso la salvezza. Il sentimento amoroso è qualcosa che appartiene per natura a chi è "gentile", ossia in possesso di una nobiltà d'animo e una predisposizione che esula dalla semplice nobiltà di lignaggio o di posizione sociale. I discorsi filosofici e teologici degli stilnovisti erano però contrappuntati dalla scelta di uno stile "dolce", sarebbe a dire melodioso, delicato e profondamente studiato nella sua musicalità.
In questo sonetto emerge con forza l'originalità del pensiero di Cavalcanti rispetto agli altri stilnovisti. L'amore è per il poeta un'esperienza che mostra la natura divina ma la scoperta di questo sentimento è per l'uomo che la prova fonte di dolore, angoscia e disfacimento fisico, una sensazione che sconvolge chi ne è affetto come una malattia dilaniante e quasi mortale. Allo sviluppo di queste concezioni, lontane dall'ortodossia religiosa che appartiene invece alla maggior parte dei compagni stilnovisti, contribuiscono l'ateismo e la fede politica del poeta, legato per famiglia ai ghibellini e poi militante nella fazione dei guelfi neri nella Firenze comunale, dove ricoprì a lungo cariche governative prima dell'esilio a cui fu costretto negli ultimi mesi della sua vita.
Tematico
Il sonetto Voi che per li occhi mi passaste 'l core è una rielaborazione del componimento scritto dal maestro Guido Guinizzelli in Lo vostro bel saluto e gentil sguardo, che però capovolge la natura del sentimento amoroso in una descrizione straziante. Il poeta escogita l'intero sonetto come dialogo diretto con la donna amata, chiamata in causa esplicitamente con l'apostrofe e la perifrasi al v. 1.
Gli elementi che vengono utilizzati dal poeta sono quelli tradizionali della rappresentazione dell'amore, come la raffigurazione personificata del sentimento (già a partire dal v. 4) che colpisce, secondo la metafora propria della mitologia classica, armato di frecce attraverso lo sguardo della donna, entra nel corpo e si conficca nel cuore. Questi topoi della letteratura amorosa, sebbene non si discostino affatto dalle modalità classiche dello Stil Novo, prendono tuttavia un colore originalissimo dato dal rigore scientifico con il quale il poeta intende descrivere gli effetti devastanti prodotti da Amore sul proprio corpo. Sostantivi come "spiriti" (v.6) appartengono infatti al linguaggio filosofico-scientifico della tradizione medica medievale, elaborata sulla Teoria degli umori aristotelica dal filosofo e medico arabo Averroè. Gli spiriti o umori sono appunto secondo questa dottrina ciò che trasporta il sangue caldo dal cuore ai diversi organi e il loro equilibrio è ciò che conferisce la salute al corpo umano. Il cuore, che in questo componimento è colpito a morte dal dardo d'amore, resta inanimato e crea perciò un deperimento fisico dilaniante nel poeta che lo conduce alla paura e l'agonia.
Più che realizzare un'espressione diretta di ciò che prova, il poeta intende darne un ritratto drammatico e fisicamente doloroso. Gli spiriti vitali, la voce, il cuore e l'anima (tutti elementi personificati) sono raffigurati come personaggi distinti e attori nella dinamica comune del corpo umano. Il sonetto potrebbe essere dunque interpretato anche come un'azione teatrale in cui vengono allegoricamente descritti i moti intimi attraverso i quali avviene l'innamoramento. Non vi è tuttavia un vero e proprio svolgimento narrativo: le terzine, infatti, ripetono esattamente quanto già esposto nei primi 8 versi e questo elemento è volto ad accentuare il pathos angoscioso di cui si tinge l'atmosfera dipinta da Cavalcanti.
L'ultima terzina approda dunque alla condizione tragica della morte del cuore osservata dall'anima spaurita appena ridestatasi a seguito del colpo scagliato da Amore. Il risveglio dell'intelletto è appunto ciò che l'autore pone come fonte di tormento per l'uomo innamorato. Egli si rende conto di provare qualcosa che gli rivela la fallacia dei propri sensi e lo ostacola verso la sapienza e la conoscenza delle cose, fine ultimo della vita umana secondo la dottrina aristotelica propugnata da Cavalcanti. Avendo ascendenza divina, l'amore è qualcosa che sconvolge perché si trova troppo in alto per la natura umana e la consapevolezza di tale condizione è ciò che getta l'uomo nello sconforto e persino nel disfacimento fisico. Si tratta inoltre di un motivo ripreso e ampiamente sviluppato da Cavalcanti in Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira.
Stilistico
Dal punto di vista metrico Voi che per li occhi mi passaste 'l core è un sonetto di 14 endecasillabi suddivisi in due quartine e in due terzine, disposte secondo lo schema rimico ABBA ABBA nelle quartine (rima incrociata), CDE CDE nelle terzine (rima ripetuta), dove C ed E sono in assonanza. Agli stilnovisti e Cavalcanti si deve inoltre l'elaborazione complessa del genere del sonetto, divenuto poi, grazie all'ulteriore studio e perfezionamento dedicato alla forma da Francesco Petrarca, uno dei metri per eccellenza della lirica italiana.
Molto importanti in Voi che per li occhi mi passaste 'l core sono le scelte lessicali operate da Cavalcanti, che richiamano la tradizione fisiologico-scientifica dell'averroismo e più in generale le concezioni mediche dominanti nel medioevo. Si tratta di una particolarità propria della poesia dell'autore, che ne fa un unicum nel contesto stilnovista di fine Duecento. I verbi utilizzati richiamano il campo semantico della distruzione e della violenza ("distrugge", "tagliando", "gittò", "ha disfatto"). Dal punto di vista sintattico, invece, il poeta crea una forma di contrasto rispetto ai contenuti del sonetto: in linea con la tradizione a cui appartiene, il ritmo dei periodi è piano, simmetrico e coincide sostanzialmente con la spezzatura dei versi (sono infatti del tutto assenti gli enjambements). La paratassi utilizzata mette perciò in risalto ancora di più il lato tragico della passione amorosa di cui il poeta vuole esprimere le dinamiche fisiche.
Lo studio fonico del componimento è altresì molto significativo: la "dolcezza" dell'andamento è enfatizzata attraverso una selezione delle allitterazioni (vv. 1-2: della s, t, a, e: "Voi che per li occhi mi passaste 'l core/ e destaste la mente che dormia"; v. 3: della a: "guardate a l'angosciosa vita mia"; v. 12: della t: "Sì giunse ritto 'l colpo al primo tratto"). La prevalenza dei suoni scelti dal poeta riproduce il sibilo del sussurro: la "voce" (v.8), in altre parole anche la parola poetica, è l'unico flebile suono che il corpo disfatto dell'amante è in grado di produrre. Questo effetto è inoltre contrappuntato da alcuni suoni duri e secchi come quello della "t", che invece vogliono rappresentare il suono prodotto dal dardo precisissimo scagliato da amore che si conficca con rapidità e violenza nel bersaglio. È appunto questo suono (ultima terzina) che desta l'anima, terrorizzata poi dalla sorpresa di trovare al proprio fianco il cadavere del cuore trafitto.
Confronti
La rappresentazione della donna-angelo come apparizione sconvolgente e la nascita dell'amore come fonte d'angoscia sono caratteristiche tipiche della poesia di Cavalcanti e ne troviamo indizio nei suoi più importanti componimenti, da Donna me prega, perch'eo voglia dire a Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira. Il discorso sull'amore tormentato è spesso accompagnato nella poesia dell'autore da teorie scientifiche e razionali sulle quali è poi impostata tutta una concezione del mondo che vuole inconcepibile per l'intelletto umano tutto quanto è emanazione celeste, a partire appunto dalla donna-angelo. L'amore è per il poeta qualcosa che sconvolge il corpo e i sensi, come accade in Perch'i' no spero di tornar giammai:
17. Tu senti, ballatetta, che la morte
18. mi stringe sì, che vita m'abbandona;
19. e senti come 'l cor si sbatte forte
20. per quel che ciascun spirito ragiona.
21. Tanto è distrutta già la mia persona,
22. ch'i' non posso soffrire:
23. se tu mi vuoi servire,
24. mena l'anima teco
25. (molto di ciò ti preco)
26. quando uscirà del core.
Vediamo espressa ancora in questi versi la teoria degli umori corporei, il cui equilibrio è sconvolto dal dibattersi del cuore malato d'amore. Il contesto di questa canzone, tuttavia, è differente rispetto a quello di Voi che per li occhi mi passaste 'l core poiché il poeta si trova – anche se la datazione della canzone resta incerta – davvero in punto di morte, gravemente malato durante l'esilio che precede la sua dipartita dal mondo terreno. Egli invia perciò alla donna amata questa ballata per avere consolazione dalla sua grazia e porre fine alle proprie sofferenze prima di morire. La donna-angelo assume perciò, come accade negli altri stilnovisti, da Dante a Guinizzelli, un potere salvifico e miracoloso.
L'influenza di Cavalcanti non tocca particolarmente i contemporanei, rispetto ai quali egli si distingue piuttosto per la singolarità delle proprie vedute. L'amore tormentato del poeta fiorentino sarà però raccolto in eredità dal Petrarca della prima parte del Canzoniere. Vediamo appunto alcuni passi di Era il giorno ch'al sol si scoloraro:
9. Trovommi Amor del tutto disarmato
10. et aperta la via per gli occhi al core,
11. che di lagrime son fatti uscio et varco:
12. però, al mio parer, non li fu honore
13. ferir me de saetta in quello stato,
14. a voi armata non mostrar pur l'arco.
Il sonetto è uno dei primi del Canzoniere e descrive l'incontro fatale tra il poeta e l'amata Laura, avvenuto durante la processione del Venerdì Santo. Petrarca, come Cavalcanti, descrive la ferita d'amore come quella di un dardo, utilizzando la metafora classica, e si sofferma sul passaggio della figura della donna dagli occhi al cuore, dove essa resta impressa come marchio indelebile e doloroso. Entrambi i poeti, in realtà, applicano le convinzioni scientifiche del loro tempo per dare l'idea di come l'innamoramento li abbia colpiti, attraversando i vari organi del corpo sconquassandone la vitalità e l'equilibrio.
Domande e Risposte
A quale raccolta appartiene Voi che per li occhi mi passaste 'l core?
Voi che per li occhi mi passaste 'l core fa parte delle Rime di Cavalcanti, composte nella seconda metà del Duecento e raccolte in un unico volume solo nel 1813.
Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale del componimento è la descrizione del tormento fisico dato dal sentimento amoroso.
Qual è la forma metrica della lirica?
Voi che per li occhi mi passaste 'l core è un sonetto di 14 endecasillabi disposti secondo lo schema rimico ABBA ABBA nelle quartine (rima incrociata), CDE CDE nelle terzine (rima ripetuta), dove C ed E sono in assonanza.
A quale corrente letteraria appartiene Guido Cavalcanti?
Guido Cavalcanti è uno dei maggiori esponenti del Dolce Stil Novo.
Qual è la particolarità di Cavalcanti rispetto ai poeti contemporanei?
La peculiarità di Cavalcanti è la descrizione dell'amore come fonte di angoscia e tormento.
Quale poeta del Duecento Cavalcanti considerava proprio maestro?
Cavalcanti riconosceva a Guido Guinizzelli la paternità dei concetti e le linee guida dello Stil Novo.
Fonti: libri scolastici superiori