Parafrasi, Analisi e Commento di: "Novembre" di Giovanni Pascoli


Immagine Giovanni Pascoli
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giovanni Pascoli
Titolo dell'Opera: Myricae
Prima edizione dell'opera: 1891
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Strofe saffiche formate da tre endecasillabi ed un quinario a rima alternata, secondo lo schema: ABAb, CDCd, EFEF con parziale assonanza (-aro/-ore, -ante/-ate)



Introduzione


"Novembre" è una delle poesie più celebri di Giovanni Pascoli, contenuta nella raccolta "Myricae". In questa lirica, il poeta descrive l'atmosfera malinconica e contraddittoria del mese di novembre, in cui la natura sembra confondere i segni dell'autunno e della primavera. Pascoli utilizza immagini delicate e suggestive per esprimere il senso di disillusione che accompagna la bellezza effimera di questo periodo, in cui la dolcezza del clima nasconde, però, un'ineluttabile tristezza. La poesia rappresenta uno dei tanti esempi dello stile pascoliano, che si caratterizza per la capacità di cogliere le sfumature più intime e segrete della realtà naturale e interiore.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
2. che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
3. e del prunalbo l'odorino amaro
4. senti nel cuore...

5. Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
6. di nere trame segnano il sereno,
7. e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
8. sembra il terreno.

9. Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
10. odi lontano, da giardini ed orti,
11. di foglie un cader fragile. È l'estate,
12. fredda, dei morti.
1. L'aria è così limpida che sembra una gemma splendente, e il sole è talmente chiaro e luminoso
2. da portarti a ricercare intorno a te con lo sguardo gli albicocchi fioriti,
3. e il profumo penetrante e amarognolo del biancospino ("prunalbo").
4. Immaginare di sentire nel cuore...

5. Ma l'albero di prugne (che fiorisce e dà frutti in estate) è secco e le piante spoglie
6. tracciano disegni neri con il loro profilo scarno nel limpido
7. e vuoto cielo, e vuoto e inerte al passo che risuona
8. sembra il terreno. (=Il passo risuona sul terreno che rimbomba come se fosse vuoto e quindi non fertile.)

9. Tutto intorno c'è estremo silenzio: solo, al soffio del vento,
10. senti da lontano, dai giardini e dagli orti,
11. il lieve crepitio delle foglie secche che cadono dagli alberi ("cader fragile"). È questa l'estate
12. fredda, del mese dei morti (la cosiddetta estate di San Martino (11 novembre) contraddistinta da alcuni giorni di tempo piuttosto mite)



Parafrasi discorsiva


L'aria è così limpida che sembra una gemma splendente, e il sole è talmente chiaro e luminoso da portarti a ricercare intorno a te con lo sguardo gli albicocchi fioriti, e il profumo penetrante e amarognolo del biancospino ("prunalbo") immaginare di sentire nel cuore...

Ma l'albero di prugne (che fiorisce e dà frutti in estate) è secco e le piante spoglie tracciano disegni neri con il loro profilo scarno nel limpido e vuoto cielo, e vuoto e inerte al passo che risuona sembra il terreno. (=Il passo risuona sul terreno che rimbomba come se fosse vuoto e quindi non fertile.)

Tutto intorno c'è estremo silenzio: solo, al soffio del vento, senti da lontano, dai giardini e dagli orti, il lieve crepitio delle foglie secche che cadono dagli alberi ("cader fragile"). È questa l'estate fredda, del mese dei morti (la cosiddetta estate di San Martino (11 novembre) contraddistinta da alcuni giorni di tempo piuttosto mite).


Figure Retoriche


Anastrofi: v. 1, v. 3: "Gèmmea l'aria", "l'odorino amaro senti". Inversioni che creano effetto di dolcezza poetica nella prima strofa.

Allitterazioni: v. 5, v. 6, v. 7, v. 8: Della "s" e della "r": secco, stecchite, nere, trame, segnano, sereno, sonante, sembra.
La sequenza allitterante della seconda strofa richiama l'aridità della natura. L'insistita allitterazione della "s" comunica un'idea di morte, e richiama il XIII canto dell'Inferno, il canto di Pier della Vigna e dei suicidi, che si contraddistingue per il sigmatismo, cioè per la ripetizione del suono –s, attraverso il quale Dante vuole sottolineare l'idea della morte.

Antitesi: v. 5: "Ma secco è il pruno". Rompe il quadro idilliaco creato dall'immaginazione e dona l'immagine reale opposta.

Apostrofi: v. 2: "tu ricerchi". Intero componimento indirizzato a un "tu" impersonale e indefinito.

Ellissi: v. 9: "Silenzio, intorno". L'assenza del verbo essere reggente corrobora l'impressione di vuoto e silenzio.

Ipallage: v. 11: "di foglie un cader fragile". Fragile dovrebbe riferirsi a foglie e non a cader.

Iperbato: vv. 5-8: "Ma secco è il pruno, e le stecchite piante / di nere trame segnano il sereno, / e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante / sembra il terreno". Inversione che crea un ritmo spezzato per dare l'impressione di scarnezza.

Metafore: v. 1: "Gèmmea l'aria", metafora con sinestesia tattile-visiva, l'aria risplende come una gemma.

Ossimori: vv. 11-12: "estate, / fredda". Accostamento di termini che sottolinea il carattere illusorio dell'estate di San Martino.

Polisindeti: vv. 5-8: "Ma secco è il pruno, e le stecchite piante / di nere trame segnano il sereno, / e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante / sembra il terreno". Elenco di elementi paesaggistici che descrivono l'atmosfera decadente e malinconica.

Sinestesia: v. 3, v. 11: "odorino amaro". Fusione di sensi olfattivi e di gusto per evocare l'immersione nella sensazione illusoria, "cader fragile". Immagine visiva e tattile per descrivere la fragilità della foglia morta.


Analisi e Commento


Storico-letterario

Novembre è un componimento che compare già nella prima edizione di Myricae, la prima maggiore raccolta poetica di Giovanni Pascoli, edita nel 1891 e poi man mano aggiornata e ampliata nelle varie edizioni degli anni successivi. Il titolo originale della poesia era San Martino, in riferimento all'omonima e celebre lirica di Giosuè Carducci, che Pascoli prende come spunto e ridiscute nei temi centrali.

La raccolta Myricae deve il suo titolo a un termine latino spesso utilizzato da Virgilio e traducibile come "piccoli arbusti". Esso rinvia al mondo naturale, il quale viene interpretato dal poeta in chiave simbolica. Pascoli descrive nel dettaglio il proprio fare poetico nel saggio Il fanciullino, datato 1897: la poesia deve essere ricercata negli oggetti semplici e quotidiani o nei comuni paesaggi naturali che ci circondano. Il poeta è capace di risvegliare quella capacità di stupirsi e meravigliarsi nascosta nell'animo di ogni essere umano, che ricorda molto quella del bambino (da qui il titolo del saggio): ciò gli permette di cogliere gli oggetti della sua poesia nella loro forma più intima e nascosta. Le liriche presenti in Myricae sono perciò spesso brevi, semplici e lineari e contengono scene o immagini di vita rurale, che Pascoli associa ai temi che più gli stanno a cuore, ossia il mistero della vita e la fascinazione della morte.

Per quanto riguarda Novembre, vediamo infatti che il titolo del componimento evoca l'interezza dell'autunno e in particolare il mese dell'anno caratterizzato dalla commemorazione dei defunti e i giorni intorno all'estate di San Martino (11 novembre), quando si registrano generalmente temperature più miti rispetto alle medie stagionali. Egli accosta quindi l'illusione primaverile della giornata alla natura effimera della vita umana. Secondo un procedimento che si trova frequentemente in Myricae, veniamo posti di fronte a un bozzetto naturalistico che esprime tuttavia una dimensione ingannevole.

Tematico

Dal punto di vista dei contenuti, la poesia è strutturata in una bipartizione oppositiva fondata sul "Ma" che apre la seconda strofa al v.5. La prima strofa ci presenta infatti la descrizione, evocata attraverso l'apostrofe a un "tu" impersonale (v.2), di una serena e luminosa giornata autunnale. Pascoli la rappresenta simbolicamente attraverso sensazioni visive («gèmmea l'aria», v.1) e olfattive («del prunalbo l'odorino amaro», v.3).

La seconda strofa si apre appunto con il "Ma" avversativo che introduce la figura retorica dell'antitesi e svela il vero aspetto della realtà rispetto alle percezioni sensoriali illusorie che abitano la prima parte del componimento. Le piante non sono davvero in fiore, gli alberi sono spogli e il loro profilo disegna nel cielo trame scarne e scure. Questo quadro simbolico, che è appunto un bozzetto naturalistico, ha l'obiettivo di esprimere l'idea della morte che si oppone alla metafora della vita, associata all'illusoria estate di San Martino. Ci viene offerto uno schizzo di realtà funerea e una legge algida che regola l'alternarsi naturale delle stagioni.

La terza strofa non fa che immergerci ancora più a fondo nella malinconia della stagione autunnale. Il silenzio e il vuoto sono profondi e l'unico rumore percettibile è il debole scricchiolio prodotto dalla caduta delle foglie morte. L'aggettivo "fragile", accostato alle foglie «evoca l'aridità delle foglie; ma, di riflesso, anche la loro caducità autunnale; nell'aggettivo bivalente la trama delle immagini si apre al simbolo; precarietà delle stagioni, precarietà della vita, fruscio lieve del silenzio», secondo il critico Alfonso Traina. Attraverso la sinestesia "cader fragile" (v.11) e l'ossimoro "estate / fredda" (vv.11-12) viene perciò rafforzato in conclusione il senso di precarietà e onnipresenza della morte contenuto nel componimento.

Il paesaggio che ci viene descritto è avvolgente e universale, privo di riferimenti spaziali precisi ("intorno", "lontano") e l'idea di vuoto e sterilità è data dall'assenza di articoli («da giardini e da orti») o verbi reggenti ("Intorno, silenzio"). Pascoli si concentra perciò su un momento preciso dell'anno (i giorni della prima metà di novembre) per trasmettere un'idea che trascende dal contenuto letterale della poesia e utilizza quest'ultimo come simbolo per esprimere un concetto legato alla profondità delle cose e dello stato umano, seguendo appunto le linee guida della poetica che descrive nel Fanciullino.

Stilistico

Novembre è un componimento composto di tre strofe saffiche formate da tre endecasillabi ed un quinario a rima alternata, secondo lo schema: ABAb, CDCd, EFEF con parziale assonanza (-aro/-ore, -ante/-ate). Sono inoltre presenti tre enjambements ai vv. 1-2; 7-8; 11-12. Questa forma metrica risale alla lirica greca e la sua invenzione è ricollegata alla celebre poetessa Saffo di Lesbo. Fu proprio Pascoli ad adattare il genere alla versificazione italiana utilizzandolo spesso nella sua produzione.

Dal punto di vista stilistico, la lirica replica la struttura antitetica già evidenziata dal contenuto letterale. È presente infatti un'antitesi sintattica e lessicale in quanto nella prima strofa troviamo l'utilizzo di anastrofi ("Gèmmea l'aria" (v.1); l'odorino amaro senti (v.3)); e arcaismi ("Gemmèa"(v.1); "prunalbo" (v.3)) per creare un clima di semplicità aulica volto a celebrare la serenità della giornata. A partire dal v.5 troviamo invece queste due figure ribaltate: l'inversione semplice dell'anastrofe è sostituita dalla sintassi complessa data dalla figura dell'iperbato (es: "Ma secco è il pruno, e le stecchite piante / di nere trame segnano il sereno, / e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante / sembra il terreno" (vv.5-8) e l'aulicità degli arcaismi da scelte lessicali più consuete (es: "pruno" (v.5) per "prunalbo" (v.3)).

Alla stessa maniera è presente anche un'antitesi fonica nelle allitterazioni di -r- e -s-: "sembra" e "del prunalbo l'odorino amaro senti" (v.3); "secco, stecchite" (v.6): "nere, trame, segnano, sereno" (v. 7); "sonante" (v. 8): "del prunalbo l'odorino amaro senti". L'allitterazione della -r- nella prima strofa evoca l'odore agrodolce delle piante fiorite. La sequenza allitterante della seconda strofa invece richiama l'aridità della natura. L'insistita allitterazione della –s comunica un'idea di morte attraverso un riferimento intertestuale al XIII canto dell'Inferno: Pier delle Vigne e i suicidi sono infatti trasformati in piante perché hanno rifiutato la loro corporeità togliendosi la vita. Il canto dantesco è caratterizzato dal sigmatismo, la ripetizione del suono –s, attraverso il quale Dante evidenzia l'idea della morte.


Confronti


Il tema della morte è estremamente ricorrente nell'intera produzione pascoliana, dalle opere maggiori come Myricae o I canti di Castelvecchio (1903) a quelle meno conosciute. La motivazione, com'è noto, è autobiografica, poiché il padre del poeta fu assassinato per mano di ignoti quando l'autore era ancora bambino e il trauma di questa perdita lo condizionò poi per tutta la vita. Sono numerosissime le liriche in cui Pascoli rievoca questo tema ma le più significative e conosciute sono sicuramente X Agosto e La cavalla storna, nelle quali egli richiama alla memoria la notte in cui il padre fu assassinato (10 agosto 1867). Nella prima egli descrive la scena dell'uomo che viene ucciso mentre torna a casa portando in dono due bambole alle figlie paragonandolo a una rondine che muore tenendo stretta nel becco "la cena dei suoi rondinini"; nella seconda egli adotta il punto di vista della madre che pochi giorni dopo la tragedia interroga la "cavallina storna / che portavi colui che non ritorna". Il celebre refrain è ripetuto alla cavalla che aveva riportato a casa il corpo dell'uomo e si trovava paradossalmente ad essere l'unico testimone, muto, dell'omicidio.

Il primo titolo che il poeta aveva assegnato a Novembre era San Martino, in riferimento al celebre componimento di Giosuè Carducci. Anche Carducci aveva utilizzato un'antitesi con il "Ma" ad aprire la seconda strofa, tuttavia il senso che l'autore voleva dare era esattamente l'opposto di quello poi dato da Pascoli con lo stesso procedimento:

1. La nebbia agli irti colli
2. Piovigginando sale,
3. E sotto il maestrale
4. Urla e biancheggia il mar;

5. Ma per le vie del borgo,
6. Dal ribollir dei tini
7. Va l'aspro odor dei vini
8. L'anime a rallegrar.

In San Martino di Carducci il "Ma" apre l'antitesi: dall'atmosfera di nebbia e tempesta (legata all'autunno e alla morte) si passa alla descrizione della serena giornata del borgo rurale. Viceversa, come abbiamo visto, Pascoli descrive prima la giornata serena e poi utilizza il "ma" per ribaltare l'atmosfera e creare un paesaggio funebre simbolico. Il riferimento alle piante "inaridite" della seconda e terza strofa in Novembre richiama in parte anch'esso il Carducci di Pianto antico, l'altrettanto celebre lirica che il poeta dedicò al figlio scomparso prematuramente, che egli definisce nella poesia "fior della mia pianta / percossa e inaridita". La metafora della pianta spogliata dal freddo autunnale è appunto associata, come in Pascoli, alla vita che se ne va.

Infine, nella costruzione strutturale del componimento, Pascoli fa riferimento a Giacomo Leopardi, autore da lui molto amato e poi omaggiato nei Canti di Castelvecchio, il cui titolo rimanda appunto ai Canti leopardiani. In Novembre è rintracciabile il procedimento attraverso il quale Leopardi fa poesia nei Piccoli idilli, la produzione giovanile in cui egli associa riflessioni filosofiche alla descrizione dei paesaggi rurali nei dintorni del suo paese natale, Recanati. Ad esempio, ne La sera del dì di festa l'apertura è un notturno idilliaco:

1. Dolce e chiara è la notte e senza vento,
2.E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
3.Posa la luna, e di lontan rivela
4.Serena ogni montagna. O donna mia,
5.Già tace ogni sentiero, e pei balconi
6.Rara traluce la notturna lampa:
7. Tu dormi, [...]

L'atmosfera serena della notte e della dedica amorosa è interrotta dall'ironico "Tu dormi" che introduce poi l'amara riflessione leopardiana, che toccherà, proprio come quella di Pascoli, la miseria della vita in opposizione alla calma illusoria stimolata dalla nottata tranquilla. Il ribaltamento operato da Pascoli non è però fondato sull'ironia come quello di Leopardi: la sensazione suggerita dal bozzetto delle strofe 2 e 3 è quella della malinconia, la sensazione considerata massimamente poetica da parte dei poeti della corrente Decadente, che vede la sua massima espressione negli Spleen (la "malinconia" appunto) scritti dalla figura di riferimento di quel periodo, il poeta francese Charles Baudelaire.


Domande e Risposte


In quale opera di Giovanni Pascoli compare Novembre?
Novembre compare già nella prima edizione di Myricae (1891).

Qual è il tema generale del componimento?
Il tema generale del componimento è la natura illusoria della vita simboleggiata dal tepore dell'estate di San Martino in pieno autunno.

Qual è la forma metrica del componimento?
Novembre è composta da tre strofe saffiche di tre endecasillabi e un quinario in rima alternata.

Qual era il titolo originario della poesia?
Il titolo originario della poesia era San Martino.

Cosa descrive il celebre ossimoro "l'estate, / fredda"?
L'ossimoro descrive l'estate di San Martino (11 novembre), quando si registrano generalmente temperature più miti rispetto alla media autunnale.

Quale altro celebre poeta italiano aveva affrontato il tema in una sua poesia?
Giosuè Carducci ha affrontato l'identica questione nella poesia San Martino.

Fonti: libri scolastici superiori

Utenti più Affidabili:

Ultimi Articoli:

Ultimi Commenti:

Commenti:


Commenti Verificati Tutti i Commenti