Parafrasi, Analisi e Commento di: "Nevicata" di Giosuè Carducci


Immagine Giosuè Carducci
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giosuè Carducci
Titolo dell'Opera: Odi barbare
Prima edizione dell'opera: 1877, ma la lirica risale al 1881
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Cinque distici elegiaci



Introduzione


"Nevicata" è una poesia scritta da Giosuè Carducci, uno dei più illustri poeti italiani del XIX secolo. Pubblicata nel 1881 all'interno della raccolta "Rime nuove", questa lirica cattura la magia e la tranquillità di un paesaggio innevato. Carducci, con la sua abilità nel dipingere immagini vivide e nel suscitare emozioni profonde, ci guida attraverso una scena invernale in cui la neve, con il suo manto bianco, trasforma e ammanta ogni cosa. Il poeta non si limita a descrivere la natura ma riesce a infondere nelle sue parole un senso di quiete e di riflessione, creando un'atmosfera di pacata bellezza. "Nevicata" è un perfetto esempio della capacità di Carducci di combinare l'osservazione dettagliata del mondo naturale con una profonda sensibilità lirica, offrendo al lettore un momento di contemplazione serena e intensa.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Lenta fiocca la neve pe ’l cielo cinerëo: gridi,
2. suoni di vita più non salgono da la città,

3. non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
4. non d’amore la canzon ilare e di gioventù.

5. Da la torre di piazza roche per l’aëre le ore
6. gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì.

7. Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
8. spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.

9. In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore –
10. giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.
1. Scende lentamente la neve a fiocchi attraverso il cielo color della cenere: le grida;
2. non sale più nell’atmosfera il rumore della vita della città,

3. neppure il grido della fruttivendola, o il rumore del carro che corre,
4. o la canzone d’amore lieta e tipica della giovinezza.

5. Dalla torre della piazza il suono attutito delle campane che segnano il passare delle ore si spande per l’aria
6. come un lamento, come un sospiro di un mondo lontano dal giorno che noi mortali stiamo vivendo.

7. Gli uccelli che vagano di davanzale in davanzale (raminghi) picchiano contro i vetri appannati: gli spiriti (v. 8) di coloro che mi furono amici
8. E sono ora morti mi appaiono innanzi, mi guardano e mi chiamano.

9. “Cari, presto, presto verrò – tu, calmati, cuore mio che mai si arrende – anch’io
10. giù nel silenzioso regno dei morti, riposerò nell’ombra”.



Parafrasi discorsiva


Scende lentamente la neve a fiocchi attraverso il cielo color della cenere: le grida; non sale più nell’atmosfera il rumore della vita della città, neppure il grido della fruttivendola, o il rumore del carro che corre, o la canzone d’amore lieta e tipica della giovinezza.

Dalla torre della piazza il suono attutito delle campane che segnano il passare delle ore si spande per l’aria come un lamento, come un sospiro di un mondo lontano dal giorno che noi mortali stiamo vivendo.

Gli uccelli che vagano di davanzale in davanzale (raminghi) picchiano contro i vetri appannati: gli spiriti (v. 8) di coloro che mi furono amici e sono ora morti mi appaiono innanzi, mi guardano e mi chiamano.

Cari, presto, presto verrò – tu, calmati, cuore mio che mai si arrende – anch’io giù nel silenzioso regno dei morti, riposerò nell’ombra”.


Figure Retoriche


Anafore: vv. 3-4: “non … non”. La figura elenca tutti i rumori che il silenzio della nevicata seppellisce.

Anastrofi: v. 1, v. 3, v. 4, v. 8: “Lenta fiocca la neve”, “non d’erbaiola il grido”, “non d’amor la canzone ilare”, “spirti reduci son”. Le inversioni, spesso legate alla forma negativa, rendono quasi solenne l’atmosfera malinconica.

Allitterazioni: v. 3: “non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro”. Il poeta sottolinea e riproduce il concetto di rumore insistendo sulla consonante -r-.

Apostrofi: v. 9: “o cari", “indomito cuore”. Gli ultimi versi del componimento sono rivolti dal poeta agli amici defunti e, in parte, al proprio cuore.

Chiasmi: v. 3, v. 4: “non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro”, “non d’amore la canzon ilare e di gioventù”. Le due figure collegano i due versi in un elenco dei rumori che non possono essere più ascoltati.

Enjambements: vv. 5-6, vv. 7-8: “le ore / gemon”, “gli amici / spiriti”. Le interruzioni enfatizzano i luoghi più malinconici del componimento, legati al sentimento di morte e all’apparizione degli spettri.

Ipallage: v. 3: “corrente rumore di carro”. Il participio “corrente”, riferito logicamente al carro, è collegato al rumore, invocando così il rumore prodotto dalle ruote del carro in corsa sul brecciato della strada.

Metonimia: v. 5: “le ore” (cioè “le campane”). Le campane sono evocate attraverso la funzione svolta dai loro rintocchi (la scansione oraria del giorno)

Parallelismi: v. 10: “giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.”. La ripetizione dà enfasi al sentimento di morte provato dal poeta.

Polisindeti: vv. 3-4: “non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro; non d’amore la canzon ilare e di gioventù”.

Similitudini: vv. 5-6: “le ore / gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì”. Il tempo che passa è paragonato dal poeta come proiezione terrena del regno dell’aldilà.


Analisi e Commento


Storico-letterario

La poesia Nevicata è situata in chiusura della raccolta carducciana Odi barbare e tratta di un momento critico della vita sentimentale dell’autore, quando si spegne Carolina Cristofori Piva, poetessa e amante con la quale aveva intrattenuto una passionale relazione documentata da una fitta corrispondenza epistolare e che è protagonista della raccolta con lo pseudonimo di Livia.

Le Odi barbare fecero la loro prima comparizione nel 1881, anno della morte della donna, per essere poi progressivamente arricchite nelle varie edizioni Zanichelli che si succedettero sino al 1893. Il titolo del libro dà indicazioni sulla complessa operazione tentata da Carducci, che in questo periodo è già poeta riconosciuto e di successo: l’autore sperimentava la metrica quantitativa (derivante dalla lingua latina e fondata su accenti lunghi e brevi) sulla lingua italiana, che conosce unicamente accenti gravi e acuti. È per tale ragione che il poeta definisce “barbari” i suoi versi, riprendendo il significato latino del termine, ossia “stranieri”, perché tali, secondo lui, sarebbero apparsi ai popoli dell’antichità ed anche agli italiani suoi contemporanei. Per ciò che concerne i contenuti, Carducci affronta una profonda varietà di temi che spaziano dalle rievocazioni storiche agli eventi autobiografici, come in questo caso, in cui il passato è sempre visto come un luogo idilliaco e malinconicamente perduto per sempre.

In Nevicata il soggetto della narrazione è la città di Bologna, in cui Carducci visse e tenne la cattedra di professore di letteratura italiana all’Università dal 1860 al 1904, che viene lentamente coperta dai fiocchi di neve. Il riferimento alla città, tuttavia, non è strettamente esplicito, ma deducibile da elementi come la “torre” del v. 5 che evoca il Palazzo Re Enzo, situato in piazza Maggiore, nel cuore della città.

Tematico

Già dall’incipit del componimento è possibile individuare un tono malinconico e quasi decadente, dato dall’arrivo dei fiocchi di neve che cadono sulla città e l’ammutoliscono in un’atmosfera candida e spettrale. Il silenzio è descritto con un polisindeto “non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro; non d’amore la canzon ilare e di gioventù” che elenca gli elementi sonori in negativo, proprio a significare il fatto che essi sembrano non esistere più. Il motivo dell’amore e della giovinezza compare, anch’esso in negativo, al verso 4, solo per rimarcarne l’assenza e già dal primo verso, con l’aggettivo “cinereo”, possiamo cogliere un richiamo alla cenere, simbolo di morte; l’anafora ripetuta del “non” (vv.3-4) è tesa anch’essa a sottolineare l’assenza di ogni slancio vitale.

Nella prima parte della lirica la rappresentazione del paesaggio risulta, almeno in apparenza, oggettiva, ma a partire dal verso 5, la realtà si trasfigura nel sogno, con velati presagi di morte e i motivi soggettivi e autobiografici diventano espliciti, con una forte insistenza sull’individualità del poeta. I suoni evocati, come il picchiettio sulle finestre degli uccelli che si riparano sui davanzali (v.7) introducono definitivamente all’apparizione degli “amici / spiriti”, ossia gli spettri delle persone che, come Lidia, furono cari al poeta in vita, i quali sembrano invitarlo ad unirsi a loro. In tal maniera il componimento si avvia alla conclusione: con l’utilizzo di due apostrofi (vv. 9-10) e il discorso in prima persona, il poeta esprime il desiderio di ricongiungersi presto a loro e calmare la tempesta in corso nel suo cuore per le perdite che ha subito.

L’atmosfera lugubre e spettrale di Nevicata testimonia la varietà di temi trattati da Carducci nella sua carriera poetica. Il tono malinconico e a tratti inquietante assunto dalla poesia, con la predominanza del tema della morte, accosta questo componimento alla contemporanea poesia decadente e scapigliata.

Stilistico

Il metro di Nevicata è quello tipico della poesia amorosa latina, il distico elegiaco, ossia di strofe formate da due versi di cinque e sei piedi. Si tratta appunto di una delle tipiche operazioni tentate dal poeta in Odi barbare, secondo la logica di applicazione di un metro classico sulle peculiarità linguistiche dell’italiano. Oltre che dalle caratteristiche della forma metrica stessa, il ritmo della poesia risulta fortemente cadenzato e frammentato dalla presenza di alcuni enjambements nella parte centrale (vv. 5-6; 7-8).

Sempre secondo una logica di imitazione dei canoni classici, le scelte lessicali del poeta vertono su un vocabolario arcaico e solenne, dai toni elevati e comprendenti termini di derivazione latina, come ad esempio “cinerëo” (v.1).

Contribuisce al tono di solennità anche la costruzione sintattica del periodo utilizzata nella poesia, ricca di figure di richiamo (come il chiasmo e l’anafora ai vv. 3-4) e di inversione: è frequentissimo, infatti, dato l’esiguo numero di versi di totali, l’utilizzo dell’anastrofe (vv. 1-3-4-8).

Altra particolarità è l’utilizzo del discorso indiretto libero – trascrizione del parlato senza l’utilizzo delle virgolette – nell’ultimo distico, in cui il poeta esplicita le parole esatte che egli rivolge agli spettri dei cari e al proprio “cuore indomito” attraverso l’utilizzo di due apostrofi.


Confronti


All’interno delle Odi barbare, ricche di riferimenti biografici alla vita dell’autore, la città di Bologna occupa un posto importantissimo. Carducci dedica addirittura un’intera lirica ai monumenti della Piazza di San Petronio, ossia la cattedrale omonima, il Palazzo D’Accursio (sede storica del Comune) e il palazzo Re Enzo, da cui spicca la torre a cui il poeta allude anche nel v.5 di Nevicata. Il periodo bolognese e delle Odi barbare è quello in cui Carducci fa evolvere la sua poesia, pur mantenendo un certo stile e tono conservatore, verso tematiche care alla letteratura decadente del tardo XIX secolo. In Nella piazza di San Petronio viene appunto evocata la grandezza ormai decaduta dell’epoca comunale nel Medioevo, di cui i monumenti della piazza sono ormai gli unici resti rimasti in una civiltà moderna grigia e malinconica.

Altro tema importante di questo periodo è la morte, che avvicina Carducci alla sensibilità di Giovanni Pascoli, che da lui erediterà la cattedra nell’Università bolognese e la cui poesia è, com’è noto a seguito di una serie di gravi lutti familiari, segnata dal tema della malinconia e del sentimento di morte. Nei versi di Novembre, ad esempio, “Silenzio, intorno: solo, alle ventate, / odi lontano, da giardini ed orti, / di foglie un cader fragile. È l’estate, / fredda, dei morti.”, come Carducci, accosta l’arrivo del freddo invernale alla morte che lentamente avvolge l’esistenza. Il procedimento che i due poeti adottano è quello tipico della poesia simbolista, per cui eventi naturali o paesaggi ed elementi del paesaggio diventano metafora di uno stato d’animo interiore e concettuale.

Da segnalare, infine, il riferimento contenuto nell’apostrofe del v.9 di Nevicata “indomito cuore”. Si tratta di un richiamo al celebre componimento di Ugo Foscolo Alla sera, che si conclude con la discesa delle tenebre, altra metafora della morte, che ammansisce lo “spirto guerrier” che ruggisce nell’animo del poeta a causa dei lutti e dei dolori della vita.


Domande e Risposte


Di quale raccolta fa parte Nevicata?
Nevicata è contenuta nelle Odi Barbare del 1881.

Qual è il tema principale della lirica?
La lirica descrive la caduta della neve sulla città.

In quale città è ambientato il componimento?
La città descritta implicitamente è Bologna, dove il poeta visse per un lungo periodo.

Quale posizione occupa la lirica nella raccolta?
La lirica è collocata in posizione finale.

Quale evento è evocato simbolicamente dall’atmosfera della poesia?
L’evento evocato è il lutto per la morte dell’amante del poeta, Carolina Cristofori Piva.

Qual è la forma metrica di Nevicata?
La forma metrica di Nevicata è il distico elegiaco, tipico della poesia latina.

Fonti: libri scolastici superiori

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