Parafrasi, Analisi e Commento di: "Lavandare" di Giovanni Pascoli


Immagine Giovanni Pascoli
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giovanni Pascoli
Titolo dell'Opera: Myricae
Prima edizione dell'opera: 1891
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Madrigale (due terzine più una quartina). I versi sono endecasillabi. Rime incatenate (ABA CBC) nelle terzine: "nero-leggiero", "pare-lavandare", "viene-cantilene", alternate (DEDE) nella quartina: "frasca-rimasta" (assonanza), "paese-maggese". Rime interne: "dimenticato-cadenzato", "sciabordare-lavandare".



Introduzione


"Lavandare" è una poesia di Giovanni Pascoli, appartenente alla raccolta Myricae, una delle sue opere più celebri, pubblicata nel 1891. La poesia è caratterizzata da un'atmosfera malinconica e semplice, tipica dello stile pascoliano, che si sofferma sulla vita rurale e sulle piccole cose del quotidiano. Il componimento descrive il lavoro delle lavandaie, donne che lavano i panni nei fiumi, ed evoca un senso di solitudine e nostalgia attraverso il paesaggio autunnale. Pascoli riesce a rendere i suoni, i colori e le emozioni di questo momento con delicatezza e sensibilità, creando un forte legame tra la natura e i sentimenti umani.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
2. resta un aratro senza buoi, che pare
3. dimenticato, tra il vapor leggiero.

4. E cadenzato dalla gora viene
5. lo sciabordare delle lavandare
6. con tonfi spessi e lunghe cantilene.

7. Il vento soffia e nevica la frasca,
8. e tu non torni ancora al tuo paese!
9. Quando partisti, come son rimasta!
10. Come l'aratro in mezzo alla maggese.
1. Nel campo arato a metà (la parte grigia sono le zolle secche, non lavorate; quella nera le zolle rivoltate dall'aratro),
2. sta solitario un aratro abbandonato e senza buoi che sembra
3. sia stato dimenticato nel mezzo della nebbia che si solleva leggera.

4. E dal canale giunge, battendo a ritmo,
5. il rumore dei panni sbattuti sulla riva dalle lavandaie,
6. con frequenti colpi sordi e lunghe cantilene:

7. Soffia il vento e come fiocchi di neve cadono le foglie dai rami
8. e tu non sei ancora a tornato al tuo paese.
9. Quando sei partito, come sono rimasta!
10. Come quell'aratro in mezzo al campo non seminato. (il maggese è il termine agricolo per il campo lasciato annualmente a riposo per ripristinarne la fertilità).



Parafrasi discorsiva


Nel campo arato a metà (la parte grigia sono le zolle secche, non lavorate; quella nera le zolle rivoltate dall'aratro), sta solitario un aratro abbandonato e senza buoi che sembra sia stato dimenticato nel mezzo della nebbia che si solleva leggera.

E dal canale giunge, battendo a ritmo, il rumore dei panni sbattuti sulla riva dalle lavandaie, con frequenti colpi sordi e lunghe cantilene:

Soffia il vento e come fiocchi di neve cadono le foglie dai rami e tu non sei ancora a tornato al tuo paese. Quando sei partito, come sono rimasta! Come quell'aratro in mezzo al campo non seminato. (il maggese è il termine agricolo per il campo lasciato annualmente a riposo per ripristinarne la fertilità).


Figure Retoriche


Onomatopea: v. 5, v. 6: "sciabordare", "tonfi". Il suono dei termini riproduce il rumore dello scorrere dell'acqua e dello sbattere dei panni.

Enjambements: vv. 2-3, vv. 4-5: "pare / dimenticato", "viene / lo sciabordare".

Allitterazioni: Della "r": "resta" – "aratro" – "pare", "gora" – "sciabordare" – "lavandare", "frasca", "torni"- "ancora" – "partisti" – "rimasta" – "aratro". Della "f": "soffia"- "frasca". Della "s" e della "t": "soffia"- "frasca" "torni" "tuo" - "paese" – "partisti" - "rimasta" – "aratro" "maggese".

Sinestesia: v. 6: "tonfi spessi". Si associa una sensazione uditiva a una visiva per ampliare l'espressione del rumore prodotto dalle donne.

Chiasmi: v. 6, v. 7: "tonfi spessi e lunghe cantilene". Si associano gli elementi ritmici dell'azione in corso e della voce delle donne, "il vento soffia e nevica la frasca". La figura mette in relazione gli elementi del paesaggio e lo scorrere delle stagioni e di conseguenza del tempo dell'attesa.

Similitudini: v. 10: "rimasta / come l'aratro in mezzo alla maggese". Figura che descrive la solitudine dell'io-lirico mettendolo in correlazione stretta con il simbolo descritto nelle strofe precedenti.

Metafore: v. 7: "nevica la frasca". Il poeta ci mostra i rami degli alberi che perdono le foglie come fossero neve e indica l'avvicinarsi della stagione fredda.

Sineddoche: v. 3: "vapor leggiero". Indicata la componente maggiore della nebbia e la sua consistenza.

Apostrofi: vv. 8-9: "tu non torni ancora al tuo paese! Quando partisti [...]". Appello a un uomo ormai partito di cui la donna protagonista dispera la perdita.

Escalamazioni: vv. 8-9: "E tu non torni ancora al tuo paese! / Quando partisti, come son rimasta!". Figure che aumentano l'enfasi con cui le parole sono pronunciate e introducono il finale del componimento.

Epifrasi: v. 10: "Come l'aratro in mezzo alla maggese". Verso finale che rompe il ritmo strofico ed esplicita, attraverso la similitudine concomitante, il senso simbolico del componimento.


Analisi e Commento


Storico-letterario

Lavandare è un componimento pubblicato da Pascoli all'interno della sua prima maggiore raccolta, Myricae, e poi via via edito nelle successive ed arricchite edizioni della stessa opera. La lirica fa parte della serie di madrigali "L'ultima passeggiata" composta in occasione delle nozze dell'amico Severino Ferrari. Essa circolò su alcuni opuscoli prima di confluire definitivamente nella raccolta.

Tipica di Myricae, che deve il suo nome al termine latino di ascendenza virgiliana che significa "piccoli arbusti", è un'interpretazione degli elementi semplici del mondo naturale in chiave simbolica. In questa stagione Pascoli applica quella che sarà poi definita dallo stesso autore poetica del "fanciullino" (dal titolo di un saggio di poetica, da lui pubblicato nel 1897): questa consiste nella ricerca del poetico all'interno della quotidianità, dei paesaggi rurali che caratterizzano gran parte della penisola italiana e soprattutto la Romagna, regione natale del poeta, osservandoli e interpretandoli attraverso lo stupore e la capacità di meravigliarsi di un fanciullo. Ciò permette dunque ad ogni essere umano e specialmente ai poeti di ricavare dalle cose il significato custodito nel segreto della loro purezza e semplicità. All'interno della raccolta troviamo spesso perciò componimenti brevi e caratterizzati da una linearità diretta e comprensibile, nei quali sono evocati piccoli quadri di vita campestre caricati di un'atmosfera di mistero ed associati a un forte senso di malinconia, come in questo caso, o all'idea della morte.

Vediamo quindi in Lavandare un meccanismo di questo tipo: il "fumare" mattutino della nebbia, il cadere delle foglie, lo sciabordare delle lavandaie, gli oggetti semplici legati al mondo agricolo producono una sorta di "rivelazione". L'oggetto quotidiano si fa simbolo, ed il poeta-fanciullino ne coglie l'essenza così da scandagliare la realtà e suggerire al pubblico la natura di ciò che descrive. Ci troviamo solo in apparenza di fronte a una rappresentazione oggettiva della natura e delle donne descritte poiché il bozzetto ha in realtà la funzione di trasmettere l'inquietudine che abita l'animo del poeta.

Tematico

Il componimento evoca già dal titolo il mondo rurale e quotidiano, qual è quello delle donne che si affaticano nel lavare i panni sul canale. La scena è associata esplicitamente ai temi dell'abbandono e della solitudine.

Nella prima strofa ci viene offerto il quadro statico di un aratro fermo e abbandonato in un campo arato solo per metà sul quale si sta lentamente sollevando una foschia autunnale. Alla descrizione visiva, fondata sulle tinte grigio-nere del paesaggio, si sostituisce nella seconda strofa un'insistenza sulle sensazioni uditive. L'utilizzo di espressioni onomatopeiche come "sciabordare" e "tonfi", che chiamano in causa le donne protagoniste della lirica, e i rumori cadenzati che vengono suggeriti al lettore richiamano già simbolicamente lo scorrere del tempo legato all'attesa. Pascoli velocizza il ritmo delle prime due strofe (utilizzando figure come la rimalmezzo al v.5) e le lega attraverso la congiunzione "e" al v.4 per indicare che esse formano un quadro sensoriale complementare pur mantenendo la distinzione tra prevalenza di elementi visivi e prevalenza di elementi sonori.

Nella strofa finale, che di conseguenza si distingue dalle altre due, il ritmo poetico viene rallentato per rendere quello della nenia cantata dalle nonne in riva al canale e per sciogliere definitivamente ed esplicitamente il contenuto simbolico descritto nelle strofe precedenti. Si tratta di versi tratti da canti popolari marchigiani, che però non sono virgolettati e dunque il fatto che siano messi in bocca del poeta alle donne o a solo una di loro è lasciato volutamente all'intuizione del lettore. Essi sono rivolti ad un uomo (reso con l'apostrofe "tu", v.8) che ha abbandonato la sua donna; questa, appunto, nell'ultimo verso che chiude il madrigale in forma di epifrasi e spiega il significato dell'intero componimento, paragona se stessa a quell'aratro abbandonato che era stato descritto al lettore nella prima strofa. Il rimando all'apertura del componimento contenuto in chiusura conferisce alla lirica una struttura circolare (ringkomposition), elemento tipico della poesia pascoliana in Myricae.

Stilistico

Lavandare è un madrigale, forma metrica originariamente destinata al canto e alla musica e tradizionalmente composta di due terzine più una strofa finale di lunghezza irregolare che funge da ritornello. Si tratta poi in letteratura di un metro tipico della lirica medievale e rinascimentale italiana, legato generalmente alla descrizione di scenari pastorali.

In questa versione Pascoli lega le prime due terzine, separa la quartina finale dal resto del componimento a livello ritmico e vi inserisce le parole esatte del canto popolare intonato dalle donne. Il verso scelto per la lirica è l'endecasillabo a rima incatenata (ABA CBC) nelle terzine: "nero-leggiero", "pare-lavandare", "viene-cantilene", nella quartina finale troviamo invece una rima alternata (DEDE) "frasca-rimasta" (assonanza), "paese-maggese". Sono inoltre presenti rime interne: ("dimenticato-cadenzato" vv.3-4, "sciabordare-lavandare" v.5), enjambements ("pare / dimenticato" (vv. 2-3), "viene / lo sciabordare" (vv. 4-5) ed allitterazioni (della "r": "resta" – "aratro" – "pare", "gora" – "sciabordare" – "lavandare", "frasca", "torni"- "ancora" – "partisti" – "rimasta" – "aratro", della "f": "soffia"- "frasca", di "s" e "t" nell'ultima strofa: "soffia"- "frasca" "torni" "tuo" - "paese" – "partisti" - "rimasta" – "aratro" "maggese") a testimoniare la minuzia estrema che l'autore impiega per rendere sia le sensazioni uditive contenute nel quadro sia l'andamento musicale richiesto dalla forma metrica adottata. L'utilizzo delle pause marcate (dopo "buoi", "dimenticato", "spessi" e "partisti") insieme all'enjambement dei versi 2-3 crea un ritmo spezzato e mesto, quasi a voler riprodurre le "lunghe cantilene" delle donne. A livello lessicale e sintattico il poeta sceglie, com'è tipico di Myricae, termini consueti e quotidiani e una paratassi estremamente semplice. Viene creato dunque un effetto di contrasto con la profonda elaborazione della struttura fonica.


Confronti


A livello di significato Lavandare si discosta leggermente dagli altri madrigali della sezione di Myricae intitolata L'ultima passeggiata, il cui intento principale, come avviene nella lirica più nota della sezione, Il gelsomino notturno, è quello di celebrare le nozze e l'unione tra gli esseri umani. Nel nostro componimento vengono invece invocate sensazioni opposte come l'attesa, l'abbandono e la solitudine. La strofa di apertura di Lavandare ricorda da vicino il quadro descrittivo proposto in Arano, altra lirica presente nella stessa sezione:

1. Al campo, dove roggio nel filare
2. Qualche pampano brilla, e dalle fratte
3. Sembra la nebbia mattinal fumare,
4. Arano, [...]

In Arano il quadro rurale autunnale è quasi identico ma l'immagine descritta al suo interno è radicalmente opposta. Vediamo infatti una serie di aratri in movimento, trainati dagli uomini – mentre appunto nessuno spinge l'aratro immobile in mezzo al campo in Lavandare -, ed infatti nel resto del componimento il poeta, simboleggiato dal passero e il pettirosso che si godono dall'alto la scena, prova gioia nell'osservazione della scena. L'atmosfera di Lavandare rimanda alla malinconia dell'autunno e ai colori spenti dell'animo, così come accade in Novembre, altra lirica presente all'interno di Myricae nella quale Pascoli richiama l'illusoria estate di San Martino per poi stroncare le immagini quasi primaverili dei primi versi descrivendo l'avanzare implacabile della stagione fredda incipiente ed associarla alla tristezza dell'animo e alla morte. Questi temi accomunano Pascoli a quelli della stagione letteraria del Decadentismo a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, i cui capofila a livello europeo erano riconosciuti nei poeti maledetti francesi Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud e Paul Verlaine. In componimenti come Lavandare e Novembre Pascoli recupera dalla poesia francese e in particolare da quella di Baudelaire il simbolismo legato allo spleen ("la malinconia poetica", appunto).

Dal modello leopardiano, che l'autore omaggerà poi nei Canti di Castelvecchio (1903), la sua seconda raccolta maggiore che replica il titolo dei celebri Canti di Leopardi, Pascoli trae soprattutto le forme strutturali delle sue poesie. Prendendo ad esempio A se stesso, lirica di carattere eminentemente malinconico che Leopardi scrive una volta resosi conto di non essere ricambiato dalla donna di cui si era innamorato a Firenze, Fanny Targioni Tozzetti, si trova una struttura metrica e retorica che ricorda quella di Lavandare:

13. [...] Omai disprezza
14. Te, la natura, il brutto
15. Poter che, ascoso, a comun danno impera,

16. E l'infinita vanità del tutto.

Nel componimento Leopardi si sta rivolgendo al suo cuore rivelandogli l'inutilità del suo battito: il senso di tutta la poesia è racchiuso e ripetuto nell'ultimo verso che ne esplicita il significato e rompe metricamente – essendo addirittura distaccato dal resto simmetrico delle strofe – il ritmo precedente. Esso ha quindi una funzione di epifrasi. In Lavandare è riproposto il medesimo meccanismo strutturale, in cui la similitudine finale "come l'aratro in mezzo alla maggese" dichiara in forma esplicita quanto è contenuto simbolicamente delle strofe precedenti e rompe il ritmo simmetrico delle terzine precedenti essendo posizionato come verso di coda nell'ultima strofa, che diventa appunto una quartina.


Domande e Risposte


Di quale raccolta fa parte Lavandare?
Lavandare compare in Myricae, già dalla prima edizione del 1891.

Qual è il tema principale del componimento?
I temi principali del componimento sono la solitudine e l'abbandono.

Qual è la forma metrica del componimento?
Lavandare è un madrigale in endecasillabi formato da due terzine in rima incatenata e una quartina in rima alternata.

A quale sezione della raccolta appartiene Lavandare?
Lavandare fa parte della sezione L'ultima passeggiata.

Dove fu pubblicata per la prima volta?
Prima di confluire in Myricae la poesia circolò su alcuni opuscoli insieme alle altre contenute in L'ultima passeggiata.

Da cosa derivano le parole contenute nella quartina finale?
Pascoli inserisce nell'ultima quartina il testo di un canto popolare marchigiano.

Fonti: libri scolastici superiori

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