Parafrasi, Analisi e Commento di: "In morte del fratello Giovanni" di Ugo Foscolo


Immagine Ugo Foscolo
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Ugo Foscolo
Titolo dell'Opera: Sonetti
Prima edizione dell'opera: 1803
Forma metrica: Sonetto di endecasillabi, con schema di rime ABAB ABAB CDC DCD.



Introduzione


"In morte del fratello Giovanni" è una delle poesie più celebri di Ugo Foscolo, scritta nel 1803 per commemorare la morte prematura del fratello Giovanni. Questa poesia, che fa parte del ciclo dei "Sonetti" foscoliani, rappresenta un toccante esempio di lirica elegiaca in cui il poeta esprime il suo dolore personale, intrecciando sentimenti di lutto, riflessioni sulla vita e sulla morte, e il tema della memoria. Attraverso versi intensi e profondamente sentiti, Foscolo non solo rende omaggio al fratello scomparso, ma esplora anche il proprio senso di solitudine e smarrimento, offrendo al lettore una meditazione universale sulla perdita e sul ricordo.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
2. di gente in gente, me vedrai seduto
3. su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
4. il fior de' tuoi gentili anni caduto:

5. La madre or sol suo dì tardo traendo
6. parla di me col tuo cenere muto,
7. ma io deluse a voi le palme tendo
8. e se da lunge i miei tetti saluto,

9. Sento gli avversi numi, e le secrete
10. cure che al viver tuo furon tempesta,
11. e prego anch'io nel tuo porto quïete:

12. Questo di tanta speme oggi mi resta!
13. Straniere genti, le ossa mie rendete
14. allora al petto della madre mesta.
1. Un giorno, se non fuggirò sempre
2. di popolo in popolo, mi vedrai seduto
3. sulla tua tomba, fratello, mio, a piangere
4. il tuo gentile fiore degli anni della giovinezza spezzato.

5. Solo la madre ora, trascinando la sua vecchiaia,
6. parla di me con la tua cenere muta:
7. ma io tendo inutilmente le mani verso di voi;
8. e, anche se saluto solo da lontano la mia patria,

9. sento gli dei contrari e gli interiori
10. tormenti che sconvolsero la tua vita (inducendoti al suicidio),
11. e invoco anch'io la pace insieme a te nella morte:

12. Oggi di tante speranze, mi resta soltanto questa!
13. Popoli stranieri, restituite finalmente le mie spoglie
14. alle braccia della madre infelice.



Parafrasi discorsiva


Un giorno (= dì), se non fuggirò sempre di popolo in popolo, quindi se finirà il mio esilio che ora mi costringe a fuggire continuamente da un posto all'altro, o fratello mio Giovanni, mi (= me) vedrai seduto sulla tua tomba (pietra), a piangere il tuo gentile fiore degli anni della giovinezza spezzato (= caduto), cioè a piangere la tua morte avvenuta in età giovanile, troppo presto, che non ti ha consentito di vivere la parte migliore dei tuoi anni, la giovinezza. Solo la madre ora, trascinando (= trendo) la sua vecchiaia (= suo dì tardo), ormai vecchia e rimasta sola, parla di me con la tua cenere muta, cioè viene sulla tua tomba a parlare di me a e che non puoi più risponderle, ma io tendo inutilmente (= deluse) le mani (= palme) verso di voi, ossia aspiro inutilmente a tornare in patria da voi ma non posso realizzare il mio desiderio; e, anche se saluto solo da lontano (= da lunge) la mia patria (= i miei tetti), sento gli dei contrari (= avversi numi) e i tormenti interiori nascosti (= secrete cure), che sconvolsero la tua vita, inducendoti al suicidio, e invoco anch'io la pace insieme a te nella morte, cioè spero anch'io di morire come te e raggiungerti per trovare finalmente la pace. Oggi di tante speranze (= di tanta speme), mi resta soltanto questa, quella di morire e trovare pace! Popoli stranieri, restituite finalmente le mie spoglie (= ossa) alle braccia della madre infelice (= mesta), cioè quando morirò, almeno restituite il mio corpo morto a mia madre in modo che possa piangermi.


Figure Retoriche


Allitterazioni: dominio delle consonanti "t", "r" (v. 5, v. 8, vv. 9-10: "tardo traendo", "tetti saluto", "secrete / cure che al viver tuo furon tempesta") e "d" (vv. 1-2: "fuggendo / vedrai seduto") e allitterazione assonantica con il dominio delle vocali "o" ed "e" (v. 1, v. 8: "s'io non andrò sempre fuggendo", "e se da lunge i miei tetti saluto"), della "m" (v. 5, v. 6, v. 7, v. 8, v. 9, v. 12, v. 14: "Madre", "me", "muto", "palme", "miei", "numi", "speme", "madre mesta").

Apostrofi: v. 3, v. 13: "o fratel mio", "straniere genti".
Il poeta si rivolge direttamente prima al fratello morto, poi ai popoli stranieri presso cui trascorre gli anni dell'esilio.

Sineddoche: v. 8, v. 7, v. 13: "i miei tetti". Parte per il tutto significa "la mia casa", quindi anche "la mia patria". "palme". Parte per il tutto, significa "mani, braccia". "ossa". Parte per il tutto, indica l'intero corpo morto del poeta.

Metonimia: v. 3: "su la tua pietra". Materiale per l'oggetto: la tomba è evidentemente fatta di pietra.

Metafore: v. 4, v. 5, v. 10, v. 11: "il fior dei tuoi gentili anni", "suo dì tardo traendo", "che al viver tuo furon tempesta", "nel tuo porto".
La metafora del v. 4 il fiore degli anni è metafora tipica per indicare la giovinezza. La metafora del v. 5 sta ad indicare la vecchiaia. La metafora del v. 10 sta ad indicare che i tormenti resero la tua vita turbolenta e si collega alla metafora successiva del v. 11 "nel tuo porto" (la vita intesa come navigazione è tra le metafore più frequenti di tutta la letteratura).

Iperbato: v. 4: "il fior dei tuoi gentili anni caduto".
L'ordine naturale delle parole sarebbe "il fior caduto dei tuoi gentili anni", dunque esso è stato alterato inserendo il complemento di specificazione in mezzo tra il sostantivo e l'aggettivo ad esso riferito.

Ipallage: v. 7: "deluse...palme".
È il poeta ad essere "deluso", mentre qui l'aggettivo è riferito a "palme.", le mani che lui tende verso il cielo.

Sinestesia: v. 6: "cenere muto".
Si tratta dell'accostamento di due diversi campi sensoriali: vista e udito.

Enjambements: vv. 1-2, vv. 2-3, vv. 3-4, vv. 9-10: "fuggendo / di gente in gente", "seduto /su la tua pietra", "gemendo/il fior", "secrete/cure".
Secondo l'analisi di F. Gavazzeni, questi enjambements conferiscono un effetto di "sfumato" come in Alla sera.


Analisi e Commento


Storico-letterario

I Sonetti di Foscolo sono 12, risalgono al 1803 nella loro edizione definitiva che comprende anche le due Odi A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All'amica risanata e sono caratterizzati da una forte soggettività. Il poeta si rispecchia in una figura eroica sventurata e tormentata, si sente in conflitto con il proprio tempo e vive l'esilio come una condizione politica ed esistenziale insieme. Sono fitte le reminiscenze di altri poeti e compaiono temi fondamentali della poetica foscoliana, quali la terra come madre, il valore eternatrice della poesia, il parallelo con il mito antico. Foscolo, vivendo in un momento storico "di transizione", subisce le influenze illuministiche, neoclassiche e romantiche. Infatti, Foscolo parte da idee sensistiche e materialistiche, tipiche dell'Illuminismo, secondo cui il mondo è pienamente comprensibile attraverso la ragione e tutto ciò che accade è il prodotto di processi puramente meccanici senza interventi soprannaturali o fini preordinati, ma si ribella all'inesorabilità della ragione e si crea degli illusori motivi di vita (l'amore, la patria, il sepolcro, la poesia eternatrice), secondo una sensibilità romantica, inoltre, scrive in una forma profondamente classica, con una sovrabbondanza di figure retoriche e di mitologia, non per puro sfoggio di erudizione, ma con un preciso significato.

Questo sonetto, composto tra l'aprile e il giugno del 1803, fu aggiunto nell'ultima edizione delle Poesie. Foscolo è influenzato da un lato dai classici antichi (Catullo, Virgilio) e italiani (Petrarca e il più vicino Alfieri), in quanto aderisce appieno al Neoclassicismo, soprattutto per quanto concerne l'aspetto formale, dall'altro dalle tendenze romantiche, come emerge chiaramente dalle tematiche-chiave del componimento, quali il tormento interiore, l'esilio, il contrasto con il proprio tempo.

Tematico

In particolare, questo sonetto tratta temi molto cari a Foscolo: innanzitutto, quello dell'esilio, unito a quello del tormento interiore per la scomparsa tragica dell'amato fratello Giovanni, suicidatosi nel 1801, a vent'anni, per debiti di gioco, davanti alla madre, qui rappresentata come anziana e sola. Si tratta di suggestioni tipicamente romantiche. Il tema dell'esilio va inteso non solo come condizione reale del poeta (andato in volontario esilio dopo la cessione di Venezia all'Austria da parte di Napoleone, con il trattato di Campoformio), ma come una condizione più generale di sradicamento e precarietà. Inoltre, all'esperienza autobiografica ed esistenziale del poeta, si unisce il modello letterario del carme 101 di Catullo, che inserisce il vissuto personale di Foscolo in un contesto universale.

Altro tema-chiave del componimento è il motivo della tomba, che si ricollega all'immagine del nucleo familiare e soprattutto della madre. Il ricongiungimento con la madre e la terra natale è l'unico punto fermo nella condizione di esule, ma è impossibile, pertanto l'unica alternativa praticabile resta la morte, che, tuttavia, non è qui concepita come "nulla eterno", ma consente quel ricongiungimento con gli affetti familiari che in vita sembrava negato per sempre. La morte, dunque, se è fonte di lacrime per i propri cari, permette un legame con la vita: la restituzione delle ossa consente l'illusione della sopravvivenza, del ritorno tra le braccia della madre, quindi troviamo qui anticipato quel forte legame, punto cardine del carme Dei sepolcri, tra tomba, terra natale e figura materna. È, infatti, proprio la madre che, pur colpita da tante sciagure, tenta pietosamente di ricomporre l'unità della famiglia accanto a un simbolo di morte, il sepolcro dove stanno i resti del fratello del poeta. Infine, di tutte le speranze giovanili deluse, resta a Foscolo solo quella della morte, con la preghiera di restituire le sue ossa alla madre: solo la morte, come detto, forse potrà ricongiungerlo agli affetti, alla patria, alla terra natale. Infatti, al centro del sonetto non vi è tanto la figura del fratello, quanto quella del poeta stesso, come dimostra, ad esempio, la reiterata ripetizione con poliptoto del pronome di prima persona. È chiaro già ad una lettura superficiale il contrasto tra la cura, l'ordine e la musicalità della forma espressiva e il contenuto del sonetto, contrastato, vissuto e doloroso.

Stilistico

La costruzione dei periodi è prevalentemente paratattica, cioè prevalgono le frasi coordinate sulle subordinate. I versi 1-12 costituiscono un unico periodo, mentre nella seconda terzina le frasi si fanno più brevi. Inoltre, è da notare, nelle prime due quartine, l'uso alternato di un gerundio e un participio alla fine di ogni verso: i gerundi stanno ad indicare una vita sofferta ("fuggendo", "gemendo", "traendo") e sono anche in rima tra loro, mentre i participi indicano la morte ("caduto", "seduto"). In tutto il componimento, ma in particolare nella prima quartina, l'uso reiterato e insistente dei pronomi personali e possessivi di prima e seconda persona ("io", vv. 1, 7, 11; "me", vv. 2 e 6; "tua", v. 3; "mio" v. 3; "miei", v. 8; "tuoi", v. 4; "mi", v. 12) indica il vano tentativo di instaurare un dialogo impossibile con il fratello morto. Il registro linguistico è aulico e prevalgono i termini squisitamente letterari: basti considerare i latinismi come lunge, speme, cure. Sono molte anche le figure retoriche di suono, ordine e significato.


Confronti


Il modello dell'incipit è evidentemente il carme 101 di Catullo, anch'esso composto per commemorare il fratello defunto, ma qui il classico multas per gentes et multa per aequora vectus assume l'impeto e la passione tipici della poesia foscoliana. Catullo scrive il carme in occasione della visita alla tomba del fratello, mentre Foscolo rimpiange di non potere piangere sulla "pietra" di Giovanni insieme alla madre. Inoltre, entrambi i poeti si ispirano all'inizio dell'Odissea: è infatti Odisseo l'uomo "che tanto vagò", costretto a spostarsi di popolo in popolo e ad affrontare atroci sofferenze in mare a causa di Poseidone avverso, prima del ritorno a Itaca.

Altra evidente reminiscenza classica si ha al verso 4, in cui la morte del fratello è paragonata a un fiore reciso troppo presto: è un'immagine topica della letteratura, che richiama certamente il celeberrimo episodio virgiliano di Eurialo e Niso (Eneide, libro IX), in cui il giovane guerriero Eurialo, morto prematuramente in battaglia, viene accostato a un fiore reciso dall'aratro (come un fiore purpureo che, reciso dall'aratro, / langue morendo, IX, 435-436).

Il tema dell'esilio è tipicamente foscoliano e si trova, ad esempio, anche nel sonetto A Zacinto, in cui è ugualmente evidente, nel parallelo con Ulisse, che l'autore, a differenza dell'eroe greco, non potrà mai più ritornare nella sua amata patria ed è condannato a vagabondare in terre straniere per tutta la vita. Anche in A Zacinto, inoltre, emergono fortemente il tema della madre e quello della "illacrimata sepoltura". Anche il romanzo giovanile Le ultime lettere di Jacopo Ortis è caratterizzato dal tema cardine dell'esilio e del contrasto con il proprio tempo e dalla delusione derivante dal vedere deluse tutte le proprie speranze, la cui unica via d'uscita è il suicidio, in quanto la morte è intesa come "nulla eterno", in grado di porre fine alle sofferenze della vita. La stessa concezione della morte emerge nel sonetto Alla sera, mentre qui notiamo il superamento di questa idea nichilistica, poiché è anticipato il collegamento tra tomba, patria e figura della madre, che diventa poi il tema-chiave del carme Dei sepolcri con la "corrispondenza di amorosi sensi", grazie alla quale l'uomo si illude di non morire se rimane vivo nel ricordo dei suoi cari.


Domande e Risposte


A quale opera appartiene la poesia?
Sonetti.

Quali sono i temi principali della poesia?
Questo sonetto tratta temi molto cari a Foscolo: innanzitutto, quello dell'esilio, unito a quello del tormento interiore per la scomparsa tragica dell'amato fratello Giovanni, suicidatosi nel 1801.

Qual è la forma metrica della poesia?
Sonetto di endecasillabi, con schema di rime ABAB ABAB CDC DCD.

Fonti: libri scolastici superiori

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