Parafrasi, Analisi e Commento di: "Felicità raggiunta, si cammina" di Eugenio Montale
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte
Scheda dell'Opera
Autore: Eugenio Montale
Titolo dell'Opera: Ossi di seppia
Prima edizione dell'opera: L'opera fu pubblicata nel 1925 a Torino
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Due quintine, schema di rime ABCAB DEDED. Prevalgono i versi endecasillabi. Il verso 2 è un settenario, il 6 è un novenario, l'8 è un verso composto (endecasillabo più quinario). Rima alternata; da sottolineare l'assonanza tra "cammina" e "vacilla"
Introduzione
La poesia "Felicità raggiunta, si cammina" di Eugenio Montale fa parte della raccolta Ossi di seppia, pubblicata nel 1925. In questa lirica, Montale riflette sul tema della felicità, considerandola un'esperienza fragile e transitoria, quasi irraggiungibile nella sua pienezza. La felicità, per il poeta, è effimera, fugace, e ogni tentativo di afferrarla rischia di spezzarla, rendendola irrecuperabile. Attraverso uno stile sobrio e ricco di immagini simboliche, Montale esprime la precarietà della condizione umana, dove la ricerca della felicità si intreccia inevitabilmente con la consapevolezza della sua brevità e della sua inafferrabilità.
Testo e Parafrasi puntuale
1. Felicità raggiunta, si cammina 2. per te sul fil di lama. 3. Agli occhi sei barlume che vacilla, 4. al piede, teso ghiaccio che s'incrina; 5. e dunque non ti tocchi chi più t'ama. 6. Se giungi sulle anime invase 7. di tristezza e le schiari, il tuo mattino 8. è dolce e turbatore come i nidi delle cimase. 9. Ma nulla paga il pianto del bambino 10. a cui fugge il pallone tra le case. |
1. Felicità che sei stata ottenuta, si cammina 2. Per arrivare a te come se si fosse sulla lama tagliente di un rasoio 3. Per gli occhi sei come la luce di una candela che trema 4. per il piede, come il ghiaccio duro che si spezza 5. E perciò è bene che non ti sfiori nemmeno chi ci tiene di più a te. 6. Se arrivi in quelle anime piene 7. di tristezza e le illumini, il tuo arrivo 8. è piacevole e instabile come i nidi sui cornicioni. 9. Ma niente può ripagare il pianto del bambino 10. a cui sfugge il suo palloncino tra le case. |
Parafrasi discorsiva
Felicità che sei stata ottenuta, si cammina per arrivare a te come se si fosse sulla lama tagliente di un rasoio per gli occhi sei come la luce di una candela che trema ad ogni minimo soffio per il piede, come il ghiaccio duro e sottile che si spezza e perciò è bene che non ti sfiori nemmeno chi ci tiene di più a te.
Se arrivi improvvisamente in quelle anime piene fino all'orlo di tristezza e le illumini, il tuo arrivo è allo stesso tempo piacevole e instabile come i nidi sui cornicioni dei palazzi. Ma niente può ripagare il pianto del bambino che vede salire il suo palloncino che sfugge in alto tra le case.
Figure Retoriche
Allitterazioni: vv. 1-2, v. 5, v. 7: Della "t": "felicità – raggiunta – te", "ti – tocchi – t'ama", "tristezza – tuo – mattino". La figura sottintende un'asprezza correlata agli oggetti taglienti evocati (dalla lama al ghiaccio) di cui è cosparso il cammino verso la felicità.
Apostrofi: v. 1: "felicità raggiunta". Il poeta si rivolge formalmente alla "felicità" chiamandola in causa esplicitamente nel testo.
Enjambements: vv. 6-7, vv. 7-8: "invase / di tristezza", "il tuo mattino / è dolce e turbatore". Le due interruzioni consecutive creano opposizione tra la tristezza e la felicità.
Epifrasi: v. 5: "E dunque non ti tocchi chi più t'ama". Il verso conclude il ragionamento condotto nella prima strofa, per il quale la felicità è qualcosa di fragile che non va ricercato con forza.
Iperbole: vv. 6-7: "anime invase / di tristezza, e le schiari, il tuo mattino". L'animo è descritto come qualcosa di gigantesco, è paragonato nelle dimensioni a quelle di un pianeta sul quale sorge un sole.
Metafore: vv. 1-2, v. 3, v. 4, v. 7: "si cammina / [...] sul fil di lama", "sei barlume che vacilla", "teso ghiaccio che s'incrina". Le tre espressioni, ricavate dalla tecnica del correlativo oggettivo, richiamano la fragilità e la difficoltà del piacere e della felicità per l'uomo, "il tuo mattino". La felicità è paragonata alla luce del mattino dopo una notte tenebrosa.
Ossimori: v. 8, vv. 3-4: "dolce e turbatore". La felicità è insolita e consolante per l'uomo, secondo Montale, "Agli occhi sei barlume che vacilla, / al piede, teso ghiaccio che s'incrina". La figura sottolinea la diversa percezione della felicità per l'uomo che è qualcosa che si accende e si spegne, sostiene ma può rompersi in qualunque istante.
Parallelismi: vv. 3-4: "Agli occhi sei barlume che vacilla, / al piede, teso ghiaccio che s'incrina". La figura descrive secondo una disposizione sintattica speculare la felicità attraverso due correlativi oggettivi posizionati uno di seguito all'altro dallo stesso valore di significato.
Personificazione: Il poeta si rivolge in tutta la poesia alla felicità come se fosse un essere animato con pronomi e verbi di seconda persona singolare.
Similitudini: vv. 7-8: "il tuo mattino / è dolce e turbatore come i nidi delle cimase". La felicità è qualcosa di dolce ma instabile, come un nido sul cornicione di un palazzo, luogo di nascita e vita ma in costante pericolo di scomparire.
Analisi e Commento
Storico-letterario
La poesia Felicità raggiunta, si cammina fu composta da Montale nel 1924 e appartiene alla raccolta Ossi di seppia (1925), in cui fa da titolo ad un'omonima sezione.
Ossi di seppia è la prima raccolta in versi dell'autore: si tratta di un testo molto originale e innovativo poiché, pur recuperando, rispetto alla poesia coeva, elementi tradizionali della versificazione italiana, come l'utilizzo dell'endecasillabo e la rima, riesce ad esprimere significati profondamente contemporanei e sentiti nell'epoca in cui fu pubblicata. La raccolta fu concepita esplicitamente dal poeta come un rovesciamento parodico dell'Alcyone dannunziano, in cui si descrivevano i momenti di un'idilliaca vacanza estiva dove le anime e i corpi dei personaggi – controfigure dell'autore e delle sue amanti – arrivavano a fondersi con gli elementi naturali e vegetali in un crescendo di piacere e gioia (il cosiddetto Panismo dannunziano). Ossi di seppia è anch'esso il diario di un'estate, ma dominato dal tema del "male di vivere", come recitato da uno dei più famosi componimenti al suo interno (Spesso il male di vivere ho incontrato). Il titolo della raccolta allude alle conchiglie delle seppie, bianche e scarne, "inutili macerie" della forma di vita che accompagnarono, che galleggiano e sono trascinate a riva dalla corrente, perché "rifiutate" dal mare, che, peraltro, è il principale protagonista della raccolta, ambientata sull'arido paesaggio costiero ligure delle Cinque Terre.
Il tema chiave che emerge dall'analisi di Felicità raggiunta, si cammina, enunciato già da titolo e primo verso, è quello del raggiungimento della felicità, come indica chiaramente il participio passato raggiunta. Nella sua concezione delle cose, Montale è ovviamente ben consapevole che la felicità è una conquista estremamente fragile ed effimera, destinata ad essere continuamente minacciata da qualunque agente esterno, che l'uomo non è in grado di contrastare.
Tematico
Felicità raggiunta, si cammina esprime il suo concetto principale in una forma speculare distribuita simmetricamente tra le due strofe di cui è composta. Tutto il componimento è rivolto, attraverso l'apostrofe del v.1, alla Felicità, che il poeta tratta come un'interlocutrice fisica, come fosse una vecchia amica sfuggente, descrivendola nei suoi tratti.
I tratti che ne sono evidenziati nella prima strofa la rappresentano come un attimo di epifania, illusione, destinata a essere inevitabilmente provvisoria. Come è tipico della poesia di Montale, la felicità, essendo un concetto astratto, viene rappresentata e descritta attraverso oggetti concreti e quotidiani (secondo il procedimento detto tecnica del correlativo oggettivo) che ne mettono in luce l'instabilità, come "il filo della lama (v. 2), il barlume che vacilla (v. 3), il ghiaccio che si incrina (v. 4)". La strofa è quindi conclusa da un'epifrasi che ne riassume e ne ribadisce il senso esplicitamente: la felicità non può essere raggiunta da chi la ricerca ossessivamente perché essa è qualcosa di fragile e impossibile da rendere prigioniero e stabile.
Quando la felicità arriva in un'anima triste, recita l'inizio della seconda strofa, il suo avvento improvviso rappresenta una sorta di miracolo che la rallegra e la illumina, ma resta sempre una sensazione di precarietà e instabilità. Tale aspetto è la ripetizione di quanto già espresso nel secondo verso dall'idea del camminare sul filo di una lama, poi dalla luce vacillante e dal ghiaccio incrinato. Ciò che Montale aggiunge in questa sezione è dunque l'effetto prodotto dalla felicità nell'animo umano: essa è in grado non solo di addolcire, ma anche di smuovere positivamente l'animo di coloro che raggiunge, come emerge dall'apparente ossimoro del v. 8, "dolce e turbatore" e dalla similitudine con i nidi in equilibrio sui cornicioni. Questa sensazione diventa tuttavia apertamente angosciosa negli ultimi due versi: per il bambino, la perdita del palloncino è fonte di un pianto inconsolabile.
Pertanto, se nella prima parte della poesia si descrive la felicità, negli ultimi due versi, al contrario, si palesa il dramma della sua perdita, come evidenzia anche la forte congiunzione avversativa "ma" del verso 9, che fa chiaramente capire che il dolore è destinato a prevalere sui brevi momenti di felicità. Si tratta, retoricamente, di una palinodia, ossia una figura che riassume il senso del componimento ribaltandolo (al contrario dell'epifrasi del v.5 che ha la funzione di confermarlo). La specularità tra epifrasi (v.5) e palinodia (vv.9-10) che chiudono le due strofe ha dunque la funzione di negare la possibilità di raggiungere la felicità per l'essere umano: come il palloncino che si disperde nel cielo per sempre volando tra i palazzi, essa è qualcosa di sempre desiderato ma in fondo irraggiungibile. L'immagino del bambino e del palloncino è anch'essa concreta e utilizzata per descrivere un concetto astratto, si tratta perciò ancora una volta di un correlativo oggettivo.
Stilistico
Felicità raggiunta, si cammina è suddivisa in due pentastici (strofe di 5 versi) in rima alternata con schema di rime ABCAB DEDED. I versi sono tutti endecasillabi, tranne alcune eccezioni (il verso 2 è un settenario, il 6 è un novenario, l'8 è un verso composto (endecasillabo più quinario). Anche l'utilizzo delle rime è regolare, salvo l'assonanza tra "cammina" e "vacilla" (vv.1-3) che si fonda sulla ripetizione delle vocali -i- e -a-.
Dal punto di vista sintattico, Montale, come sempre in Ossi di seppia, adotta una paratassi semplice che coincide sostanzialmente con la divisione in versi e strofe. In Felicità raggiunta si cammina sono presenti solo due enjambement ("invase / di tristezza" (vv. 6-7); "il tuo mattino / è dolce e turbatore" (vv. 7-8), disposti in versi susseguenti che creano un rallentamento ritmico intorno alla metafora iperbolica formulata dal poeta: l'animo umano è una sorta di pianeta sul quale la felicità è capace di sorgere come la luce del sole al mattino. Inoltre, vi è da aggiungere che la poesia ha un tono descrittivo, per cui il periodare di Montale tende a ripetere le stesse strutture sintattiche per elencare i tratti con cui egli descrive la felicità attraverso dei correlativi oggettivi, come ad esempio accade con il parallelismo ai vv. 3-4. Gli unici periodi che stonano con il resto del componimento, e che sono dunque il tal maniera evidenziati, si trovano al v. 5 (introdotto dalla congiunzione "e") e ai vv. 9-10 (introdotti dal "ma"): si tratta appunto dell'epifrasi e della palinodia speculari che esplicitano e capovolgono il tema principale del componimento.
Dal punto di vista fonico, Montale attua invece, come spesso accade in Ossi di seppia sul modello dell'amato-odiato D'Annunzio, un profondo studio che cerca una corrispondenza tra i suoni e i concetti espressi. In Felicità raggiunta si cammina è presente una continua allitterazione della "t" ("felicità – raggiunta – te" (vv. 1-2); "ti – tocchi – t'ama" (v. 5); "tristezza – tuo – mattino" (v. 7). Il suono sta a evocare il carattere "tagliente" della felicità, richiamato in più punti del componimento (la lama o il ghiaccio rotto ad esempio), per il quale essa non può mai essere stretta saldamente in mano.
Confronti
In Felicità raggiunta, si cammina Montale tocca diversi concetti e simboli che si ripresentano con una certa costanza in Ossi di seppia, in cui l'unità tematica è una caratteristica portante. Vediamo che ad esempio il camminare "sul fil di lama" alla ricerca della felicità come metafora della vita è il concetto che chiude la famosa lirica Meriggiare pallido e assorto:
13. E andando nel sole che abbaglia
14. sentire con triste meraviglia
15. com'è tutta la vita e il suo travaglio
16. in questo seguitare una muraglia
17. che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Tutta la vita, per Montale, rappresenta un seguitare (camminando) sulla sommità di una muraglia cosparsa dalle lame taglienti dei "cocci aguzzi di bottiglia". Nel componimento ritorna inoltre la metafora del sole e della "triste meraviglia" (parallelo al carattere "dolce e turbatore" del v.8) del sole della felicità in Felicità raggiunta si cammina. Le due poesie richiamano quasi esplicitamente "il prodigio / che schiude la divina Indifferenza" che in Spesso il male di vivere ho incontrato rappresenta l'unico "bene di vivere" che Montale dice di aver incontrato nel corso della propria esistenza. Si tratta della rassegnazione dolce-amara data dalla consapevolezza di quanto siano effimeri la vita e il mondo: il bene di vivere e la felicità appartengono perciò, come recita il v.5 di Felicità raggiunta, si cammina, solo a chi non li cerca assiduamente.
La metafora felicità-sole richiama poi i versi finali Traversando la maremma toscana di Carducci:
9. Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano;
10. E sempre corsi, e mai non giunsi il fine;
11. E dimani cadrò. Ma di lontano
12. Pace dicono al cuor le tue colline
13. Con le nebbie sfumanti e il verde piano
14. Ridente ne le pioggie mattutine.
Carducci è, come D'Annunzio, uno dei "poeti laureati" che Montale critica ne I limoni, il componimento in cui egli descrive la poetica di Ossi di seppia; tuttavia si nota qui una corrispondenza di termini tra i due componimenti. Anche Carducci descrive la vita come un rincorrere invano di desideri e sogni e poi paragona il sole che si affaccia sulla piana maremmana a un breve attimo di epifania e gioia. Montale pone la stessa descrizione e ne riprende dunque i termini. Infine, a livello stilistico, si vuole sottolineare l'utilizzo da parte di Montale in Felicità raggiunta, si cammina del verbo impersonale ("si cammina" appunto) al v. 1. Si tratta di una formula conosciuta all'epoca, poiché utilizza da Giuseppe Ungaretti nel celeberrimo componimento Soldati ("Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie"). La poesia si riferisce letteralmente allo stato d'animo dei militari in trincea, sempre in attesa di una morte certa, ma, proprio attraverso l'utilizzo dell'impersonale l'autore estende questa condizione all'intero genere umano. Montale, utilizzandola con la stessa funzione, trasferisce quindi il suo stato d'animo a quello dell'umanità e dona un carattere universale ed esistenziale ai temi della sua poesia.
Domande e Risposte
Di quale raccolta fa parte Felicità raggiunta, si cammina?
Il componimento fa parte di Ossi di seppia (1925).
Quale posizione occupa nella raccolta?
Felicita raggiunta, si cammina è posta in capo a una sezione alla quale dà il titolo.
Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale del componimento è la descrizione della natura della felicità.
Qual è la forma metrica del componimento?
Felicità raggiunta si cammina è divisa in due pentastici a endecasillabo prevalente in rima alternata (i vv. 1-3 sono in assonanza).
Qual è il paesaggio descritto dalla raccolta di Montale?
Il paesaggio descritto in Ossi di seppia è quello delle Cinque Terre in Liguria.
Di quale famosa raccolta poetica quella di Montale è una parodia?
Ossi di seppia è una parodia dell'Alcyone di Gabriele D'Annunzio.
Fonti: libri scolastici superiori