Parafrasi, Analisi e Commento di: "Como l'argento vivo fugge 'l foco" di Jacopo Da Lentini
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
Scheda dell'Opera
Autore: Jacopo Da Lentini
Titolo dell'Opera: Poesie
Data: Tra il 1233 e il 1241 circa
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Sonetto di 14 endecasillabi, suddivisi in due quartine e due terzine. Rime: ABAB ABAB nelle quartine (rima alternata); CDC CDC nelle terzine (rima alternata).
Introduzione
"Come l'argento vivo fugge ‘l foco" è una poesia composta dal poeta siciliano Jacopo (o Giacomo da Lentini), noto come "il notaro" da Dante, tra il 1233 e il 1241. Di seguito viene presentata un'analisi del testo, comprensiva di parafrasi e individuazione delle figure retoriche. Il commento approfondisce temi, significati, stile e lingua di questa poesia, considerata uno dei primi sonetti della letteratura italiana. Il poeta esprime la sua timidezza nel rivolgersi alla donna amata.
Nell'analisi del sonetto si evidenziano la delicatezza dei sentimenti e la maestria stilistica di Jacopo da Lentini, mostrando come il poeta utilizzi immagini vivide e metafore per trasmettere la sua emozione e il suo imbarazzo. Lo studio dei temi affronta la natura dell'amore cortese e la difficoltà di esprimere i propri sentimenti in modo diretto. L'uso della lingua siciliana, tipica della scuola poetica siciliana, arricchisce il testo con sfumature linguistiche e culturali uniche.
La poesia racconta con eleganza e profondità il conflitto interiore del poeta, diviso tra il desiderio di comunicare con la donna amata e la paura del rifiuto, facendo di questo sonetto una delle pietre miliari della poesia italiana medievale.
Testo e Parafrasi puntuale
1. Como l'argento vivo fugge ‘l foco, 2. così mi fa del viso lo colore 3. quand'eo vi son davanti in nessun loco, 4. per domandarvi, bella, gioi' d'amore; 5. veggendo voi, ardiment'ho sì poco, 6. ch'io non vi saccio dicer lo mio core; 7. così, tacendo, perdo d'aver gioco, 8. se voi non fate come ‘l bon segnore, 9. che ‘nanti ch'om chieda si n'avede, 10. cotant'ha in sé di bona conoscenza, 11. la'nde lo servidor non è perdente: 12. lo domandar non noccia a chi ben crede, 13. poi che a lingua cherir agio temenza, 14. e co lo cor tuttor vi son cherente. |
1. Come il mercurio rifugge il fuoco, 2. così fa il colorito del [mio] viso 3. quando io sto davanti a voi in qualunque luogo, 4. per domandarvi, mia bella, la gioia derivata dall'amore; 5. quando vi vedo, ho così poco coraggio, 6. che non so esprimere ciò che sento nel cuore; 7. così, tacendo, perdo ogni possibilità [di ottenere il vostro amore], 8. a meno che voi non facciate come il buon signore, 9. che prima che qualcuno chieda già se ne accorge, 10. tanto è grande la saggia comprensione che ha in sé, 11. e in questo caso il servitore non è perdente [cioè, ottiene ciò che desidera]: 12. il domandare non danneggi chi crede di poter avere successo, 13. mentre io ho timore ad esprimere a parole il mio desiderio, 14. e tuttavia con il cuore continuo a chiederne la soddisfazione. |
Parafrasi discorsiva
Come il mercurio rifugge il fuoco, così fa il colorito del [mio] viso quando io sto davanti a voi in qualunque luogo, per domandarvi, mia bella, la gioia derivata dall'amore; quando vi vedo, ho così poco coraggio, che non so esprimere ciò che sento nel cuore; così, tacendo, perdo ogni possibilità [di ottenere il vostro amore], a meno che voi non facciate come il buon signore, che prima che qualcuno chieda già se ne accorge, tanto è grande la saggia comprensione che ha in sé, e in questo caso il servitore non è perdente [cioè, ottiene ciò che desidera]: il domandare non danneggi chi crede di poter avere successo; mentre io ho timore ad esprimere a parole il mio desiderio, e tuttavia con il cuore continuo a chiederne la soddisfazione.
Figure Retoriche
Allitterazioni: v. 1, v. 14: della "o" e "f": "Como l'argento vivo fugge ‘l foco", della "o", "co", "or": "e co lo cor tuttor vi son cherente".
Apostrofi: v. 4: "per domandarvi, bella, gioi' d'amore".
Similitudini: vv. 1-2, v. 8: "Como l'argento vivo fugge ‘l foco,/ così mi fa del viso lo colore", "se voi non fate come ‘l bon segnore".
Il tono iperbolico pervade tutto il sonetto. Es.: vv. 5-6: "veggendo voi, ardiment'ho sì poco,/ ch'io non vi saccio dicer lo mio core".
Campo semantico del servizio feudale costituisce il nerbo di tutto il sonetto.
Analisi e Commento
Jacopo (o Giacomo) da Lentini appartiene alla corrente letteraria detta "Scuola siciliana", vale a dire un gruppo di intellettuali e poeti che gravitarono intorno alla corte siciliana di Federico II di Svevia; essi diedero vita alla prima produzione poetica in volgare italiano, riprendendo temi e forme della poesia provenzale, ma limitandosi a trattare la sola tematica amorosa. Per loro la poesia è un passatempo di elite, un'evasione elegante e aristocratica dalla realtà. A Jacopo da Lentini si associa tradizionalmente l'invenzione del sonetto, ma fissò anche la forma metrica della canzone.
La poesia Como l'argento vivo fugge ‘l foco mostra chiaramente come i rimatori della corte di Federico II abbiano accolto, all'interno della loro produzione, la lezione dei trovatori provenzali che li hanno preceduti di alcuni decenni; esso, infatti, attinge al concetto, ampiamente sviluppato dalla tradizione provenzale (ma in realtà già topico nella poesia latina, basti pensare ai poeti elegiaci, a Catullo o a Ovidio), del servitium amoris: la donna amata si trova sempre in una posizione superiore rispetto all'innamorato, e viene idealizzata nelle vesti di una creatura perfetta e irraggiungibile; proprio per la sua situazione di inferiorità, l'innamorato sa che il suo amore è immancabilmente non ricambiato, e tuttavia egli non cessa mai di tendere ad esso, rendendolo così uno strumento di elevazione spirituale e morale. L'inavvicinabilità della donna insegna al poeta tutte le virtù cortesi: la misura, la pazienza, l'umiltà, il servizio gratuito.
Il tema già pienamente trobadorico si arricchisce di nuove sfumature: in apertura, si presta attenzione alla fenomenologia amorosa, descrivendo gli effetti che il sentimento ha sul corpo (l'innamorato impallidisce immancabilmente al cospetto della donna, e soprattutto perde la capacità di usare il linguaggio per poter esprimere il proprio amore); dalla fine della seconda quartina, inoltre, il tema del servitium amoris si innesta esplicitamente sul campo semantico del rapporto feudale: l'innamorato è come un servitore che in tutto dipende dal suo buon signore, che sarebbe la donna, alla quale spetta il compito di comprendere, saggiamente, i desideri del suo sottoposto senza che questi abbia bisogno di esprimerli a voce.
È interessante notare come il parallelismo tra la condizione amorosa e il servizio feudale fosse comune anche nella poesia provenzale: in essa, però, nasceva da una diretta esperienza che il poeta poteva fare del mondo feudale e delle sue regole; egli, infatti, viveva nelle corti dei signori feudali, spesso mantenendosi proprio grazie alla loro liberalità. Jacopo da Lentini, e con lui tutti i poeti della scuola siciliana, scrive e vive in una situazione molto diversa: la corte siciliana di Federico II è una corte regia, in cui i meccanismi del vassallaggio feudale non trovano applicazione; inoltre, i poeti siciliani non sono verseggiatori di professione, ma professionisti di formazione universitaria, che lavorano alla corte come notai e giudici.
Del tutto nuova, rispetto alla tradizione trobadorica, è la forma del componimento: come già detto si deve alla scuola siciliana, e secondo la tradizione proprio a Jacopo da Lentini, l'invenzione del sonetto, del tutto sconosciuto alla poesia trobadorica; sviluppatasi forse da una stanza di canzone isolata e resa autonoma, la nuova forma si rivela subito adatta all'espressione conclusa, in pochi versi, del sentimento amoroso. In Como l'argento vivo fugge ‘l foco, Jacopo da Lentini lo utilizza per sviluppare il tema in un succedersi di versi quasi senza soluzione di continuità: non ci sono punti fermi, ma solo due piccole pause dopo la prima quartina e dopo la prima terzina. Per il resto, il componimento scorre fluente e libero, grazie anche alla sintassi piana e lineare. Il lessico attinge al serbatoio canonico della trattatistica amorosa.
Fonti: libri scolastici superiori