Parafrasi, Analisi e Commento di: "Alle fronde dei salici" di Salvatore Quasimodo


Immagine Salvatore Quasimodo
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento

Scheda dell'Opera


Autore: Salvatore Quasimodo
Titolo dell'Opera: Giorno dopo giorno
Prima edizione dell'opera: 1947
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Endecasillabi sciolti non in rima



Introduzione


"Alle fronde dei salici" è una poesia di Salvatore Quasimodo, scritta nel 1946 e inclusa nella raccolta Giorno dopo giorno. In questa poesia, Quasimodo riflette sul dolore e la distruzione causati dalla Seconda Guerra Mondiale, esprimendo la desolazione e l'impotenza del poeta di fronte alla tragedia umana. Il titolo richiama un'immagine biblica, ispirata al Salmo 137, in cui gli ebrei, in esilio a Babilonia, appendevano le loro arpe ai salici come simbolo di rinuncia al canto e alla gioia. Attraverso una lirica concisa e intensa, Quasimodo sottolinea l'impossibilità dell'arte e della poesia di fronte agli orrori della guerra.


Testo e Parafrasi puntuale


1. E come potevamo noi cantare
2. Con il piede straniero sopra il cuore,
3. fra i morti abbandonati nelle piazze
4. sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
5. d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
6. della madre che andava incontro al figlio
7. crocifisso sul palo del telegrafo?
8. Alle fronde dei salici, per voto,
9. anche le nostre cetre erano appese,
10. oscillavano lievi al triste vento.
1. Come avremmo mai potuto comporre poesie
2. con l'occupazione straniera che ci pesava nell'animo,
3. in mezzo ai morti abbandonati nelle piazze
4. sull'erba resa dura dal ghiaccio, sentendo i lamenti
5. dei bambini, innocenti come agnelli, il tremendo grido funebre
6. della madre che andava incontro al figlio
7. crocifisso sul palo del telegrafo?
8. Sui rami dei salici, per un voto,
9. Anche le nostre cetre (i simboli della nostra poesia) stavano appese
10. e oscillavano lievemente al vento portatore di dolore.



Parafrasi discorsiva


Come avremmo mai potuto comporre poesie con l'occupazione straniera che ci pesava nell'animo, in mezzo ai morti abbandonati nelle piazze sull'erba resa dura dal ghiaccio, sentendo i lamenti dei bambini, innocenti come agnelli, il tremendo grido funebre della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Anche le nostre cetre, i simboli della nostra poesia, per un voto, stavano appese sui rami dei salici e oscillavano lievemente al vento portatore di dolore.


Figure Retoriche


Allitterazioni: vv. 1-2, v. 5, v. 6, v. 6, v. 7, v. 7, vv. 4-5, v. 10: Della "R": "[...]cantare/ Con il piede straniero sopra il cuore", "urlo nero", "madre", "incontro", "crocifisso", "telegrafo". Della "L": "al lamento / d'agnello dei fanciulli", "oscilavano lievi".

Metafore: v. 1, v. 4, v. 10: "cantare", "dura di ghiaccio", "triste vento".

Metonimia: v. 2, v. 2: "piede straniero", "sopra il cuore".

Sinestesia: v. 5: "all'urlo nero".

Analogia: vv. 4-5: "lamento / d'agnello".

Enjambements: vv. 4-5, vv. 5-6, vv. 6-7: "lamento / d'agnello", "urlo nero / della madre", "figlio / crocifisso".


Analisi e Commento


Le prime raccolte poetiche, come Acque e terre, Oboe sommerso, Erato e Apollion, inseriscono a pieno titolo Quasimodo nel filone dell'Ermetismo: la parola non ha volontà comunicativa, ma assume un valore assoluto e astratto; gli arditi accostamenti analogici rendono l'atmosfera magica ed evocativa. Nella seconda fase della sua produzione, Quasimodo sente in modo più marcato la necessità dell'impegno civile e rivolge la sua attenzione in particolare all'umanità colpita dalla guerra e dalla sofferenza, pertanto anche il messaggio diventa più semplice e immediato.

Alle fronde dei salici, che apre la raccolta Giorno dopo giorno del 1947, è stata composta da Quasimodo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale ed esprime tutta l'amarezza del poeta per l'oppressione del "piede straniero", dei nazisti che hanno invaso l'Italia. Si tratta di una poesia sofferta e partecipata, che rappresenta tutta l'impotenza del poeta, che vorrebbe esprimere tutto il suo dolore, ma si chiede quale sia realmente il significato ed il valore della poesia di fronte agli orrori della guerra. La risposta è negativa: di fronte all'efferatezza della guerra, che cancella persino i sentimenti più elementari di pietà e di umanità, anche i poeti non possono far altro che tacere e appendere le loro cetre, simboli del loro canto, ai rami dei salici. Come emerge anche dalla congiunzione iniziale "e", sembra che Quasimodo voglia interloquire, seppure in modo fittizio, con qualche critico che gli ha imputato il suo ermetismo e il suo silenzio.

Il richiamo al salmo 136 della Bibbia sulla prigionia degli Ebrei a Babilonia, che avevano anch'essi appeso le cetre ai rami dei salici, è evidente e fa assumere alla rappresentazione dell'orrore un carattere meditativo e solenne. Anche il salice è un albero tradizionalmente associato al pianto e al dolore, mentre il giovane "crocifisso" richiama evidentemente la figura di Cristo, a cui la madre, emblema della Vergine Maria, va incontro; invece, il "telegrafo" è uno strumento moderno, emblema delle nuove tecnologie. Dunque, immagini archetipiche di dolore si uniscono saldamente a quelle del presente.

In questo componimento, usando il "noi", Quasimodo dimostra una nuova apertura della sua poesia verso il collettivo e la storia: il poeta deve essere attento alle vicende della storia e talvolta riconoscere la sua impotenza di fronte ad esse. Le due metonimie dei primi versi "piede straniero" ad indicare i nazisti invasori, e "sopra il cuore" (v. 2) a simboleggiare l'Italia invasa, creano un forte contrasto, contrapponendo la negatività dell'invasione straniera all'amore per la propria terra. Nei versi successivi, con la metafora "erba dura di ghiaccio" (v. 4), anche la natura sembra partecipare al dolore collettivo.

La poesia ha un ritmo rapido all'inizio nell'interrogativa retorica; poi, termina con una spiegazione molto più "lenta", che esprime tutta la rassegnazione del poeta. Come abbiamo visto, sono numerose le figure retoriche tipiche dell'ermetismo, come l'analogia e la sinestesia, anche se il linguaggio, nuovo e chiaro, esprime chiaramente la volontà del poeta di inaugurare una nuova fase "corale" della sua produzione.

Fonti: libri scolastici superiori

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