Analisi del Testo di: "Uno, nessuno e centomila" di Luigi Pirandello
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Trama
4) Personaggi
5) Temi principali
6) Analisi e Commento
Scheda dell'Opera
Autore: Luigi Pirandello
Prima edizione dell'opera: 1926
Genere: Romanzo
Introduzione
"Uno, nessuno e centomila" è l'ultimo romanzo di Luigi Pirandello, pubblicato nel 1926, e rappresenta uno dei capolavori della letteratura italiana del XX secolo. In quest'opera, Pirandello affronta in modo profondo e innovativo il tema dell'identità e della percezione del sé, esplorando le molteplici maschere che gli individui indossano nella società. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, a partire da una riflessione apparentemente banale sul proprio naso, inizia un percorso di alienazione e autoanalisi che lo porta a mettere in discussione la sua identità e il modo in cui gli altri lo percepiscono. Il romanzo è una critica alla staticità dell'io e alla fragilità della visione che abbiamo di noi stessi, svelando come ogni individuo sia, al tempo stesso, uno (per sé), nessuno (per la propria impossibilità di definirsi) e centomila (per le innumerevoli immagini che gli altri costruiscono di lui).
Trama
Vitangelo Moscarda, soprannominato Gengè dagli amici, è un uomo che ha ereditato dal padre, un banchiere usuraio, una banca che gli garantisce una vita agiata senza la necessità di lavorare. Tuttavia, la vicenda del romanzo ruota attorno a un episodio apparentemente banale: mentre si osserva allo specchio, Vitangelo nota per la prima volta che il suo naso è storto. Quando lo fa presente alla moglie, quest'ultima, in maniera casuale e senza immaginarne le conseguenze, non solo conferma il difetto, ma elenca anche altre imperfezioni fisiche, come le sopracciglia arcuate, l'attaccatura delle orecchie e la dissimmetria delle gambe.
Questo evento, apparentemente insignificante, scatena in Moscarda una crisi esistenziale. Vitangelo si rende conto che l'immagine che gli altri hanno di lui è completamente diversa da quella che lui ha di sé stesso. Da quel momento, decide di rompere con l'immagine consolidata che gli altri hanno di lui, con l'intento di scoprire la sua vera identità.
Per attuare questa trasformazione, inizia a gestire la banca, sorprendendo dipendenti e soci, e creando scompiglio nell'amministratore Quantorzo, che aveva sempre controllato gli affari di famiglia dopo la morte del padre di Moscarda. Vitangelo sfratta Marco Di Dio da una casa di sua proprietà, solo per poi donargliela. Successivamente, annuncia la sua intenzione di liquidare la banca, cercando di allontanarsi dalla reputazione di usuraio che aveva ereditato dal padre. Questa decisione provoca il panico negli amministratori e nella moglie, che temono per il patrimonio e pensano di farlo interdire per infermità mentale.
Nel frattempo, Anna Rosa, amica della moglie, visita Moscarda per cercare di riportarlo alla ragione, ma sconvolta dai suoi discorsi, durante un impeto di rabbia, gli spara e lo ferisce gravemente. Durante il processo, Vitangelo testimonia che è stato un incidente, ma Anna Rosa confessa che l'atto era intenzionale.
Dopo essere sopravvissuto, Moscarda continua il suo percorso di "demolizione" del proprio io e decide di devolvere tutto il suo patrimonio per costruire un manicomio per poveri, dove sceglie di ritirarsi a vivere. In questo nuovo ambiente, si sente finalmente libero dalle catene dell'identità sociale, vivendo come un essere anonimo, senza nome o pensieri, immerso nel flusso continuo e insensato della vita, diventando così "nessuno".
Personaggi
Vitangelo Moscarda (Gengè): Il protagonista del romanzo, un uomo apparentemente comune che, a causa di una banale osservazione sul suo naso storto, entra in una profonda crisi esistenziale. Vitangelo si rende conto che l'immagine che gli altri hanno di lui è diversa da quella che lui ha di sé stesso. Questo lo porta a mettere in discussione la sua identità e intraprendere un percorso di auto-distruzione del suo "io" sociale, alla ricerca di una libertà interiore.
Dida: La moglie di Vitangelo, una donna pratica e concreta che, con un commento involontario sulle imperfezioni fisiche del marito, scatena la crisi che attraversa tutto il romanzo. È incapace di comprendere il cambiamento che avviene in Moscarda e si preoccupa principalmente del patrimonio e del benessere familiare.
Anna Rosa: Amica di Dida, è un personaggio chiave nel percorso di Vitangelo. Inizialmente cerca di farlo tornare alla "ragione", ma si scontra con la sua nuova visione della vita. In preda a un raptus di rabbia e frustrazione, finisce per sparare a Vitangelo, ferendolo gravemente.
Quantorzo: Amministratore della banca e collaboratore di Vitangelo, è il tipico uomo d'affari pragmatico. È spaventato dalle decisioni rivoluzionarie di Moscarda, come la volontà di liquidare la banca, e cerca di mantenere la stabilità economica della famiglia.
Marco Di Dio: Un inquilino sfrattato da Vitangelo che poi riceve in dono la casa che occupava. La sua vicenda rappresenta uno degli atti di ribellione di Moscarda contro la sua vecchia immagine di usuraio e le convenzioni sociali.
Temi principali
L'identità e la molteplicità dell'io: Il tema centrale del romanzo è la frammentazione dell'identità. Vitangelo Moscarda si rende conto che la percezione che ha di sé stesso è diversa da quella che gli altri hanno di lui. Pirandello esplora come l'individuo non sia mai uno solo, ma diventi "centomila" per via delle diverse immagini che gli altri si creano di lui, mentre allo stesso tempo l'individuo è "nessuno" perché non esiste una vera identità stabile.
La relatività della verità: Nel romanzo emerge come non esista una verità assoluta sull'identità o sulla realtà. Ogni persona ha una visione soggettiva e parziale della realtà e delle altre persone, e queste visioni coesistono, rendendo impossibile trovare una verità unica e universale.
L'alienazione: Vitangelo si sente estraneo a sé stesso e agli altri, man mano che scopre che la sua vita è stata costruita su percezioni esterne. Questa crescente consapevolezza lo isola sempre di più dalla società e lo porta a una radicale rottura con la sua vecchia vita.
La critica alla società borghese: Il romanzo mette in discussione i valori materiali e le convenzioni della società borghese, come il denaro, la reputazione e il ruolo sociale. Vitangelo cerca di liberarsi dagli schemi che gli sono stati imposti dalla società, distruggendo la sua immagine di uomo d'affari e usuraio, per cercare una forma di esistenza più autentica.
Il senso dell'esistenza: Alla fine del romanzo, Vitangelo rinuncia a cercare una vera identità e si dissolve nel flusso continuo della vita, abbandonando ogni pretesa di essere "uno" e diventando "nessuno", in un'esperienza di annullamento esistenziale.
Analisi e Commento
Uno, nessuno e centomila ebbe una gestazione lunga e difficile: fu pubblicato tra il 1925 e il 1926 su La Fiera letteraria, nonostante Pirandello ne avesse cominciato la stesura nel 1909.
Il romanzo porta a compimento il precedente Il fu Mattia Pascal (1904), poiché rappresenta il superamento di quella debolezza umana che in quest'opera aveva portato il protagonista a fuggire dalle trappole della propria esistenza (il lavoro, la famiglia, i debiti) e a gettarsi in un'identità creata da se stesso. In Uno, nessuno e centomila ci troviamo di fronte ad un personaggio ben più maturo, Vitangelo Moscarda, che non combatte più contro le trappole dell'esistenza, bensì contro quelle che Pirandello definisce "maschere".
Per Vitangelo tutto inizia da un episodio banale, dal quale scaturisce la consapevolezza che noi non siamo per gli altri ciò che siamo per noi stessi, o che crediamo di essere, ma ognuno ci attribuisce una personalità e un'identità in base a propri interessi, scopi, desideri o supposizioni. Questo relativismo non moltiplica né intensifica l'esistenza, ma la annulla, poiché l'uomo non viene riconosciuto dagli altri per ciò che è realmente, ma viene sostituito, nella loro mente e nella loro vita, da un'altra figura. Dunque, finisce col non esistere affatto: quella moltitudine di impressioni, quelle "centomila" rappresentazioni che si hanno di un uomo, vanno a frammentare la sua essenza unitaria, il suo "essere uno", annientandolo completamente e rendendolo un "nessuno".
Si diventa schiavi di un meccanismo malato che porta ad adeguare il proprio atteggiamento all'opinione degli altri, si tende a fare e dire ciò che gli altri si aspettano che si faccia o si dica: e questa non è vita, non per Vitangelo, che inizia a provare una repulsione verso questa spirale infernale, che altro non è se non finzione. Vitangelo avverte la soppressione della propria autenticità, non si riconosce più in un "uomo", ma solo in un "vivente". Non gli resta quindi che sottrarsi a quella "non vita", che ha sottratto lui al flusso energetico e vitale della natura.
Il raggiungimento di una condizione autentica e reale, immune dalla falsità e dalla menzogna, non può che escludere "gli altri", intesi, questi, come i soggetti che, con la costruzione delle loro opinioni, sopprimono il reale, tanto negli uomini, quanto nelle cose. Il relativismo, infatti, per Pirandello è assoluto: gli oggetti diventano importanti, belli, inutili o indifferenti a seconda dei rapporti che hanno con la nostra vita, con i nostri ricordi; e gli stessi uomini diventano un oggetto in balìa dell'interpretazione altrui.
L'elemento mistificante risulta essere il nome: dare un nome ad un individuo o ad una cosa dà alle persone l'illusione che questa persona, o cosa, sia unica ed assoluta, mentre in realtà quel processo nasconde la costruzione di un'idea soggettiva, che si va a sovrapporre all'essenza vera.
E in questo sta la differenza tra Mattia Pascal e Vitangelo: quest'ultimo rinuncia al suo nome, ma anche ad averne un altro, mentre Mattia Pascal, nel primo romanzo, si era limitato a cambiarlo, perché voleva solo un'altra identità, credendo che la sua infelicità fosse legata al tipo di vita condotto "nei suoi panni".
Vitangelo è andato ben oltre, la sua riflessione si è spinta più lontano, si è spinta al limite, quasi all'eccesso: quello che ha scoperto è troppo difficile da sopportare. Per questo decide di liberarsi di qualunque tipo di identità, avendo compreso che qualunque dimensione, contaminata dagli "altri" e dalle loro opinioni e supposizioni, sarebbe illusoria: ormai Vitangelo si sente, più che identità, soltanto pura anima.
Fonti: libri scolastici superiori