Simone de Beauvoir - Lei è l'Altro


Immagine Simone de Beauvoir
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


"Il secondo sesso" è l'opera monumentale di Simone de Beauvoir che si propone di svelare il mistero della donna in un'epoca in cui, nonostante le antiche barriere in termini di diritti e opportunità intellettuali siano state superate, persiste la difficoltà di concepire la donna come un soggetto autonomo. De Beauvoir esamina le ragioni per cui la donna viene percepita come "Altro" rispetto all'"Uno" rappresentato dall'uomo, e cerca di chiarire le condizioni che generano nei soggetti femminili una coscienza subalterna, incapace di pensarsi se non in relazione agli uomini (padri, mariti, amanti, figli).

La filosofa, in un'ottica esistenzialista, critica sia la cultura che ha destinato le donne a una vita di dipendenza, sia le donne stesse che accettano un ruolo complementare e secondario, privo delle possibilità di "trascendenza" riconosciute agli uomini. I passaggi selezionati dall'Introduzione, dalla parte dedicata alla "Formazione" (Libro II, Parte I) e da quella sulle "Giustificazioni" (Libro II, Parte III) offrono una panoramica significativa delle tesi di de Beauvoir sull'essere "Altro" della donna, sui motivi per cui "si diventa" donne, e sul particolare legame d'amore che trasfigura il rapporto di dipendenza.


Lettura


A un uomo non verrebbe mai in mente di scrivere un libro sulla singolare posizione che i maschi hanno nell'umanità. Se io voglio definirmi, sono obbligata anzitutto a dichiarare: «Sono una donna»; questa verità costituisce il fondo sul quale si ancorerà ogni altra affermazione. Un uomo non comincia mai col classificarsi come un individuo di un certo sesso: che sia uomo, è sottinteso.

È pura formalità che le rubriche: maschile, femminile appaiono simmetriche nei registri dei municipi e negli attestati d'identità. Il rapporto dei due sessi non è quello di due elettricità, di due poli: l'uomo rappresenta insieme il positivo e il negativo al punto che diciamo «gli uomini» per indicare gli esseri umani, il senso singolare della parola vir essendosi assimilato al senso generale della parola homo. La donna invece appare come il solo negativo, al punto che ogni determinazione le è imputata in guisa di limitazione, senza reciprocità.

Mi sono irritata talvolta, durante qualche discussione, nel sentirmi obiettare dagli interlocutori maschili: «voi pensate la tal cosa perché siete una donna»; ma io sapevo che la mia sola difesa consisteva nel rispondere: «la penso perché è vera», eliminando con ciò la mia soggettività, non era il caso di replicare: «E voi pensate il contrario perché siete un uomo»; perché è sottinteso che il fatto di essere un uomo non ha nulla di eccezionale. Un uomo è nel suo diritto essendo tale, è la donna in torto. Praticamente, nello stesso modo che per gli antichi c'era una verticale assoluta in rapporto alla quale si definiva l'obliquo, esiste un tipo umano assoluto, che è il tipo maschile. La donna ha delle ovaie, un utero; ecco le condizioni particolari che la rinserrano nella sua soggettività: si dice volentieri «pensa con le sue glandole». L'uomo dimentica superbamente d'avere un'anatomia, che comporta ormoni e testicoli. Egli intende il proprio corpo come una relazione. diretta e normale con il mondo che crede di afferrare nella sua oggettività, mentre considera il corpo della donna appesantito da tutto ciò che lo distingue: un ostacolo, una prigione.

«La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità», diceva Aristotele. «Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole»; e S. Tommaso ugualmente decreta che la donna è «un uomo mancato», un essere «occasionale». Proprio questo vuol simboleggiare la storia della Genesi in cui Eva appare ricavata, come dice Bossuet, da un «osso in soprannumero di Adamo». L'umanità è maschile e l'uomo definisce la donna non in quanto tale ma in relazione a se stesso; non è considerata un essere autonomo. «La donna, l'essere relativo...» scrive Michelet. E così Benda afferma nel Rapport d'Uriel: «Il corpo dell'uomo ha di per sé un senso, a prescindere da quello della donna, mentre quest'ultimo ne sembra privo se non si richiama al maschio... L'uomo può pensarsi senza la donna: lei non può pensarsi senza l'uomo».

Lei è soltanto ciò che l'uomo decide che sia; così viene qualificata «il sesso», intendendo che la donna appare essenzialmente al maschio un essere sessuato: la donna per lui è sesso, dunque lo è in senso assoluto. La donna si determina e si differenzia in relazione all'uomo, non l'uomo in relazione a lei; è l'inessenziale di fronte all'essenziale. Egli è il Soggetto, l'Assoluto: lei è l'Altro. [...]

Le donne – tranne in certi congressi che restano manifestazioni astratte – non dicono «noi»; gli uomini dicono «le donne» e le donne si designano con questa stessa parola, ma non si affermano autenticamente quali soggetti. I proletari hanno fatto la rivoluzione in Russia, i Negri ad Haiti, gli Indocinesi si sono battuti in Indocina: l'azione delle donne non è mai stata altro che un movimento simbolico: esse hanno ottenuto ciò che gli uomini si sono degnati di concedere e niente di più, non hanno strappato niente, hanno ricevuto. Il fatto è che non hanno i mezzi concreti per raccogliersi in una unità in grado di porsi, opponendosi.

Le donne non hanno un passato, una storia, una religione, non hanno come i proletari una solidarietà di lavoro e di interessi, tra loro non c'è neanche quella promiscuità nello spazio che fa dei Negri d'America, degli Ebrei dei ghetti, degli operai di Saint‑Denis o delle officine Renault una comunità. Le donne vivono disperse in mezzo agli uomini, legate ad alcuni uomini – padre o marito – più strettamente che alle altre donne; e ciò per i vincoli creati dalla casa, dal lavoro, dagli interessi economici, dalla condizione sociale. Le borghesi sono solidali coi borghesi e non colle donne proletarie; le bianche con gli uomini bianchi e non colle donne negre.

Il proletariato può prefiggersi il massacro della classe dirigente; un Ebreo, un Negro fanatici potrebbero sognare di trafugare il segreto della bomba atomica e di fare un'umanità tutta ebrea o tutta negra: neanche in sogno la donna può sterminare i maschi. Il legame che la unisce ai suoi oppressori non si può paragonare ad alcun altro. La divisione dei sessi è un dato biologico, non un momento della storia umana. La loro opposizione si è delineata entro un «mitsein» [«essere insieme»] originale e non è stata infranta. La coppia è un'unità fondamentale le cui metà sono connesse indissolubilmente l'una all'altra. Nessuna frattura della società in sessi è possibile. Ecco ciò che essenzialmente definisce la donna: essa è l'Altro nel seno di una totalità, i cui due termini sono indispensabili l'uno all'altro. [...]

Rifiutare di essere l'Altro, rifiutare la complicità con l'uomo significherebbe per loro rinunciare a tutti i vantaggi che porta con sé l'alleanza con la casta superiore. L'uomo sovrano proteggerà materialmente la donna vassalla e penserà a giustificarne l'esistenza; sottraendosi al rischio economico, ella scansa il rischio metafisico di una libertà che deve creare i propri fini senza concorso altrui.

In realtà ogni individuo, oltre all'esigenza di affermarsi come soggetto, che è una esigenza etica, porta in sé la tentazione di fuggire la propria libertà e di tramutarsi in cosa; è un cammino nefasto perché passivo, alienato, perduto, in cui l'individuo entra nel gioco di volontà estranee, è scisso dalla propria trascendenza, spogliato di ogni valore. Ma è un cammino agevole; si evita cosi l'angoscia e la tensione di una esistenza autenticamente vissuta. Quando l'uomo considera la donna come l'Altro, trova dunque in lei una complicità profonda. Così la donna non rivendica se stessa in quanto soggetto perché non ne ha i mezzi concreti, perché esperimenta il necessario legame con l'uomo senza porne la reciprocità, e perché spesso si compiace nella parte di Altro.

Ma occorre formulare immediatamente una domanda: come è cominciata tutta questa storia? Si capisce che la dualità dei sessi, come ogni dualità, si sia tradotta in un conflitto. Non è altrettanto chiaro perché l'uomo abbia vinto in partenza. Infatti, sembra che la battaglia potesse esser vinta dalle donne o l'esito restare eternamente sospeso. Perché invece il mondo è sempre appartenuto agli uomini e soltanto oggi le cose incominciano a cambiare? Questo cambiamento è un bene? Condurrà o no a una uguale spartizione del mondo tra uomini e donne? Queste domande non sono nuove: hanno già avuto una quantità di risposte; ma proprio il fatto che la donna è l'Altro nega ogni valore alle spiegazioni degli uomini, troppo evidentemente dettate dal loro interesse. [...]

donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo; è l'insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna. Unicamente la mediazione altrui può assegnare a un individuo la parte di ciò che è Altro.

In quanto creatura che esiste in sé, il bambino non arriverebbe mai a cogliersi come differenziazione sessuale. Tanto nelle femmine che nei maschi, il corpo è prima di tutto l'irradiarsi d'una soggettività, lo strumento indispensabile per conoscere il mondo: si conosce, si afferra l'universo con gli occhi e con le mani, non con gli organi sessuali. I drammi della nascita, dello svezzamento avvengono nello stesso modo per i due sessi; l'uno e l'altro hanno i medesimi interessi, gli stessi piaceri; dapprima, la fonte delle loro esperienze più gradevoli consiste nel succhiare; poi attraversano una fase finale in cui traggono le soddisfazioni più intense dalle funzioni escretorie, che sono analoghe per tutti e due; pure analogo è lo sviluppo genitale; esplorano il proprio corpo con la stessa indifferente curiosità; dal pene e dalla clitoride nascono uguali, dubbi piaceri; e, in quanto la loro sensibilità già tende a obbiettivarsi, è diretta verso la madre; la carne femminile, dolce, liscia, elastica, suscita nel bambino e nella bambina stimoli sessuali, che si traducono in un desiderio di prendere, di afferrare; è aggressiva la maniera con cui la bambina, come il bambino, abbraccia sua madre, la palpa, l'accarezza; provano la stessa gelosia quando nasce un altro bambino e l'esprimono in modi analoghi: collera, malumore, disturbi urinari; ricorrono agli stessi vezzi per conquistare l'affetto degli adulti.

Fino ai dodici anni la giovinetta è robusta quanto i suoi fratelli, e mostra identiche capacità intellettuali; non vi sono zone dove le sia vietato di rivaleggiare con loro. E, se molto prima della pubertà, o qualche volta addirittura dalla primissima infanzia, ci appare sessualmente già differenziata, non dovremo risalire a misteriosi istinti destinati a farne una creatura passiva, civetta e materna, ma dovremo ricordare che l'intervento altrui nella vita infantile è pressoché originario e che fino da principio la sua vocazione le viene imperiosamente imposta. [...]

Nel concetto che l'uomo e la donna si fanno dell'amore, si riflette la diversità della loro situazione. L'individuo che è soggetto, che è se stesso, se ha il gusto generoso della trascendenza, si sforza di ampliare la sua presa sul mondo: è ambizioso, agisce. Ma un essere inessenziale non può scoprire l'assoluto in seno alla propria soggettività; un essere votato all'immanenza non potrebbe realizzarsi per mezzo di atti.

Chiusa nella sfera del relativo, destinata al maschio fin dall'infanzia, abituata a vedere in lui un sovrano con cui non le è permesso di mettersi a pari, la donna che non ha rinunciato alla propria rivendicazione di essere umano, sognerà di superare il proprio essere verso uno di quegli esseri superiori, di unirsi, confondersi col soggetto sovrano; non c'è altra via d'uscita per lei che perdersi corpo e anima in colui che le è additato come l'assoluto, l'essenziale.

Poiché è in ogni modo condannata alla dipendenza, piuttosto che obbedire a dei tiranni – genitori, marito, protettore – preferisce servire un dio: vuole così ardentemente la propria schiavitù che questa le appare come l'espressione della sua libertà; si sforza di superare la sua situazione di oggetto inessenziale accettandola radicalmente; attraverso la sua carne, i suoi sentimenti, la sua condotta, esalta estremamente l'amato, lo pone come il valore e la realtà suprema; si annienta davanti a lui. L'amore diventa per lei una religione.


Guida alla lettura


1) Quale differenza nota de Beauvoir nella rappresentazione dell'uomo e della donna?
Simone de Beauvoir nota una differenza fondamentale nella rappresentazione dell'uomo e della donna. L'uomo è considerato il soggetto, l'Assoluto, e il punto di riferimento universale, mentre la donna è rappresentata come l'Altro, l'essere relativo e inessenziale. Questa differenza emerge chiaramente in vari punti del testo:

Rappresentazione di base: L'uomo non ha bisogno di definirsi come appartenente a un certo sesso; essere uomo è considerato normale e scontato. Al contrario, una donna deve sempre dichiarare la sua identità sessuale, poiché la sua esistenza è ancorata alla sua femminilità.
Definizione della donna in relazione all'uomo: L'umanità è maschile e l'uomo definisce la donna in relazione a se stesso, non come un essere autonomo. La donna è percepita essenzialmente come sessuata e viene differenziata rispetto all'uomo, che invece rappresenta il positivo e il generale.
Assenza di reciprocità: Ogni determinazione della donna è considerata una limitazione, senza reciprocità. L'uomo è visto come il tipo umano assoluto, mentre la donna è rinserrata nella sua soggettività a causa delle sue caratteristiche biologiche.
Ruolo sociale e culturale: De Beauvoir critica come la cultura e la storia hanno elaborato l'identità della donna, imponendole una vocazione e un ruolo di dipendenza e immanenza, che sono stati accettati passivamente.
Amore e dipendenza: Nel concetto di amore, l'uomo, in quanto soggetto, cerca di ampliare la sua presa sul mondo. La donna, inessenziale e destinata alla dipendenza, non può realizzarsi attraverso atti propri ma sogna di superare la sua condizione unendosi a un essere superiore, l'uomo, trasformando così l'amore in una sorta di religione in cui si annienta davanti a lui.

In sintesi, de Beauvoir evidenzia che l'uomo è il soggetto universale, mentre la donna è l'Altro, definita in relazione all'uomo e limitata nella sua soggettività e autonomia.

2) Quale accusa viene spesso rivolta al modo di pensare della donna?
L'accusa spesso rivolta al modo di pensare della donna, come riportato nel testo, è che le sue opinioni e pensieri siano influenzati dalla sua condizione di essere una donna. Infatti, durante le discussioni, quando de Beauvoir esprimeva un'opinione, i suoi interlocutori maschili le obiettavano: «voi pensate la tal cosa perché siete una donna». Questa obiezione implica che il pensiero della donna sia intrinsecamente limitato e condizionato dal suo sesso, un'accusa che sottintende che la soggettività femminile sia un limite piuttosto che una semplice differenza.

3) Quali motivi inducono le donne a non solidarizzare con le loro simili, come fanno in genere i gruppi oppressi?
Le donne non solidarizzano con le loro simili come fanno in genere i gruppi oppressi per diversi motivi, secondo quanto riportato nel testo di Simone de Beauvoir:

Disperse tra gli uomini: Le donne vivono disperse in mezzo agli uomini e sono legate ad alcuni uomini (padri, mariti) più strettamente che alle altre donne, a causa dei vincoli creati dalla casa, dal lavoro, dagli interessi economici e dalla condizione sociale.
Mancanza di unità e di mezzi concreti: Non hanno i mezzi concreti per raccogliersi in una unità in grado di porsi, opponendosi agli uomini. Non esiste una solidarietà di lavoro e di interessi tra loro, né una promiscuità nello spazio che possa creare una comunità.
Divisione interna per classe e razza: Le donne borghesi sono solidali coi borghesi e non con le donne proletarie; le donne bianche sono solidali con gli uomini bianchi e non con le donne nere.
Legame indispensabile con l'uomo: Il legame che unisce le donne ai loro oppressori è indispensabile e non può essere paragonato ad alcun altro legame di oppressione. La divisione dei sessi è un dato biologico, non un momento della storia umana, rendendo la frattura della società in sessi impossibile.
Benefici della complicità: Le donne spesso si compiacciono nella parte di "Altro" e rifiutare la complicità con l'uomo significherebbe rinunciare ai vantaggi che porta l'alleanza con la casta superiore, come la protezione materiale e la giustificazione della loro esistenza da parte degli uomini.

Questi motivi insieme rendono difficile per le donne creare una solidarietà simile a quella di altri gruppi oppressi come i proletari, i neri d'America o gli ebrei dei ghetti.

4) Indica i motivi per cui accontentarsi dell'immanenza può diventare una colpa.
Accontentarsi dell'immanenza può diventare una colpa perché:

Rinuncia alla Libertà e alla Trascendenza: Simone de Beauvoir sostiene che ogni individuo ha l'esigenza di affermarsi come soggetto, che è un'esigenza etica. Tuttavia, l'individuo porta in sé anche la tentazione di fuggire la propria libertà e di tramutarsi in cosa. Questo cammino, definito "nefasto", è passivo, alienato e perduto, poiché l'individuo entra nel gioco di volontà estranee, viene scisso dalla propria trascendenza e spogliato di ogni valore. Evitare l'angoscia e la tensione di un'esistenza autenticamente vissuta è una colpa perché porta alla perdita della propria soggettività e libertà.
Complicità con l'Oppressore: Quando la donna accetta il ruolo di Altro, trova una complicità profonda nell'uomo che la considera tale. Questa complicità evita all'uomo di confrontarsi con la propria soggettività e mantiene la donna in uno stato di oppressione. Rifiutare di essere l'Altro significherebbe rinunciare ai vantaggi dell'alleanza con la casta superiore ma accettare questa alleanza significa perpetuare la propria oppressione e quella di altre donne, rendendo la complicità una colpa.
Autoconfinamento nell'Immanenza: La donna, essendo abituata a vedere nell'uomo un sovrano con cui non può mettersi a pari, e non avendo rinunciato alla propria rivendicazione di essere umano, sogna di superare il proprio essere verso uno di quegli esseri superiori, confondendosi con il soggetto sovrano. Questo desiderio di perdersi in un altro, piuttosto che affermare se stessa come soggetto autonomo, rappresenta una colpa poiché chiusa nella sfera del relativo, accetta e glorifica la propria schiavitù come espressione della sua libertà, annientandosi davanti all'amato e rendendo l'amore una religione.

In sintesi, la colpa deriva dalla fuga dalla propria libertà, dalla complicità con l'oppressore, e dall'accettazione di un ruolo che nega la possibilità di trascendenza e autentica esistenza.

5) Richiamando le fasi dello sviluppo infantile proposte dalla psicoanalisi, de Beauvoir ne propone una lettura non sessuata. Spiegane i termini.
Simone de Beauvoir, richiamando le fasi dello sviluppo infantile, propone una lettura non sessuata che contrasta con le interpretazioni tradizionali della psicoanalisi. Secondo de Beauvoir, sia i maschi che le femmine iniziano la loro vita con esperienze e sviluppi simili, senza differenze significative legate al sesso. Ecco i termini principali della sua argomentazione:

Irradiazione della soggettività: De Beauvoir sostiene che, inizialmente, il corpo del bambino, sia maschio che femmina, è principalmente uno strumento di conoscenza del mondo e di esperienza soggettiva. La differenziazione sessuale non è rilevante in questa fase.
Esperienze condivise: Entrambi i sessi attraversano esperienze comuni durante l'infanzia, come il succhiare durante l'allattamento e le soddisfazioni legate alle funzioni escretorie. Queste esperienze sono analoghe per maschi e femmine.
Esplorazione del corpo: Sia i bambini che le bambine esplorano il proprio corpo con la stessa curiosità, e le sensazioni derivanti dagli organi genitali sono simili. La sessualità precoce è indirizzata verso la madre, indipendentemente dal sesso del bambino.
Parità di capacità: Fino ai dodici anni, le bambine sono fisicamente e intellettualmente alla pari con i loro coetanei maschi. Non esistono limitazioni intrinseche legate al sesso che impediscano loro di competere o eccellere in vari ambiti.
Intervento altrui: La differenziazione sessuale precoce che a volte si osserva non è attribuita a misteriosi istinti naturali, piuttosto all'intervento esterno e alle influenze culturali che impongono ruoli e vocazioni specifiche fin dall'infanzia.

In sintesi, de Beauvoir sostiene che la differenziazione sessuale è un prodotto dell'intervento e dell'influenza culturale e sociale, piuttosto che un destino biologico inevitabile. La sua lettura non sessuata dello sviluppo infantile mette in luce come la società costruisca i ruoli di genere attraverso l'educazione e le aspettative imposte sui bambini.

6) Dove si rivela la differenza intervenuta tra i sessi?
Nel testo di Simone de Beauvoir, la differenza tra i sessi si rivela principalmente nel modo in cui l'uomo e la donna sono definiti e considerati all'interno della società e della storia. De Beauvoir spiega che l'uomo ha storicamente dominato e definito la donna in relazione a se stesso, considerandola come "l'Altro". Questo concetto implica che la donna è vista come essenzialmente diversa e subordinata rispetto all'uomo, il cui ruolo è stato quello di soggetto e di misura di riferimento nella società. Questa differenza si manifesta anche nelle percezioni culturali e sociali delle donne, che sono state tradizionalmente limitate e definite dai ruoli che gli uomini hanno loro assegnato, anziché potersi definire autonomamente come soggetti.


Guida alla Comprensione


1) La riflessione di de Beauvoir sull'essere Altro della donna mira a denunciare il falso universalismo del concetto di uomo. Perché la filosofa sostiene che il concetto di donna vi risulta incluso solo in posizione subordinata?
Simone de Beauvoir sostiene che il concetto di donna vi risulta incluso solo in posizione subordinata perché, secondo lei, nella storia e nella filosofia occidentale l'uomo è stato tradizionalmente considerato come il soggetto universale, mentre la donna è stata definita in relazione all'uomo, non come un essere autonomo. Questo atteggiamento ha portato a considerare la donna come "l'Altro" rispetto all'uomo, cioè come qualcosa di diverso e complementare ma non come un soggetto con pari dignità e autonomia. Questa concezione ha permeato la cultura e la società, mantenendo le donne in una condizione di dipendenza e subordinazione, privandole delle stesse possibilità di realizzazione e trascendenza riconosciute agli uomini.

2) Come mai, secondo l'analisi di de Beauvoir, solo il pensiero della donna viene considerato in relazione al suo sesso?
Secondo Simone de Beauvoir, solo il pensiero della donna viene considerato in relazione al suo sesso perché la società ha storicamente definito la donna principalmente attraverso il prisma del maschile. Questa visione ha radici profonde nella storia e nella cultura occidentale, dove l'uomo è stato tradizionalmente considerato il soggetto universale e normativo, mentre la donna è stata vista come "l'Altro", ossia come diversa e subordinata rispetto all'uomo.

De Beauvoir spiega che le donne sono state definite in relazione agli uomini, come complemento o opposizione, anziché come individui autonomi con una propria soggettività e capacità di trascendenza. Questo si riflette nel modo in cui persino il pensiero delle donne è spesso ridotto al loro sesso, come se le loro opinioni e idee fossero determinate primariamente dalla loro condizione di donna, anziché essere considerate semplicemente come verità o punti di vista validi in sé stessi.

Quindi, secondo de Beauvoir, questa enfasi sul sesso come determinante principale della definizione della donna impedisce alle donne di essere riconosciute come soggetti pienamente autonomi e rende difficile per loro rivendicare una posizione di parità nella società.

3) Che cosa significa che la donna è «l'Altro nel seno di una totalità»?
Secondo il testo da Simone de Beauvoir, quando si dice che la donna è "l'Altro nel seno di una totalità", si intende che la donna è definita principalmente in relazione all'uomo, non come un soggetto autonomo ma come qualcosa di diverso e complementare rispetto all'uomo. Questa condizione di essere "l'Altro" implica che la donna non è il soggetto principale o dominante nella società, piuttosto è vista come un complemento o un aspetto secondario rispetto al maschile. Questo concetto esprime la subordinazione delle donne rispetto agli uomini, sia culturalmente che socialmente, dove la loro esistenza e identità sono definite e limitate dalla prospettiva maschile.

4) Perché la donna non può «sterminare i maschi»?
Secondo Simone de Beauvoir nel testo, la donna non può "sterminare i maschi" principalmente perché è intrinsecamente legata e dipendente dagli uomini nella struttura sociale esistente. De Beauvoir descrive la donna come l'Altro rispetto all'uomo, una figura definita in relazione all'uomo stesso e non come un essere autonomo. Questa dipendenza è radicata nelle relazioni di potere e negli strati storici della società, dove le donne sono viste principalmente come complementari agli uomini, senza la stessa capacità di autonomia e di azione. Nonostante alcuni movimenti simbolici, le donne non hanno mai raggiunto una unità e una solidarietà sufficienti per rivendicare un potere paragonabile a quello degli uomini. Pertanto, la struttura sociale non fornisce alle donne i mezzi concreti per rovesciare il dominio maschile, mantenendo così la loro posizione subalterna e impedendo qualsiasi possibile "sterminio" dei maschi come classe dominante.

5) Rappresentando la donna come «vassalla» di un «sovrano», de Beauvoir segnala i relativi vantaggi di questa condizione. Qual è però, dal punto di vista esistenzialista, la perdita inestimabile?
Dal punto di vista esistenzialista, la perdita inestimabile della donna rappresentata come "vassalla" di un "sovrano" è la perdita della propria autonomia e della possibilità di realizzare la propria libertà autentica. De Beauvoir sottolinea che accettare passivamente la condizione di dipendenza e sottomissione significa rinunciare alla capacità di essere un soggetto completo e indipendente, in grado di definire se stesso/a e di perseguire i propri fini senza essere subordinato/a agli altri.

6) In che senso «donna non si nasce, lo si diventa»? Chi ne è responsabile?
Secondo il testo, l'affermazione "donna non si nasce, lo si diventa" significa che il ruolo e l'identità di donna non sono determinati da fattori biologici o psicologici intrinseci ma sono il risultato della mediazione e dell'influenza sociale, storica e culturale. Simone de Beauvoir sostiene che la donna viene definita e modellata attraverso l'interazione con la società, che impone ruoli, aspettative e limitazioni specifiche basate sul genere. Questo processo avviene fin dalla nascita, con un intervento che "imperiosamente impone" la vocazione femminile. Quindi, la responsabilità di questa costruzione sociale ricade sulla società stessa, che plasma l'identità femminile attraverso norme, valori e istituzioni che perpetuano una divisione sessuale e sociale.

7) Perché de Beauvoir ci tiene a negare che le differenze tra maschi e femmine si manifestino già nell'infanzia?
De Beauvoir nega che le differenze tra maschi e femmine si manifestino già nell'infanzia perché ritiene che queste differenze non siano innate o biologicamente determinate ma siano piuttosto il risultato dell'intervento sociale e culturale. Nel testo, de Beauvoir sostiene che fino ai dodici anni le giovinette sono robuste quanto i loro fratelli e mostrano identiche capacità intellettuali. Questo suggerisce che le presunte differenze di genere che emergono successivamente non sono naturali o predestinate ma sono piuttosto imposte dall'esterno, influenzate dalle aspettative sociali e dalle norme culturali che definiscono e limitano il ruolo della donna come "l'Altro" rispetto all'uomo.

8) Quali motivi spingono la donna a farsi un idolo della persona amata?
Il testo di Simone de Beauvoir esplora come la donna, confinata nella sua condizione di "Altro" rispetto all'uomo, sia spinta a idealizzare e idolatrare la persona amata come una forma di ricerca di significato e di realizzazione. Beauvoir descrive come la donna, privata di una piena soggettività e spesso confinata in ruoli subalterni, tende a cercare nella relazione con l'uomo un modo per colmare questo vuoto di identità e di autonomia. La donna, secondo il testo, è socialmente condizionata a percepire il proprio valore attraverso il riflesso dell'uomo, e pertanto vede nell'amore per lui una possibilità di realizzazione e di riscatto dalla sua condizione di "Altro".

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

Utenti più Affidabili:

Ultimi Articoli:

Ultimi Commenti:

Commenti:


Commenti Verificati Tutti i Commenti