Karl Jaspers - Che cosa è la verità?


Immagine Karl Jaspers
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il brano che presentiamo è tratto da una breve autobiografia intellettuale che Karl Jaspers pubblicò per la prima volta in Italia nel 1941, sulla rivista «Logos». A nove anni dalla pubblicazione della sua opera principale, i tre volumi di Filosofia, Jaspers esplora in questo scritto alcuni temi fondamentali del suo pensiero. In particolare, vengono evidenziati: 1) i limiti e il valore delle scienze, che la filosofia deve rispettare contro l'irrazionalismo vitalistico, pur riconoscendo che "la verità è qualcosa di infinitamente più grande" rispetto all'esattezza scientifica (qui Jaspers riprende il rapporto tra intelletto e ragione che era stato approfondito in modi differenti da Kant e Hegel); 2) la centralità della comunicazione nell'esistenza umana; 3) l'importanza del concetto di Umgreifende, l'essere inoggettivabile e inesauribile (qui tradotto come «Tutto-avvolgente») verso cui la filosofia tende incessantemente, senza mai poterlo pienamente raggiungere.


Lettura


I limiti delle scienze e l'impulso alla comunicazione sono due cose che ci additano il cammino verso la verità, la quale è qualcosa di ben più che un semplice possesso da parte dell'intelletto.
L'esattezza rigorosa delle scienze non è tutta la verità. Tale esattezza, nella sua validità universale, non ci vincola in tutto e per tutto quali uomini reali, ma solo quali esseri forniti d'intelletto. Si tratta solamente di un vincolo rispetto alle cose che vengono conosciute, di un vincolo particolare ma non pieno e totale. È vero che nella comunità dell'indagine scientifica, in grazia delle idee che in essa si realizzano e degli altri impulsi dell'esistenza che in essa si manifestano, possono darsi degli uomini che siano dei veri amici. Ma l'esattezza della conoscenza scientifica come tale vincola tutte le nature intellettive nella loro somiglianza, in quanto punti rappresentabili, e non vincola sostanzialmente gli uomini stessi.

Per l'intelletto che ha come mèta e come punto di vista l'esattezza il resto vale solo come sentimento, come soggettività, come istinto. Con questa bipartizione, accanto al mondo luminoso dell'intelletto, rimane solamente l'irrazionale, nel quale viene a sboccare tutto ciò che, secondo le circostanze, viene disprezzato o portato alle stelle. Intanto bisogna riconoscere che l'esattezza pura e semplice non ci appaga. E il movimento, che, nel pensare, va alla ricerca dell'autentica verità, nasce appunto da questo inappagamento. [...] La verità è qualche cosa di infinitamente più dell'esattezza scientifica.

Tutto considerato, anche la comunicazione ci fa avvertire e sentire che la verità è qualche cosa di infinitamente di più. La comunicazione è la via verso la verità in tutti i suoi aspetti. Lo stesso intelletto diventa chiaro a se stesso soltanto nella discussione. La maniera come l'uomo, in quanto esserci, in quanto spirito, in quanto esistenza, sta o può stare in comunicazione, è quella che rende possibile la rivelazione di ogni altra verità. La verità con la quale veniamo a contatto ai limiti delle scienze è quella stessa verità con la quale veniamo a contatto in questo movimento della comunicazione. La questione è d'intender bene quale verità essa sia.

La fonte di questa verità, per distinguerla da ciò che si presta a essere formulato e oggettivato, da ciò che è particolare, e determinato, nelle forme nelle quali l'essere può starci dinanzi, noi la chiamiamo il Tutto-avvolgente. Questo concetto non è affatto familiare e tanto meno di per se stesso evidente. Il Tutto-avvolgente possiamo cercare di rischiararlo filosofando, ma non possiamo conoscerlo oggettivamente.
Qui ci attende il bivio fatale, dove noi raggiungiamo o il vero filosofare o torniamo da capo indietro, mentre, giungendo al nostro limite, dovremmo osare il salto verso il pensiero trascendente.

Se ci basiamo su tutto ciò che è sentimento, istinto, impulso, cuore e stato d'animo, come se soltanto questo fosse fonte di verità, non facciamo che nominare quel che rimane nel buio, quel che vorrebbe dar motivo alla nostra vita, con parole che inducono ad un'analisi psicologica, e ci fanno cascare in una psicologia che si presume comprensiva, mentre quel che importa è di raggiungere lo spazio luminoso del filosofare autentico e genuino.
I metodi del trascendere sorreggono la filosofia tutta intera. È impossibile anticipare in breve ciò che con essi possiamo raggiungere. Possiamo forse accostarci, con poche parole, se non alla piena comprensibilità, almeno all'atmosfera di cui si tratta.

Tutto ciò che diventa oggetto per me emerge, per così dire, dal fondo oscuro dell'Essere. Ogni oggetto è un essere determinato, che mi sta di fronte nella scissione di soggetto e oggetto; ma non è mai tutto l'Essere. Nessun essere conosciuto in questa maniera, cioè oggettivamente, è l'Essere.

Ma l'insieme delle cose conosciute come oggetti non rappresenta tutto l'Essere?
No. Come in un paesaggio dall'orizzonte sono racchiuse le cose, così tutti gli oggetti sono racchiusi dall'orizzonte in cui essi si trovano. Nel mondo dello spazio ci accade che, per quanto ci accostiamo all'orizzonte, non riusciamo mai a raggiungerlo, e esso piuttosto si muove con noi e sempre nuovamente si riforma, come quello che, volta per volta, tutto racchiude in sé.

Allo stesso modo, nel processo dell'indagine oggettiva, noi ci accostiamo, volta per volta, ad apparenti totalità, le quali però non ci si dimostrano mai come l'Essere pieno e autentico, ma devono, invece, essere oltrepassate in estensioni sempre nuove. Solo se tutti gli orizzonti si trovassero insieme, in un tutto compatto, dato che in tal caso essi ci rappresenterebbero una pluralità finita, noi potremmo, in uno sforzo di penetrazione a traverso tutti gli orizzonti, raggiungere l'Essere unico che vi è rinchiuso. Ma l'Essere non ci può esser dato rinchiuso, e gli orizzonti sono per noi illimitati. L'Essere ci trascina in tutti i sensi verso l'infinito.
Noi vogliamo renderci conto dell'Essere che, mentre ci si rivela venendoci incontro in ogni oggetto e in ogni orizzonte, pure, come tale, sempre indietreggia e si allontana. Questo Essere noi lo chiamiamo: il Tutto che ci avvolge. Il Tutto-avvolgente è dunque ciò che sempre e continuamente si annunzia a noi, e ci si annunzia non in quanto ci venga innanzi esso stesso, ma in quanto è la scaturigine di ogni altra cosa.

Con questo pensiero filosofico fondamentale noi vogliamo pensare al di là di quell'essere determinato dirigendoci verso il Tutto-avvolgente, nel quale siamo e che noi stessi siamo. È questo un pensiero che, per così dire, capovolge la nostra situazione perché ci libera dal vincolo di ogni essere determinato. Ma questo pensiero del Tutto-avvolgente è solo la prima pietra. In breve si direbbe che è ancora soltanto un pensiero puramente formale. Nello sforzo di un ulteriore avvicinamento, ci si mostrano subito i modi del Tutto-avvolgente insieme col compito del loro rischiaramento. L'Essere del Tutto-avvolgente, in se stesso, è Mondo e Trascendenza. L'Essere del Tutto-avvolgente che noi siamo è Esserci, Coscienza in generale, Spirito, Esistenza. Solo a traverso i modi del Tutto-avvolgente noi diventiamo interamente consapevoli della verità in tutte le sue possibilità, nel suo orizzonte possibile, nella sua ampiezza e nella sua profondità.
Il rischiaramento del Tutto-avvolgente riceve la sua spinta dalla nostra Ragione e dalla nostra Esistenza.

I movimenti nei quali noi ci apriamo sconfinatamente, coi quali vorremmo dare la parola a tutto ciò che è, attraverso i quali quasi attiriamo a noi ciò che ci è più lontano ed estraneo, in seno ai quali cerchiamo un rapporto con tutte le cose, e grazie ai quali non rompiamo la comunicazione con niente, questi movimenti noi li denominiamo ragione. Questa parola, che va radicalmente distinta da intelletto, esprime la condizione della verità, così come essa può venire in luce nei modi del Tutto-avvolgente. La logica filosofica riguarda la ragione in quanto si rende conto di se stessa.

Nel suo valore più largo e più comprensivo, entro il quale il valore delle scienze, vale a dire dell'intelletto, è soltanto un elemento, la verità trova, in ultimo, il suo fondamento nell'esistenza che noi possiamo essere. Tutto dipende dal lasciarci guidare nella vita da una incondizionatezza, da un possesso e un dominio pieno e assoluto di noi, il quale nasce soltanto dalla risoluzione. Mediante la risoluzione l'esistenza diventa reale, la vita viene foggiata e trasformata in quell'agire interiore che, rischiarandoci, ci sorregge nel volo. Quando l'amore ha come fondamento una risoluzione, non è più l'infida passione che s'agita senza mèta, ma la completa realizzazione di noi, nella quale ci si manifesta il vero Essere.

Quello che deve esser fatto nella vita del pensiero è reso possibile da un filosofare che, rimembrando e presagendo, faccia manifesta la verità. Questo filosofare ha il suo vero significato solamente se al pensiero corrisponde una realtà di chi pensa, la quale venga a integrarlo. Questa realtà non è la conseguenza o l'applicazione di una dottrina, ma è la prassi dell'essere umano, che si protende in avanti nell'eco del pensiero. È un impeto di movimento che ha luogo, per dir così, con due ali, che sono il pensiero e la realtà. L'uno e l'altra debbono spiegarsi, se si vuole che il volo riesca. Il pensiero puro e semplice rimarrebbe un vuoto agitarsi di possibilità; la realtà pura e semplice rimarrebbe una cupa incoscienza, dato che senza spiegamento non potrebbe intendere se stessa.

Questo modo di filosofare ebbe per me la sua prima origine nel campo della psicologia, che doveva subire una trasformazione e diventare poi rischiaramento dell'esistenza. Questo rischiaramento dell'esistenza mi riportò di nuovo all'orientamento nel mondo e alla metafisica. Il significato di questo pensare e di questo filosofare si risolve, in ultimo, in una logica filosofica, che non tien conto soltanto dell'intelletto e delle sue forme (giudizio e ragionamento), ma indica il fondo ultimo della verità, quale si mostra, in tutta la sua portata, nel Tutto-avvolgente. L'Essere non è la somma degli oggetti. Bisogna dire piuttosto che gli oggetti nella scissione di soggetto e oggetto, vengono incontro al nostro intelletto dal Tuttoavvolgente dell'Essere stesso, che, mentre sfugge alla nostra comprensione oggettiva, è quello da cui tutte le nostre conoscenze oggettive e determinate ricevono senso e limiti, e da cui si effonde la melodia del Tutto, nel quale soltanto esse acquistano valore.


Guida alla lettura


1) Quali sono i limiti della conoscenza intellettuale?
Secondo il testo, i limiti della conoscenza intellettuale sono i seguenti:

Esattezza Scientifica: L'esattezza rigorosa delle scienze non rappresenta tutta la verità. Questa esattezza, pur essendo valida universalmente, non vincola completamente gli esseri umani reali ma solo quelli dotati di intelletto. È un vincolo parziale e non totale, limitato alle cose conosciute.
Bipartizione tra Intelligenza e Irrazionale: Per l'intelletto che mira all'esattezza, tutto il resto è relegato a sentimenti, soggettività e istinti. Questo crea una divisione tra il mondo luminoso dell'intelletto e l'irrazionale, che viene disprezzato o esaltato a seconda delle circostanze.
Inappagamento dell'Esattezza: L'esattezza pura e semplice non soddisfa completamente. Questo inappagamento spinge il pensiero a cercare la verità autentica, che è infinitamente più dell'esattezza scientifica.
Oggettivazione Limitata: Tutto ciò che diventa oggetto emerge dall'Essere ma nessun oggetto conosciuto oggettivamente rappresenta l'Essere nella sua totalità. Gli oggetti sono solo parti dell'Essere che non possono mai essere completamente compresi come Essere pieno e autentico.
Orizzonte Inaccessibile: Come un orizzonte che si sposta sempre avanti man mano che ci avviciniamo, l'Essere non può mai essere completamente raggiunto o compreso attraverso l'indagine oggettiva. Gli orizzonti sono illimitati e l'Essere trascina verso l'infinito.
Essere Inoggettivabile: L'Essere, chiamato "Tutto-avvolgente", si rivela attraverso ogni oggetto e orizzonte ma sempre sfugge alla comprensione oggettiva. Questo Essere è la fonte di tutte le cose ma non può essere afferrato come un'entità oggettiva.

In sintesi, la conoscenza intellettuale è limitata dalla sua focalizzazione sull'esattezza scientifica, dalla divisione tra intelletto e irrazionale, dall'incapacità di appagare completamente, dall'impossibilità di comprendere l'Essere nella sua totalità, e dalla natura inoggettivabile dell'Essere stesso.

2) Prova a definire il «Tutto-avvolgente», un concetto oscuro e poco «familiare», come dice lo stesso Jaspers.
Il concetto di «Tutto-avvolgente» (Umgreifende) è definito da Karl Jaspers come la fonte della verità, distinguendola da ciò che può essere formulato e oggettivato. Il «Tutto-avvolgente» non è qualcosa di familiare o evidente di per sé. Non può essere conosciuto oggettivamente ma può essere rischiarato attraverso la filosofia. È l'essere inesauribile e inoggettivabile verso cui la filosofia tende incessantemente senza mai poterlo raggiungere pienamente.

Jaspers descrive il «Tutto-avvolgente» come ciò che emerge dal fondo oscuro dell'Essere e che rappresenta il complesso delle cose conosciute come oggetti, senza mai esaurire l'Essere pieno e autentico. Ogni oggetto conosciuto oggettivamente non è l'Essere totale. Gli orizzonti che racchiudono gli oggetti non sono mai definitivi e si riformano continuamente, spingendoci verso nuove estensioni. Questo continuo avanzamento verso l'infinito suggerisce che l'Essere non può mai essere completamente conosciuto o rinchiuso.

Inoltre, il «Tutto-avvolgente» è ciò che permette di comprendere la verità in tutte le sue possibilità, nel suo orizzonte possibile, nella sua ampiezza e profondità. È la scaturigine di ogni altra cosa e, sebbene non possa essere oggettivato, dà senso e limiti a tutte le nostre conoscenze determinate, effondendo la melodia del tutto in cui esse acquistano valore.

Jaspers afferma che il pensiero filosofico deve dirigersi verso il «Tutto-avvolgente», capovolgendo la nostra situazione e liberandoci dal vincolo di ogni essere determinato, per rendere possibile una piena consapevolezza della verità.

3) Quale è il compito che Jaspers affida alla filosofia?
Il compito che Jaspers affida alla filosofia, secondo il testo, è quello di rischiarare il concetto di "Tutto-avvolgente" e di cercare la verità che va oltre l'esattezza scientifica. La filosofia deve distinguere la verità che si manifesta nei modi del Tutto-avvolgente e deve dirigersi verso questa totalità che non può essere conosciuta oggettivamente. Inoltre, la filosofia deve integrare il pensiero e la realtà in un movimento armonioso, dove il pensiero puro e la realtà pura devono spiegarsi reciprocamente per raggiungere una comprensione completa dell'essere. Questo filosofare si deve basare sulla ragione, distinta dall'intelletto e deve condurre alla risoluzione dell'esistenza e alla manifestazione del vero essere attraverso una prassi dell'essere umano che unisca pensiero e azione.

4) In che senso la ragione è più comprensiva dell'intelletto?
Secondo il testo, la ragione è più comprensiva dell'intelletto perché esprime la condizione della verità così come essa può venire in luce nei modi del Tutto-avvolgente. La ragione è descritta come i movimenti attraverso i quali cerchiamo un rapporto con tutte le cose e manteniamo la comunicazione con tutto ciò che è lontano ed estraneo. Questi movimenti della ragione sono distinti dall'intelletto, il quale è limitato alla precisione scientifica e alla rappresentazione oggettiva delle cose.

In particolare, il testo dice: "Questa parola, che va radicalmente distinta da intelletto, esprime la condizione della verità, così come essa può venire in luce nei modi del Tutto-avvolgente." Inoltre, la verità trova il suo fondamento ultimo nell'esistenza che noi possiamo essere, e non solo nell'intelletto: "Nel suo valore più largo e più comprensivo, entro il quale il valore delle scienze, vale a dire dell'intelletto, è soltanto un elemento, la verità trova, in ultimo, il suo fondamento nell'esistenza che noi possiamo essere."

Pertanto, la ragione è più comprensiva dell'intelletto perché abbraccia la totalità delle esperienze umane e il rapporto con il Tutto-avvolgente, mentre l'intelletto si limita alla precisione e alla rappresentazione oggettiva delle singole cose.

5) Che rapporto c'è tra il puro pensiero e la prassi (la realtà di chi pensa)?
Nel testo, il rapporto tra il puro pensiero e la prassi (la realtà di chi pensa) è descritto come una relazione dinamica e complementare. Karl Jaspers spiega che il puro pensiero e la prassi sono come due ali necessarie per il volo della filosofia e dell'esistenza autentica. Egli afferma:

Il pensiero puro - Se rimanesse isolato, sarebbe un vuoto agitarsi di possibilità senza una vera direzione o concretezza.
La realtà pura (prassi) - Se fosse priva di spiegamento, rimarrebbe una cupa incoscienza, senza capacità di comprendersi pienamente.
Jaspers sottolinea che il filosofare autentico ha senso solo se al pensiero corrisponde una realtà integrata di chi pensa. Questa realtà non è semplicemente l'applicazione di una dottrina ma è la prassi dell'essere umano che si protende in avanti nel pensiero. In altre parole, il pensiero e la prassi devono essere spiegati insieme, il che significa che devono svilupparsi e funzionare in armonia per rendere possibile il volo filosofico.

Ecco un passaggio chiave che illustra questa relazione:

"Questo filosofare ha il suo vero significato solamente se al pensiero corrisponde una realtà di chi pensa, la quale venga a integrarlo. Questa realtà non è la conseguenza o l'applicazione di una dottrina ma è la prassi dell'essere umano, che si protende in avanti nell'eco del pensiero. È un impeto di movimento che ha luogo, per dir così, con due ali, che sono il pensiero e la realtà. L'uno e l'altra debbono spiegarsi, se si vuole che il volo riesca."

Pertanto, secondo Jaspers, il puro pensiero deve essere sempre integrato e accompagnato dalla prassi reale per raggiungere una comprensione e una realizzazione completa dell'esistenza.


Guida alla Comprensione


1) Jaspers parla di «bipartizione» tra intelletto e irrazionale: che cosa significa?
Nel contesto del testo di Karl Jaspers, la "bipartizione" tra intelletto e irrazionale si riferisce alla divisione o separazione tra due sfere dell'esperienza umana e della conoscenza. Jaspers sostiene che l'intelletto, con il suo focus sull'esattezza scientifica e sulla rappresentazione oggettiva, tende a considerare l'irrazionale come qualcosa di estraneo o contrario alla razionalità. D'altra parte, l'irrazionale rappresenta tutto ciò che non può essere pienamente compreso o espresso attraverso i metodi intellettuali e razionali, come i sentimenti, gli istinti, gli impulsi e altre forme di esperienza soggettiva e non razionale.

Questo contrasto evidenzia una dualità nella nostra comprensione del mondo: da un lato c'è il mondo della conoscenza scientifica e dell'intelletto, che cerca di rappresentare e definire le cose in modo preciso e oggettivo; dall'altro lato c'è un mondo di esperienze e realtà che sfuggono alla piena comprensione razionale ma che sono comunque cruciali per la nostra esistenza e per la ricerca della verità più profonda, il "Tutto-avvolgente" di cui parla Jaspers.

Quindi, la "bipartizione" indica una separazione concettuale tra il dominio dell'intelletto e quello dell'irrazionale, sottolineando l'importanza di entrambi nella nostra ricerca di comprendere la verità più ampia e autentica.

2) Spiega perché la conoscenza che aspira all'oggettività non raggiunge mai l'Essere.
Secondo il testo, la conoscenza che aspira all'oggettività non riesce mai a raggiungere l'Essere perché gli oggetti conosciuti oggettivamente sono solo parti dell'Essere stesso, non l'Essere nella sua totalità. Karl Jaspers afferma che ogni oggetto conosciuto, nella sua dualità di soggetto e oggetto, emerge dal fondo oscuro dell'Essere ma non lo rappresenta completamente. L'Essere, che è definito come il Tutto-avvolgente, è qualcosa di inaccessibile all'oggettivazione e alla determinazione specifica degli oggetti. Gli oggetti possono essere conosciuti solo fino a un certo punto ma non possono esaurire o comprendere l'intero Essere, che è infinito e trascende qualsiasi tentativo di conoscenza oggettiva limitata.

Pertanto, la conoscenza che si basa sull'oggettività non può raggiungere l'Essere perché l'Essere è oltre ogni forma di determinazione e oggettivazione. L'oggettività può solo rappresentare aspetti parziali e limitati dell'Essere, mentre l'Essere stesso, secondo Jaspers, si manifesta in modo più ampio e profondo, sfuggendo alle categorie e alle definizioni precise dell'intelletto razionale.

3) Spiega perché la ricerca della verità ha un fondamento, a differenza della conoscenza puramente intellettuale, nella mia esistenza personale.
Secondo il testo, la ricerca della verità non si limita alla conoscenza puramente intellettuale ma trova un fondamento più profondo nell'esistenza personale. Karl Jaspers sottolinea che l'esattezza scientifica, sebbene importante, non è tutta la verità. La verità, invece, è qualcosa di infinitamente più ampio e complesso che va oltre la mera esattezza e coinvolge la comunicazione umana, l'apertura alla totalità dell'Essere che Jaspers chiama il Tutto-avvolgente.

Questo Tutto-avvolgente non può essere conosciuto oggettivamente ma si annuncia attraverso la nostra esperienza e la nostra esistenza. Jaspers scrive che la verità si manifesta anche nel movimento verso l'infinito, nei movimenti della ragione che cercano di abbracciare tutte le cose e mantenere la comunicazione con esse. Questi movimenti della ragione non sono semplici esercizi intellettuali ma implicano un coinvolgimento personale profondo, un'apertura di sé all'infinità dell'Essere.

Pertanto, la ricerca della verità, secondo Jaspers, trova un fondamento nell'esistenza personale perché coinvolge non solo la mente intellettuale ma anche il cuore, gli impulsi, il sentimento e l'apertura all'esperienza umana totale. È attraverso questa interazione tra pensiero e realtà, tra ragione e esistenza, che la verità si manifesta in tutte le sue possibilità e profondità.

4) Che parte ha l'impulso alla comunicazione nella ricerca della verità?
Nel testo, l'impulso alla comunicazione è descritto come centrale nella ricerca della verità. Karl Jaspers sostiene che la comunicazione è la via attraverso cui l'uomo può avvicinarsi alla verità in tutti i suoi aspetti. Egli afferma che solo nella discussione e nel confronto con gli altri l'intelletto diventa chiaro a se stesso, e che la verità incontrata nella comunicazione è la stessa verità che si cerca nei limiti delle scienze. Pertanto, secondo Jaspers, l'impulso alla comunicazione non solo facilita la comprensione reciproca ma permette anche di esplorare la verità in modi che vanno oltre l'esattezza scientifica, avvicinandosi al concetto di Tutto-avvolgente che rappresenta l'essere inesauribile e inoggettivabile verso cui la filosofia tende.

5) Per l'uomo è possibile un possesso definitivo e completo della verità?
Secondo il testo, Karl Jaspers sostiene che per l'uomo non è possibile un possesso definitivo e completo della verità. Egli descrive la verità come qualcosa di più ampio e profondo rispetto alla precisione scientifica o alla conoscenza oggettiva. Jaspers parla del "Tutto-avvolgente", che rappresenta l'Essere nel suo insieme e che non può essere conosciuto oggettivamente ma solo intuito filosoficamente. Questo concetto implica che la verità è un ideale a cui l'uomo può tendere incessantemente attraverso la ragione e la filosofia ma che non può mai possedere in modo definitivo e completo.

6) Alla luce dell'ultimo capoverso, spiega qual è il percorso teorico compiuto da Jaspers.
Karl Jaspers, nel suo percorso teorico descritto nel testo, parte dalla psicologia per trasformarla in un rischiaramento dell'esistenza. Questo rischiaramento lo porta nuovamente verso l'orientamento nel mondo e la metafisica. Il suo filosofare evolve in una logica filosofica che non si limita all'intelletto e alle sue forme ma cerca il fondo ultimo della verità nel concetto del Tutto-avvolgente. Jaspers sostiene che l'Essere non è semplicemente la somma degli oggetti, ma il Tutto-avvolgente dal quale emergono sia soggetto che oggetto, dando senso e limiti alle nostre conoscenze. Questo percorso riflette una continua ricerca di una verità che supera le limitazioni dell'intelletto e si avvicina all'infinito dell'Essere.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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