Joseph Alois Schumpeter - La democrazia come competizione tra leader


Immagine Joseph Alois Schumpeter
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


All'interno di una più ampia analisi dei due sistemi economico-sociali che hanno dominato il secolo scorso, capitalismo e socialismo, Schumpeter propone ciò che definisce come "un'altra dottrina della democrazia". Secondo la dottrina classica della democrazia, il popolo, direttamente o attraverso i suoi rappresentanti, prende decisioni con l'obiettivo del "bene comune". Tuttavia, questa visione è completamente irrealistica. In primo luogo, perché il bene comune, inteso come qualcosa di univocamente definito, esiste solo come espressione retorica, poiché ogni società è attraversata da interessi particolari e divergenti, ciascuno dei quali sostiene di rappresentare il bene comune. Pertanto, l'unico modo per dare significato alla democrazia è considerarla, come Schumpeter sostiene nel passo che presentiamo, uno strumento istituzionale attraverso il quale i leader politici, rappresentanti di questi interessi, si propongono di governare in una "competizione che ha come oggetto il voto popolare", in modo molto simile a quello che definisce la concorrenza economica.


Lettura


Credo che gli studiosi della politica accetteranno ormai in maggioranza le critiche rivolte nel capitolo precedente alla dottrina classica della democrazia. Credo anche che siano, o saranno quanto prima, d'accordo nell'accettare un'altra teoria che, da un lato, è molto più consona alle realtà della vita e, dall'altro, salva gran parte di ciò che i profeti del metodo democratico intendevano designare con questa parola. Come la teoria classica, la si può racchiudere nel guscio di noce di una definizione.

Si ricorderà che l'ostacolo principale all'accettazione della teoria classica era per noi la formula secondo cui il «popolo» possiede un'opinione razionale e definita intorno ad ogni problema singolo e – in una democrazia – la traduce in pratica scegliendo i «rappresentanti» che veglieranno alla sua attuazione. Così, la scelta dei rappresentanti diviene secondaria rispetto allo scopo primo della formula democratica, che è d'investire l'elettorato del potere di decidere le questioni politiche. Noi capovolgeremo le parti e renderemo secondaria la decisione dei problemi ad opera dell'elettorato rispetto all'elezione degli uomini che dovranno deciderli. In altri termini, partendo dal concetto che il compito del popolo è di produrre un governo, o un corpo intermedio che a sua volta genererà un esecutivo o governo nazionale, arriveremo a questa definizione: il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare. Dalla difesa e dalla spiegazione di questo concetto risulterà che, quanto a plausibilità delle ipotesi e a sostenibilità delle proposizioni, essa migliora notevolmente la dottrina del processo democratico.

Prima di tutto, essa fornisce un criterio ragionevolmente pratico per distinguere i governi democratici dai governi che non sono tali. Abbiamo visto che la teoria classica urta su questo punto in serie difficoltà, perché tanto la volontà quanto il bene del popolo possono essere serviti – e sono stati serviti in molti casi storici – altrettanto bene o forse meglio da governi che non si possono definire democratici secondo l'uso riconosciuto del termine. Ora ci troviamo in una posizione un po' migliore, in parte perché abbiamo deciso di mettere l'accento su un modus procedendi la presenza o assenza del quale è, nella maggioranza dei casi, facilmente verificabile. [...]

In secondo luogo, la teoria racchiusa in questa definizione consente un equo riconoscimento del fatto d'importanza primaria che è la leadership. Lungi da ciò, la teoria classica, come abbiamo visto, attribuiva agli elettori un grado di iniziativa del tutto irrealistico che, praticamente, equivaleva ad ignorare ogni capacità di comando. Ma le collettività agiscono quasi esclusivamente accettando una leadership – è questo, si può dire, il meccanismo dominante di ogni azione collettiva che non si riduca a un semplice riflesso –, e le proposizioni sul funzionamento e sui risultati del metodo democratico che ne tengono conto saranno infinitamente più realistiche di quelle che lo trascurano. Invece di fermarsi all'esecuzione di una volonté générale, esse cercheranno di mostrare come questa sorge, o come viene surrogata o contraffatta. Così, quella che abbiamo chiamato «volontà manipolata» non esula più dalla teoria, non è più un'aberrazione dalla dottrina pura in cui preghiamo il Cielo di non cadere mai; anzi, vi si incasella.

Ma – terzo punto – quando esistano autentiche volizioni di gruppo – per esempio la volontà dei disoccupati di ottenere sussidi di disoccupazione o la volontà di altri gruppi di aiutarli – la nostra teoria non solo non le trascura ma permette di inserirle nella funzione che effettivamente hanno. Di norma, esse non si affermano direttamente, anche se forti e definite, rimangono latenti, spesso per decenni, finché qualche leader politico le rende attuali trasformandole in strumenti di azione politica. E vi provvede, o vi provvedono per lui i suoi agenti, organizzandole e includendone nell'offerta da lanciare contro i concorrenti le voci più opportune. L'azione reciproca fra interessi sezionali e opinione pubblica, e il modo in cui essa genera il quadro che si chiama «situazione politica», appare, da questo punto di vista, in una luce nuova e molto più chiara.

Quarto punto, la nostra teoria non è più definita di quanto lo sia il concetto di concorrenza per il comando. Questo concetto presenta difficoltà simili al concetto di concorrenza nella sfera economica, con cui si può utilmente confrontare. Nella vita economica, la concorrenza non manca mai completamente, ma non è mai perfetta. Allo stesso modo, nella vita politica v'è sempre qualche competizione, sia pur soltanto potenziale, intorno alla simpatia popolare.
Per maggior semplicità, abbiamo limitato il tipo di concorrenza per il comando (leadership), che deve definire la democrazia, alla libera concorrenza per un voto libero. Questa limitazione è giustificata dal fatto che la democrazia sembra implicare un metodo riconosciuto per condurre la lotta, e che il metodo elettorale è praticamente il solo disponibile per comunità di qualunque dimensione.

Ma, pur escludendo diversi altri modi di ottenere il comando che è necessario escludere, come la concorrenza mediante insurrezione militare, non si escludono i casi che presentano sorprendenti analogie coi fenomeni economici ai quali applichiamo il nome di concorrenza (o limitazione della concorrenza) «disonesta» o «fraudolenta». E non possiamo escluderli perché, se lo facessimo, non ci resterebbe che un ideale completamente irrealistico. Fra questo caso ideale che non esiste e i casi in cui ogni concorrenza col leader al potere è impedita con la forza, v'è tutta una gamma di variazioni nel cui ambito il metodo democratico di governo sfuma per gradi impercettibili nel metodo autocratico. Ma, se vogliamo capire e non filosofeggiare, così dev'essere. Il valore del nostro criterio di giudizio non ne soffre minimamente.

In quinto luogo, la nostra teoria sembra chiarire il rapporto esistente fra democrazia e libertà individuale. Se per quest'ultima s'intende l'esistenza di una sfera di autogoverno individuale i cui confini sono storicamente variabili – nessuna società tollera una libertà assoluta nemmeno di coscienza e di parola, nessuna società annulla questa sfera – è chiaro che tutto diventa questione di gradi. Abbiamo visto che il metodo democratico non garantisce necessariamente una libertà individuale maggiore di quella che un altro metodo politico consentirebbe in circostanze simili. Può anche avvenire l'opposto: ma fra i due termini una relazione esiste sempre. Se, almeno in linea di principio, ognuno è libero di porre la sua candidatura al comando politico presentandosi all'elettorato, questo significherà nella maggioranza dei casi un grado notevole di libertà di discussione per tutti. In particolare, significherà normalmente un grado notevole di libertà di stampa. Questo rapporto fra democrazia e libertà non è assoluto, e rigoroso, e ammette deviazioni; ma, dal punto di vista dell'intellettuale, è molto importante, e, nello stesso tempo, non trascura nulla.

Sesto: va osservato che, elevando a funzione prima del corpo elettorale la creazione di un governo (direttamente o attraverso un corpo intermedio), vi ho compreso anche la funzione di abbatterlo. Quella significa soltanto l'accettazione di un capo o gruppo di capi; questa, soltanto il ritiro dell'accettazione. In tal modo, si tien conto di un elemento che forse è sfuggito al lettore. Questi può aver pensato che il corpo elettorale controlli allo stesso modo che nomina. Ma poiché, normalmente, i corpi elettorali non controllano i loro leaders politici se non rifiutandosi di rieleggerli – o di rieleggere le maggioranze parlamentari che li sostengono – sembra giusto, nel modo indicato dalla definizione proposta, moderare le nostre idee su un controllo effettivo. A volte, si determinano bensì reazioni spontanee che abbattono un governo o, direttamente, un singolo ministro, o impongono una determinata linea di azione. Sono però non soltanto eccezionali, ma, come vedremo, contrarie allo spirito del metodo democratico.

Settimo: la nostra teoria getta la luce necessaria su un'antica controversia. Chiunque accetti la teoria classica della democrazia, e quindi creda che il metodo democratico debba garantire che i problemi siano risolti e le politiche impostate in base alla volontà del popolo, non potrà non ammettere che quand'anche questa volontà fosse indiscutibilmente reale e definita, una decisione per maggioranza semplice la deformerebbe, in molti casi, più che non la tradurrebbe in pratica. Evidentemente, la volontà della maggioranza è la volontà della maggioranza, non la volontà del «popolo». Quest'ultima è un mosaico che la prima non può assolutamente «rappresentare». Identificarle per definizione non è risolvere il problema. [...] Se la vera funzione del voto è l'accettazione di una leadership, gli argomenti a favore della rappresentanza proporzionale cadono, perché le loro premesse non sono più vincolanti. In questo caso, il principio della democrazia significa soltanto che le redini del governo devono essere affidate al concorrente che ottiene appoggi superiori a qualunque altro, individuo o gruppo che sia. E questo, a sua volta, sembra assicurare al sistema maggioritario un posto nella logica del metodo democratico, anche se possiamo condannarlo per ragioni estranee ad essa.


Guida alla lettura


1) Qual è il solo compito del popolo, secondo Schumpeter?
Secondo Schumpeter, il solo compito del popolo è di produrre un governo, o un corpo intermedio che a sua volta genererà un esecutivo o governo nazionale. Questa definizione implica che il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare.

2) Elenca e analizza i motivi per cui, secondo Schumpeter, il «metodo» da lui presentato consente di distinguere veramente un governo democratico.
Secondo Schumpeter, il "metodo democratico" da lui presentato consente di distinguere veramente un governo democratico per diversi motivi. Ecco un elenco dei motivi e la loro analisi basata sul testo fornito:

Enfasi sulla competizione per il voto popolare:

Descrizione: Schumpeter sostiene che la democrazia deve essere considerata uno strumento istituzionale mediante il quale i leader politici si propongono per governare attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare.
Analisi: Questa competizione è paragonata alla concorrenza economica e permette di identificare i governi democratici attraverso la verifica della presenza o assenza di questo modus procedendi. La competizione elettorale è un elemento chiave che rende distinguibile un governo democratico rispetto ad altri tipi di governo.

Riconoscimento dell'importanza della leadership:

Descrizione: La teoria di Schumpeter riconosce che le collettività agiscono principalmente accettando una leadership. Egli critica la teoria classica per aver attribuito agli elettori un grado di iniziativa irrealistico.
Analisi: La democrazia, secondo Schumpeter, si basa sulla competizione per la leadership e questo rende la teoria più realistica rispetto alla teoria classica. La leadership è fondamentale nel processo decisionale democratico e nella formazione della volontà collettiva.

Integrazione delle volizioni di gruppo:

Descrizione: La teoria di Schumpeter permette di includere autentiche volizioni di gruppo nel processo democratico, trasformandole in strumenti di azione politica attraverso l'opera dei leader politici.
Analisi: Questo riconoscimento delle volizioni di gruppo e il loro ruolo nella creazione della situazione politica offre una visione più chiara e realistica del funzionamento della democrazia.

Paragone con la concorrenza economica:

Descrizione: Schumpeter paragona la concorrenza politica alla concorrenza economica, sottolineando che entrambe non sono mai perfette ma sono sempre presenti.
Analisi: La presenza di competizione, anche se imperfetta, è un indicatore importante per distinguere un governo democratico. La teoria evidenzia come la competizione elettorale, pur con le sue imperfezioni, è essenziale per definire la democrazia.

Rapporto fra democrazia e libertà individuale:

Descrizione: La teoria chiarisce che la democrazia non garantisce necessariamente una maggiore libertà individuale ma un grado notevole di libertà di discussione e di stampa è normalmente associato alla possibilità di porre la propria candidatura politica.
Analisi: Questa relazione, seppur non assoluta, è importante per distinguere i governi democratici, in quanto la libertà di discussione e di stampa sono elementi cruciali per il funzionamento di una democrazia.

Funzione di creare e abbattere il governo:

Descrizione: La teoria comprende la funzione del corpo elettorale di creare un governo e di abbatterlo, accettando o ritirando l'accettazione di un leader o gruppo di leader.
Analisi: Questo meccanismo di accettazione e rifiuto attraverso le elezioni è fondamentale per il controllo democratico e distingue ulteriormente i governi democratici da quelli autocratici.

Relazione fra volontà del popolo e maggioranza:

Descrizione: La teoria riconosce che la volontà della maggioranza non rappresenta necessariamente la volontà del "popolo" e che il voto serve principalmente per accettare una leadership.
Analisi: Questo chiarimento sul ruolo del voto e della rappresentanza proporzionale rafforza la distinzione tra governi democratici e non democratici, sostenendo la logica del sistema maggioritario.

In sintesi, Schumpeter distingue un governo democratico attraverso l'enfasi sulla competizione elettorale, il riconoscimento della leadership, l'integrazione delle volizioni di gruppo, il paragone con la concorrenza economica, il rapporto con la libertà individuale, la funzione di creare e abbattere il governo e la relazione fra volontà del popolo e maggioranza. Questi elementi combinati offrono un criterio pratico e realistico per identificare i governi democratici.

3) In che modo si esercita il controllo dal basso, nel modello di Schumpeter?
Nel modello di Schumpeter, il controllo dal basso si esercita principalmente attraverso la capacità dell'elettorato di accettare o rifiutare i leader politici durante le elezioni. Schumpeter sottolinea che il corpo elettorale non controlla i propri leader in maniera diretta e continua, piuttosto attraverso l'atto di non rielezione:

Accettazione e ritiro dell'accettazione: La funzione primaria del corpo elettorale è la creazione di un governo (accettazione di un capo o gruppo di capi) e la capacità di abbatterlo (ritiro dell'accettazione). Questo controllo si esercita principalmente attraverso il voto, dove l'elettorato può scegliere di non rieleggere un leader o la maggioranza parlamentare che lo sostiene.
Limitazioni del controllo continuo: Schumpeter osserva che, normalmente, i corpi elettorali non controllano i loro leader politici se non rifiutandosi di rieleggerli. Le reazioni spontanee che possono abbattere un governo o un singolo ministro sono rare e considerate contrarie allo spirito del metodo democratico.

Quindi, nel modello di Schumpeter, il controllo dal basso è essenzialmente esercitato attraverso l'elezione e la non rielezione dei leader politici, piuttosto che attraverso un controllo continuo e diretto.

4) Quale posizione assume Schumpeter sulla rappresentanza proporzionale?
Schumpeter assume una posizione critica nei confronti della rappresentanza proporzionale. Nel testo, afferma che se la vera funzione del voto è l'accettazione di una leadership, allora gli argomenti a favore della rappresentanza proporzionale perdono forza, perché le loro premesse non sono più vincolanti. Invece, Schumpeter sostiene che il principio della democrazia significa che le redini del governo devono essere affidate al concorrente che ottiene più appoggi rispetto a qualunque altro individuo o gruppo. Questo porta a giustificare il sistema maggioritario come più logico e coerente con il metodo democratico, anche se può essere condannato per altre ragioni non correlate alla logica democratica.


Guida alla Comprensione


1) In che senso il metodo democratico teorizzato da Schumpeter ribalta il principio che guida la «dottrina classica della democrazia», cioè la volontà popolare?
Il metodo democratico teorizzato da Schumpeter ribalta il principio della «dottrina classica della democrazia» in quanto sposta l'accento dalla decisione diretta dei problemi da parte del popolo all'elezione dei leader che prenderanno tali decisioni. La dottrina classica sostiene che il popolo, direttamente o tramite i suoi rappresentanti, decide il bene comune. Schumpeter, invece, argomenta che questa visione è irrealistica perché il bene comune non è univoco e la società è composta da interessi particolari e divergenti.

Schumpeter propone che la democrazia debba essere vista come un meccanismo istituzionale in cui i leader politici, espressione di questi interessi particolari, competono per ottenere il potere di decidere attraverso il voto popolare. In altre parole, secondo Schumpeter, il compito del popolo non è decidere direttamente sulle questioni politiche, piuttosto scegliere chi dovrà prendere tali decisioni, rendendo l'elezione dei leader il fulcro del processo democratico. Questo capovolgimento porta a definire il metodo democratico come una competizione per il voto popolare, analogamente alla concorrenza economica.

2) Quale importanza assegna Schumpeter alla leadership?
Schumpeter assegna un'importanza primaria alla leadership. Nel testo, critica la teoria classica della democrazia per aver attribuito agli elettori un grado di iniziativa irrealistico, ignorando così la capacità di comando. Egli afferma che le collettività agiscono principalmente accettando una leadership, che è il meccanismo dominante di ogni azione collettiva significativa.

Schumpeter sottolinea che la teoria classica della democrazia non riconosce adeguatamente il ruolo della leadership, mentre la sua teoria la considera centrale. Egli evidenzia come le autentiche volizioni di gruppo rimangano spesso latenti finché un leader politico non le rende attuali trasformandole in strumenti di azione politica. La leadership è vista come un elemento essenziale per organizzare e includere tali volizioni nell'offerta politica. Pertanto, Schumpeter ritiene che le proposizioni sul funzionamento e sui risultati del metodo democratico che tengono conto della leadership siano molto più realistiche rispetto a quelle che la trascurano.

3) A quali considerazioni porta l'analogia tra vita economica e vita politica, per quanto riguarda le forme della concorrenza?
Secondo Schumpeter, l'analogia tra vita economica e vita politica riguardo alle forme della concorrenza porta a considerare che nella vita economica, così come nella politica, la concorrenza non è mai perfetta ma può essere soggetta a diverse forme. Nella vita economica, ad esempio, esiste la concorrenza disonesta o fraudolenta, che può essere paragonata a situazioni politiche dove la competizione non avviene in modo trasparente o equo. Questa analogia suggerisce che, così come è necessario regolare e limitare la concorrenza nel campo economico per promuovere un mercato funzionante, è altrettanto importante comprendere e regolare la concorrenza politica per garantire un sistema democratico efficace e rappresentativo.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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