Aristotele - Origine naturale della famiglia e della città


Immagine Aristotele
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel primo volume della sua opera Politica, Aristotele discute sull'origine della società, identificando nel nucleo familiare il fondamento primario. Egli sostiene che la famiglia è la struttura naturale che garantisce l'autosufficienza attraverso una combinazione di elementi essenziali. Questi includono l'uomo e la donna, la cui complementarità nella generazione e nell'educazione dei figli è cruciale. I servi sono anche considerati parte integrante per svolgere i lavori necessari e per migliorare la qualità della vita del gruppo familiare.

Il concetto di "comunità", che si riferisce alla condivisione dei beni all'interno dell'ambito familiare (l'òikos), è fondamentale anche per comprendere l'evoluzione delle città. Le città, infatti, nascono dall'unione di più famiglie in villaggi, che a loro volta si uniscono per aumentare l'autosufficienza e condividere uno stile di vita.

Aristotele sottolinea che la dimensione politica è presente fin dall'inizio nelle relazioni interne alla famiglia, dove prevale il principio del miglior comando. Nei primi paragrafi del primo libro della Politica, l'autore offre una visione della famiglia come organismo naturale che realizza una forma di vita politica completa, in linea con la natura umana e lo sviluppo delle virtù umane.


Lettura


Poiché vediamo che ogni città è una comunità e che ogni comunità è costituita in vista di un qualche bene (perché tutti compiono ogni loro azione per raggiungere ciò che ad essi sembra essere un bene), è chiaro che tutte tendono a qualche bene, ma soprattutto vi tende e tende al più importante di tutti i beni la comunità che è la più importante di tutte e comprende in sé tutte le altre: e questa è quella che si chiama città e comunità politica. [...]

Come nelle altre indagini, anche qui è necessario analizzare il composto fino alle parti semplici (che sono i costituenti minimi del tutto); così, esaminando anche per la città le parti dalle quali è costituita, vedremo meglio in che cosa esse differiscano l'una dall'altra e se è possibile assumere qualcosa di valido sulle funzioni che si sono menzionate.

Guardando al modo in cui le cose nascono dal loro principio, anche in questo campo, come negli altri, si otterranno risultati migliori. Prima di tutto è necessario unire i termini che non possono sussistere separatamente, per esempio la femmina e il maschio in quanto strumenti di generazione (e tali non sono perché se lo propongono, ma perché è naturale per l'uomo come per gli altri animali e piante il mirare a lasciare un qualche altro essere simile a sé), chi è naturalmente disposto al comando e chi è naturalmente disposto ad essere comandato, in quanto la loro unione è ciò per cui entrambi possono sopravvivere, perché chi per le sue qualità intellettuali è in grado di prevedere per natura comanda e per natura è padrone, mentre chi, per le doti inerenti al corpo, è in grado di eseguire deve essere comandato ed è naturalmente schiavo, sicché la stessa cosa è vantaggiosa al padrone e allo schiavo. Per natura dunque son distinti la femmina e il servo, perché la natura non fa nulla con la povertà con la quale gli artigiani fabbricano il coltello di Delfi, ma destina ogni cosa a una sola funzione [...].

Da queste due comunità sorge prima di tutto la famiglia, sicché giustamente Esiodo disse poetando innanzitutto la casa, la donna e il bue che ara [...].

La prima comunità, che deriva dall'unione di più famiglie volte a soddisfare un bisogno non strettamente giornaliero, è il villaggio. [...]

La comunità perfetta di più villaggi costituisce la città, che ha raggiunto quello che si chiama il livello dell'autosufficienza: sorge per rendere possibile la vita e sussiste per produrre le condizioni di una buona esistenza. Perciò ogni città è un'istituzione naturale, se lo sono anche i tipi di comunità che la precedono, in quanto essa è il loro fine e la natura di una cosa è il suo fine [...].

Da ciò dunque è chiaro che la città appartiene ai prodotti naturali, che l'uomo è un animale che per natura deve vivere in una città e che chi non vive in una città, per la sua natura e non per caso, o è un essere inferiore o è più che un uomo [...].

E chi è tale per natura è anche desideroso di guerra, in quanto non ha legami ed è come una pedina isolata. Perciò è chiaro che l'uomo è animale più socievole di qualsiasi ape e di qualsiasi altro animale che viva in greggi. Infatti, secondo quanto sosteniamo, la natura non fa nulla invano, e l'uomo è l'unico animale che abbia la favella: la voce è segno del piacere e del dolore e perciò l'hanno anche gli altri animali, in quanto la loro natura giunge fino ad avere e a significare agli altri la sensazione del piacere e del dolore.

Invece la parola serve a indicare l'utile e il dannoso, e perciò anche il giusto e l'ingiusto. E questo è proprio dell'uomo rispetto agli altri animali: esser l'unico ad avere nozione del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto e così via. È proprio la comunanza di queste cose che costituisce la famiglia e la città. [...]

È dunque chiaro che la città è per natura e che è anteriore all'individuo perché, se l'individuo, preso da sé, non è autosufficiente, sarà rispetto al tutto nella stessa relazione in cui lo sono le altri parti. Perciò chi non può entrare a far parte di una comunità o chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso, non è parte di una città, ma o una belva o un dio.


Guida alla lettura


1) Qual è secondo, Aristotele, l'origine della comunità politica?
Secondo Aristotele, l'origine della comunità politica risiede nell'aggregazione naturale delle famiglie. Queste famiglie si uniscono inizialmente per soddisfare bisogni non strettamente giornalieri, formando così villaggi. Successivamente, più villaggi si uniscono per formare la città, che rappresenta il livello più alto di autosufficienza e di organizzazione sociale. Aristotele considera la città come il prodotto naturale più importante, il cui fine è la realizzazione di una buona esistenza e di una vita politica completa.

2) Quali sono le componenti necessarie alla comunità minima?
Le componenti necessarie alla comunità minima, secondo il testo, sono:

La femmina e il maschio come strumenti di generazione.
Coloro che sono naturalmente disposti al comando e coloro che sono naturalmente disposti ad essere comandati, poiché la loro unione è necessaria per la sopravvivenza.
Chi è naturalmente dotato per comandare e chi è naturalmente dotato per essere comandato, in modo che entrambi possano sopravvivere.
La femmina e il servo, che sono distinti per natura e hanno ruoli diversi nella comunità.
La natura destina ogni cosa a una funzione specifica, così come distingue la femmina e il servo.

Queste componenti sono essenziali per formare la comunità minima e garantire la sopravvivenza e il funzionamento del gruppo umano.

3) Qual è la regola politica dentro la famiglia?
Secondo Aristotele, la regola politica all'interno della famiglia è basata sul principio che "il migliore comanda". Questo significa che all'interno della famiglia, il capo o il capofamiglia è colui che possiede le qualità intellettuali e morali necessarie per guidare e dirigere gli altri membri verso il bene comune. Questo principio riflette l'idea che la famiglia è considerata un organismo naturale e che il suo scopo principale è quello di realizzare una forma compiuta di vita politica, adeguata al modo di essere dell'uomo e allo sviluppo della sua virtù.

4) In quale condizione si raggiunge l'autosufficienza?
Secondo il testo, l'autosufficienza si raggiunge quando una città è in grado di produrre le condizioni necessarie per una buona esistenza. Questo significa che la città è in grado di soddisfare i bisogni essenziali dei suoi abitanti senza dipendere eccessivamente da risorse esterne.

5) Quali aspetti dell'uomo rivelano la sua natura sociale?
L'uomo rivela la sua natura sociale attraverso diversi aspetti:

La parola: L'uomo è l'unico animale che possiede il linguaggio parlato, che gli consente di comunicare concetti complessi come il bene e il male, il giusto e l'ingiusto. Questo gli permette di vivere in società, poiché la parola serve a indicare l'utile e il dannoso, il giusto e l'ingiusto.
La famiglia e la città: Aristotele afferma che la natura sociale dell'uomo si manifesta nella formazione delle famiglie e delle città. La famiglia è la prima comunità che si forma, derivante dall'unione di più individui che soddisfano bisogni non strettamente giornalieri. Queste famiglie si uniscono a formare il villaggio, e i villaggi si uniscono a formare la città. La città è vista come l'istituzione naturale in cui l'uomo deve vivere, poiché solo all'interno di una città può realizzare la sua piena natura sociale.
La tendenza alla guerra: Aristotele osserva che l'uomo, essendo un animale sociale, è anche incline alla guerra quando non è parte di una comunità. Questo suggerisce che la sua natura sociale è strettamente legata alla sua necessità di appartenere a una città e di vivere in società con gli altri esseri umani.

In sintesi, la capacità di comunicare attraverso il linguaggio, la formazione di comunità come la famiglia e la città, e la tendenza all'associazione sociale sono tutti aspetti dell'uomo che rivelano la sua natura sociale.

6) Quali operazioni mentali e sociali consente la parola?
La parola, secondo quanto afferma Aristotele nel testo, consente diverse operazioni mentali e sociali:

Indicazione dell'utile e del dannoso: La parola permette agli individui di comunicare concetti legati all'utilità e al danno, facilitando la trasmissione di informazioni su ciò che è vantaggioso o dannoso per la comunità.
Comunicazione del giusto e dell'ingiusto: Attraverso la parola, gli individui possono esprimere concetti di giustizia e ingiustizia, contribuendo alla regolamentazione delle interazioni sociali e al mantenimento dell'ordine nella comunità.
Espressione della nozione del bene e del male: La parola consente agli esseri umani di discutere e comprendere concetti di bene e male, permettendo loro di valutare le azioni e le decisioni alla luce di tali concetti morali.

In breve, la parola non solo facilita la comunicazione tra gli individui ma consente anche la trasmissione e la condivisione di concetti fondamentali per la vita sociale, come l'utilità, la giustizia, e il bene e il male.

7) Chi può stare fuori dalla città?
Secondo Aristotele, coloro che possono stare fuori dalla città sono coloro che non possono o non desiderano far parte di una comunità politica. Questi individui possono essere considerati o esseri inferiori o divinità. In particolare, Aristotele afferma che chi non può o non desidera far parte di una comunità politica può essere una belva, cioè un essere animale non razionale, oppure un dio, un essere sovrumano che non ha bisogno della comunità umana per soddisfare le proprie necessità.


Guida alla Comprensione


1) Spiega in che senso la comunità familiare è per Aristotele naturale e comprende gli elementi minimi necessari alla sopravvivenza del gruppo umano.
Secondo Aristotele, la comunità familiare è considerata naturale perché è fondata su legami biologici e sociali che sono intrinseci alla natura umana. Essa comprende gli elementi minimi necessari alla sopravvivenza del gruppo umano perché si basa sulla complementarità dei ruoli e delle funzioni dei suoi membri. In particolare:

Uomo e donna: Aristotele sottolinea la complementarità dei sessi nella generazione e nell'educazione dei figli. Questo riconosce il ruolo fondamentale della famiglia nella riproduzione e nella trasmissione dei valori culturali e sociali.
Servi: Aristotele considera i servi come parte integrante della famiglia, poiché forniscono il lavoro materiale necessario alla sopravvivenza del gruppo. Questo sottolinea l'importanza del lavoro pratico per la vita quotidiana e l'economia familiare.

Questi elementi, secondo Aristotele, sono indispensabili per l'autosufficienza del gruppo familiare, poiché insieme contribuiscono alla soddisfazione dei bisogni materiali e sociali dei suoi membri. La famiglia, quindi, rappresenta un organismo naturale che si sviluppa in base alle necessità innate dell'uomo e alla sua propensione a vivere in comunità.

2) Spiega la regola per cui il migliore comanda, applicandola alle figure interne al nucleo dell'òikos.
La regola per cui "il migliore comanda" è un principio fondamentale nell'organizzazione interna del nucleo familiare, o òikos, secondo Aristotele. Questo principio si basa sulle capacità e sulle virtù specifiche di ciascun individuo all'interno della famiglia.

Innanzitutto, Aristotele sottolinea che all'interno dell'òikos, vi sono individui con ruoli e funzioni diverse, come il maschio e la femmina per la generazione e l'educazione dei figli, e i servi per l'esecuzione materiale dei lavori necessari alla sopravvivenza. Ognuno di questi individui ha caratteristiche e capacità uniche che li rendono adatti a svolgere determinati compiti all'interno della famiglia.

Il principio del "migliore comanda" si applica quindi in base alla natura e alle capacità di ciascun individuo. Ad esempio, chi possiede qualità intellettuali superiori e è in grado di prevedere e pianificare per il bene della famiglia, comanda naturalmente sugli altri membri. Questo può essere il capofamiglia o chiunque dimostri di possedere tali capacità all'interno dell'òikos.

D'altra parte, coloro che sono più adatti all'esecuzione materiale dei compiti, come i servi, sono naturalmente disposti ad essere comandati. Questo perché le loro doti inerenti al corpo li rendono più idonei all'esecuzione delle mansioni fisiche necessarie per la sopravvivenza del gruppo familiare.

In sintesi, la regola per cui "il migliore comanda" all'interno dell'òikos si basa sulla natura e sulle capacità specifiche di ciascun individuo, assegnando ruoli e responsabilità in base alle loro virtù e alla loro idoneità per svolgere determinate mansioni all'interno della famiglia.

3) Aristotele attribuisce all'uomo natura politica insieme al dono della parola. Che rapporto c'è tra le due cose?
Il concetto aristotelico dell'uomo come "animale politico" si basa sulla sua natura sociale e sulla capacità di comunicazione attraverso il linguaggio. Aristotele collega il dono della parola all'essenza stessa dell'essere umano, poiché è attraverso il linguaggio che gli individui possono esprimere pensieri complessi, concetti morali e valori. La capacità di comunicare consente agli esseri umani di coordinare le loro azioni, negoziare interessi, trasmettere conoscenze e, soprattutto, di elaborare idee di giustizia, bene e male.

Nella visione di Aristotele, la parola non è solo un mezzo di comunicazione, ma anche uno strumento per la comprensione della moralità e della giustizia. Grazie alla facoltà del linguaggio, gli individui possono discutere e ragionare su ciò che è giusto e sbagliato, stabilendo le basi per la vita politica e sociale. Quindi, il rapporto tra il dono della parola e la natura politica dell'uomo è strettamente connesso: il linguaggio permette agli individui di partecipare alla vita politica, alla governance e alla creazione di comunità organizzate basate su principi morali e giuridici.

4) Come si può interpretare la formula per cui chi è fuori della comunità è un animale o un dio? Che immagine ne deriva del rapporto tra natura umana e bisogni?
La formula per cui chi è fuori dalla comunità è considerato né più né meno che un animale o un dio può essere interpretata in vari modi.

Come animale: Questo suggerisce che un individuo isolato, privo di legami sociali e della partecipazione a una comunità, si riduce alla sua natura più primitiva e istintuale. L'essere umano è definito "più socievole di qualsiasi ape" e pertanto, chi vive in solitudine o al di fuori delle reti sociali viene equiparato ad un animale non umano, privo di quelle caratteristiche distintive che contraddistinguono la civiltà umana.
Come dio: L'altro estremo dell'equazione suggerisce che chi è al di fuori della comunità, essendo autosufficiente e non necessitando del supporto di altri, assume una sorta di divinità. Qui il concetto di "dio" può essere interpretato nel senso che tale individuo non ha bisogno degli altri e si pone al di sopra delle comuni necessità umane, come se fosse una divinità che non ha bisogno delle relazioni umane per esistere.

Questa formula evidenzia un'idea specifica del rapporto tra la natura umana e i bisogni. Essa implica che l'uomo, per natura, sia destinato a vivere in comunità, poiché soltanto all'interno di essa può realizzare appieno la sua umanità. La natura umana, quindi, è intrinsecamente sociale e ha bisogno degli altri per raggiungere la sua piena realizzazione. Chi si trova al di fuori di questa struttura sociale viene considerato come qualcosa di diverso, sia in una forma primitiva (animale) che in una forma superiore (dio), ma comunque non appartenente alla comunità umana.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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