Aristotele - Dentro la famiglia: figure umane differenti


Immagine Aristotele
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


All'interno della struttura familiare, le varie figure umane si collocano in un quadro di ruoli e relazioni all'interno di una precisa gerarchia. Il padre, figura centrale del sistema, assume diverse posizioni nei confronti degli altri membri della famiglia, mantenendo un'autorità che si manifesta in modi vari ma che comunque presuppone il suo ruolo di custode del bene familiare. Secondo Aristotele, la natura di ogni rapporto è determinata dalla regola politica del comando del migliore, con variazioni nella durata, nell'importanza e nella ragione della sottomissione al capo famiglia.


Lettura


Tre si è detto che sono le parti dell'amministrazione familiare, una quella che concerne la figura del padrone, intorno alla quale si è parlato, l'altra quella che concerne la figura del padre e, in terzo luogo, quella che concerne la figura del marito, perché esercitare il comando sulla moglie e sui figli è esercitare in entrambi i casi un'autorità su liberi, ma non allo stesso modo, in quanto l'autorità esercitata sulla moglie è simile all'autorità esercitata nella città, mentre quella esercitata sui figli è simile all'autorità del re.

Il sesso maschile è per natura atto al comando più del sesso femminile, se non accade qualcosa che in qualche modo vada contro l'ordine naturale, e chi è più vecchio e più maturo è più atto a comandare di chi è più giovane e meno maturo. Nella maggior parte delle cariche cittadine si avvicendano chi comanda e chi è comandato [...].

L'autorità esercitata sui figli è di carattere regio; infatti il potere del genitore è basato sui rapporti di amore e di anzianità, che sono i caratteri dell'autorità regia. [...]

Innanzitutto sul conto degli schiavi qualcuno potrebbe chiedersi se abbiano una qualche virtù più pregiata di quelle inerenti ai loro compiti strumentali e servili, come per esempio la temperanza, il coraggio, la giustizia e tutti gli altri abiti analoghi, o se per essi non ce ne sia alcuna oltre le abilità del corpo necessarie per le loro mansioni servili.

La risposta affermativa e quella negativa a questa domanda presentano entrambe delle difficoltà: infatti, se hanno queste virtù, in che cosa gli schiavi differiscono dai liberi? D'altra parte sarebbe strano che non le avessero, dal momento che sono pur uomini e partecipano della ragione.

Ma questa questione può essere posta in termini pressoché identici per la donna e per il fanciullo: ci sono anche per essi delle virtù specifiche e la donna deve essere temperante, coraggiosa e giusta e il fanciullo può essere detto intemperante e temperante, o no?

In generale questa questione deve essere impostata a proposito di chi per natura obbedisce e di chi comanda, cercando se identica o diversa sia la loro virtù. Se infatti entrambi devono essere partecipi della eccellenza, perché mai l'uno dovrebbe sempre comandare e l'altro sempre obbedire?

E se sussiste questa relazione, essi non possono differire per il maggiore o il minor possesso della stessa proprietà, dal momento che tra il comandare e l'obbedire c'è differenza specifica, e la differenza di grado non è differenza specifica.

D'altra parte sarebbe singolare richiedere l'eccellenza all'uno e non all'altro. Infatti se chi comanda non fosse temperante e giusto, come potrebbe comandare bene? Ma se non lo fosse chi obbedisce, come potrebbe obbedire convenientemente? Se è intemperante e volgare, non farà nulla di ciò che è tenuto a fare. È allora evidente che di necessità entrambi partecipano alla virtù e che nell'ambito di quest'ultima ci devono essere delle differenze, corrispondentemente alle differenze che ci sono tra quelli che per natura comandano. [...]

È chiaro che ciò vale anche per gli altri casi, sicché la maggior parte dei rapporti tra chi comanda e chi obbedisce è naturalmente istituita. I modi in cui il libero comanda allo schiavo, il maschio alla femmina e l'uomo al fanciullo sono diversi. Tutti hanno le varie parti dell'anima, ma in modi differenti, perché lo schiavo non ha affatto la facoltà deliberativa, la femmina ce l'ha, ma incapace e il fanciullo ce l'ha, ma imperfetta. [...]

Perciò chi comanda deve possedere la virtù etica nella sua perfezione (perché il suo compito è proprio quello dell'architetto e la ragione è l'architetto), mentre ciascuno degli altri deve averne quel tanto che gli basta. Perciò è chiaro che la virtù etica spetta a tutti quelli sopra menzionati e che tuttavia non è la stessa la temperanza della donna e dell'uomo, né il loro coraggio e la loro giustizia, come credeva Socrate, ma in un caso si tratta del coraggio di chi comanda e nell'altro di quello di chi obbedisce; e altrettanto dicasi per le altre virtù.


Guida alla lettura


1) Definisci le figure all'interno della famiglia in relazione al rapporto di subordinazione che hanno con il padre-maritopadrone.
Le figure all'interno della famiglia sono definite in relazione al rapporto di subordinazione che hanno con il padre-marito-padrone come segue:

Padre-Marito-Padrone: Questa figura centrale detiene l'autorità suprema all'interno della famiglia. È responsabile delle decisioni e delle direttive principali e assume posizioni diverse nei confronti degli altri membri della famiglia. La sua autorità si basa sulla sua virtù come tutore del bene della famiglia. Aristotele suggerisce che il padre, al centro del sistema familiare, eserciti un'autorità che richiama quella del capo di stato, con responsabilità simili a quelle di un re.
Moglie: La moglie è posizionata sotto il padre-marito-padrone e si trova in una posizione di subordinazione nei confronti di lui. Il suo ruolo è quello di obbedire al marito e seguire le sue direttive, similmente a come i cittadini obbediscono al governo in una città. Tuttavia, si suggerisce che questa autorità sia meno rigida rispetto a quella esercitata sui figli.
Figli: I figli sono soggetti all'autorità del padre-marito-padrone, ma in modo diverso rispetto alla moglie. Si afferma che l'autorità esercitata sui figli sia simile a quella di un re, basata sui rapporti di amore e anzianità. Essi devono obbedire al padre, il cui potere è fondato sull'amore e sulla sua posizione di autorità regia.

Queste definizioni riflettono la gerarchia e le dinamiche di potere all'interno della famiglia, come descritto nel testo di Aristotele.

2) Su che cosa si basa l'autorità familiare?
L'autorità familiare si basa sulla gerarchia all'interno del nucleo familiare, dove il padre occupa una posizione centrale e assume diverse posizioni nei confronti degli altri membri della famiglia. Quest'autorità si esplica in diversi modi, ma presuppone la sua virtù come tutore del bene della famiglia. Secondo Aristotele, questa autorità si basa sul principio politico che il migliore comanda, e varia a seconda della durata, dell'entità e del motivo della subordinazione al capo della famiglia.

3) Come giustifica Aristotele la prevalenza del capo della famiglia?
Aristotele giustifica la prevalenza del capo della famiglia principalmente attraverso la sua concezione della natura e della gerarchia sociale. Egli ritiene che all'interno del nucleo familiare, il padre assuma una posizione centrale e detenga un'autorità superiore agli altri membri della famiglia. Questa autorità deriva dalla sua virtù come tutore del bene della famiglia. Aristotele attribuisce al padre un ruolo di guida e protezione nei confronti degli altri membri della famiglia, basandosi su concetti come l'anzianità, l'amore e l'autorità regia. Inoltre, egli sottolinea che il padre deve esercitare un comando che si adatta alla natura e alla situazione specifica, distinguendo tra l'autorità sulla moglie e quella sui figli, che richiedono approcci differenti.

4) Che cosa vuol dire che la differenza di ruolo non è di grado?
Quando si afferma che la differenza di ruolo non è di grado, si intende che le distinzioni tra coloro che comandano e coloro che obbediscono non dipendono semplicemente da un livello di competenza o abilità ma sono intrinseche alla natura stessa dei ruoli. In altre parole, non si tratta solo di essere migliori o peggiori rispetto agli altri, ma di avere ruoli distinti e specifici all'interno della società o della famiglia. Ad esempio, il comando e l'obbedienza sono ruoli diversi, non semplicemente livelli diversi di una stessa capacità o virtù.


Guida alla Comprensione


1) Spiega perché Aristotele si pone il problema di giustificare la differenza dei ruoli all'interno della famiglia, sulla base del criterio della virtù.
Aristotele si pone il problema di giustificare la differenza dei ruoli all'interno della famiglia basandosi sul criterio della virtù perché per lui la struttura familiare riflette l'ordine naturale e gerarchico della società. Egli credeva che la famiglia fosse la cellula fondamentale della società e che al suo interno dovesse esserci un'organizzazione che rispecchiasse l'ordine naturale delle cose.

Secondo Aristotele, la gerarchia familiare è una riflessione dell'ordine naturale, in cui il padre occupa una posizione centrale come capofamiglia e detentore dell'autorità. Questa autorità del padre è basata sulla sua virtù come tutore del bene della famiglia e quindi deve essere giustificata sulla base della sua eccellenza morale e della sua capacità di governare saggiamente la famiglia.

Inoltre, Aristotele collega i ruoli all'interno della famiglia al concetto di virtù, sostenendo che coloro che comandano devono possedere la virtù etica nella sua perfezione mentre gli altri membri della famiglia devono possedere quella quantità di virtù necessaria per il loro ruolo specifico. Questo collegamento tra virtù e ruoli familiari è importante perché stabilisce una giustificazione morale per la differenza dei ruoli, sottolineando l'importanza dell'etica e della virtù nel determinare la struttura e il funzionamento della famiglia.

2) Soffermati sulla relazione padrone-schiavo: in che senso la differenza è naturale, secondo Aristotele?
Secondo Aristotele, la differenza nella relazione tra padrone e schiavo è considerata naturale perché si basa sulle capacità e le disposizioni innate delle persone coinvolte. Aristotele afferma che tutti gli individui hanno varie parti dell'anima, ma in modi diversi. Ad esempio, lo schiavo non ha affatto la facoltà deliberativa, mentre la femmina ce l'ha, ma in modo limitato, e il fanciullo ce l'ha ma in modo imperfetto.

Pertanto, la differenza è naturale perché deriva dalle diverse capacità cognitive e disposizioni psicologiche delle persone coinvolte. Questo porta a modi diversi di comando e obbedienza, poiché chi comanda deve possedere la virtù etica nella sua perfezione, mentre gli altri devono averne solo quanto basta per il loro ruolo specifico.

3) Soffermati sulla relazione marito-moglie. Qual è la differenza naturale richiamata da Aristotele?
Aristotele sottolinea che nell'ambito della relazione marito-moglie, il marito esercita un'autorità simile a quella di un governante nella città, mentre l'autorità esercitata sulla moglie è simile a quella di un sovrano. Questo suggerisce che c'è una differenza naturale nel modo in cui il marito e la moglie esercitano il comando all'interno del matrimonio. Aristotele fa notare che il sesso maschile è per natura più incline al comando rispetto al sesso femminile, a meno che non ci sia qualche circostanza che vada contro l'ordine naturale. Questa distinzione si basa sulla concezione aristotelica della natura e delle caratteristiche intrinseche dei sessi maschile e femminile.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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