Parafrasi, Analisi e Commento di: "Nella piazza di San Petronio" di Giosuè Carducci


Immagine Giosuè Carducci
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giosuè Carducci
Titolo dell'Opera: Odi barbare
Prima edizione dell'opera: 1877 (la poesia è datata 6-7 febbraio 1877)
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Distici elegiaci



Introduzione


"Nella piazza di San Petronio" è un'opera poetica di Giosuè Carducci, uno dei più grandi poeti italiani del XIX secolo, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1906. La poesia è ambientata nella storica piazza di San Petronio a Bologna, e si distingue per la sua ricca descrizione dei luoghi e per l'intenso sentimento patriottico che pervade i versi. Carducci, attraverso una narrazione lirica e nostalgica, celebra la bellezza architettonica della città e riflette sulla storia e le tradizioni italiane. La poesia è un perfetto esempio dello stile classico e dell'impegno civile che caratterizzano l'opera di Carducci, il quale mira a risvegliare nei suoi lettori un senso di appartenenza e orgoglio nazionale.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Surge nel chiaro inverno la fósca turrita Bologna,
2. e il colle sopra bianco di neve ride.

3. È l’ora soave che il sol morituro saluta
4. le torri e ’l tempio, divo Petronio, tuo;

5. le torri i cui merli tant’ala di secolo lambe,
6. e del solenne tempio la solitaria cima.

7. Il cielo in freddo fulgore adamàntino brilla;
8. e l’aër come velo d’argento giace

9. su ’l fòro, lieve sfumando a torno le moli
10. che levò cupe il braccio clipeato de gli avi.

11. Su gli alti fastigi s’indugia il sole guardando
12. con un sorriso languido di vïola,

13. che ne la bigia pietra nel fósco vermiglio mattone
14. par che risvegli l’anima de i secoli,

15. e un desio mesto pe ’l rigido aëre sveglia
16. di rossi maggi, di calde aulenti sere,

17. quando le donne gentili danzavano in piazza
18. e co’ i re vinti i consoli tornavano.

19. Tale la musa ride fuggente al verso in cui trema
20. un desiderio vano de la bellezza antica.
1. Dal chiaro candore della stagione invernale, sorge la scura Bologna, la città delle Due Torri,
2. e il colle [di San Luca] che la sovrasta, imbiancato dalla neve, sembra che sorrida.

3. È quel momento dolcissimo del giorno in cui il sole che sta per tramontare lascia
4. le torri e la cattedrale a te dedicata, san Petronio;

5. quelle torri, i cui merli sono carichi di tanti secoli di storia,
6. e il culmine solitario della chiesa maestosa.

7. Il cielo color del diamante risplende nella sua luce fredda invernale
8. e l’aria copre come un velo color argento

9. sulla piazza [Maggiore], sfumando leggermente il colore degli edifici intorno,
10. che, scuri, ha costruito la mano armata di scudo degli antenati.

11. Il sole si posa sugli alti tetti degli edifici monumentali, in modo tale che sembra guardare
12. con un sorriso tenero come una viola,

13. il quale nell’opacità della pietra di cui sono fatti i mattoni rosso cupo
14. sembra risvegliare l’anima dei secoli passati,

15. e attraverso l’aria gelida, fa risvegliare nell’animo una triste nostalgia
16. dei cieli rossi (tramonti) di maggio, di sere calde e profumate,

17. in cui le donne nobili ballavano in piazza
18. e i capi del Comune tornavano dalla battaglia con i re sconfitti. [In piazza Maggiore, oltre alla basilica di San Petronio, si trova il palazzo re Enzo, dove fu imprigionato il figlio dell’Imperatore Federico II, dopo la battaglia di Fossalta nel 1298.]

19. Ugualmente la musa ispiratrice sorride sfuggente ai versi del poeta in cui emerge faticosamente e tremando
20. un desiderio, ormai inutile, dell’antica bellezza (di quei bei tempi, ormai irrimediabilmente trascorsi).



Parafrasi discorsiva


Dal chiaro candore della stagione invernale, sorge la scura Bologna, la città delle Due Torri, e il colle [di San Luca] che la sovrasta, imbiancato dalla neve, sembra che sorrida.

È quel momento dolcissimo del giorno in cui il sole che sta per tramontare lascia le torri e la cattedrale a te dedicata, san Petronio; quelle torri, i cui merli sono carichi di tanti secoli di storia, e il culmine solitario della chiesa maestosa.

Il cielo color del diamante risplende nella sua luce fredda invernale e l’aria copre come un velo color argento sulla piazza [Maggiore], sfumando leggermente il colore degli edifici intorno, che, scuri, ha costruito la mano armata di scudo degli antenati.

Il sole si posa sugli alti tetti degli edifici monumentali, in modo tale che sembra guardare con un sorriso tenero come una viola, il quale nell’opacità della pietra di cui sono fatti i mattoni rosso cupo sembra risvegliare l’anima dei secoli passati, e attraverso l’aria gelida, fa risvegliare nell’animo una triste nostalgia dei cieli rossi (tramonti) di maggio, di sere calde e profumate, in cui le donne nobili ballavano in piazza e i capi del Comune tornavano dalla battaglia con i re sconfitti. [In piazza Maggiore, oltre alla basilica di San Petronio, si trova il palazzo re Enzo, dove fu imprigionato il figlio dell’Imperatore Federico II, dopo la battaglia di Fossalta nel 1298.]

Ugualmente la musa ispiratrice sorride sfuggente ai versi del poeta in cui emerge faticosamente e tremando un desiderio, ormai inutile, dell’antica bellezza (di quei bei tempi, ormai irrimediabilmente trascorsi).


Figure Retoriche


Allitterazioni: vv. 1-4, vv. 3-6, v. 3, vv. 5-6: della “r”: “Surge nel chiaro inverno la fósca turrita Bologna, / e il colle sopra bianco di neve ride./ È l’ora soave che il sol morituro saluta/ le torri e ’l tempio, divo Petronio, tuo”, della “t”: “È l’ora soave che il sol morituro saluta/ le torri e ’l tempio, divo Petronio, tuo;/ le torri i cui merli tant’ala di secolo lambe, / e del solenne tempio la solitaria cima.”, della “s”: “È l’ora soave che il sol morituro saluta”, della “l”: “le torri i cui merli tant’ala di secolo lambe, / e del solenne tempio la solitaria cima.”. La figura sostiene a livello ritmico e figurativo l’atmosfera invernale che avvolge il quadro impressionistico in cui la piazza è avvolta.

Anastrofi: v. 6, vv. 15-16: “del solenne tempio la solitaria cima”, “un desio mesto pe ‘l rigido aëre sveglia/ di rossi maggi”. Figura di costruzione inversa che sostiene l’andamento poetico.

Antitesi: vv. 1-2, vv. 7,10: “chiaro-fosca-bianco”, “fulgore adamantino/ cupe”. In tutta la poesia viene messo in contrasto il chiarore del cielo invernale con il rossore cupo dei mattoni che predomina sugli edifici della città.

Antonomasia: v. 1: “fòsca turrita Bologna”. Riferimento alle Due Torri (Asinelli e Garisenda), monumento caratteristico della città di Bologna, anche detto Selva turrita (bosco di torri).

Apostrofi: v. 4: “divo Petronio”. Il poeta si rivolge direttamente al santo patrono di Bologna, al quale è dedicata la basilica monumentale in piazza Maggiore.

Enjambements: vv. 3-4, vv. 15-16, vv. 19-20: “saluta / le torri”, “sveglia / di rossi maggi”, “trema / un desiderio”. Figura di rallentamento ritmico che dà un andamento di esaltazione solenne.

Epifrasi: vv. 19-20: “Tale la musa ride fuggente al verso in cui trema / un desiderio vano de la bellezza antica.”. L’ultimo distico esplicita il senso simbolico contenuto della poesia e la visione delle cose da parte del poeta.

Epanalessi: vv. 3-6: “È l’ora soave che il sol morituro saluta / le torri e ’l tempio, divo Petronio, tuo; / le torri i cui merli tant’ala di secolo lambe, / e del solenne tempio la solitaria cima.”. Ripresa che descrive più ampiamente i due monumenti maggiori della città di Bologna (le Torri e la basilica di San Petronio).

Figura etimologica: v.5: “i merli i cui merli tant’ala di secolo lambe”. Gioco di parole sul termine merli che fa riferimento sia all’elemento architettonico caratteristico delle torri sia all’ala degli uccelli dallo stesso nome.

Metafore: v. 2, v. 5, v. 7, v. 12, v. 14: “e il colle sopra bianco di neve ride”. La neve che imbianca il colle di San Luca forma su di esso qualcosa come un sorriso, “le torri i cui merli tant’ala di secolo”. Le ali dei merli sono paragonate allo scorrere dei secoli che toccano i merli sulla cima delle torri bolognesi, "freddo fulgore adamantino brilla”. Il colore del cielo è paragonato a quello di un diamante, “con un sorriso languido di vïola”. Il sorriso è paragonato a quello di una viola che si schiude, “anima dei secoli”. La storia è indicata come ciò che dà vita allo scorrere del tempo.

Ossimori: v. 1, v. 7: “chiaro inverno”, ”freddo fulgore”. Entrambe le figure fanno riferimento al colore pallido del cielo invernale.

Personificazione: v. 2, v. 3, v. 5, vv. 11-12, v. 14, v. 19: “il colle […] ride”, “il sol morituro saluta”, “ala di secolo”, “s’indugia il sole guardando / con un sorriso languido di vïola”, “anima dei secoli”, “la musa ride”. Figure che descrivono elementi inanimati che sorridono intorno alla storia di Bologna.

Similitudini: v. 8, v. 14: “come velo d’argento”. Il cielo e la nebbiolina invernale coprono la piazza come una coperta, “par che risvegli l’anima de i secoli”. Il sole, facendo emergere il profilo dei monumenti dalla nebbia, sembra risvegliare la storia di Bologna.

Sineddoche: v. 10, v. 16: “braccio clipeato”. Simbolicamente il braccio armato di scudo rimanda alle qualità belliche e laboriose del popolo bolognese che hanno fatto sì che i monumenti di cui si parla potessero essere innalzati, “di rossi maggi”. Si indicano con il nome del mese i tramonti primaverili.


Analisi e Commento


Storico-letterario

Nella piazza di San Petronio è un componimento redatto da Giosuè Carducci nel 1877, come indicato nel manoscritto originale, e ispirato dai monumenti che si trovano in piazza Maggiore, a Bologna, la città in cui il poeta visse gran parte della propria vita come docente universitario e anche come figura politica di riferimento. La pubblicazione del testo risale allo stesso anno, nella prima edizione delle Odi barbare da parte di Zanichelli. La raccolta conobbe poi una serie di rivisitazioni e arricchimenti sino al 1893.

In questa libro l’autore tenta un’operazione poetica molto complessa, già approcciata in altre opere, applicando la metrica quantitativa antica (fondata su accenti lunghi e brevi) al tipico verso italiano che si basa su un sistema metrico accentuativo (basata cioè su accenti acuti e gravi). Il poeta quindi definisce “barbari” (“stranieri”) i suoi versi perché tali, egli presumeva, sarebbero parsi tanto ai latini e ai greci quanto agli italiani suoi contemporanei. Nei contenuti, qui come nelle altre raccolte, Carducci alterna diverse tematiche: rievocazioni storiche, spunti autobiografici, rifugio nel passato idealizzato come un paradiso perduto.

Nella piazza di San Petronio è innanzitutto un omaggio alla città di Bologna, in cui egli visse gli eventi maggiori della propria vita, e poi una riflessione sul ritorno illusorio dei grandi eventi del passato. Questi traspaiono nei monumenti cittadini offuscati dalla fredda nebbiolina invernale, simbolo del presente, dalla quale la parola poetica tenta invano di farli riaffiorare.

Tematico

Secondo una lettura strettamente legata ai contenuti, quello di Carducci è un quadro impressionistico che ritrae i colori di una cartolina situata nel centro di Bologna, dove si trovano i monumenti caratteristici della città, le due Torri e piazza Maggiore, all’interno della quale si trovano la basilica di San Petronio, il santo al quale la poesia è formalmente indirizzata (apostrofe al v.4), e una serie di palazzi storici di origine medievale ai quali è fatto velatamente accenno. Emerge in tutto il componimento il contrasto tra la luminosità del cielo invernale e il colore rosso cupo degli edifici della piazza di San Petronio.

Nella poesia si mescolano fin dal primo verso la descrizione del panorama della piazza e la rievocazione fantastica di un mondo antico, che dà vita ad una contrapposizione presente (caratterizzato negativamente) – passato (caratterizzato positivamente nel colore e rievocato con malinconia). Il presente è rappresentato da i colori freddi e sfocati del cielo invernale e da una costante idea di ombra, nebbiolina o nevischio che tutto avvolge; il passato dal colore acceso dei monumenti chiamati in causa che appaiono nell’offuscamento generale e nella parte finale della poesia dal calore, la luce e i profumi di maggio, che ispirano una gaia vitalità in cui si fondono elementi naturali e architettonici.

Nell’evocazione della scena passata, inoltre, si inseriscono anche elementi umani, che giustificano la forte nostalgia del poeta per quei tempi, il cui eroismo segnò la gloria storica della città di Bologna, di cui i monumenti in piazza Maggiore fanno da testimone. Il riferimento alle “donne gentili” di stilnovistica memoria e i consoli che tornano in città vincitori ai vv. 17-18 è molto significativo in questa direzione: la scena si riferisce all’epoca comunale della città e precisamente alla Battaglia di Fossalta del 1249, quando le truppe bolognesi sconfissero l’esercito del Sacro Romano Impero e imprigionarono il re Enzo, figlio dell’imperatore Federico II. Re Enzo fu tenuto prigioniero sino alla morte nel palazzo che da lui prende il nome, che si trova appunto in piazza Maggiore a Bologna, proprio di fronte alla basilica di San Petronio e palazzo d’Accursio, la sede storica del comune di Bologna. L’osservazione della piazza e dei palazzi monumentali intorno alla chiesa di San Petronio, simboli laici e religiosi dell’identità storica della città insieme alle Due Torri, fanno volare la fantasia del poeta che si proietta nel Medioevo, che sembra riprendere vita nella sua frugale semplicità. L’epifrasi che chiude il componimento ai vv.19-20 ci svela infine esplicitamente il punto di vista del poeta e il concetto sottinteso all’intera lirica: il poeta guarda al passato con grande nostalgia, perché si tratta di tempi perduti per sempre, di un paradiso che non potrà mai più rivivere, in quanto l’età contemporanea manca totalmente di eroismo e ha irrimediabilmente dimenticato le sue gloriose origini.

Stilistico

In Nella piazza di San Petronio è perfettamente distinguibile l’operazione di metrica barbara anelata da Carducci. Il distico elegiaco scelto dall’autore è un metro tipico della poesia greco-latina ed è una strofa di due versi (“distico”) formata da un esametro e un pentametro che si alternano in successione. La strofa deve poi la seconda parte del suo nome alla poesia elegiaca, di tematica pastorale ma soprattutto erotica e amorosa, in cui venne utilizzata da grandi poeti dell’antichità come Callìmaco, Catullo e soprattutto Ovidio. Carducci rende il sistema metrico latino in lingua italiana utilizzando dei quinari accoppiati a senari/settenari/ottonari/novenari per formare gli esametri e un quinario/settenario più un altro settenario per rendere i pentametri.

È importante sottolineare anche il senso del frequente utilizzo di termini aulici e latinismi (v.3 “morituro”; v.4 “divo”; vv.4-6 “tempio”; v.9 “foro”; v.10 “clipeato”; v.17 “gentili”; v.18 “consoli”): Carducci applica i corrispettivi termini latini su oggetti che vengono dalla contemporaneità (ad esempio “divo” per “santo” oppure “foro” per “piazza”) per innalzare il livello della poesia ma anche per un tentativo di porre un velo glorioso sugli oggetti quotidiani. Allo stesso modo la sintassi è complessa, anche grazie alla lunghezza del verso, e tende sovente a ricalcare la struttura tipica del periodo latino, con il verbo posto alla fine.

La forma metrica e sintattica della poesia è infine sorretta a livello ritmico da enjambement (vv. 3-4: “saluta / le torri”; vv. 15-16: “sveglia / di rossi maggi”; vv. 19-20: “trema / un desiderio”) e allitterazioni (della “r”: vv. 1-4: “Surge nel chiaro inverno la fósca turrita Bologna, / e il colle sopra bianco di neve ride./ È l’ora soave che il sol morituro saluta/ le torri e ’l tempio, divo Petronio, tuo”; della “t”: vv. 3-6 “È l’ora soave che il sol morituro saluta/ le torri e ’l tempio, divo Petronio, tuo;/ le torri i cui merli tant’ala di secolo lambe, / e del solenne tempio la solitaria cima.”; della “s”: v. 3: “È l’ora soave che il sol morituro saluta”; della “l”: vv. 5-6: “le torri i cui merli tant’ala di secolo lambe, / e del solenne tempio la solitaria cima.”) che evidenziano i concetti chiave del componimento e accompagnano a livello fonico il quadro impressionistico descritto.

L’insieme di questi artifici stilistici esprime la volontà di evasione esotica e commossa in un passato mitico e all’applicazione del passato sul presente. Operazione che risulta estremamente complessa e in fin dei conti fallimentare come enunciato negli ultimi versi e come sostenuto dallo stesso poeta, che definisce “barbari” i suoi versi perché estranei sia alle concezioni poetiche degli antichi che a quelle dei suoi contemporanei.


Confronti


Nella piazza di San Petronio contiene molte delle classiche tematiche carducciane, contenute anche in opere differenti dalle Odi barbare. All’interno delle Rime nuove (1887) ad esempio si trovano tre componimenti che mostrano l’itinerario dell’ideologia politica e filosofica dell’autore. L’esaltazione del Medioevo e l’età comunale può essere rintracciata ad esempio in Comune rustico:

22. E voi, se l’unno o se lo slavo invade,
23. eccovi, o figli, l’aste, ecco le spade,
24. morrete per la vostra libertà -.

25. Un fremito d’orgoglio empieva i petti,
26. ergea le bionde teste; e de gli eletti
27. in su le fronti il sol grande feriva.
28. Ma le donne piangenti sotto i veli
29. invocavan la Madre alma de’ cieli.
30. Con la man tesa il console seguiva:

31. – Questo, al nome di Cristo e di Maria,
32. ordino e voglio che nel popol sia -.
33. A man levata il popol dicea, Sì.

Nella lirica, che il poeta scrive nel momento in cui lascia i monti friulani della Carnia, viene celebrata la creazione dei primi nuclei cittadini nell’epoca comunale, fondati sull’identità religiosa, laica e democratica, la stessa che viene espressa nei monumenti cittadini bolognesi in piazza Maggiore. Il senso del passato, preziosa risorsa ed epoca d’oro, è però sempre velato dalla consapevolezza di mirare a un’età gloriosa ormai estinta per sempre. Lo stesso concetto è espresso, ad esempio, in San Martino, la famosissima lirica carducciana dove si celebra la piccola estate novembrina, in cui un villaggio si allieta consumando carni alla brace e vino appena prodotto, circondato però, come accade in Nella piazza di San Petronio, da un nebbioso paesaggio autunnale in cui “sotto il maestrale / urla e biancheggia il mare” e dagli stormi di uccelli che lo abbandonano per migrare verso regioni più calde. Il passato è invece legato ad un’età mitica e rurale, in cui lo scorrere delle stagioni è lento e regolare, nell’altrettanto celebre poesia Il bove, in cui è ritratto il maestoso e possente ma mansueto animale, come simbolo di un’epoca che non verrà più, essendo il presente accecato dalla corsa verso il progresso. Quello de Il bove è un Carducci tardivo, che ha perso il fervore rivoluzionario e anticlericale della gioventù (di cui è un esempio L’inno a Satana) e ha adottato via via posizioni più moderate sino a sfiorare atteggiamenti quasi monarchici nell’ultima fase della sua carriera intellettuale.

Il culto del passato come fondatore di un’identità culturale accomuna Carducci a Ugo Foscolo. La celebrazione delle tombe come monumenti fondanti dell’identità nazionale è espressa dal poeta levantino nel celebre carme I sepolcri:

151. A egregie cose il forte animo accendono
152. l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
153. e santa fanno al peregrin la terra
154. che le ricetta. Io quando il monumento
155. vidi ove posa il corpo di quel grande
156. che temprando lo scettro a’ regnatori
157. gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
158. di che lagrime grondi e di che sangue;
159. e l’arca di colui che nuovo Olimpo
160. alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
161. sotto l’etereo padiglion rotarsi
162. piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
163. onde all’Anglo che tanta ala vi stese
164. sgombrò primo le vie del firmamento:
165. – Te beata, gridai, per le felici
166. aure pregne di vita, e pe’ lavacri
167. che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!

(Le grandi anime sono spinte a fatti sublimi dalle tombe dei grandi, Pindemonte, e amata e sacra sembra a chi le visita la terra che le custodisce. Io, quando vidi la monumentale chiesa di Santa Croce in Firenze dove riposa quel grande Machiavelli, che insegnando ai principi l’arte di governo ne svela tutte le bassezze (gli allor ne sfronda, v. 157), e racconta ai popoli di quanta violenza e ingiustizia questa sia impregnata; e la tomba di Michelangelo, colui che costruì la cupola di San Pietro, come un nuovo Olimpo, a Roma protesa verso i Cieli (i Celesti, ossia metaforicamente il nuovo Dio cristiano); e di Galileo che fu capace di osservare nella volta celeste la rotazione dei diversi pianeti intorno al sole che li illumina immobile, così che all’inglese Newton, che tanto studio vi dedicò in seguito, fu aperta e facilitata la via che conduce alla conoscenza delle leggi dell’universo, – Felice città di Firenze –, gridai, – che sei avvolta in una lieta atmosfera traboccante di vita, e sei bagnata dalle pure acque (lavacri, v.166) dell’Arno che su di te fa scendere dai suoi monti l’Appennino!)

Vediamo in questi versi che Foscolo, similmente a quanto fa Carducci con San Petronio, celebra la basilica di Santa Croce e la città di Firenze, dove si trovano sepolti alcuni tra i più grandi personaggi storici italiani, indicati come esempio virtuoso per la costruzione di una patria nuova. Quello di Foscolo è quindi un invito a recuperare il passato per costruire un futuro radioso, mentre la posizione di Carducci, che risente delle spinte romantiche, è più pessimistica: i monumenti sono il simbolo di qualcosa di ormai tramontato e irrecuperabile.


Domande e Risposte


Di quale raccolta fa parte Nella piazza di San Petronio?
La poesia fa parte della raccolta Odi barbare (1877)

Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale del componimento è la descrizione dei monumenti maggiori di Bologna.

Qual è la forma metrica della poesia?
Nella piazza di san Petronio è scritta in 10 distici elegiaci.

Dove si trova la basilica di San Petronio?
La basilica si trova in piazza Maggiore, a Bologna.

A quale monumento si fa riferimento con il termine “turrita” (v.1)?
Con il termine si fa riferimento alle Due Torri (Garisenda e Asinelli), monumento caratteristico della città di Bologna.

A chi è formalmente rivolta la poesia attraverso un’apostrofe?
La poesia è formalmente rivolta a San Petronio, patrono della città a cui è dedicata la basilica maggiore.

Fonti: libri scolastici superiori

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