Parafrasi, Analisi e Commento di: "Tancredi e Ghismunda" di Giovanni Boccaccio


Immagine Giovanni Boccaccio
1) Scheda dell'Opera
2) Premessa
3) Introduzione
4) Trama
5) Personaggi
6) Temi Principali
7) Riassunto
8) Analisi e Commento

Scheda dell'Opera


Autore: Giovanni Boccaccio
Titolo dell'Opera: Decameron
Data: 1349-52
Genere: Prosa, Novella in romanzo a cornice
Narratore: Fiammetta [intradiegetico e onnisciente in terza persona con inserimento di battute in discorso diretto, narrazione epica]
Punto di vista: Focalizzazione esterna di Fiammetta.
Tempo della storia: Periodo imprecisato nella Salerno del Trecento in un arco di tempo che copre la vita di Ghismunda.



Premessa


"Tancredi e Ghismunda" è la prima novella della quarta giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio, scritto tra il 1349 e il 1353, a seconda delle diverse ricostruzioni storiche. Nell'analisi di questa novella, vengono esaminate la trama, i personaggi principali, le tematiche, i significati, lo stile e la lingua utilizzati da Boccaccio. In particolare, si approfondiscono i concetti chiave espressi nella narrazione, che si concentrano sulla connessione tra la nobiltà d'animo e l'amore ideale dei protagonisti, nonché sulla gelosia paterna nei confronti delle figlie.


Introduzione


Tancredi e Ghismunda è una delle novelle più particolari e tragiche del Decameron di Giovanni Boccaccio, considerando il tono invece spesso comico o comunque allegro e lascivo della maggior parte delle novelle che vi sono contenute. La novella è la prima della quarta giornata, dedicata agli amori dall'esito tragico, tema scelto non a caso dal re della giornata, Filostrato, il cui nome fonde due parole greche traducibili come "sconfitto da Amore". Il Decameron è la più importante opera in prosa della letteratura italiana medievale e Giovanni Boccaccio è giustamente considerato il primo grande scrittore italiano, dal quale si inaugura poi la grande tradizione della prosa italiana. La cornice dell'opera vede dieci giovani, sette donne e tre uomini, che abbandonano la Firenze del Trecento, nel pieno dell'epidemia di peste nera, per ritirarsi in una villa in campagna. Decidono di ingannare il tempo narrando novelle ed eleggendo ogni giorno un re o una regina, responsabili della scelta del tema della giornata.

Tancredi e Ghismunda è narrata da Fiammetta, pseudonimo che richiama la donna amata in gioventù da Boccaccio, Maria D'Aquino, che, dopo essersi lamentata della gravità del tema scelto da Filostrato, affronta l'argomento decidendo di raccontare una storia che avrebbe suscitato le lacrime ai suoi uditori.


Trama


La storia è ambientata in un antico castello dove gli eventi tragici sono scatenati dal troppo amore di un padre, il principe Tancredi, per sua figlia Ghismunda. Questa, innamoratasi del paggio Guiscardo, viene sorpresa dal padre, che decide di fare arrestare e poi uccidere il giovane perché reo di aver contaminato la famiglia reale seducendo una ragazza di condizione molto più alta di lui. Alla notizia della morte dell'amato, Ghismunda si avvelena, portando Tancredi a un pentimento tragico e troppo tardivo. Toccando temi cari già alla letteratura provenzale e poi stilnovista, Boccaccio colloca su uno sfondo tragico la trattazione della natura d'amore collegata alla nobiltà d'animo e alla facoltà dell'amore di scavalcare legami famigliari e classi sociali.


Personaggi


Ghismunda: è l'eroina indiscussa della novella e, oltre a incarnare gli stereotipi femminili della dama cortese come la bellezza e la nobiltà, è una donna estremamente audace, colta, eloquente e coraggiosa. È un personaggio che trova i suoi corrispondenti nelle grandi eroine cavalleresche, come Isotta o Ginevra, ma anche in quelle della tragedia greca, soprattutto Antigone. Nel suo discorso al padre non esita a trattare temi fortissimi come l'uguaglianza tra gli esseri umani – concetto rivoluzionario nel Medioevo – e la facoltà nobilitante dell'amore sui cuori "gentili", tema caro già a Dante e gli Stilnovisti. Paga, nello sviluppo tragico degli eventi, la sua audacia e trova la morte in nome del proprio amore, sviluppo che la avvicina alla Francesca del Canto V dell'Inferno.
Guiscardo: se Ghismunda è il contraltare della Francesca dantesca, Guiscardo è il contraltare di Paolo. A ciò si aggiunge il discorso legato alla sua classe sociale di rango inferiore, che lo colloca in conflitto con il suo principe e padrone Tancredi. È l'incarnazione del cuore gentile, nel quale l'amore può prendere casa a dispetto delle origini e della nobiltà, concetto alla base della poetica stilnovista ben nota a Boccaccio.
Tancredi: è insieme co-protagonista e antagonista della novella. Se inizialmente, e generalmente, ci viene descritto come un principe nobile e dal cuore generoso, è proprio questa incapacità di controllare il proprio affetto per la figlia a farlo divenire capace delle azioni più spietate verso di lei. L'incoerenza delle sue azioni ne fa un modello di antieroe tragico e soprattutto, nella consueta visione boccaccesca della storia, il rappresentante di un mondo aristocratico antico e irrazionale che si oppone alla razionalità, la cultura e la gioventù di Ghismunda, affine invece all'ideologia dell'emergente classe della borghesia mercantile.


Temi Principali


Lo scontro, questa volta violento, tra un mondo nobile ma ormai vecchio e logoro e un mondo nuovo in crescita è il tema principale della novella di Boccaccio, che prende questa volta la direzione tragica. Gli ideali amorosi enunciati dall'eroina, l'uguaglianza e la mescolanza delle classi sociali, sono tutti temi legati ai nuovi ideali di vita borghesi in relazione all'amore, verso i quali Boccaccio propugna una dimensione ideale. Il principe Tancredi espone invece istanze legate agli ideali aristocratici medievali, che vedono l'onore familiare e di stirpe posto sopra ogni altro valore. Sono, non a caso, i valori egualitari e libertari rivendicati da Ghismunda a rendere il padre folle di gelosia e spingerlo a ordinare l'uccisione truce di Guiscardo, considerato il responsabile, oltre che di un rapporto amoroso non avvalorato dal matrimonio, anche di una sovversione della scala sociale.


Riassunto


Tancredi è il saggio e nobile principe di Salerno, che ama a tal punto la propria figlia Ghismunda che ne ritarda a più non posso il matrimonio e poi, una volta che questa è rimasta vedova, cerca di tenerla il più possibile separata dal mondo, cosicché nessuno possa portargliela via. L'amore paterno si trasforma in oppressione per la povera ragazza, che comincia a nutrire il desiderio di coltivare un amore a qualunque costo, che esso sia proibito e nascosto. Viene colpita dall'aspetto del valletto Guiscardo, che la contraccambia, e i due iniziano a scambiarsi messaggi d'amore infilandoli in canne di bambù per riuscire poi a incontrarsi segretamente in una grotta nascosta sotto il castello di Tancredi e raggiungibile dalla camera di Ghismunda attraverso un passaggio segreto.

I giovani coltivano così il loro amore proibito sino alla notte in cui Tancredi scopre cosa stia accadendo. Entrato in camera della figlia per salutarla prima di dormire, non la trova e decide di aspettarla, appisolandosi su una sedia. Ghismunda, ignara di tutto, rientra in camera con Guiscardo e Tancredi, svegliandosi, li sorprende, ma decide di rimanere in silenzio e meditare vendetta per il giorno successivo. Fatto arrestare il valletto, Tancredi convoca la figlia esponendole quanto scoperto e rimproverandola duramente per il fatto di aver coltivato una tresca fuori dal matrimonio e, cosa ancor più grave, con un uomo di condizione molto inferiore a lei, onta incancellabile per una ragazza della sua schiatta. È qui che Ghismunda prende coraggiosamente ed eloquentemente la parola ed esalta la nobiltà d'animo di Guiscardo, presente in lui a dispetto della sua origine, e insiste su quanto gli uomini nascano tutti uguali e come sia nient'altro che la fortuna a decretare tra di essi la differenza di condizione e stirpe. Senza dirlo direttamente, infine, la ragazza minaccia di togliersi la vita nel caso in cui l'amante fosse stato ucciso.

Il discorso di Ghismunda fa perdere definitivamente la testa al padre, che ordina che Guiscardo sia ucciso e che a sua figlia sia servito il suo cuore in una coppa d'oro. La ragazza, temendo già il peggio, ha però preparato un distillato di veleno che versa nella coppa e beve insieme al cuore di Guiscardo ponendo fine alla sua vita. Ormai moribonda si rivolge al padre disperato e chiede di poter essere seppellita al fianco di Guiscardo, desiderio che Tancredi, troppo tardi pentitosi della sua gelosia scellerata, acconsente di realizzare.


Analisi e Commento


In questa novella Boccaccio ricava moltissimi topoi dalla letteratura medievale dei secoli precedenti, inserendoli però nei temi dominanti dell'intero Decameron. L'amore tra Guiscardo e Ghismunda è un amore romantico e proibito, che il giovane paggio deve conquistare superando una serie di prove prima di poter finalmente coronare il suo corteggiamento. I giovani comunicano infatti di nascosto con canne di bambù e passano attraverso passaggi segreti e caverne per potersi incontrare di nascosto.

A questa struttura, tipica della letteratura provenzale e dei romanzi cortesi, fa da contraltare il principio stilnovistico per eccellenza, ossia la connessione naturale tra amore e gentilezza, qualità che esula dalla nobiltà di sangue, come proclamato nello stesso manifesto della duecentesca corrente poetica, Al cor gentil rempaira sempre amore di Guido Guinizzelli, e dallo stesso Dante in tutte le sue opere e nella Commedia, opera a tal punto ammirata da Boccaccio che fu appunto egli stesso a definirla Divina e modificarne parzialmente il titolo. Sempre dalla letteratura provenzale viene anche lo sviluppo tragico di bere il cuore dell'amato o dell'amato, seguendo un principio simbolico di amore tragico immaginato poi da Dante nella Vita nova, dove si racconta di un sogno in cui Beatrice beve il cuore del poeta.

Anche l'ambientazione della novella gioca un ruolo particolare: Boccaccio rinuncia alla classica atmosfera cittadina del Decameron e narra le vicende di un antico castello, di estrazione quasi leggendaria, dimora di un sovrano che è appunto simbolo di una classe sociale legata al passato e all'irrazionalità. Tancredi è appunto un personaggio nobile e accecato dai principi a cui il suo lignaggio è legato da secoli, che rifiuta categoricamente ogni discorso innovativo credendolo minaccioso. Questo lo pone in conflitto aperto e violento con Ghismunda, che dal castello sogna di fuggire per tuffarsi in un mondo nuovo e legato all'amore gentile.

È in una novella come Tancredi e Ghismunda, infine, che è estremamente appropriato analizzare l'operazione più straordinaria compiuta da Boccaccio a livello stilistico nel Decameron. Il grandissimo merito dello scrittore è infatti l'invenzione di una prosa in volgare italiano fondata sulla complessità sintattica e l'aulicità del lessico, ricavate dalla struttura "nobile" che fu della lingua latina. In un testo che fonde tragedia, amore nobile e filosofia, l'autore utilizza un registro alto e drammatico – diversamente dal resto del Decameron in cui prevale la varietà di registri e il realismo comico – che conferisce ai personaggi e alla vicenda, e alla lingua volgare, un'altissima dignità letteraria.

Fonti: libri scolastici superiori

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