Parafrasi, Analisi e Commento di: "La pioggia nel pineto" di Gabriele D'Annunzio


Immagine Gabriele D'Annunzio
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Gabriele D'Annunzio
Titolo dell'Opera: Alcyone
Prima edizione dell'opera: 1903
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Quattro strofe di trentadue versi liberi.



Introduzione


"La pioggia nel pineto" è una delle poesie più celebri di Gabriele D'Annunzio, inclusa nella raccolta "Alcyone" pubblicata nel 1903. Questo componimento è un esempio perfetto del panismo dannunziano, in cui l'autore celebra l'armonia tra l'uomo e la natura. La poesia descrive una passeggiata sotto la pioggia in un bosco di pini, durante la quale il poeta e la sua compagna, Ermione, si fondono con l'ambiente circostante, diventando parte della natura stessa. Attraverso un uso magistrale delle immagini sensoriali e delle sonorità, D'Annunzio riesce a evocare la bellezza e la serenità del paesaggio naturale, trasmettendo una sensazione di pace e di fusione con il tutto. La musicalità dei versi, arricchita da onomatopee e allitterazioni, contribuisce a creare un'atmosfera incantata e suggestiva.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Taci. Su le soglie
2. del bosco non odo
3. parole che dici
4. umane; ma odo
5. parole più nuove
6. che parlano gocciole e foglie
7. lontane.
8. Ascolta. Piove
9. dalle nuvole sparse.
10. Piove su le tamerici
11. salmastre ed arse,
12. piove su i pini
13. scagliosi ed irti,
14. piove su i mirti
15. divini,
16. su le ginestre fulgenti
17. di fiori accolti,
18. su i ginepri folti
19. di coccole aulenti,
20. piove su i nostri vólti
21. silvani,
22. piove su le nostre mani
23. ignude,
24. su i nostri vestimenti
25. leggieri,
26. su i freschi pensieri
27. che l’anima schiude
28. novella,
29. su la favola bella
30. che ieri
31. t’illuse, che oggi m’illude,
32. o Ermione.

33. Odi? La pioggia cade
34. su la solitaria
35. verdura
36. con un crepitìo che dura
37. e varia nell’aria
38. secondo le fronde
39. più rade, men rade.
40. Ascolta. Risponde
41. al pianto il canto
42. delle cicale
43. che il pianto australe
44. non impaura,
45. né il ciel cinerino.
46. E il pino
47. ha un suono, e il mirto
48. altro suono, e il ginepro
49. altro ancóra, stromenti
50. diversi
51. sotto innumerevoli dita.
52. E immersi
53. noi siam nello spirto
54. silvestre,
55. d’arborea vita viventi;
56. e il tuo vólto ebro
57. è molle di pioggia
58. come una foglia,
59. e le tue chiome
60. auliscono come
61. le chiare ginestre,
62. o creatura terrestre
63. che hai nome
64. Ermione.

65. Ascolta, ascolta. L’accordo
66. delle aeree cicale
67. a poco a poco
68. più sordo
69. si fa sotto il pianto
70. che cresce;
71. ma un canto vi si mesce
72. più roco
73. che di laggiù sale,
74. dall’umida ombra remota.
75. Più sordo, e più fioco
76. s’allenta, si spegne.
77. Sola una nota
78. ancor trema, si spegne,
79. risorge, trema, si spegne.
80. Non s’ode voce dal mare.
81. Or s’ode su tutta la fronda
82. crosciare
83. l’argentea pioggia
84. che monda,
85. il croscio che varia
86. secondo la fronda
87. più folta, men folta.
88. Ascolta.
89. La figlia dell’aria
90. è muta; ma la figlia
91. del limo lontana,
92. la rana,
93. canta nell’ombra più fonda,
94. chi sa dove, chi sa dove!
95. E piove su le tue ciglia,
96. Ermione.

97. Piove su le tue ciglia nere
98. sì che par tu pianga
99. ma di piacere; non bianca
100. ma quasi fatta virente,
101. par da scorza tu esca.
102. E tutta la vita è in noi fresca
103. aulente,
104. il cuor nel petto è come pèsca
105. intatta,
106. tra le pàlpebre gli occhi
107. son come polle tra l’erbe,
108. i denti negli alvèoli
109. son come mandorle acerbe.
110. E andiam di fratta in fratta,
111. or congiunti or disciolti
112. (e il verde vigor rude
113. ci allaccia i mallèoli
114. c’intrica i ginocchi)
115. chi sa dove, chi sa dove!
116. E piove su i nostri vólti
117. silvani,
118. piove su le nostre mani
119. ignude,
120. su i nostri vestimenti
121. leggieri,
122. su i freschi pensieri
123. che l’anima schiude
124. novella,
125. su la favola bella
126. che ieri
127. m’illuse, che oggi t’illude,
128. o Ermione.
1. Taci. Su le soglie
2. del bosco non odo
3. parole che dici
4. umane; ma odo
5. parole più nuove
6. che parlano gocciole e foglie
7. lontane.
8. Ascolta. Piove
9. dalle nuvole sparse.
10. Piove su le tamerici
11. salmastre ed arse,
12. piove su i pini
13. scagliosi ed irti,
14. piove su i mirti
15. divini,
16. su le ginestre fulgenti
17. di fiori accolti,
18. su i ginepri folti
19. di coccole aulenti,
20. piove su i nostri vólti
21. silvani,
22. piove su le nostre mani
23. ignude,
24. su i nostri vestimenti
25. leggieri,
26. su i freschi pensieri
27. che l’anima schiude
28. novella,
29. su la favola bella
30. che ieri
31. t’illuse, che oggi m’illude,
32. o Ermione.

33. Odi? La pioggia cade
34. su la solitaria
35. verdura
36. con un crepitìo che dura
37. e varia nell’aria
38. secondo le fronde
39. più rade, men rade.
40. Ascolta. Risponde
41. al pianto il canto
42. delle cicale
43. che il pianto australe
44. non impaura,
45. né il ciel cinerino.
46. E il pino
47. ha un suono, e il mirto
48. altro suono, e il ginepro
49. altro ancóra, stromenti
50. diversi
51. sotto innumerevoli dita.
52. E immersi
53. noi siam nello spirto
54. silvestre,
55. d’arborea vita viventi;
56. e il tuo vólto ebro
57. è molle di pioggia
58. come una foglia,
59. e le tue chiome
60. auliscono come
61. le chiare ginestre,
62. o creatura terrestre
63. che hai nome
64. Ermione.

65. Ascolta, ascolta. L’accordo
66. delle aeree cicale
67. a poco a poco
68. più sordo
69. si fa sotto il pianto
70. che cresce;
71. ma un canto vi si mesce
72. più roco
73. che di laggiù sale,
74. dall’umida ombra remota.
75. Più sordo, e più fioco
76. s’allenta, si spegne.
77. Sola una nota
78. ancor trema, si spegne,
79. risorge, trema, si spegne.
80. Non s’ode voce dal mare.
81. Or s’ode su tutta la fronda
82. crosciare
83. l’argentea pioggia
84. che monda,
85. il croscio che varia
86. secondo la fronda
87. più folta, men folta.
88. Ascolta.
89. La figlia dell’aria
90. è muta; ma la figlia
91. del limo lontana,
92. la rana,
93. canta nell’ombra più fonda,
94. chi sa dove, chi sa dove!
95. E piove su le tue ciglia,
96. Ermione.

97. Piove su le tue ciglia nere
98. sì che par tu pianga
99. ma di piacere; non bianca
100. ma quasi fatta virente,
101. par da scorza tu esca.
102. E tutta la vita è in noi fresca
103. aulente,
104. il cuor nel petto è come pèsca
105. intatta,
106. tra le pàlpebre gli occhi
107. son come polle tra l’erbe,
108. i denti negli alvèoli
109. son come mandorle acerbe.
110. E andiam di fratta in fratta,
111. or congiunti or disciolti
112. (e il verde vigor rude
113. ci allaccia i mallèoli
114. c’intrica i ginocchi)
115. chi sa dove, chi sa dove!
116. E piove su i nostri vólti
117. silvani,
118. piove su le nostre mani
119. ignude,
120. su i nostri vestimenti
121. leggieri,
122. su i freschi pensieri
123. che l’anima schiude
124. novella,
125. su la favola bella
126. che ieri
127. m’illuse, che oggi t’illude,
128. o Ermione.



Parafrasi discorsiva


Taci. Varcando l’ingresso della pineta non sento delle parole che possano essere pronunciate da esseri umani, ma sento delle parole inusitate e mai usate («più nuove», v.5), sussurrate dalle gocce di pioggia e dalle foglie in lontananza. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse nel cielo. Piove sulle tamerici impregnate dalla salsedine e aride per il calore, piove sui pini dai tronchi a scaglie e dagli aghi pungenti, piove sui mirti divini, sulle ginestre brillanti di fiori raccolti a grappoli, sui ginepri fitti di bacche profumate (“coccole aulenti”, v.19), piove sui nostri volti che prendono l’aspetto del bosco (“silvani”, v.21), piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri giovanili e lieti che l’anima rinnovata dall’amore fa nascere, sui sogni e le illusioni («la favola bella») che ieri illusero te, che anche oggi illudono me, o Ermione.

Riesci a sentire? La pioggia cade sulla solitaria vegetazione battendovi sopra costantemente e a lungo e il rumore che produce si spande nell’aria solo a seconda che le foglie siano più o meno fitte. Ascolta. Risponde a questo suono simile a un pianto il verso delle cicale che né dalla pioggia portata dall’Austro – il vento proveniente da meridione -sono spaventate, né dal grigiore del cielo. E il pino produce un suono, e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro ancora, come fossero strumenti diversi suonati da innumerevoli dita. E noi due immersi e assorbiti siamo nell’atmosfera silvestre, partecipi della vita del bosco; e il tuo volto inebriato è inzuppato dalla pioggia come una foglia, e i tuoi capelli profumano come le ginestre chiare, o creatura terreste, che hai per nome Ermione.

Ascolta, ascolta. Il suono che armonizza il canto (“l’accordo” v.65, come quello di uno strumento a corde) delle cicale nell’aria a poco a poco si attutisce (si fa «più sordo») sotto la pioggia (il pianto) che s’intensifica; ma vi si fonde un altro canto più grave e profondo che sale da laggiù, dalle pozzanghere nelle profondità del bosco («umida ombra remota»). Via via più attutito e più sordo s’allenta, si spegne. Si sente ora solo una nota, ancora continua a vibrare, si spegne, riprende, vibra, si spegne. Non si sente la voce del mare. Ora si sente su tutti gli alberi (la fronda) lo scrosciare della pioggia dal colore argentato che purifica, e questo scrosciare varia a seconda che le fronde degli alberi siano più o meno folte. Ascolta. La cicala, figlia dell’aria, è ora in silenzio, ma la figlia del fango, in lontananza, la rana, canta nell’ombra più profonda, chissà dove, chissà dove! E piove sulle tue ciglia, o Ermione.

Piove sulle tue ciglia nere, sembra quasi che tu pianga, non di dolore ma di piacere; sembra che tu non sia bianca di carnagione, ma quasi diventata verdeggiante, sembra che come un bocciòlo tu esca dalla corteccia (di un albero).E tutta la vita in noi è rinascita leggera e profumata, il cuore nel petto è come una pesca non colta, gli occhi tra le palpebre sono come delle sorgenti (“polle”) nei prati, i denti negli alveoli sono come mandorle acerbe. E andiamo, di cespuglio in cespuglio, ora tenendoci per mano, ora separati (e le verdi radici selvatiche, tenaci e aggrovigliate, – “verde vigor rude” ci stringono le caviglie, ostacolando il movimento delle ginocchia), chissà dove, chissà dove! E piove sui nostri volti che prendono l’aspetto del bosco, piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri giovanili e lieti che l’anima fa nascere rinnovata dall’amore, sui sogni e le illusioni (la favola bella) che ieri illusero me, che anche oggi illudono te, o Ermione.


Figure Retoriche


Allitterazioni: v. 11, vv. 53-54, v. 12, v. 45, v. 55, v. 62, v. 74, v. 112: della “s”: “salmastre ed arse”, “noi siam nello spirto/ silvestre”, della “p”: “piove sui pini”, della “c”: “né il ciel cinerino”, della “v”: “d’arborea vita viventi”; della “r”: : “o creatura terrestre”, della “m”: “dall’umida ombra remota”, della “v-r-d”: “e il verde vigor rude”. L’intero componimento è attraversato da un intenso studio fonico che riproduce il tamburellare della pioggia nel pineto in maniera avvolgente.

Anadiplosi: vv. 95-97: “E piove su le tue ciglia, / Ermione. // Piove su le tue ciglia nere”.
In questo caso la figura dell’anadiplosi collega le due strofe e sposta l’oggetto della descrizione dal verso di rana e cicala al corpo di Ermione e del poeta.

Anafore: vv. 8, 40, 65, 88, vv. 8, 10, 14, 20, 22, 95, 97, 116, 118, vv.16- 18-26-29, vv.120-122-125: "Ascolta”, “piove”, “su”.
Abbiamo una ripresa sistematica delle parole che indicano la percezione dei diversi rumori prodotti dalla pioggia sulla vegetazione che si intonano come in un’orchestra.

Apostrofi: v. 1, v. 8, 40, 65, 88,v. 32-64-96-128: “Taci […]”, “Ascolta”, “Ermione”.
L’intera poesia è indirizzata dal poeta alla donna amata, il cui nome fittizio è ripetuto in chiusura di ogni strofa.

Anticlimax: v. 76, v. 79: “s’allenta, si spegne”, “risorge, trema, si spegne”. La figura riproduce l’affievolirsi del verso delle cicale e delle rane fino al silenzio.

Climax: vv. 46-51: “E il pino / ha un suono, e il mirto / altro suono, e il ginepro / altro ancóra, stromenti / diversi / sotto innumerevoli dita.”. L’elenco dei suoni si situa in un’accumulazione che porta alla metafora finale dell’orchestra.

Enjambements: vv. 1-2, vv. 2-3, vv. 3-4, vv. 4-5, vv. 6-7, vv. 8-9, vv. 10-11, vv. 12-13, vv. 14-15, vv. 16-17, vv. 18-19, vv. 20-21, vv. 22-23, vv. 24-25, vv. 25-26, vv. 27-28, vv. 33-34, vv. 34-35, vv. 40-41, vv. 41-42, vv. 43-44, vv. 46-47, vv. 47-48, vv. 48-49, vv. 49-50, vv. 53-54, vv. 59-60, vv. 60-61, vv. 63-64, vv. 65-66, vv. 69-70, vv. 71-72, vv. 77-78, vv. 81-82, vv. 83-84, vv. 85-86, vv. 86-87, vv. 89-90, vv. 90-91, vv. 92-93, vv. 95-96, vv. 98-99, vv. 99-100, vv. 102-103, vv. 104-105, vv. 106-107, vv. 108-109, vv. 112-113, vv. 116-117, vv. 118-119, vv. 120-121, vv. 123-124: figura ricorrentissima che insieme agli altri effetti fonici riproduce il picchiettio della pioggia sugli alberi.

Epifrasi: vv. 95-96: “E piove su le tue ciglia, / Ermione.”. I versi finali si distaccano dalla descrizione dei versi di rane e cicale e riportano su quella della donna amata.

Epizeusi: v. 65, v. 94, 115: “Ascolta, ascolta […]”, “chi sa dove, chi sa dove!”. La ripetizione ha l’effetto di creare enfasi ed emozione sulle parole del poeta.

Domanda retorica: v. 33: “Odi?”.
Troviamo una variazione sulle apostrofi ripetute nel corso del componimento, qui il poeta si rivolge a Ermione ponendole una domanda a cui egli stesso poi risponde.

Litote: vv. 98-100: “par tu pianga / ma di piacere; non bianca / ma quasi fatta virente”.

Metafore: vv. 20-21, vv. 49-51, vv.41-43-69: “volti / silvani”. I volti dei due innamorati si fondono con l’atmosfera del bosco, “stromenti / diversi / sotto innumerevoli dita.”. Il rumore della pioggia si umanizza in maniera avvolgente come se essa fosse un’orchestra che esegue un concerto utilizzando gli alberi, “pianto”: le gocce di pioggia sono paragonate a lacrime, come se il cielo piangesse di gioia.

Metonimia: v. 74: “umida ombra remota".
I cespugli e gli alberi sono evocati attraverso la loro ombra distesa sul terreno, che, coperto di pioggia, forma pozzanghere all’interno di essa.

Parallelismi: vv. 30-31, vv. 126-127, v. 39, v. 74, vv. 98-101, v. 111: “che ieri / t’illuse, che oggi m’illude,”, “che ieri / m’illuse, che oggi t’illude”, “più rade, men rade.”, “più folta, men folta”, “par tu pianga / ma di piacere; non bianca / ma quasi fatta virente, / par da scorza tu esca”, “or congiunti or disciolti”: figura sintattica su cui è costruita l’atmosfera avvolgente del bosco nel quale si fondono tempo, spazio, vegetazione ed esseri umani.

Perifrasi: vv. 89-91: “la figlia dell’aria […] la figlia / del limo”. Cicale e rane sono descritte attraverso espressioni che le riconducono all’habitat in cui vivono.

Personificazione: v. 5-6, vv. 112-113: “parole nuove / che parlano gocciole e foglie lontane”. Il rumore delle foglie sotto la pioggia è quello di un essere umano che parla una lingua nuova e naturale, “verde vigor rude / ci allaccia i malleoli”: le radici degli alberi si intrecciano e si allacciano al corpo degli innamorati come se avessero volontà propria.

Poliptoti: v. 31, v. 127: “t’illuse, che oggi m’illude,”, “che ieri / m’illuse, che oggi t’illude”.
Il cambiamento di pronome riflessivo e tempo verbale esprime il perdurare dell’emozione e dell’illusione nel presente.

Polisindeti: vv. 16-18-26-29; vv. 46-51, vv. 120-122-125 “su”, “E il pino / ha un suono, e il mirto / altro suono, e il ginepro / altro ancóra, stromenti / diversi / sotto innumerevoli dita.”: accumulazione di elementi sonori che rende l’effetto di orchestra vegetale.

Sineddoche: v. 81: “fronda”. La pineta è designata attraverso l’elemento maggiore che la compone ossia i rami degli alberi.

Similitudini: v. 58, vv. 60-61, v. 98-101, v. 104, v. 107, v. 109: “come una foglia”, “[…] come/ le chiare ginestre”, “par tu pianga / ma di piacere; non bianca / ma quasi fatta virente, / par da scorza tu esca”, “il cuor nel petto è come pèsca”, “son come polle tra l’erbe”, “son come mandorle acerbe”. E' la figura visiva attraverso la quale il poeta esprime il proprio panismo: esseri umani ed elementi vegetali sono fusi in un’indissolubile unità.

Sinestesia: vv. 10-11, v. 26: “tamerici / salmastre”. L’aspetto delle tamerici è reso attraverso un aggettivo riferito consuetamente al gusto, “freschi pensieri”. L’elemento concettuale del pensiero è descritto attraverso una sensazione tattile o gustativa come la freschezza.

Onomatopea: v. 11, v. 16, v. 19, v. 36, v. 82, v. 85: “salmastre ed arse”, “fulgenti”, “coccole”, “crepitìo”, “crosciare”, “croscio”. Termini che riproducono il picchettio presente nell’intero componimento.


Analisi e Commento


Storico-letterario

La pioggia nel pineto fu composta da Gabriele D’Annunzio tra Luglio e Agosto nel 1902, nella celebre villa La Versiliana a Marina di Pietrasanta, dove il poeta risiedeva in quel periodo e trascorreva la sua estate nel rigoglioso parco interno al giardino nel quale si trova appunto la pineta oggetto del componimento. Il testo è collocato nella sezione centrale di Alcyone (il terzo libro delle Laudi, uscito alla fine del 1903, e composto tra il 1899 e il 1903).

Le Laudi del cielo, della terra, del mare e degli eroi sono una serie incompiuta di libri poetici pubblicati tra il 1903 e il 1935, alcuni postumi, che prendono il nome dalle stelle della costellazione delle Pleiadi (Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope, Targete e Celeno, degli ultimi due sono a giunti a noi i soli titoli). Per ciò che concerne Alcyone, la raccolta è costituita da una serie di liriche che rappresentano «un susseguirsi di laudi celebrative della natura – e soprattutto dell’estate, dal rigoglioso giugno al malinconico settembre – nella quale il poeta si immerge mirando a realizzare una fusione panica: a sprofondare e a confondersi con tutto – mare, alberi, luci, colori – in un sempre rinnovato processo di metamorfosi che si risolve in un ampliarsi della dimensione umana» (G. GUGLIELMINO – H. GROSSER, Il sistema letterario. Guida alla storia letteraria e all’analisi testuale: Ottocento (2) e Novecento (1), Milano, Principato, 1996, p. 148.). Si tratti perciò di lodi e inni che celebrano la natura vissuta nel corso di una vacanza ideale, che si apre sul finire della primavera tra le colline fiesolane e si chiude sulle coste della Versilia. È il testo in cui il poeta sviluppa maggiormente il concetto di panismo, ossia il superamento della dimensione umana attraverso la fusione tra uomo e natura.

La pioggia nel pineto è probabilmente la lirica più conosciuta e rappresentativa della raccolta. La simbiosi tra uomo e natura si realizza attraverso una reciproca metamorfosi attraverso la quale gli amanti subiscono un processo di naturalizzazione e nel contempo la natura assorbe dei caratteri antropomorfi. La donna in questione, che il poeta ribattezza Ermione, figlia di Elena e Menelao secondo la mitologia greca, è identificabile con la grande attrice Eleonora Duse, con la quale D’Annunzio visse in quel periodo un’intensissima relazione amorosa.

Tematico

La pioggia nel pineto colpisce per il tema panico-metaforico realizzato attraverso la metamorfosi vegetale del poeta e di Ermione. Il termine panismo deriva da Pan (dio greco della natura, per metà uomo e per metà caprone) e si riferisce appunto all’identificazione corporale tra uomo e natura, nella fusione con la vita vegetale.

Il punto fermo dopo l’imperativo “Taci” (v.1) introduce un clima di preparazione e attesa. Si dà avvio a una sorta di rito d’iniziazione al quale sono invitati tutti i lettori e non solo Ermione, la donna a cui il poeta si rivolge attraverso l’apostrofe: un momento mistico e liturgico che per essere vissuto fino in fondo necessita di un silenzio assoluto. Ciò che l’autore vuole che la donna ascolti sono i suoni inusitati (“le parole più nuove”) emessi dalla natura: la lingua parlata da gocce e foglie, il cui suono può essere avvertito già dalle soglie del bosco. Sta piovendo e la pioggia, manifestazione della natura, investe l’intero quadro, di cui anche i due personaggi si sentono parte, in tutto avvolgente.

L’invito ad ascoltare il concerto messo in atto dal tamburellare della pioggia sugli alberi, che li suona come se avesse “innumerevoli dita”, è ripetuto più volte dal poeta e percorre tutto il componimento (v. 8: Ascolta; v. 33: Odi?; v. 40: Ascolta; v. 65: Ascolta, ascolta; v. 88: Ascolta). In quest’atmosfera di musica naturale il processo di naturalizzazione e di metamorfosi viene messo in atto. Nella prima strofa vengono elencati diversi tipi di piante e fiori e viene creata perciò la premessa per la fusione tra gli uomini e la natura. Già nei versi 20-21, attraverso i quali si nota che i volti del poeta e di Ermione sono diventati silvani, la metamorfosi inizia a prender piede: entrambi percepiscono il proprio divenire creature silvestri, dello stesso colore e quasi della stessa sostanza del bosco.

Nella seconda strofa D’Annunzio descrive minuziosamente il temporale estivo e lo rende estremamente musicale, attraverso l’uso di onomatopee e artifici ritmici e lessicali. Lo scorrere del temporale e della pioggia non si limita a una registrazione esterna, ma pervade l’essenza vitale dei personaggi. Nei versi 53-55 (“E immersi noi siam nello spirto silvestre, d’arborea vita viventi”) vediamo che la trasformazione è ormai in atto. Il corpo della donna è perciò paragonato agli elementi vegetali: il suo volto è come una foglia (vv. 56-58) e i suoi capelli emanano lo stesso profumo delle ginestre (vv. 59- 61: “le chiome come le ginestre”). La peculiarità del panismo dannunziano sta inoltre nel percorso di trasformazione che avviene non solo dall’essere umano verso il mondo naturale, ma anche in senso inverso. Come le foglie della prima strofa parlavano una lingua decifrabile dagli esseri umani, anche nella seconda strofa il cielo piovoso è descritto come una immensa orchestra le cui gocce agiscono come dita di musicisti che eseguono un canto religioso battendo sulla vegetazione. Gli elementi animali partecipano al concerto mistico: essi sono l’oggetto della terza strofa, in cui come in un’alternanza di ritmi si alternano i versi delle “figlie dell’aria”, le cicale, e della “figlia del limo”, la rana.

L’ultima strofa infine esprime la metamorfosi finale. Ermione ha assunto l’aspetto di una pianta verdeggiante e sembra uscita dalla corteccia di un albero come una ninfa (vv. 99-101). Il cuore degli amanti vive di una nuova vita ed è simile nell’aspetto a una pèsca (vv. 104-105), persino gli occhi (vv. 106-107) e i denti (vv. 108-109) si trasformano e rendono esplicito il senso d’immedesimazione delle due creature umane nella vita del bosco.

Un altro tema molto importante è perciò quello dell’amore. Parlando della pioggia estiva refrigerante D’Annunzio sottolinea come questa rigeneri non solo la natura, ma anche l’anima dei due innamorati. Essi continuano ad abbandonarsi alla forza dei sentimenti e dell’amore con la consapevolezza che si tratti soltanto di una “favola bella” (v. 29-v.125) che li ha illusi in passato e continua ad illuderli (vv. 29-32; vv.125-128). Questo concetto è ripetuto in chiusura della prima strofa e dell’ultima, quindi dell’intero componimento. Attraverso la ripetizione degli ultimi versi e la leggera variazione tra i vv.30-31 (“che ieri / t’illuse, che oggi m’illude,”) e vv.126-127 (“che ieri / m’illuse, che oggi t’illude”) D’Annunzio realizza una ringkomposition: questa rimanda alla fusione totale di esseri umani, animali e vegetali, tema principale del componimento, e nel contempo alla reciprocità dell’illusione amorosa, erotica e salvifica dell’estate.

Stilistico

La pioggia nel pineto si compone di 4 strofe composte di versi liberi, ossia senza alcuno schema ordinato di sillabe (sebbene siano molto ricorrenti versi ternari, senari e novenari), e sciolti, cioè privi di uno schema di rime fisso e distinguibili. L’autore tuttavia insiste enormemente sulla musicalità, essendo essa parte costituente anche del tema del componimento e realizza una serie di giochi fonici basati ad esempio su allitterazioni (della “s”: v. 11: “salmastre ed arse”; vv. 53-54: “noi siam nello spirto/ silvestre”; della “p”: v. 12: “piove sui pini”; della “c”: v. 45: “né il ciel cinerino”; della “v”: v. 55: “d’arborea vita viventi”; della “r”: v. 62: “o creatura terrestre”; della “m”: v. 74: “dall’umida ombra remota”; della “v-r-d”: v. 112: “e il verde vigor rude”), enjambements (vv. 1-2; vv. 2-3; vv. 3-4; vv. 4-5; vv. 6-7; vv. 8-9; vv. 10-11; vv. 12-13; vv. 14-15; vv. 16-17; vv. 18-19; vv. 20-21; vv. 22-23; vv. 24-25; vv. 25-26; vv. 27-28; vv. 33-34; vv. 34-35; vv. 40-41; vv. 41-42; vv. 43-44; vv. 46-47; vv. 47-48; vv. 48-49; vv. 49-50; vv. 53-54; vv59-60; vv. 60-61; vv. 63-64; vv. 65-66; vv. 69-70; vv. 71-72; vv. 77-78; vv. 81-82; vv. 83-84; vv. 85-86, vv. 86-87; vv. 89-90; vv. 90-91; vv. 92-93; vv. 95-96; vv. 98-99; vv. 99-100; vv. 102-103; vv. 104-105; vv. 106-107; vv. 108-109; vv. 112-113; vv. 116-117; vv. 118-119; vv. 120-121; vv. 123-124), onomatopee (v. 11: “salmastre ed arse”; v. 16: “fulgenti”; v. 19: “coccole”; v. 36: “crepitìo”; v. 82: “crosciare”; v. 85: “croscio”) e soprattutto rime identiche (vv.2-4; 76-78-79; 81-86) e rime interne o rimalmezzo (vv.37-39-41-69-71).

La musicalità della lirica è quindi costruita sulla frantumazione del verso e la ripetitività fonica e riflette un vero e proprio studio del poeta. Il virtuosismo è basato sul principio della ripetizione totale che vuole creare un clima di assorbimento. D’Annunzio imita il rumore della pioggia e crea delle vere e proprie melodie universali: le parole più nuove a cui fa riferimento il poeta al v. 5 sono anche parole che creano una musicalità nuova, come quella del concerto suonato dalle “innumerevoli dita” delle gocce di pioggia sugli alberi. Lo stesso concetto di avvolgimento è sottolineato dalle scelte sintattiche, fondate su figure retoriche di ripetizione e accumulo come parallelismi, anafore, correzioni e variatio. Vengono perciò creati giochi di corrispondenze che trasmettono l’idea di fusione: a livello semantico e visivo la metamorfosi panica è espressa attraverso similitudini e metafore che paragonano le parti corporee dei due personaggi a elementi vegetali e, viceversa, dall’umanizzazione degli elementi naturali attraverso l’utilizzo della personificazione.

Per riuscire ad entrare in empatia con la natura il poeta trasforma le sue parole in musica ed immagini, utilizzando un lessico piuttosto ricercato, musicale e fiabesco, dimostrando di aver fatto suoi gli insegnamenti dei Simbolisti francesi.


Confronti


La pioggia nel pineto presenta alcune analogie tematiche con La sera fiesolana, l’inno situato al quarto posto nella sequenza di componimenti di Alcyone, ma che fu il primo ad essere cronologicamente composto dell’autore. Nella narrazione del sogno estivo che è il tema di Alcyone, La sera fiesolana si colloca tra la primavera e l’estate, con la pioggia, elemento che accomuna le liriche, che arriva a segnare il passaggio stagionale e tra la sera e la notte, che il poeta accomuna all’attesa di una notte d’amore e la notte d’amore vera e propria.

18. Dolci le mie parole ne la sera
19. ti sien come la pioggia che bruiva
20. tepida e fuggitiva,
21. commiato lacrimoso de la primavera,
22. su i gelsi e su gli olmi e su le viti
23. e su i pini dai novelli rosei diti
24. che giocano con l’aura che si perde,
25. e su ’l grano che non è biondo ancóra
26. e non è verde,
27. e su ’l fieno che già patì la falce
28. e trascolora,
29. e su gli olivi, su i fratelli olivi
30. che fan di santità pallidi i clivi
31. e sorridenti.

In questa, che è la seconda strofa de La sera fiesolana, la pioggia cade dolcemente sulle colline che circondano il poeta e inizia a dar luogo alla trasformazione dell’essere umano in elemento naturale che si realizzerà pienamente durante l’estate. In La pioggia nel pineto lo stesso elemento pluviale, nel suo momento più pieno, è utilizzato come contesto alla fusione tra amanti e vegetazione.

D’Annunzio utilizza più volte inoltre ne La pioggia del pineto, nel suo personificare la natura attribuendole dei tratti antropomorfi, il termine “pianto” riferendosi alla pioggia (vv.41-43-49-69). Lo scioglimento semantico della metafora sta nel vedere le gocce di pioggia come lacrime del cielo, che, come fosse una persona in carne e ossa, riversa il suo pianto “innumerevole” sul bosco. Una personificazione simile è utilizzata da Giovanni Pascoli in X agosto, componimento pubblicato nel 1897 (solo 5 anni prima rispetto alla composizione de La pioggia del pineto). La metafora compare nella prima e nell’ultima strofa del componimento:

1. San Lorenzo, io lo so perché tanto
2. di stelle per l’aria tranquilla
3. arde e cade, perché si gran pianto
4. nel concavo cielo sfavilla.

21. E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
22. sereni, infinito, immortale,
23. oh! d’un pianto di stelle lo inondi
24. quest’atomo opaco del Male!

In questa poesia Pascoli rievoca l’assassinio del padre, avvenuta il 10 agosto 1867, nella notte di San Lorenzo appunto, in cui, com’è noto, è possibile vedere ad occhio nudo un gran numero di stelle cadenti a causa del transito della terra in uno sciame di asteroidi. L’autore crea un simbolo che vede le stelle cadenti come fossero lacrime di dolore di un cielo personificato. Il pianto di pioggia di La pioggia nel pineto è invece propriamente un pianto di gioia e piacere che avviene in un’atmosfera di sogno. Tuttavia, posta questa sostanziale differenza tra i due autori coevi, è importante sottolineare come entrambi facciano uso di un fare poesia legato a un simbolismo di immagini naturali forti e pregne di significato, collocandosi entrambi nella corrente Decadente e seguendo l’esempio dei grandi poeti simbolisti francesi del XIX secolo, su tutti Charles Baudelaire, Paul Verlaine e Arthur Rimbaud.


Domande e Risposte


Di quale raccolta fa parte La pioggia nel pineto?
La pioggia nel pineto fa parte della raccolta Alcyone.

In quale serie di opere è collocata Alcyone?
Alcyone è il terzo libro delle Laudi dannunziane, serie di 7 libri incompiuta e in parte postuma pubblicata tra il 1903 e il 1935.

Qual è il tema principale del componimento?
Secondo il concetto di panismo dannunziano, il tema principale è la fusione tra amanti e natura nel bosco avvolto dalla pioggia estiva.

A chi si riferisce il poeta creando il personaggio di Ermione?
Ermione può essere identificata con la grande attrice Eleonora Duse, amante del poeta.

Qual è la forma metrica del componimento?
La pioggia del pineto è composta di 4 strofe di 32 versi liberi e sciolti.

Che figura retorica è contenuta nei celebri versi 77-79 “Sola una nota / ancor trema, si spegne, / risorge, trema, si spegne.”?
La figura retorica in questione è un anticlimax.

Fonti: libri scolastici superiori

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