Parafrasi, Analisi e Commento di: "Alla stazione in una mattina d'autunno" di Giosuè Carducci


Immagine Giosuè Carducci
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giosuè Carducci
Titolo dell'Opera: Odi barbare
Prima edizione dell'opera: 1877 (la poesia è datata 25 giugno 1875)
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Strofe alcaiche (due doppi quinari, un novenario e un endecasillabo)



Introduzione


"Alla stazione in una mattina d'autunno" è una poesia di Giosuè Carducci, scritta nel 1877 e inclusa nella raccolta "Rime nuove". Questo componimento si caratterizza per l'atmosfera malinconica e riflessiva, tipica delle opere di Carducci. La poesia descrive la scena di una stazione ferroviaria durante un mattino autunnale, evocando sensazioni di solitudine e nostalgia. Attraverso immagini vivide e un linguaggio evocativo, Carducci cattura il senso di transitorietà e il fluire del tempo, riflettendo su temi di separazione e addio.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Oh quei fanali come s'inseguono
2. accidïosi là dietro gli alberi,
3. tra i rami stillanti di pioggia
4. sbadigliando la luce su 'l fango!

5. Flebile, acuta, stridula fischia
6. la vaporiera da presso. Plumbeo
7. il cielo e il mattino d'autunno
8. come un grande fantasma n'è intorno.

9. Dove e a che move questa, che affrettasi
10. a' carri fòschi, ravvolta e tacita
11. gente? a che ignoti dolori
12. o tormenti di speme lontana?

13. Tu pur pensosa, Lidia, la tessera
14. al secco taglio dài de la guardia,
15. e al tempo incalzante i begli anni
16. dài, gl'istanti gioiti e i ricordi.

17. Van lungo il nero convoglio e vengono
18. incappucciati di nero i vigili,
19. com'ombre; una fioca lanterna
20. hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei

21. freni tentati rendono un lugubre
22. rintócco lungo: di fondo a l'anima
23. un'eco di tedio risponde
24. doloroso, che spasimo pare.

25. E gli sportelli sbattuti al chiudere
26. paion oltraggi: scherno par l'ultimo
27. appello che rapido suona:
28. grossa scroscia su' vetri la pioggia.

29. Già il mostro, conscio di sua metallica
30. anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei
31. occhi sbarra; immane pe 'l buio
32. gitta il fischio che sfida lo spazio.

33. Va l'empio mostro; con traino orribile
34. sbattendo l'ale gli amor miei portasi.
35. Ahi, la bianca faccia e 'l bel velo
36. salutando scompar ne la tenebra.

37. O viso dolce di pallor roseo,
38. o stellanti occhi di pace, o candida
39. tra' floridi ricci inchinata
40. pura fronte con atto soave!

41. Fremea la vita nel tepid' aere,
42. fremea l'estate quando mi arrisero:
43. e il giovine sole di giugno
44. si piacea di baciar luminoso

45. in tra i riflessi del crin castanei
46. la molle guancia: come un'aureola
47. piú belli del sole i miei sogni
48. ricingean la persona gentile.

49. Sotto la pioggia, tra la caligine
50. torno ora, e ad esse vorrei confondermi;
51. barcollo com'ebro, e mi tócco,
52. non anch'io fossi dunque un fantasma.

53. Oh qual caduta di foglie, gelida,
54. continua, muta, greve, su l'anima!
55. io credo che solo, che eterno,
56. che per tutto nel mondo è novembre.

57. Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere,
58. meglio quest'ombra, questa caligine:
59. io voglio io voglio adagiarmi
60. in un tedio che duri infinito.
1. Oh quei lampioni della stazione, come si susseguono l'uno all'altro
2. pigri e monotoni in fila laggiù dietro gli alberi,
3. in mezzo ai rami gocciolanti di pioggia,
4. proiettando sul fango una luce così flebile da sembrare che stiano sbadigliando!

5-6. La vaporiera lì vicino fischia emettendo un rumore ora lieve, ora forte, ora pungente.
7. Il cielo nuvoloso (="plumbeo" del v. 6) e la mattinata autunnale
8. stanno intorno a questo quadro malinconico come se fossero un grande fantasma.

9-11. Dove va e verso cosa si dirige questa gente silenziosa e avvolta nei mantelli che corre verso i convogli scuri del treno ("carri foschi", v.9)? Verso quali dolori ancora sconosciuti
12. o sofferenze per una speranza impossibile da realizzare?

13. Lidia, ecco che tu, pensierosa, il biglietto
14. porgi al taglio secco del controllore,
15.così come offri (=il "dai" del v. 16) al tempo che scorre veloce e inarrestabile gli anni della giovinezza,
16. i momenti felici e i ricordi.

17. Vanno e vengono lungo la banchina che costeggia il treno scuro,
18. i vigili (= il personale delle ferrovie addetto ai freni), incappucciati in impermeabili neri, per ripararsi dalla pioggia
19. come se fossero ombre; hanno una lanterna che emette poca luce
20. e mazze di ferro: e i freni di ferro

21. sotto lo sforzo dato dall'arresto del treno restituiscono un macabro
22. e lungo rintocco, simile a quello delle campane funerarie: in fondo all'anima
23. a questo rumore corrisponde, come se fosse un'eco,
24. un'angoscia dolorosa, che sembra una fitta di chi è in fin di vita.

25. E gli sportelli d'ingresso sbattuti con forza quando vengono chiusi prima della partenza
26. sembrano offese rivolte a chi si separa: sembra una presa in giro l'ultimo
27. invito a salire che risuona veloce prima della chiusura delle porte:
28. la pioggia rumoreggia fitta sui vetri.

29. Già la locomotiva, simile a un mostro, consapevole dell'energia che ha dentro la sua struttura metallica
30. emette sbuffi di vapore, trema, ansima,
31. apre i suoi occhi di fuoco (=il "fiammei" del v. 30) (i fanali);
32. getta attraverso il buio il suo potentissimo fischio che lancia la sfida dell'uomo all'universo.

33. Parte il mostro crudele; trainando le carrozze con un rumore terrificanti,
34. sbattendo le ali (gli stantuffi) e porta via con sé il mio amore.
35. Ahimè il suo viso candido e il bel velo
36. scompaiono, avvolti nell'oscurità, mentre allontanandosi mi saluta.

37. Oh viso tenero con un pallore arrosato dalla gioventù,
38-40. oh occhi lucenti come stelle portatori di pace, o fronte bianca e pura, dolcemente incastonata tra ricci voluminosi!

41. Palpitava la vita nell'aria tiepida,
42. palpitava l'estate quando (gli occhi e il volto della donna) mi sorrisero
43. e il sole di giugno, di inizio estate
44. si divertiva a baciare con i suoi raggi luminosi

45-48. la morbida guancia filtrando tra i capelli castani: i miei sogni, più belli persino del sole, circondavano la delicata figura della donna come se fossero un'aureola di luce celeste.

49. Ora sotto la pioggia tra la nebbia
50. torno a casa da solo e vorrei confondermi con loro tanta è la mia malinconia;
51. traballo come se fossi ubriaco, e mi tocco
52. per assicurarmi di non essere anch'io dunque diventato un fantasma.

53. Oh, quante foglie morte che cadono freddissime,
54. incessanti una dopo l'altra, silenziose, pesanti sull'anima!
55-56. Io credo che in questo momento ovunque, in tutto il mondo, eternamente sia soltanto novembre, con la sua nebbia lugubre.

57-60. Per chi ha perduto il senso della vita è meglio questa oscurità, è meglio questa nebbia, io voglio, voglio fortemente cullarmi in una noia che duri per sempre.



Parafrasi discorsiva


[vv. 1-4] Oh quei lampioni della stazione, come si susseguono l'uno all'altro pigri e monotoni in fila laggiù dietro gli alberi, in mezzo ai rami gocciolanti di pioggia, proiettando sul fango una luce così flebile da sembrare che stiano sbadigliando!

[vv. 5-8] La vaporiera lì vicino fischia emettendo un rumore ora lieve, ora forte, ora pungente. Il cielo nuvoloso (="plumbeo" del v. 6) e la mattinata autunnale stanno intorno a questo quadro malinconico come se fossero un grande fantasma.

[vv. 9-12] Dove va e verso cosa si dirige questa gente silenziosa e avvolta nei mantelli che corre verso i convogli scuri del treno ("carri foschi", v.9)? Verso quali dolori ancora sconosciuti o sofferenze per una speranza impossibile da realizzare?

[vv. 13-16] Lidia, ecco che tu, pensierosa, il biglietto porgi al taglio secco del controllore, così come offri (=il "dai" del v. 16) al tempo che scorre veloce e inarrestabile gli anni della giovinezza, i momenti felici e i ricordi.

[vv. 17-20] Vanno e vengono lungo la banchina che costeggia il treno scuro, i vigili (= il personale delle ferrovie addetto ai freni), incappucciati in impermeabili neri, per ripararsi dalla pioggia come se fossero ombre; hanno una lanterna che emette poca luce e mazze di ferro: e i freni di ferro

[vv. 21-24] sotto lo sforzo dato dall'arresto del treno restituiscono un macabro e lungo rintocco, simile a quello delle campane funerarie: in fondo all'anima a questo rumore corrisponde, come se fosse un'eco, un'angoscia dolorosa, che sembra una fitta di chi è in fin di vita.

[vv. 25-28] E gli sportelli d'ingresso sbattuti con forza quando vengono chiusi prima della partenza sembrano offese rivolte a chi si separa: sembra una presa in giro l'ultimo invito a salire che risuona veloce prima della chiusura delle porte: la pioggia rumoreggia fitta sui vetri.

[vv. 29-32] Già la locomotiva, simile a un mostro, consapevole dell'energia che ha dentro la sua struttura metallica emette sbuffi di vapore, trema, ansima, apre i suoi occhi di fuoco (=il "fiammei" del v. 30) (i fanali); getta attraverso il buio il suo potentissimo fischio che lancia la sfida dell'uomo all'universo.

[vv. 33-36] Parte il mostro crudele; trainando le carrozze con un rumore terrificanti, sbattendo le ali (gli stantuffi) e porta via con sé il mio amore. Ahimè il suo viso candido e il bel velo scompaiono, avvolti nell'oscurità, mentre allontanandosi mi saluta.

[vv. 37-40] Oh viso tenero con un pallore arrosato dalla gioventù, oh occhi lucenti come stelle portatori di pace, o fronte bianca e pura, dolcemente incastonata tra ricci voluminosi!

[vv. 41-44] Palpitava la vita nell'aria tiepida, palpitava l'estate quando (gli occhi e il volto della donna) mi sorrisero e il sole di giugno, di inizio estate si divertiva a baciare con i suoi raggi luminosi

[vv. 45-48] la morbida guancia filtrando tra i capelli castani: i miei sogni, più belli persino del sole, circondavano la delicata figura della donna come se fossero un'aureola di luce celeste.

[vv. 49-52] Ora sotto la pioggia tra la nebbia torno a casa da solo e vorrei confondermi con loro tanta è la mia malinconia; traballo come se fossi ubriaco, e mi tocco per assicurarmi di non essere anch'io dunque diventato un fantasma.

[vv. 53-56] Oh, quante foglie morte che cadono freddissime, incessanti una dopo l'altra, silenziose, pesanti sull'anima! Io credo che in questo momento ovunque, in tutto il mondo, eternamente sia soltanto novembre, con la sua nebbia lugubre.

[vv. 57-60] Per chi ha perduto il senso della vita è meglio questa oscurità, è meglio questa nebbia, io voglio, voglio fortemente cullarmi in una noia che duri per sempre.


Figure Retoriche


Enjambements: vv. 5-6, vv. 6-7, vv. 10-11, vv. 13-14, vv. 15-16, vv. 19-20, vv. 20-21, vv. 21-22, vv. 26-27, vv. 29-30, vv. 30-31, vv. 47-48: "fischia / la vaporiera", "plumbeo /il cielo", "tacita / gente", "la tessera / al secco taglio dai", "i begl'anni / dai", "una fioca lanterna / hanno", "ferrei / freni", "lugubre / rintocco", "ultimo / appello", "metallica / anima", "fiammei / occhi", "i miei sogni / ricingean". Le figure di interruzioni contribuiscono a rallentare il ritmo poetico e conferiscono al componimento un'atmosfera lugubre e malinconica.

Domanda retorica: vv. 9-12, v. 52: "Dove e a che move questa, che affrettasi / a' carri fòschi, ravvolta e tacita / gente? a che ignoti dolori / o tormenti di speme lontana?". Il poeta si domanda per quale motivi i passeggeri della stazione siano presi da tanta frenesia, "non anch'io fossi dunque un fantasma.". Il poeta si rassicura, utilizzando l'indiretto libero, di non essere stato avvolto dall'atmosfera funera da cui è circondato.

Chiasmi: vv. 11-12, v. 26: "ignoti dolori / o tormenti di speme lontana". Le preoccupazioni della gente sono speranze o ricordi dolorosi, legati dalla figura come un passaggio di esistenze, "paion oltraggi: scherno par". Il chiudersi delle porte del treno sembra farsi beffe di chi si separa alla partenza.

Endiadi: v. 10: "ravvolta e tacita". Le persone alla stazione sono come spettri silenziosi avvolti in mantelli neri.

Anafore: vv. 41-42, vv. 57-58: "Fremea". La ripetizione esalta l'atmosfera di vita al momento dell'incontro del poeta con Lidia durante un'estate, "Meglio". La ripetizione introduce all'ultima strofa in cui il poeta trova migliore il perdersi nella malinconia piuttosto che illudersi di poter trovare la gioia.

Personificazione: vv. 1-4, vv. 23-24, v. 29, vv. 43-44: "oh quei fanali... s'inseguono / accidiosi / ... sbadigliando la luce su il fango". I fanali sono descritti come pigri e addormentati nella nebbia, "un'eco di tedio risponde / doloroso". La forza della noia è descritta come un'eco che si propaga, "già il mostro". La locomotiva è paragonata a un mostruoso essere vivente, "e il giovine sole di giugno / si piacea di baciar luminoso". I raggi del sole sul viso di Lidia sono descritto come un gioco praticato dal sole che sorride agli amanti.

Antitesi: vv. 35-36: "Ahi, la bianca faccia e 'l bel velo / salutando scompar ne la tenebra.". Il volto di Lidia che si allontana sul treno è messo in risalto grazie al suo candore rispetto alle tenebre serali che avvolgono la scene.

Sineddoche: v. 1: "fanali". Con la parte luminosa si indicano i lampioni della stazione.

Climax: v. 5, vv. 15-16, vv. 53-54: "flebile, acuta, stridula fischia". Il suono della locomotiva che arriva è descritto in un crescendo che ne evoca il movimento in frenata, "i begli anni / dài, gl'istanti gioiti e i ricordi". Il passar della vita di Lidia è evocato da i momenti passanti in un crescendo emotivo, "gelida, / continua, muta, greve, su l'anima!". Il cadere delle foglie raffigurato nella metafora è descritto in serie per indicarne l'accumulo.

Ossimori: v. 37: "pallor roseo". Il volto candido di Lidia è roseo dalla giovinezza.

Polisindeti: vv. 38-40, vv. 55-56: "O viso dolce di pallor roseo, / o stellanti occhi di pace, o candida [...] fronte". Gli elementi descrivono le parti del volto di Lidia, "che solo, che eterno, / che per tutto nel mondo è novembre.". La figura dà enfasi alla metafora iperbolica che descrive il sentimento del poeta.

Metafore: v. 4, vv. 23-24, vv. 29-30, vv. 30-31, v. 33, v. 34, v. 38, v. 41, vv. 43-44, vv. 47-48, vv. 55-56: "abadigliando la luce su il fango". La luce flebile è assimilato allo sbadiglio di uomini stanchi, "un'eco di tedio risponde /doloroso". L'eco e il vociare sono la risposta delle persone alla partenza del treno, "mostro conscio di sua metallica anima", "fiammei/ occhi", "empio mostro", "sbattendo l'ale". Le parti della locomotiva sono descritti come parti del corpo di un essere mostruoso e infernale, "o stellanti occhi di pace". Gli occhi di Lidia sono assimilati alla quiete del firmamento, "fremea la vita", "e il giovine sole di giugno / si piacea di baciar luminoso". L'atmosfera estiva è associata alla vita, la luce e la sensualità, "i miei sogni / ricingean la persona gentile". L'attrazione del poeta per Lidia fa sì che egli la vede avvolta in un'aura di luce, "che solo, che eterno, / che per tutto nel mondo è novembre.". La malinconia della scena è estesa al mondo intero, disperso in un eterno e lugubre autunno.

Epifrasi: vv. 57-60: "Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere, / meglio quest'ombra, questa caligine:/ io voglio io voglio adagiarmi / in un tedio che duri infinito.". La figura riassume il sentimento del poeta che preferisce la noia alla finta gioia data dalle illusioni.

Similitudini: vv. 7-8, vv. 18-19, v. 24, vv. 25-26, vv. 26-27, vv. 46-47, v. 51, v. 53: "il mattino d'autunno / come un grande fantasma". Il cielo mattutino autunnale sembra essere un enorme fantasma che sorveglia la scena, "i vigili / com'ombre". I vigili nella loro uniforme nera assomigliano a spettri, "che spasimo pare". Il rumore dei freni sembra l'ultimo gemito di un moribondo, "gli sportelli [...] paion oltraggi", "scherno par l'ultimo appello". La partenza del treno è ironica verso gli innamorati che si separano, "come un'aureola / ... i miei sogni". L'aura di luce che il poeta vede intorno a Lidia ricorda un'aureola angelica, "com'ebro". Stordito dalla separazione il poeta vaga come fosse ubriaco tornando a casa, "qual caduta di foglie". La malinconia è come la caduta delle foglie autunnali per l'animo del poeta.

Epanalessi: v. 59: "io voglio, io voglio". La figura rafforza il pathos del desiderio espresso dal poeta negli ultimi versi.

Iperbato: vv. 9-11, vv. 23-24, vv. 19-20, v. 28, vv. 38-40: "Dove e a che move questa, che affrettasi / a' carri foschi, ravvolta e tacita /gente?", "un'eco di tedio risponde / doloroso che spasimo pare", "una fioca lanterna / hanno e mazze di ferro", "grossa scroscia su' vetri la pioggia", "o candida / tra' floridi ricci inchinata / pura fronte". La sintassi del componimento è cadenzata e complessa grazie a questa figura, che contribuisce alla creazione dell'atmosfera lugubre.

Anastrofi: vv. 13-14, vv. 15-16, vv. 26-27, vv. 29-30, v. 34, v. 57: "la tessera / al secco taglio dai de la guardia", "al tempo incalzante i begl'anni /dai", "scherno par l'ultimo appello", "di sua metallica / anima", "gli amor miei portasi", "a chi il senso smarrì de l'essere". La figura cadenza il ritmo poetico e lo rallenta conferendogli malinconia e pathos.

Apostrofi: v. 13: "Lidia". Il poeta rivolge la strofa all'amata.

Asindeti: vv. 30-31: "anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei/ occhi sbarra". La figura descrive la partenza della locomotiva, con rumori e messa in moto assimilati al risveglio di un mostro.

Parallelismi: vv. 13-16: "Tu pur pensosa, Lidia, la tessera / al secco taglio dài de la guardia, / e al tempo incalzante i begli anni / dài, gl'istanti gioiti e i ricordi". Il gesto di far controllare il biglietto è assimilato all'offrire il proprio passato allo scorrere inesorabile del tempo.

Sinestesia: v. 28: "grossa scroscia". La pioggia fitta è insieme un qualcosa di ingombrante e rumoroso.

Iperbole: vv. 31-32, vv. 55-56: "immane pe 'l buio / gitta il fischio che sfida lo spazio.". Il treno è un'invenzione umana che sfida il tempo naturale, "che solo, che eterno, / che per tutto nel mondo è novembre.". L'atmosfera di malinconia è associata al progresso dei tempi moderni che avvolgono di noia l'esistenza umana.


Analisi e Commento


Storico-letterario

Alla stazione in una mattina d'autunno è una lirica di Giosuè Carducci inserita nella sua seconda maggiore raccolta, Le odi barbare, pubblicate in diverse edizioni man mano arricchite tra il 1877 e il 1893. Come questo, molti dei componimenti delle Odi barbare sono ambientati a Bologna, città in cui Carducci tenne la cattedra di Letteratura Italiana all'Università tra il 1860 e il 1904.

Come spiegato in parte dal titolo, l'operazione metrica tentata da Carducci nella raccolta ha carattere estremamente complesso: si tratta dell'applicazione del verso latino, fondato sulla caratteristica linguistica dell'accentazione lunga o breve delle vocali, a un testo in lingua italiana, i cui accenti vocalici possono essere acuti o gravi. L'aggettivo "barbare" scelto da Carducci nel descriverle è perciò inteso nel significato latino del termine, ossia "straniere", perché, a giudizio del poeta, le liriche sarebbero suonate tali tanto all'orecchio degli antichi che a quello dei moderni. Dal punto di vista tematico, la varietà è ciò che segna, come di consueto, la produzione carducciana: vengono alternati quadri autobiografici a rievocazioni storiche e nostalgiche, con una concentrazione sul tema del progresso umano che divora l'antica civiltà naturale, vista come paradiso ormai perduto per sempre.

Quello descritto in Alla stazione in una mattina d'autunno, è un episodio autobiografico del 1873: la partenza dalla stazione di Bologna di Lidia, amante del poeta ed eroina a cui sono dedicate le Odi barbare (è il nome con cui Carducci canta Carolina Cristofori Piva, donna alla quale fu legato per alcuni anni), che sarebbe morta di lì a pochi anni. Come è tipico di molte liriche carducciane, questa prende l'avvio da una descrizione di qualcosa di concreto – la fermata del treno in stazione e la ripartenza – per poi aprirsi alla rievocazione del passato e alla descrizione lugubre e malinconica del presente, secondo toni che si avvicinano allo stile baudelariano e decadente, che stava conquistando la ribalta nella poesia della seconda metà del XIX secolo.

Tematico

Lo scenario presente scelto da Carducci non ha in sé nulla di poetico, il poeta si concentra su un evento molto prosaico: si tratta, infatti, di una stazione ferroviaria in cui tra il viavai di gente il poeta accompagna Lidia a prendere il treno. L'atmosfera è tuttavia introdotta da un paesaggio autunnale pallido e spettrale caratterizzato da nuvole, pioggia e fango; le metafore molto evocative ricordano le ardite personificazioni simboliste e sono applicate su particolari realistici molto banali e quotidiani come il biglietto forato dal controllore a Lidia, che il poeta con un parallelismo (vv. 13-16) assimila al trascorrere del tempo sugli anni della giovinezza e la bellezza della donna. Tale meccanismo, sistematicamente ripetuto, ha il preciso compito di sottolineare la tristezza della vita moderna. La stazione ferroviaria diventa sempre più un luogo lugubre e infernale: il treno, soggetto esaltato dal giovane Carducci che accarezzava la poetica scapigliata nell'Inno a Satana, era ciò che più rappresentava il carattere "bello e terribile" della modernità; in questa lirica esso diventa un qualcosa di unicamente terrificante, demoniaco e bestiale, un "empio mostro", come recita la metafora al v. 33. Il progresso è portatore di grettezza e di tedio, che rende gli uomini macabri e oscuri spettri.

Opposta alle sensazioni tutte negative del resto del componimento è la memoria di Lidia nel giorno estivo pregno di vita e sensualità in cui il poeta la incontrò per la prima volta. La sua figura gli apparve in forma quasi angelica, circondata da luce, calore, voglia di vivere, bellezza, come anche il paesaggio della bella stagione che rispecchiava l'estasi del poeta. La parte finale del componimento, in cui egli si riavvia solitario e stordito verso casa dopo la dipartita di Lidia, vede un ritorno all'atmosfera tetra della città. Prevalgono, pertanto, la malinconia di Carducci e il rimpianto per la partenza della donna amata, Lina, chiamata Lidia per un accostamento al poeta latino Orazio: tutto riporta tristemente alla sua mente i giorni trascorsi insieme alla donna, ormai inevitabilmente trascorsi, con una perfetta fusione tra la descrizione del paesaggio esteriore e i sentimenti del poeta.

Per Carducci, che afferma "che solo, che eterno, / che per tutto nel mondo è novembre", la decadenza autunnale non è specchio della tristezza del proprio animo, ma di un grigiore malinconico che avvolge l'intero mondo ormai stravolto dalla civiltà del progresso. Tuttavia, la risposta che il poeta offre a questa condizione, nell'epifrasi che occupa l'ultima strofa, è un desiderio fortissimo che lo porta all'apatia e la noia generate leopardianamente dalla consapevolezza del vero piuttosto che l'attardarsi nelle vane e illusorie speranze dell'esistenza.

Stilistico

Alla stazione in una mattina di autunno è composta in strofe alcaiche (due doppi quinari, un novenario e un endecasillabo), metro derivante dalla lirica greca, che Carducci accoppia all'utilizzo del verso libero, ossia privo di schema rimico, mettendo in pratica il progetto di fusione portato avanti in tutto il resto delle Odi barbare.

La volontà di conferire un andamento classicheggiante, anch'esso di contrasto con la quotidianità della scena descritta, porta il poeta all'utilizzo di un altissimo numero di figure retoriche, soprattutto metafore e personificazioni legate al mondo interiore della malinconia, del terrore e della noia. I moltissimi enjambements "fischia / la vaporiera" (vv. 5-6); "plumbeo /il cielo" (vv. 6-7); "tacita / gente" (vv. 10-11); "la tessera / al secco taglio dai" (vv. 13-14); "i begl'anni / dai" (15-16); "una fioca lanterna / hanno" (vv. 19-20); "ferrei / freni" (vv. 20-21); "lugubre / rintocco" (vv. 21-22); "ultimo / appello" (vv. 26-27); "metallica / anima" (vv. 29-30); "fiammei / occhi" (vv. 30-31); "i miei sogni / ricingean" (vv. 47-48) uniti a figure di inversione quali iperbato e anastrofe creano un ritmo sintattico lento, cadenzato, complesso e riflessivo che contribuisce alla creazione dell'atmosfera di tristezza che avvolge, anche nei contenuti, il quadro proposto dalla lirica.

Innovativo, inoltre, dal punto di vista lessicale l'utilizzo di termini fino ad allora sconosciuti al linguaggio poetico ("fanali", "mazze di ferro", "ferrei freni", "vaporiera" ecc.), determinando il superamento delle convenzioni della lingua letteraria. Il mondo ferroviario, sconvolgente e di recente invenzione nell'epoca carducciana, è un tema caro al poeta, che individua in esso il simbolo della grandezza ma anche dell'avventatezza degli uomini della propria epoca.


Confronti


In questo componimento è possibile notare la profonda evoluzione che ha caratterizzato il pensiero dell'autore nel corso della sua carriera letteraria. Nell'Inno a Satana, risalente al 1869, Carducci esaltava la locomotiva e il treno chiamandoli "Un bello e orribile / mostro si sferra, [che] corre gli oceani, corre la terra:", ergendoli a simbolo del progresso che avrebbe portato i popoli a liberarsi di tiranni, oppressori e dogmi.

Secondo poi l'atteggiamento profondamente più conservatore assunto dal poeta nella sua produzione successiva – si pensi a Il bove –, il progresso aveva portato all'abbandono dei tempi e della vita naturale, immergendo il presente nel grigiore spettrale descritto nel mondo governato dall'"empio mostro" ferroviario di Alla stazione in una mattina d'autunno.

La metafora autunnale è poi di comune esplorazione con Giovanni Pascoli che nella poesia Novembre evoca l'autunno come simbolo della paura e delle minacce del mondo, le quali avvolgono la placida estate di San Martino, che si registra nel mese di Novembre appunto, in cui le illusioni umane sembrano destinate ad una gioia almeno momentanea, come accadeva nella poesia San Martino di Carducci stesso. In questo componimento il novembre nebbioso e grigio diviene eterno e per il poeta non esiste altro scampo a questa condizione fuorché la rassegnazione.

La figura di Lidia, se per alcuni tratti ricorda la raffigurazione della donna-angelo stilnovista e petrarchesca – si pensi all'aureola che il poeta immagina su di lei nel momento in cui la incontra –, condivide alcuni tratti della Silvia leopardiana, la cui bellezza fu spenta dalla morte in gioventù. Carducci paragona appunto l'atto di timbratura del controllore del treno a quello svolto del tempo, a cui Lidia sta offrendo inconsapevolmente la propria bellezza e gli anni della propria gioventù, destinati a condurla verso un destino ingrato e tragico.


Domande e Risposte


Di quale raccolta fa parte il componimento?
Il componimento fa parte della raccolta Odi barbare (1877)

Qual è la tematica principale della lirica?
Carducci descrive la partenza di Lidia in treno dalla stazione di Bologna.

Qual è la forma metrica della poesia?
Alla stazione in una mattina di autunno è composta di 15 strofe alcaiche.

Qual è il vero nome di Livia?
Il vero nome di Livia è Carolina Cristofori Piva, amante del poeta.

In quale città è ambientato il componimento?
La città descritta è Bologna, dove il poeta lavorò come professore universitario.

Cos'è l'"empio mostro" descritto del componimento (v.33)?
Con l'epiteto il poeta descrive la locomotiva che si avvia.

Fonti: libri scolastici superiori

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