Willard Van Orman Quine - La scienza è un campo di forza


Immagine Willard Van Orman Quine
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il passaggio che proponiamo costituisce la parte finale dell'articolo "Due dogmi dell'empirismo" di Quine, dove l'autore critica due principi fondamentali del neopositivismo: il dualismo analitico/sintetico e il riduzionismo. Quine dimostra che non è possibile tracciare una linea di demarcazione chiara tra enunciati analitici e sintetici e che non si può ridurre gli enunciati teorici della scienza a semplici enunciati osservativi, confermabili o falsificabili mediante l'esperienza. In questa parte conclusiva, Quine riassume i punti chiave delle sue argomentazioni, evidenziando in particolare l'olismo della conferma, la metafora della scienza come un "campo di forza" o una "rete" i cui margini toccano l'esperienza, la possibilità di rivedere qualsiasi enunciato, inclusi quelli della logica, e la visione pragmatista della scienza.


Lettura


Tutte le nostre cosiddette conoscenze o convinzioni, dalle più fortuite questioni di geografia e di storia alle leggi più profonde della fisica atomica o financo della matematica pura e della logica, tutto è un edificio fatto dall'uomo che tocca l'esperienza solo lungo i suoi margini. O, per mutare immagine, la scienza nella sua globalità è come un campo di forza i cui punti limite sono l'esperienza. Un disaccordo con l'esperienza alla periferia provoca un riordinamento all'interno del campo; si devono riassegnare certi valori di verità ad alcune nostre proposizioni. Una nuova valutazione di certe proposizioni implica una nuova valutazione di altre a causa delle loro reciproche connessioni logiche – mentre le leggi logiche sono soltanto, a loro volta, certe altre proposizioni del sistema, certi altri elementi del campo. Una volta data una nuova valutazione di una certa proposizione dobbiamo darne un'altra anche a certe altre, che possono essere proposizioni logicamente connesse con la prima o esse stesse proposizioni di connessioni logiche. Ma l'intero campo è determinato dai suoi punti limite, cioè l'esperienza, in modo così vago che rimane sempre una notevole libertà di scelta per decidere quali siano le proposizioni di cui si debba dare una nuova valutazione alla luce di una certa particolare esperienza contraria. Una esperienza particolare non è mai vincolata a nessuna proposizione particolare all'interno del campo tranne che indirettamente, per delle esigenze di equilibrio che interessano il campo nella sua globalità.

Se tutto questo è giusto, non è affatto corretto parlare del contenuto empirico di una certa proposizione particolare – specialmente se si tratta di una proposizione molto lontana dalla periferia del campo. Ed inoltre diventa assurdo cercare una qualsiasi linea di demarcazione fra proposizioni sintetiche, che si fondino sull'esperienza contingente, e proposizioni analitiche, che valgono quali che siano i dati dell'esperienza. Tutte le proposizioni si potrebbero far valere in tal modo se facessimo delle rettifiche sufficientemente drastiche in qualche altra parte del sistema. Persino una proposizione molto vicina alla periferia si potrebbe ritenere vera malgrado qualsiasi esperienza contraria adducendo a pretesto un'allucinazione o modificando alcune di quelle proposizioni che si chiamano leggi logiche. Analogamente, per converso, nessuna proposizione è immune, per le stesse ragioni, da correzioni. Si è perfino proposto di modificare la legge logica del terzo escluso come un mezzo per semplificare la meccanica quantistica; e che differenza c'è in linea di principio fra una modifica del genere e quella per cui Keplero ha preso il posto di Tolomeo o Einstein quello di Newton o Darwin quello di Aristotele?

Tanto per dare un'immagine intuitiva ho parlato in termini di distanze variabili da una periferia sensoriale; cerchiamo ora di chiarire questo concetto fuor di metafora. Sembra che alcuni asserti, pur se intorno a oggetti fisici e non ad esperienze sensoriali, siano particolarmente pertinenti all'esperienza sensoriale (e in modo selettivo: certe asserzioni a certe esperienze, altre ad altre). Tali asserti, segnatamente concernenti esperienze particolari, li rappresento come vicini alla periferia. Ma in questa relazione di «pertinenza» io non vedo niente più che una libera associazione che riflette in pratica il fatto che con una certa probabilità preferiremmo modificare una certa proposizione piuttosto che un'altra in caso di qualche esperienza contraria.

Per esempio, possiamo immaginare delle esperienze contrarie cui conformeremmo di certo volentieri il nostro sistema mutando soltanto la nostra valutazione dell'asserzione che in Via Elm vi sono delle case di mattoni, e delle relative asserzioni sullo stesso argomento. Possiamo immaginare altre esperienze contrarie cui conformeremmo volentieri il nostro sistema dando soltanto una nuova valutazione della asserzione che non vi sono centauri, e delle asserzioni ad essa relative. Io ho insistito nel dire che un'esperienza contraria può conciliarsi ed inserirsi in un certo sistema modificando a piacere alcune fra le varie e diverse valutazioni che si erano date nei vari e diversi settori dell'intero sistema; ma, nei casi che abbiamo ora portato ad esempio, la nostra naturale tendenza a turbare il meno possibile il sistema nella sua interezza ci condurrebbe a dirigere la nostra revisione su quelle particolari asserzioni concernenti case di mattoni o centauri.

Si ha l'impressione perciò che queste proposizioni abbiano un riferimento empirico più preciso di quanto non abbiano le proposizioni altamente teoriche della fisica o della logica o dell'ontologia. Si possono considerare codeste proposizioni come poste quasi al centro dell'intera rete, volendo dire con ciò semplicemente che vi si impongono ben pochi rapporti preferenziali con i dati sensoriali particolari.

Come empirista io continuo a considerare lo schema concettuale della scienza come un mezzo, in ultima analisi, per predire l'esperienza futura alla luce dell'esperienza passata. Gli oggetti fisici vengono concettualmente introdotti nella situazione come comodi intermediari – non definendoli in termini di esperienza, ma come semplici postulati non riducibili, paragonandoli da un punto di vista epistemologico, agli dei di Omero. Io, che di fisica ho nozioni più che comuni, credo per parte mia negli oggetti fisici e non negli dei di Omero; e considero un errore scientifico credere altrimenti. Ma in quanto a fondamento epistemologico, gli oggetti fisici e gli dei differiscono solo per grado non per la loro natura. Sia l'uno che l'altro tipo di entità entrano nella nostra concezione soltanto come postulati culturali. Da un punto di vista epistemologico il mito degli oggetti fisici è superiore agli altri nel fatto che si è dimostrato più efficace degli altri miti come mezzo per elevare una semplice costruzione nel flusso dell'esperienza.

E non ci fermiamo a postulare soltanto gli oggetti fisici del mondo macroscopico. Si postulano degli oggetti anche a livello atomico per rendere più semplici e più comode le leggi degli oggetti macroscopici e, in definitiva, le leggi dell'esperienza; e non dobbiamo aspettarci né pretendere una definizione esauriente delle entità atomiche e subatomiche in termini di quelle macroscopiche, più di quanto non pretendiamo una definizione degli oggetti macroscopici in termini di dati sensoriali. La scienza è un prolungamento del senso comune, e si serve dello stesso espediente del senso comune: amplia l'ontologia per semplificare la teoria.

Gli oggetti fisici, piccoli o grandi che siano, non sono i soli postulati; un altro esempio è costituito dalle forze; ed in realtà oggi la scienza ci dice che la discriminazione fra energia e materia è ormai antiquata. Inoltre, le entità astratte che sono l'essenza della matematica (cioè, in definitiva, le classi, le classi di classi e così via) sono degli altri postulati, e per le stesse ragioni. In sede epistemologica questi sono miti, sullo stesso piano degli oggetti fisici e degli dei, e non si possono considerare né migliori né peggiori se non per il diverso grado in cui ci facilitano il compito di trattare le esperienze sensoriali.

L'intera algebra dei numeri razionali e irrazionali non si può determinare interamente con l'algebra dei numeri razionali, ma è più funzionale e conveniente; essa include l'algebra dei numeri razionali come una sua parte incompleta o di comodo. Analogamente, ma in maggior misura, l'esperienza non può interamente determinare l'intero corpus delle scienze, matematiche naturali e dell'uomo. Il margine del sistema deve mantenersi sempre in accordo con l'esperienza; il resto, con tutti i suoi miti accurati o le sue fantasie, ha come obiettivo la semplicità delle leggi.

Le questioni ontologiche in questo senso sono sullo stesso piano delle questioni della scienza naturale. Consideriamo la questione se accettare o meno le classi come entità. Questo vuol dire chiedersi se si possa o meno adoperare la quantificazione in riferimento a variabili che abbiano come valori le classi. Ora Carnap ha sostenuto che questa non è una questione di dati di fatto, ma di scelta di una forma conveniente di linguaggio, di uno schema concettuale conveniente o di un'intelaiatura per la scienza. In questo sono pienamente d'accordo, ma solo con la clausola che lo stesso si debba concedere per tutte le ipotesi scientifiche in generale. [...]

La questione dell'esistenza delle classi sembra più una questione della scelta di uno schema concettuale conveniente; quella dell'esistenza dei centauri o delle case di mattoni in Via Elm, ci dà più l'impressione di essere una questione di fatto. Ma io ho cercato di dimostrare che questa differenza è soltanto una differenza di grado, e che essa dipende da una tendenza in qualche modo pragmatica a modificare una certa parte dell'edificio della scienza piuttosto che un'altra quando dobbiamo conciliare certe esperienze particolari contrarie. In tutte codeste scelte traspare un certo conservatorismo insieme alla ricerca della semplicità.

Carnap, Lewis ed altri assumono una posizione pragmatica nella questione della scelta delle forme di linguaggio, delle intelaiature della scienza; ma il loro pragmatismo cessa alla soglia della immaginaria distinzione fra l'analitico e il sintetico. Nel ripudiare una tale discriminazione, io abbraccio un pragmatismo più radicale. Ciascun uomo ha una certa eredità scientifica oltre che una ininterrotta diga di stimoli sensoriali; e le considerazioni che lo guidano a piegare la sua eredità scientifica perché si adatti agli incessanti dettami dei sensi sono, se razionali, di natura pragmatica.


Guida alla lettura


1) Illustra la metafora del campo di forza o della rete a proposito delle teorie scientifiche.
La metafora del campo di forza o della rete descrive la scienza come un sistema interconnesso, in cui le teorie scientifiche non sono entità isolate, piuttosto componenti di un intero sistema che è influenzato dall'esperienza ai suoi margini. Ecco un'illustrazione basata sul testo:

Campo di forza:

La scienza è paragonata a un campo di forza i cui punti limite sono l'esperienza. Questo significa che la scienza, nel suo complesso, è influenzata dall'esperienza solo ai suoi confini.
Un disaccordo con l'esperienza ai margini provoca un riordinamento all'interno del campo. Ciò implica che le teorie centrali non sono direttamente messe in discussione da un'esperienza contraria ma è l'intero sistema che si adatta per mantenere l'equilibrio.

Rete:

La scienza è come una rete in cui ogni nodo rappresenta una proposizione o teoria e i lati della rete toccano l'esperienza.
Quando una nuova esperienza contraddice una parte della rete, questo causa una riassegnazione dei valori di verità di alcune proposizioni. Tuttavia, questa riassegnazione avviene in modo da perturbare il meno possibile l'intero sistema, riflettendo un equilibrio globale.

Interconnessione delle proposizioni:

Le proposizioni scientifiche sono interconnesse logicamente. Quando una proposizione viene rivalutata, anche le altre ad essa collegate devono essere rivalutate.
Le leggi logiche sono anch'esse parte di queste proposizioni e possono essere modificate se necessario per mantenere l'equilibrio complessivo della rete.

Flessibilità nella revisione:

La scienza offre una notevole libertà di scelta su quali proposizioni modificare alla luce di una nuova esperienza contraria. Questa flessibilità è necessaria per mantenere l'equilibrio complessivo del sistema.

In sintesi, la metafora del campo di forza o della rete rappresenta la scienza come un sistema dinamico e interconnesso, in cui le esperienze contrarie provocano aggiustamenti che cercano di mantenere l'equilibrio complessivo, piuttosto che mettere in discussione direttamente ogni singola proposizione.

2) In base a quali criteri, secondo Quine, si può «aggiustare» una teoria scientifica?
Secondo Quine, una teoria scientifica si può "aggiustare" in base a criteri pragmatici e di convenienza piuttosto che a una distinzione rigida tra enunciati analitici e sintetici. Questo processo avviene considerando il sistema della scienza come un "campo di forza" dove le esperienze sensoriali influenzano i margini del campo, provocando aggiustamenti interni. Questi aggiustamenti sono guidati dalla tendenza a disturbare il meno possibile il sistema complessivo, preferendo modificare le proposizioni che sono più direttamente contraddette dall'esperienza sensoriale. Quine sottolinea che questa scelta è influenzata da un certo conservatorismo e dalla ricerca della semplicità, rendendo il criterio di aggiustamento basato sulla funzionalità e sull'efficacia del sistema nel trattare le esperienze sensoriali.

Quine afferma anche che ogni proposizione, inclusi i principi logici e le leggi scientifiche, può essere riveduta alla luce di nuove esperienze, e che la distinzione tra enunciati analitici e sintetici è artificiale. Tutto il sistema scientifico è visto come un insieme di postulati culturali che possono essere modificati pragmaticamente per mantenere la coerenza con l'esperienza sensoriale.

3) Che differenza c'è tra gli asserti alla periferia della rete e quelli al suo centro? Si tratta di una differenza sostanziale?
Gli asserti alla periferia della rete sono quelli particolarmente pertinenti all’esperienza sensoriale. Questi asserti che riguardano esperienze specifiche e concrete, sono più facilmente soggetti a essere modificati in caso di esperienze contrarie. Per esempio, se dovessimo confrontarci con un'esperienza che contraddice l’asserzione che in Via Elm vi sono delle case di mattoni, saremmo più propensi a rivedere questa proposizione piuttosto che modificare asserti più teorici.

Gli asserti al centro della rete, invece, sono quelli altamente teorici, come quelli della fisica, della logica o dell’ontologia. Questi asserti hanno un riferimento empirico meno diretto e sono meno vincolati ai dati sensoriali particolari. Sono più lontani dall’esperienza immediata e quindi meno soggetti a revisione basata su singole esperienze contrarie.

Questa differenza non è sostanziale ma di grado. La distinzione tra gli asserti alla periferia e quelli al centro della rete è una differenza di grado di pertinenza all’esperienza sensoriale e di probabilità di essere rivisti in caso di esperienze contrarie. Quine sostiene che tutte le proposizioni, indipendentemente dalla loro posizione nella rete, possono essere rivedute se si apportano rettifiche sufficientemente drastiche in altre parti del sistema.


Guida alla Comprensione


1) Che relazione c'è tra l'olismo metodologico e l'idea di Quine secondo cui è possibile rivedere qualsiasi enunciato, anche quelli della logica?
La relazione tra l'olismo metodologico e l'idea di Quine secondo cui è possibile rivedere qualsiasi enunciato, anche quelli della logica, si basa sul concetto che tutta la nostra conoscenza scientifica è interconnessa e forma un "campo di forza". Secondo Quine, l'intero sistema delle nostre conoscenze è vincolato ai suoi punti di contatto con l'esperienza ma al suo interno c'è una grande flessibilità su quali enunciati possano essere rivisti in risposta a nuove esperienze.

Quine sostiene che nessuna proposizione è immune da revisione perché qualsiasi esperienza contraria può essere conciliata modificando le nostre valutazioni delle proposizioni, inclusi gli enunciati logici. Questo porta alla conclusione che non esiste una distinzione netta tra proposizioni analitiche (indipendenti dall'esperienza) e sintetiche (dipendenti dall'esperienza), poiché qualsiasi proposizione può essere mantenuta vera se si effettuano cambiamenti adeguati in altre parti del sistema.

In sintesi, l'olismo metodologico di Quine implica che l'intera rete delle conoscenze è così strettamente interconnessa che la revisione di un enunciato può comportare la revisione di altri, compresi quelli logici, poiché non esiste un enunciato che sia al di sopra della revisione se necessario per mantenere l'equilibrio del sistema rispetto all'esperienza.

2) Quali conseguenze ha l'affermazione secondo cui la scienza è solo un mezzo per fare previsioni?
L'affermazione secondo cui la scienza è solo un mezzo per fare previsioni ha diverse conseguenze secondo il testo di Quine:

Strumento per Predire l'Esperienza: La scienza viene vista principalmente come uno strumento concettuale per predire l'esperienza futura alla luce di quella passata. Gli oggetti fisici, quindi, vengono introdotti come intermediari utili per questo scopo, non perché definiti in termini di esperienza ma come postulati non riducibili, simili agli dei di Omero dal punto di vista epistemologico.
Postulati Culturali: Tanto gli oggetti fisici quanto entità astratte come le forze o le classi matematiche sono considerati miti, sullo stesso piano epistemologico degli dei. Sono postulati culturali che facilitano il compito di trattare le esperienze sensoriali e sono valutati in base alla loro efficacia nel semplificare la teoria.
Olismo della Scienza: La scienza è vista come un campo di forza in cui le esperienze periferiche possono causare riorganizzazioni interne ma senza che vi sia una corrispondenza diretta e univoca tra singole esperienze e singole proposizioni. Questo comporta una notevole libertà nella scelta di quali proposizioni rivedere in caso di esperienze contrarie, riflettendo un approccio olistico.
Assenza di Distinzione tra Analitico e Sintetico: Diventa assurdo cercare una linea di demarcazione tra proposizioni sintetiche, basate su esperienza contingente, e proposizioni analitiche, valide indipendentemente dai dati dell'esperienza. Tutte le proposizioni sono suscettibili di revisione se necessario, anche quelle della logica.
Pragmatismo Radicale: Quine abbraccia un pragmatismo più radicale rispetto a filosofi come Carnap, rifiutando la distinzione tra analitico e sintetico e sostenendo che tutte le scelte scientifiche, inclusa la revisione delle proposizioni, sono guidate da considerazioni pragmatiche per adattare l'eredità scientifica agli stimoli sensoriali continui.

In sintesi, la visione di Quine implica che la scienza è un mezzo pratico per organizzare e prevedere le esperienze sensoriali, con tutti i suoi postulati (fisici, matematici, ecc.) considerati utili strumenti concettuali soggetti a revisione pragmatica, piuttosto che verità assolute.

3) Perché Quine accomuna gli oggetti fisici agli dèi di Omero? Che cos'è, invece, che li distingue?
Quine accomuna gli oggetti fisici agli dèi di Omero perché, dal punto di vista epistemologico, entrambi sono considerati come miti o postulati culturali introdotti per facilitare la nostra comprensione e gestione dell'esperienza. Essi non vengono definiti in termini di esperienza sensoriale ma sono assunti come utili intermediari concettuali. Quindi, dal punto di vista epistemologico, gli oggetti fisici e gli dèi differiscono solo per grado, non per la loro natura.

Quello che li distingue è il fatto che il "mito" degli oggetti fisici si è dimostrato più efficace degli altri miti (come quello degli dèi di Omero) come mezzo per costruire una spiegazione funzionale ed efficace dell'esperienza. In altre parole, gli oggetti fisici sono ritenuti superiori dal punto di vista scientifico perché permettono una migliore predizione e gestione dell'esperienza rispetto agli dèi di Omero.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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