Tucidide - Dialogo degli ateniesi e dei melii sulla giustizia in guerra


Immagine Tucidide
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel contesto della guerra del Peloponneso che vide contrapposte Atene e Sparta come città egemoni in un intricato gioco di alleanze che coinvolgeva l'intero mondo greco, nell'anno 416 a.C., gli ateniesi rivolsero un ultimatum agli abitanti dell'isola di Melo nelle Cicladi: sottomettersi al loro dominio o affrontare la distruzione. Il rifiuto da parte dei melii scatenò una punizione spietata, divenendo uno degli episodi più tragici della guerra, caratterizzato dalla devastazione della città, l'uccisione di tutti gli uomini e la deportazione delle donne e dei bambini come schiavi. Tucidide, lo storico dell'epoca, presenta come prologo a questo tragico evento un dialogo immaginario tra gli ateniesi e gli ambasciatori dei melii per discutere un possibile accordo.

Nel passo citato, la difesa del diritto alla neutralità da parte dei melii si basa su criteri di giustizia condivisa, che include il reciproco riconoscimento dell'autonomia tra le diverse città-stato (pòleis). Gli ateniesi, d'altro canto, contrappongono ragioni di natura strategica, negando soprattutto il valore di qualsiasi regola o patto che non tenga conto della disparità di forze. Secondo la narrazione di Tucidide, questo episodio rappresenta il trionfo di una logica bellica nei rapporti tra le città greche: l'affermazione del diritto del più forte sopra ogni criterio di giustizia, equità o accordo.


Lettura


Melii: Pure, la presente riunione è stata indetta per discutere della nostra salvezza, e la discussione si svolga, se vi piace, nel modo in cui ci invitate a discutere.

Ateniesi: Noi dunque non vi offriremo una non persuasiva lungaggine di parole con l'aiuto di belle frasi, cioè che il nostro impero è giusto perché abbiamo abbattuto i Medi o che ora perseguiamo il nostro diritto perché siamo stati offesi; ma ugualmente pretendiamo che neppur voi crediate di persuaderci dicendoci che, per quanto coloni dei Lacedemoni, non vi siete uniti a loro per farci guerra o che non ci avete fatto alcun torto. Pretendiamo invece che si mandi ad effetto ciò che è possibile a seconda della reale convinzione che ha ciascuno di noi, ché noi siamo certi, di fronte a voi, persone informate, che nelle considerazioni umane il diritto è riconosciuto in seguito a una uguale necessità per le due parti, mentre chi è più forte fa quello che può e chi è più debole cede.

Melii: A nostro parere, almeno, è utile (è necessario infatti usare questo termine, dalmomento che avete così proposto di parlare dell'utile invece che del giusto) – è utile che noi non distruggiamo questo bene comune, ma che sia conservata la giustizia a colui che di volta in volta si trova in mezzo ai pericoli, e che sia avvantaggiato colui che riesce a persuadere un altro anche senza raggiungere i limiti dell'esattezza più rigorosa. E questo fatto non è meno utile nei vostri riguardi, in quanto in caso di insuccesso sarete d'esempio agli altri a prezzo di una severissima punizione.

Ateniesi: Ma noi non temiamo la fine del nostro impero se anche dovesse finire, ché non sono terribili per i vinti quelli che, come i Lacedemoni, comandano agli altri (e del resto la presente contesa non riguarda noi e i Lacedemoni), bensì i soggetti, qualora di propria iniziativa assalgano chi li comanda e lo sottomettano. E su questa questione ci sia permesso di correre rischi: ma che noi siamo qui per avvantaggiare il nostro impero e che, per salvare la vostra città, ora vi facciamo questi discorsi, tutto ciò ve lo mostreremo, intenzionati a comandare a voi senza affrontare fatiche e a salvarvi con utilità per entrambi.

Melii: E come può derivare dell'utile a noi dall'essere vostri schiavi, come a voi dal comandarci?

Ateniesi: Perché a voi toccherebbe obbedire invece di subire la sorte più atroce, mentre noi se non vi distruggessimo ci guadagneremmo.

Melii: E che noi restando in pace fossimo amici invece che nemici, ma alleati di nessuna delle due parti, non l'accettereste?

Ateniesi: No, perché la vostra ostilità non ci danneggia tanto quanto la vostra amicizia, manifesto esempio per i sudditi della nostra debolezza, mentre l'odio lo è della nostra potenza.

Melii: È così che vedono la giustizia i vostri sudditi, sì da porre sullo stesso piano quei popoli che non hanno niente a che fare con voi e quelli che, vostri coloni per la maggior parte e vostri ribelli in un certo numero, sono stati da voi assoggettati?

Ateniesi: Sì, perché credono che né gli uni né gli altri manchino di giustificazioni per se stessi, e credono che alcuni di loro possano salvarsi grazie alla loro potenza, mentre noi non li assaliamo per paura. Sicché, oltre a farci comandare a un maggior numero di persone, voi con la vostra sottomissione ci fornireste la sicurezza, tanto più se voi, isolani e per giunta più deboli di altri, siete sconfitti da un popolo dominatore del mare.

Melii: E nell'altro caso non credete che vi sia la sicurezza? Giacché, come voi ci avete distolto dal discorrere della giustizia e ci avete consigliato di obbedire a ciò che è utile per voi, così noi, mostrandovi il nostro vantaggio, dobbiamo cercare di persuadervi anche sul seguente punto, cioè nel caso che il nostro utile coincida anche col vostro. Ché tutti quelli che ora sono neutrali, come non ve li renderete nemici allorché, guardando a quanto avviene a noi, penseranno che un giorno voi assalirete anche loro? E in tal caso, che altro farete se non aumentare i nemici che avete di già e persuadere i riluttanti a esserlo, mentre ora non ne hanno nessuna intenzione?

Ateniesi: No, perché noi non consideriamo pericolosi quelli che, abitatori di qualche parte della terraferma, grazie alla loro libertà intatta si guarderanno bene dallo stare sulla difensiva nei nostri riguardi; al contrario, noi temiamo quelli che, da qualche parte, sono isolani e non soggetti al nostro impero, come voi, insieme a quelli che ormai sono esasperati dalla costrizione del nostro comando. Ché costoro, abbandonandosi a calcoli errati, potrebbero numerosissime volte esporre se stessi e noi a un manifesto pericolo.

Melii: Ma, certo, se voi affrontate tali pericoli perché il vostro impero non abbia mai fine, e se i vostri sudditi li affrontano per liberarsene, per noi che siamo ancora liberi sarebbe grande viltà e debolezza il non affrontare ogni vicissitudine prima di essere schiavi.

Ateniesi: No, se la vostra deliberazione sarà ispirata a saggezza: ché per voi la lotta ora non è su di un piano di parità, per decidere l'eccellenza dell'uomo, cioè per non essere tacciati di un'onta; ora piuttosto si decide la salvezza, cioè di non opporsi a chi è molto più forte. [...]

Melii: Certo anche noi, siatene sicuri, pensiamo che sia difficile lottare contro le vostre forze e contro la sorte, se essa non sarà favorevole. Pure, noi confidiamo di non essere in stato di inferiorità per quanto riguarda la sorte che ci manderà la divinità, giacché noi, pii, ci opponiamo a persone ingiuste, e abbiamo fiducia che la lacuna delle nostre forze sarà riempita dall'alleanza coi Lacedemoni, i quali saranno costretti ad aiutarci se non altro per dovere di consanguineità e per sentimento di onore. E insomma, la nostra audacia non ci sembra del tutto infondata.

Ateniesi: Ma per quanto riguarda la pietà dei sentimenti verso la divinità, neppur noi crediamo di restare indietro, ché noi non esigiamo né facciamo alcuna cosa che devii dalle umane credenze nei confronti della divinità o dagli umani desideri nei confronti di se stessi. Noi crediamo infatti che per legge di natura chi è più forte comandi: che questo lo faccia la divinità lo crediamo per convinzione, che lo facciano gli uomini, lo crediamo perché è evidente. E ci serviamo di questa legge senza averla istituita noi per primi, ma perché l'abbiamo ricevuta già esistente e la lasceremo valida per tutta l'eternità, certi che voi e altri vi sareste comportati nello stesso modo se vi foste trovati padroni della nostra stessa potenza.


Guida alla lettura


1) Con quali argomentazioni gli ateniesi chiedono ai melii di sottomettersi?
Gli Ateniesi chiedono ai melii di sottomettersi principalmente basandosi su ragioni di forza e utilità. Essi sostengono che la sottomissione sarebbe nell'interesse dei Melii, poiché obbedire sarebbe meno grave che affrontare la distruzione totale. Gli Ateniesi enfatizzano la superiorità della loro potenza militare e la possibilità di offrire sicurezza e vantaggi reciproci, sottolineando che il rifiuto potrebbe portare a conseguenze più gravi. Inoltre, gli Ateniesi respingono l'idea di rispettare principi di giustizia o patti che non tengano conto della disparità di forze, evidenziando una logica di guerra basata sul diritto del più forte.

2) Quali argomenti invocano i melii a difesa della loro autonomia? Elencali, annotando quando lo fanno in nome del giusto o dell'utile.
I Melii invocano diversi argomenti a difesa della loro autonomia, spesso sottolineando criteri di giustizia e utilità. Ecco un elenco degli argomenti:
Giustizia Condivisa: I Melii difendono il loro diritto alla neutralità basandosi su criteri di giustizia condivisa. Essi sostengono che il riconoscimento reciproco di autonomia tra le città-stato (pòleis) è fondamentale per una giustizia equa.
Utile Comune: I Melii propongono che sia nell'interesse di entrambe le parti mantenere la pace e evitare la distruzione di un bene comune. Questo argomento è presentato in termini di utilità, cercando di persuadere gli Ateniesi che la cooperazione è vantaggiosa per entrambi.
Giustizia e Vantaggio reciproco: I Melii sostengono che mantenere la giustizia a coloro che si trovano in mezzo ai pericoli è utile sia per loro che per gli Ateniesi. Invocano la giustizia in nome del giusto e sottolineano l'importanza di persuadere senza necessariamente raggiungere i limiti dell'esattezza più rigorosa.
Critica all'Impero Ateniese: I Melii sollevano dubbi sulla sicurezza e sull'utile di essere sottomessi agli Ateniesi. Mettono in discussione se l'essere schiavi degli Ateniesi apporterebbe vantaggi reali e se la sottomissione sia realmente nell'interesse di entrambe le parti.
Libertà e Sicurezza: I Melii evidenziano che la conservazione della loro libertà e l'evitare di essere sottomessi sarebbe vantaggioso per entrambe le parti. Mettono in discussione la percezione ateniese riguardo alla sicurezza derivante dalla sottomissione degli altri popoli.
In sintesi, i Melii combinano argomenti basati sulla giustizia e sull'utilità per difendere la loro autonomia e resistere alla sottomissione agli Ateniesi.

3) Come giustificano i melii la decisione di non arrendersi?
I melii giustificano la decisione di non arrendersi basandosi su considerazioni di giustizia condivisa e autonomia tra le pòleis. Sostengono che la difesa del loro diritto alla neutralità si fonda su principi di giustizia che includono il reciproco riconoscimento di autonomia tra le città-stato. I melii cercano di sostenere la conservazione di un "bene comune" e di persuadere gli ateniesi a rispettare la giustizia anche nell'affrontare i pericoli. La loro prospettiva si basa su idee di giustizia e autonomia, contrastando con le ragioni strategiche degli ateniesi.

4) Come rifiutano gli ateniesi l'accusa di mettersi contro la divinità e la giustizia?
Gli ateniesi respingono l'accusa di opporsi alla divinità e alla giustizia sostenendo che la loro azione di comandare è in conformità con la legge di natura, secondo la quale chi è più forte ha il diritto di comandare. Essi credono che questa legge sia intrinseca alla natura umana e divina. Gli ateniesi affermano di seguire questa legge non come una creazione propria, ma come qualcosa che è esistito prima di loro e che continuerà ad esistere. Inoltre, sottolineano che non esigono o compiono atti contrari alle credenze umane nella divinità o ai desideri umani per se stessi. La loro posizione si basa sulla convinzione che l'ordine naturale sancisce il diritto del più forte di comandare, e questo principio è alla base delle loro azioni e del loro impero.


Guida alla Comprensione


1) Ricostruisci l'analisi strategica degli ateniesi che giustifica l'esigenza di ottenere sottomissione e non amicizia dai melii.
Gli ateniesi, nel dialogo con i melii, basano la loro analisi strategica su considerazioni di potere e realpolitik. Essi sostengono che la loro supremazia militare e la capacità di comandare sono determinanti nella logica delle relazioni internazionali. Alcuni punti chiave dell'analisi strategica degli ateniesi includono:
Forza come Diritto: Gli ateniesi affermano che la legge naturale impone che chi è più forte comandi. Questo concetto viene esteso sia alle relazioni tra uomini che a quelle tra divinità. Secondo la loro visione, la forza è intrinsecamente legata al diritto di governare.
Pericolo della Debolezza: Gli ateniesi ritengono che la debolezza o la mancanza di resistenza possono essere pericolose. Temono che, se i melii non si sottomettono, potrebbero esporre se stessi e gli ateniesi a un manifesto pericolo, inducendo altri a seguirne l'esempio.
Controllo degli Isolani: Gli ateniesi indicano specificamente che temono di più gli isolani e coloro che non sono sottomessi al loro impero. Credono che gli isolani, come i melii, potrebbero rappresentare una minaccia maggiore rispetto a coloro che, sulla terraferma, godono della loro libertà.
Sicurezza nella Sottomissione: Gli ateniesi sostengono che la sottomissione dei melii garantirebbe la sicurezza e eviterebbe potenziali rivolte o insurrezioni. Vedono la sottomissione come un modo per consolidare il loro potere e prevenire futuri problemi.
In sintesi, la logica strategica degli ateniesi si basa sulla convinzione che la forza militare e il controllo siano gli elementi fondamentali per mantenere la stabilità e la sicurezza del loro impero e che cercare l'amicizia potrebbe essere meno vantaggioso rispetto a imporre la sottomissione.

2) Spiega quali valori, secondo i melii, andrebbero completamente persi se si accettasse la logica del dominio e della sottomissione.
Secondo i melii, la logica del dominio e della sottomissione comporterebbe la perdita di valori fondamentali legati alla giustizia e alla libertà. Essi difendono il loro diritto alla neutralità e sottolineano l'importanza di preservare la giustizia, che, secondo loro, dovrebbe essere mantenuta anche in mezzo ai pericoli. I melii sostengono che il bene comune, rappresentato dalla giustizia, non dovrebbe essere distrutto e che la salvaguardia della giustizia dovrebbe avvantaggiare chiunque si trovi in mezzo ai pericoli.
Nel confronto con gli ateniesi, i melii mettono in discussione la concezione di giustizia degli ateniesi, sostenendo che la logica del più forte non dovrebbe prevalere su principi di giustizia, equità e accordo reciproco tra le città-stato (pòleis). Per i melii, la sottomissione a un potere più forte porterebbe alla perdita della propria autonomia e libertà.
In sintesi, secondo i melii, la logica del dominio e della sottomissione minaccia di compromettere i valori di giustizia, libertà e autonomia, elementi considerati cruciali nella loro visione della convivenza pacifica e dell'equilibrio tra le città greche.

3) Il dialogo rivela un'irriducibile divergenza tra gli ateniesi e i melii. Pensi che ciò sia frutto della differente posizione nei rapporti di potere o di una diversità di principi?
La divergenza tra gli ateniesi e i melii nel dialogo sembra essere influenzata da entrambi i fattori: la differente posizione nei rapporti di potere e una diversità di principi. Gli ateniesi basano le loro argomentazioni principalmente sulla loro superiorità militare e sulla legge naturale del più forte che, secondo loro, giustifica il loro dominio. D'altra parte, i melii si appellano a principi di giustizia, autonomia delle polis e alla speranza di ottenere aiuto dagli Spartani.
La disparità di forze tra le due parti è evidente nel modo in cui gli ateniesi sostengono il diritto del più forte e la loro mancanza di timore verso eventuali conseguenze negative. D'altra parte, i melii cercano di difendere la loro autonomia e la giustizia delle loro azioni, sottolineando la possibilità di alleanza con gli Spartani.
Quindi, la divergenza sembra essere sia il risultato delle disparità di potere che della differenza nei principi e nei valori sostenuti dalle due fazioni.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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