Senofonte - Socrate, cittadino irreprensibile


Immagine Senofonte
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il lavoro più significativo di Senofonte dedicato a Socrate è "Memorabili", noto anche con il titolo greco "Apomnemonèumata Sokràtous", che significa "Fatti memorabili di Socrate". Quest'opera, composta da quattro libri, mette in luce le virtù esemplari di Socrate e la sua abilità nel dialogare con persone di ogni estrazione sociale, incarnando un autentico modello di rettitudine morale. Nel primo capitolo del primo libro, Senofonte affronta le accuse di empietà rivolte contro Socrate durante il processo. Egli analizza la natura del "demone interiore" che guidava Socrate, evidenziando le distinzioni tra la sua filosofia e quella dei naturalisti e dimostra la lealtà di Socrate verso gli dei e le leggi di Atene.


Lettura


Mi sono domandato tante volte con stupore con quali argomenti mai gli accusatori di Socrate seppero convincere gli Ateniesi che egli meritava la pena di morte per le sue colpe verso lo stato. Questa era infatti l'accusa contro di lui: Socrate è colpevole di non credere agli dèi riconosciuti dallo stato e di introdurre altre, nuove divinità; è colpevole anche di corrompere i giovani.

Anzitutto dunque, quanto all'accusa che non credesse agli dèi riconosciuti dallo stato, di che prove mai si servirono? Giacché era risaputo che faceva spesso sacrifici in privato e presso gli altari comuni della città, né costituiva mistero il fatto che ricorresse alla divinazione. In effetti si era sparsa la voce che Socrate sosteneva di ricevere indicazioni dal demone; certo fu soprattutto sulla base di questo che lo accusarono di introdurre nuove divinità.

Ma egli non introdusse niente di più insolito di quanto non facciano quelli che credono nella divinazione e interrogano il volo degli uccelli, gli oracoli, i presagi, i sacrifici. Essi presumono infatti non che gli uccelli o le persone incontrate per caso siano a conoscenza di quel che giova a chi li interroga, ma che essi siano lo strumento attraverso cui gli dèi rendono manifesto ciò, ed anch'egli credeva questo. Mentre però la maggioranza di costoro sostiene di essere distolta o incoraggiata all'azione dal volo degli uccelli e dalle persone che incontra, Socrate invece parlava sulla base di ciò che lui stesso aveva compreso: sosteneva appunto che era il demone a dargli indicazioni.

E a molti di coloro che lo frequentavano sapeva predire ciò che dovevano fare e ciò che non dovevano, secondo l'avvertimento del demone; e quelli che gli obbedivano ne traevano vantaggio, mentre quelli che non gli obbedivano avevano motivo di pentirsene. Eppure chi non riconoscerebbe che egli non voleva sembrare ai suoi seguaci né uno stolto né un impostore? E sarebbe sembrato entrambe le cose, se facendo previsioni come ispirato dal dio, si fosse nello stesso tempo rivelato bugiardo; è dunque evidente che non avrebbe fatto predizioni se non avesse creduto di dire la verità.

Ma per cose di questo genere, chi confiderebbe in qualcun altro se non in dio? E se Socrate confidava negli dèi, come poteva pensare che non esistono? Inoltre faceva anche questo con gli amici: per le cose che era necessario fare consigliava di agire pure come a loro pareva meglio; ma riguardo a quelle di cui era incerto come sarebbero andate a finire, li mandava a interrogare l'oracolo per sapere se si dovevano intraprendere.

E sosteneva che anche coloro che intendono governare bene sia una casa che una città, hanno bisogno della divinazione. Considerava infatti il diventare costruttore o fabbro o contadino o governante di uomini o l'esaminatore di questi mestieri, o ragioniere o amministratore o stratega, tutte attività oggetto di apprendimento e suscettibili di essere scelte dall'uomo sulla base della sua intelligenza. Diceva però che quello che in esse è decisivo gli dèi l'hanno riservato per sé e di ciò niente è chiaro agli uomini.

Né infatti chi ha ben coltivato un campo sa con certezza chi coglierà i frutti, né chi ha ben costruito una casa sa chi la abiterà, né il generale sa se porterà benefici il suo comando, né il politico sa se porterà benefici la sua guida dello stato, né chi si sposa con una bella donna per godere con lei sa se avrà da lei dolore, né chi acquista legami potenti in città sa se per causa loro ne sarà esiliato. E coloro che credono che in tutto questo non ci sia niente di divino, ma che tutto dipenda dall'intelligenza umana, diceva che son presi da pazzia.

Ma diceva che sono fuori di senno anche coloro che interrogano gli dèi per quelle cose in cui essi hanno dato agli uomini la capacità di discernere da soli attraverso l'apprendimento, come se uno li interrogasse per sapere se è meglio prendere a guida del carro uno che sa guidare o uno che non sa, o se è meglio mettere al comando della nave uno che sa fare il timoniere o uno che non sa, o come se uno li interrogasse su quelle cose che è possibile conoscere contando, misurando, pesando; riteneva che coloro che chiedono agli dèi informazioni di questo genere, compiano atti contrari alla legge divina.

Affermava che dobbiamo apprendere quelle cose che gli dèi ci hanno concesso di poter fare attraverso l'apprendimento, mentre quelle che restano oscure agli uomini, dobbiamo cercare di conoscerle dagli dèi attraverso la divinazione; essi infatti le rendono manifeste a coloro verso i quali sono ben disposti.

Inoltre viveva sempre sotto gli occhi di tutti. Al mattino infatti si recava nei portici e nei ginnasi e quando l'agorà era piena di gente, si poteva vederlo là, e per tutto il resto della giornata si trovava dove avrebbe incontrato più gente possibile. Per la maggior parte del tempo parlava e a chi lo desiderava, era possibile ascoltarlo. Eppure nessuno mai vide o sentì Socrate fare o dire niente di irreligioso o empio.

E infatti non trattava della natura di tutte le cose alla maniera della maggior parte degli altri pensatori, indagando com'è fatto quello che i sapienti chiamano «kòsmos» [universo ordinato] e per quali leggi necessarie avvenga ciascuno dei fenomeni celesti, ma indicava come matti anche coloro che si occupavano di tali questioni. E di costoro si chiedeva prima di tutto se mai impegnassero la loro mente in tali argomenti perché credevano di saperne già abbastanza delle cose umane, oppure se pensavano di fare la cosa giusta, trascurando le questioni umane per le divine. E si stupiva che non fosse evidente per loro come non sia possibile agli uomini svelare questi misteri dal momento che anche quelli che andavano assai fieri di occuparsi di tali cose non avevano le stesse opinioni, ma si comportavano l'un verso l'altro come gente fuori di senno. [...]

E fra quelli che si arrovellano sulla natura di tutte le cose, alcuni credono che uno solo è l'essere, altri che è di numero infinito e alcuni che tutto è sempre in movimento e altri che niente è mai in movimento e alcuni che tutto si genera e tutto perisce, altri che niente mai nasce né perirà.

Riguardo a tali pensatori si chiedeva anche questo: forse come coloro che hanno appreso le cose umane pensano di poter fare ciò che hanno imparato per sé e per chiunque altro vogliano così anche quelli che indagano le cose divine credono, dopo aver scoperto per quali leggi necessarie si verifica ciascun fenomeno, di poterlo riprodurre quando vogliano, ad esempio venti, piogge, stagioni e qualunque altra cosa siffatta di cui abbiano bisogno, oppure non si aspettano neppure niente del genere, ma basta loro soltanto conoscere per quali cause avviene ciascuna di queste cose? Questo egli sosteneva dunque riguardo a coloro che sono impegnati in argomenti di questo tipo.

Lui invece, per parte sua, trattava sempre questioni inerenti agli uomini, indagando su che cosa fosse pio, che cosa empio, che cosa bello, che cosa turpe, che cosa giusto, che cosa ingiusto, che cosa la saggezza, che cosa la pazzia, che cosa il coraggio, che cosa la viltà, che cosa lo stato, che cosa l'uomo politico, che cosa il governo degli uomini, e che cosa l'uomo adatto a governare gli uomini e circa le altre cose indagava quelle conoscendo le quali si era a suo giudizio dei veri gentiluomini e ignorandole si poteva a ragione essere chiamati schiavi.

Riguardo alle cose dunque su cui non era evidente come la pensasse, non c'è da stupirsi che i giudici si siano sbagliati su di lui; ma quello che era a conoscenza di tutti, non è strano che non l'abbiano considerato? Una volta, appunto, quando era stato buleuta , e aveva pronunciato il giuramento buleutico, in cui era previsto di «consigliare secondo le leggi», fu scelto per presiedere l'assemblea come epistàtes, e poiché il popolo desiderava mandare a morte tutti con un sol voto, in modo contrario alla legge, Trasillo, Erasinide e quelli insieme a loro, non volle mettere ai voti la proposta, nonostante l'ira del popolo e le minacce di molti personaggi potenti. Ma considerò più importante mantenere il giuramento fatto che essere gradito al popolo e difendersi da chi lo minacciava, violando la giustizia. Credeva infatti che gli dèi prestino attenzione agli uomini, ma non nel modo in cui si pensa comunemente: si ritiene che essi sappiano alcune cose ed altre no. Invece Socrate era del parere che gli dèi conoscano ogni cosa, parole e azioni e pensieri non espressi a parole, e che essi siano presenti in ogni luogo e diano indicazioni agli uomini su tutte le questioni umane. Mi domando dunque con stupore come mai gli Ateniesi si fecero convincere che Socrate non aveva opinioni corrette nei riguardi degli dèi, lui che non aveva detto né fatto mai niente di irrispettoso verso la divinità, ma anzi diceva e faceva proprio quelle cose facendo e dicendo le quali una persona sarebbe in realtà e verrebbe considerata estremamente pia.


Guida alla lettura


1) Quali sono le accuse rivolte contro Socrate nel processo del 399 a.C.?
Le accuse rivolte contro Socrate nel processo del 399 a.C. erano principalmente due:

Empietà (empietà): Socrate venne accusato di non credere agli dèi riconosciuti dallo stato ateniese e di introdurre nuove divinità. Questa accusa si basava sul fatto che Socrate riceveva indicazioni da un demone interiore, il quale veniva interpretato dagli accusatori come una nuova divinità.
Corruzione dei giovani: Socrate venne anche accusato di corrompere i giovani ateniesi, influenzandoli negativamente con le sue idee e il suo modo di pensare critico nei confronti delle autorità e delle tradizioni della polis.

2) Qual è, secondo Senofonte, la causa dell'accusa di irreligiosità rivolta contro Socrate?
Secondo Senofonte, l'accusa di irreligiosità rivolta contro Socrate è causata principalmente dal fatto che alcuni lo accusavano di non credere agli dèi riconosciuti dallo stato e di introdurre nuove divinità. Questa accusa si basava sul fatto che Socrate affermava di ricevere indicazioni da un demone interiore, il che era considerato un comportamento insolito e sospetto. Tuttavia, Senofonte sottolinea che Socrate non faceva nulla di più insolito rispetto a coloro che credevano nella divinazione tramite uccelli, oracoli, presagi e sacrifici.

3) Che cos'è la divinazione? Quale ruolo occupa nella religiosità ordinaria cui si riferisce Senofonte?
La divinazione è la pratica di cercare conoscenza o comprensione del futuro o del sacro attraverso mezzi soprannaturali o divini. Questo può includere pratiche come l'interpretazione dei segni, l'osservazione dei movimenti celesti, la lettura dei presagi o dei segni divini, o il consultare oracoli o medium.
Nella religiosità ordinaria cui si riferisce Senofonte, la divinazione occupa un ruolo importante. Essa rappresenta un mezzo attraverso il quale gli individui cercano di ottenere indicazioni o consigli dagli dèi riguardo a decisioni personali, affari di stato o altre questioni importanti. Senofonte stesso menziona come Socrate si servisse della divinazione per prendere decisioni incerte e consigliare gli altri su come agire. La divinazione era vista come una pratica legittima e accettata nella vita quotidiana, utilizzata per ottenere guida e comprensione dalle forze divine.

4) Di quali cose Socrate non si sarebbe mai occupato e di quali altre invece sì?
Socrate si sarebbe astenuto dall'occuparsi della natura delle cose in generale, come facevano molti altri filosofi del suo tempo, indagando sulla struttura dell'universo e sui fenomeni celesti. Invece, si sarebbe concentrato sulle questioni umane, indagando su concetti come la pietà, l'impudicizia, il bello, il brutto, la giustizia, l'ingiustizia, la saggezza, la follia, il coraggio, la viltà, lo stato, l'uomo politico e il governo degli uomini. Socrate riteneva che conoscere queste questioni fosse essenziale per essere considerati veri gentiluomini, mentre l'ignoranza di esse avrebbe portato a essere chiamati schiavi.

5) Chi sono i buleuti?
I buleuti erano membri di una delle principali assemblee legislative dell'antica Atene chiamata Boulè o Consiglio dei Cinquecento. Questa assemblea era composta da 500 cittadini ateniesi scelti a sorte, cinquanta per ogni tribù della città. I buleuti erano responsabili di preparare l'agenda dell'assemblea dei cittadini (ecclesia) e di gestire molti degli affari amministrativi e politici della polis. Avevano un ruolo importante nel processo decisionale della città e spesso partecipavano alla selezione dei magistrati e alla preparazione delle leggi da sottoporre all'assemblea.


Guida alla Comprensione


1) Spiega che cos'è e quale compito svolge il demone che guida Socrate.
Il "demone" che guida Socrate, menzionato nel testo, è un concetto peculiare della sua filosofia. In sostanza, il demone (o "daimon" in greco) non è da intendere nel senso moderno di un'entità maligna o sovrannaturale, bensì come una sorta di voce interiore o intuizione che guidava Socrate nelle sue decisioni e azioni.
Il compito del demone di Socrate non è quello di impartire istruzioni o predire il futuro in senso convenzionale. Piuttosto, agiva come una sorta di "sentiero di saggezza", indicando a Socrate ciò che doveva o non doveva fare. Questo demone gli dava consigli o suggerimenti, spesso sotto forma di avvertimenti, che lo aiutavano a navigare nelle scelte morali e nelle decisioni di vita.
Socrate credeva fermamente nell'importanza di seguire la voce del demone, poiché riteneva che fosse un mezzo attraverso il quale gli dei comunicavano con gli uomini. Il demone, quindi, svolgeva il compito di guidare Socrate verso ciò che riteneva essere il giusto e il corretto, contribuendo così alla sua condotta virtuosa e alla sua guida morale.

2) Spiega quale strategia segue Senofonte nel difendere Socrate dalle accuse di irreligiosità
Senofonte adotta diverse strategie per difendere Socrate dalle accuse di irreligiosità:

Mostrare la coerenza con le pratiche religiose comuni: Senofonte evidenzia come Socrate partecipasse attivamente alle pratiche religiose, come i sacrifici e la divinazione, comuni nella società ateniese. Questo dimostra che Socrate non era contrario alle credenze religiose tradizionali.
Distinguere la divinazione di Socrate da altre pratiche: Senofonte sottolinea che la divinazione praticata da Socrate non era diversa dalle pratiche comuni della divinazione, come l'interpretazione degli uccelli o degli oracoli. Socrate credeva che il suo "daimon" (demone interiore) gli desse indicazioni, ma questo non era considerato irreligioso, poiché rientrava nelle pratiche accettate di divinazione.
Mostrare la sua lealtà agli dèi e alle leggi: Senofonte evidenzia il comportamento di Socrate, che non solo rispettava le pratiche religiose, ma anche le leggi di Atene. Ad esempio, Socrate si rifiutò di mettere ai voti una proposta illegale nell'assemblea, nonostante l'ira del popolo, mostrando così la sua lealtà alla giustizia e alle leggi divine.
Critica verso altri filosofi: Senofonte critica altri filosofi che si occupavano di questioni cosmologiche e astratte anziché di temi umani e morali. Questo serve a sottolineare la centralità dell'indagine di Socrate sugli affari umani e morali, che lo distingue dagli altri filosofi e dimostra la sua preoccupazione per le questioni pratiche e morali della vita quotidiana.
In sintesi, Senofonte difende Socrate mostrando la sua adesione alle pratiche religiose comuni, la sua lealtà alle leggi e alla giustizia, e criticando altri filosofi per la loro mancanza di interesse per le questioni umane e morali.

3) Spiega qual è, secondo Senofonte, l'atteggiamento di Socrate nei confronti dei filosofi che indagano la natura.
Secondo Senofonte, Socrate aveva un atteggiamento critico nei confronti dei filosofi che indagavano la natura. Egli non si interessava alla speculazione sulla natura delle cose o al funzionamento dell'universo come facevano la maggior parte degli altri pensatori. Invece, Socrate preferiva concentrarsi sulle questioni umane, come la moralità, la giustizia, la virtù e il comportamento degli individui.
Socrate riteneva che dedicarsi all'indagine sulla natura delle cose celesti e sulla struttura dell'universo fosse un'occupazione futile e che coloro che si occupavano di tali questioni agissero da folli. Egli si chiedeva se questi filosofi si dedicassero a tali argomenti perché pensavano di aver già acquisito sufficiente conoscenza degli affari umani, oppure se trascurassero le questioni umane per concentrarsi su quelle divine.
In breve, l'atteggiamento di Socrate verso i filosofi che indagavano la natura era di disapprovazione e di considerazione di tali argomenti come poco rilevanti rispetto alle questioni morali e umane che egli riteneva più importanti.

4) Più volte, per sottolineare la conformità di Socrate alla religiosità corrente, Senofonte riferisce che egli avrebbe valutato alcuni tipi di uomini come matti o fuori di senno. Identifica questi tipi di uomini e spiega perché Socrate li giudichi così
Socrate giudica come matti o fuori di senno coloro che si occupano di questioni astronomiche o cosmologiche, cioè che cercano di comprendere la natura dell'universo, il movimento degli astri, l'origine e la fine delle cose. Questo giudizio deriva dal fatto che, secondo Socrate, dedicarsi a tali argomenti può distogliere l'attenzione dalle questioni umane essenziali, come la moralità, la giustizia e la virtù. Socrate ritiene che la vera sapienza consista nell'indagare su temi che riguardano direttamente l'umanità, come ciò che è giusto o sbagliato, bello o brutto, coraggioso o vigliacco, e non su questioni cosmologiche che sono al di là della portata dell'uomo. Pertanto, coloro che si concentrano esclusivamente su tali questioni astronomiche o cosmologiche vengono considerati da Socrate come fuori di senno perché trascurano ciò che ritiene veramente importante per la vita umana.

5) Ricostruisci la vicenda del 406 e spiega perché, secondo Senofonte, il comportamento di Socrate sarebbe stato esemplare.
Nel 406 a.C., durante un momento di turbolenza politica ad Atene, Socrate fu eletto come uno dei buleuti, ovvero un membro del consiglio degli ottocento. Durante il suo mandato, si verificò un evento cruciale che evidenziò la sua integrità e la sua lealtà ai principi giuridici.
In quell'anno, c'era un desiderio popolare di condannare a morte tutti i prigionieri di guerra sicelioti catturati durante la spedizione militare ateniese in Sicilia. Tuttavia, questa decisione avrebbe violato la legge, che prevedeva che ogni prigioniero fosse processato individualmente. Nonostante la pressione del popolo e le minacce di potenti figure politiche come Trasillo ed Erasinide, Socrate si oppose a questa violazione della legge.
Socrate, mantenendo il giuramento fatto come membro del consiglio, si rifiutò di mettere ai voti la proposta di condanna a morte di massa. Questo comportamento, secondo Senofonte, sarebbe stato esemplare perché Socrate privilegiò il rispetto per la legge e la giustizia al di sopra del desiderio popolare e delle minacce personali. Pur rischiando l'ira del popolo e il disprezzo delle figure politiche influenti, Socrate scelse di seguire il suo senso di dovere e integrità.
Senofonte evidenzia che Socrate credeva che gli dei osservassero e prendessero nota non solo delle azioni esplicite degli uomini, ma anche dei loro pensieri e delle loro intenzioni non verbalizzate. Questa convinzione lo guidava a comportarsi in modo esemplare anche quando nessuno lo vedeva, poiché riteneva che l'osservanza delle leggi divine fosse essenziale per una vita virtuosa e giusta.
In sintesi, secondo Senofonte, il comportamento di Socrate durante la vicenda del 406 a.C. sarebbe stato esemplare perché egli mantenne la sua integrità morale e giuridica, opponendosi alla violazione della legge anche di fronte a forti pressioni politiche e popolari.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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