Platone - Perché non ho potuto occuparmi di politica


Immagine Platone
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nella Lettera settima, si trova un'importante testimonianza sulla vita di Platone e sulle ragioni che lo spinsero ad abbandonare l'ambizione politica nella sua città natale, preferendo dedicarsi interamente alla filosofia. Questo suo interesse per la filosofia si intreccia strettamente con le questioni di giustizia e di buon governo. Anche se alcuni studiosi hanno messo in discussione l'autenticità di questa lettera, la maggioranza concorda sul fatto che sia stata scritta o da Platone stesso o da qualcuno molto vicino a lui e ben informato sulla sua vita e i suoi pensieri. Questo ci offre preziose indicazioni per comprendere le intenzioni di Platone dietro i suoi personaggi e ci consente di confrontare ciò che viene esposto nella lettera con le tesi emerse nei suoi dialoghi filosofici. È evidente come l'immagine di Atene presentata nella lettera sia in sintonia con gli eventi storici vissuti dal giovane Platone, e il giudizio espresso sui mali della città rispecchia quanto affermato dal personaggio di Socrate nei suoi dialoghi.


Lettura


Quando ero giovane mi capitò di pensare, come accade a tanti altri giovani, che mi sarei dedicato alla vita politica non appena fossi divenuto padrone di me stesso. In città si produssero allora questi avvenimenti: vi fu un cambiamento di governo che era bersaglio di molte critiche, e il potere fu assunto da cinquantuno cittadini: undici in città e dieci al Pireo si occupavano dell'amministrazione e degli affari pubblici, gli altri trenta sovrintendevano a tutti con pieni poteri.
Tra questi, alcuni erano miei parenti e conoscenti, e costoro mi invitarono subito a partecipare alla vita pubblica, ritenendo che mi fosse congeniale. Data la mia giovinezza, non c'è da stupirsi se ritenevo che i nuovi governanti avrebbero ripristinato in città la giustizia, contro l'ingiustizia che vi regnava prima; perciò stavo molto attento a quello che facevano. Non passò molto tempo però, e io mi accorsi che quegli uomini facevano apparire il governo precedente come un'età dell'oro. Fra le altre cose essi disposero che un mio amico, più anziano di me, Socrate, un uomo che io non esito a ritenere il più giusto fra quelli del suo tempo, andasse insieme con altre persone ad arrestare un cittadino condannato a morte: cercavano in tal modo di renderlo, volente o nolente, loro complice.
Egli però non volle obbedire e preferì rischiare la vita piuttosto che essere coinvolto nelle loro azioni scellerate. E io, vedendo questi e altri – non meno gravi – misfatti, mi indignai e mi tenni lontano da quelle azioni nefande.
Non molto tempo dopo il governo dei Trenta cadde. E allora mi prese di nuovo, anche se più moderato, il desiderio di occuparmi della vita pubblica e politica. Anche durante quei rivolgimenti si verificarono molti episodi che potevano muovere a sdegno e non c'è da stupirsi se in tali circostanze aumentò il numero dellevendette personali: tuttavia coloro che rientrarono allora in città si comportarono con molta moderazione.
Accadde però che alcune persone potenti trascinarono in tribunale il mio amico Socrate con l'accusa più infame e meno di ogni altra adatta a lui: l'accusa di empietà, per cui fu condannato e ucciso, lui che pure non aveva voluto partecipare all'arresto di uno dei loro amici, di quelli che allora sopportavano le pene dell'esilio. E io osservavo tutto questo, e gli uomini che si occupavano di politica, e le leggi e i costumi – e quanto più osservavo e andavo avanti negli anni, tanto più mi pareva difficile che potessi occuparmi di politica in modo onesto. Non si poteva far nulla senza amici, senza compagni degni di fiducia, e questi non era facile trovarli tra le persone di quel tempo, dato che la città non era più governata in base agli usi e ai costumi tradizionali – ed era altrettanto difficile farsene di nuovi. Quanto alle leggi scritte e ai costumi, si andavano corrompendo con straordinaria rapidità, a tal punto che io, pur così desideroso di occuparmi della vita pubblica, vedendo come tutto andava allo sbando, finii per provare una sorta di smarrimento; e tuttavia continuavo a osservare se mai si verificasse un miglioramento negli usi e nei costumi ma soprattutto nel governo: e aspettavo l'occasione opportuna per agire.
Alla fine capii che il mal governo era un male comune a tutte le città, che le loro leggi non erano sanabili se non con una preparazione straordinaria unita a buona fortuna; e fui costretto a riconoscere che solo la vera filosofia permette di distinguere ciò che è giusto sia nella vita pubblica che in quella privata. Capii che le generazioni umane non si sarebbero mai liberate dai mali se prima non fossero giunti al potere i filosofi veri – oppure se i governanti della città non fossero diventati, per sorte divina, dei veri filosofi.


Guida alla lettura


1) Sintetizza per punti il racconto di Platone sulla sua esperienza.
Ecco una sintesi per punti del racconto di Platone sulla sua esperienza:

- Desiderio iniziale di dedicarsi alla vita politica una volta diventato padrone di sé stesso.
- Testimonianza dei rivolgimenti politici nella sua città, con un cambio di governo criticato e la presa del potere da parte di cinquantuno cittadini.
- Coinvolgimento iniziale richiesto da parenti e conoscenti nella vita politica, ma delusione per l'ingiustizia e la corruzione dei nuovi governanti.
- Indignazione per misfatti e nefandezze osservate durante il governo dei Trenta.
- Riconsiderazione del desiderio di entrare in politica ma crescente dubbio sulla possibilità di agire in modo onesto in un contesto così corrotto.

Conclusione che solo la vera filosofia permette di distinguere ciò che è giusto sia nella vita pubblica che in quella privata, e che solo i veri filosofi possono portare la saggezza necessaria per governare in modo giusto e virtuoso.
Questi punti riflettono le tappe principali del racconto di Platone sulla sua esperienza e sulle sue riflessioni sulla politica e sulla filosofia.

2) Annota le valutazioni sulle due forme di governo da lui sperimentate.
Le valutazioni di Platone sulle due forme di governo sperimentate nel suo racconto sono le seguenti:

Governo dei Trenta: Platone osserva l'ingiustizia e la corruzione durante il governo dei Trenta, caratterizzato da misfatti e nefandezze. Questo governo viene descritto come un periodo di caos e degenerazione, nel quale l'ingiustizia regnava e i principi etici erano trascurati.
Filosofia come forma di governo: Platone conclude che solo la vera filosofia permette di distinguere ciò che è giusto sia nella vita pubblica che in quella privata. Riconosce che solo i veri filosofi, dotati di saggezza e virtù, possono portare un governo giusto e virtuoso. Questa visione rappresenta una valutazione positiva della filosofia come forma di governo ideale.

Queste valutazioni evidenziano il confronto tra l'ingiustizia e la corruzione del governo politico tradizionale e l'idealizzazione della filosofia come guida per un governo migliore e più equo.

3) In che modo Socrate appare un punto di riferimento per il giovane Platone?
Socrate appare come un punto di riferimento fondamentale per il giovane Platone in diversi modi. In primo luogo, Platone stesso ammirava profondamente la figura di Socrate per la sua rettitudine, la sua ricerca della verità e la sua integrità morale. Socrate, per Platone, rappresentava l'epitome della virtù e della saggezza.
Nel testo, Platone menziona che Socrate era considerato il più giusto fra gli uomini del suo tempo. Questo suggerisce che Platone guardava a lui come a un modello di virtù e giustizia da emulare.
Inoltre, il fatto che Platone rimanga sconvolto dall'accusa di empietà rivolta a Socrate e dalla sua condanna a morte dimostra quanto il giovane Platone fosse influenzato e turbato dagli eventi che coinvolgevano il suo mentore. La fedeltà di Socrate ai suoi principi morali, dimostrata dalla sua decisione di non obbedire agli ordini ingiusti dei governanti, ha un impatto significativo su Platone, il quale si allontana dalle azioni nefande dei governanti e continua a riflettere sulla giustizia e sulla virtù.
In sintesi, Socrate è un punto di riferimento per il giovane Platone in quanto rappresenta l'ideale di virtù, saggezza e integrità morale, e le azioni e gli insegnamenti di Socrate influenzano profondamente il pensiero e il comportamento di Platone.

4) A quale conclusione giunge Platone sulla possibilità di fare politica?
Platone giunge alla conclusione che la politica non può essere praticata in modo onesto e giusto senza una base filosofica solida. Riconosce che il malgoverno e la corruzione sono diffusi in molte città e che le leggi e i governi non possono essere corretti senza una preparazione straordinaria e la presenza di veri filosofi al potere. Platone comprende che solo attraverso la filosofia autentica è possibile discernere ciò che è giusto sia nella vita pubblica che in quella privata. Pertanto, la sua conclusione è che solo i filosofi veri possono sperare di guidare le città verso una vera giustizia e virtù, o che i governanti stessi debbano diventare, per sorte divina, dei veri filosofi. In altre parole, Platone sottolinea la necessità di una profonda comprensione filosofica per affrontare i problemi politici e sociali con saggezza e virtù.


Guida alla Comprensione


1) Spiega l'evoluzione dell'interesse di Platone per la politica.
L'interesse di Platone per la politica subisce un'evoluzione significativa nel corso della sua vita, come evidenziato nel testo. Inizialmente, Platone, come molti giovani, si sente attratto dalla vita politica e desidera parteciparvi una volta raggiunta l'età adulta. Tuttavia, le esperienze dirette e le osservazioni del governo corrotto e dell'ingiustizia presenti nella sua città, Atene, lo portano a riconsiderare questa aspirazione.
Durante i tumultuosi avvenimenti politici a cui assiste, Platone diventa sempre più scettico riguardo alla possibilità di influire positivamente sulla politica senza compromettere i propri valori morali. Le azioni scorrette e la corruzione dei governanti lo inducono a dubitare della capacità del sistema politico esistente di produrre una giustizia autentica e un buon governo.
Con il passare del tempo, Platone si rende conto che il problema del malgoverno e della corruzione non è limitato alla sua città natale, ma è comune a molte altre città. Questa consapevolezza lo porta a cercare una soluzione più profonda e radicale, che non può essere trovata solo attraverso l'azione politica tradizionale.
Infine, Platone arriva alla conclusione che solo la filosofia autentica può fornire la guida necessaria per risolvere i mali della società. Riconosce che solo i veri filosofi, o i governanti diventati filosofi per sorte divina, possono portare la saggezza e la virtù necessarie per governare in modo giusto e produrre una trasformazione positiva nella vita pubblica e privata.
In breve, l'evoluzione dell'interesse di Platone per la politica va dall'entusiasmo iniziale alla delusione e infine alla consapevolezza della necessità di una profonda trasformazione filosofica per affrontare i problemi sociali e politici.

2) Platone definisce Socrate l'uomo più giusto del suo tempo. Spiega perché il suo esempio lo porta a rifiutare la politica attiva e a rivolgersi alla filosofia.
Platone, nel testo, afferma che Socrate, suo amico e mentore, è l'uomo più giusto del suo tempo. Questa affermazione è significativa perché Socrate rappresenta per Platone un modello di virtù e integrità morale. Tuttavia, Platone rifiuta la politica attiva e si rivolge alla filosofia principalmente a causa delle esperienze negative che ha vissuto durante il suo coinvolgimento politico.
In particolare, Platone descrive come Socrate rifiuta di obbedire agli ordini dei governanti corrotti e immorali, anche a rischio della sua vita. Socrate preferisce mettere a repentaglio la propria vita piuttosto che compromettere i suoi principi morali e partecipare ad azioni ingiuste. Questo episodio segna profondamente Platone, che osserva con disgusto e indignazione la corruzione e l'ingiustizia prevalenti nella politica della sua città.
Di conseguenza, Platone conclude che la politica non offre un terreno fertile per la realizzazione della giustizia e della virtù. Riconosce che la strada per raggiungere una società giusta e virtuosa non passa attraverso le istituzioni politiche corrotte, ma attraverso la filosofia. La filosofia, secondo Platone, offre un cammino verso la comprensione della giustizia, della verità e della virtù, che sono fondamentali per la creazione di una società migliore.
In sintesi, Platone si rivolge alla filosofia anziché alla politica attiva perché ritiene che solo attraverso la ricerca della verità e della virtù, come incarnata da Socrate, sia possibile perseguire la vera giustizia e il bene comune.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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