Platone - Discutere di coraggio con i generali


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1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nell'antica Atene, durante il periodo compreso tra il 424 e il 423 a.C., due rispettabili padri di famiglie influenti, Lisimaco e Melesia, si trovano preoccupati per l'educazione dei propri figli. Alla ricerca di consigli su come istruirli riguardo all'uso delle armi, decidono di consultare due famosi generali: Lachete e Nicia.

Questi due generali, una volta coinvolti, coinvolgono a loro volta Socrate, noto per il suo modo peculiare di interrogare gli interlocutori. Socrate avvia una discussione preliminare sulla competenza richiesta a coloro che devono dare consigli sull'educazione giovanile, concentrandosi sulla virtù. Ne emerge un dialogo intricato, con Socrate che interroga i due generali sulla natura del coraggio, fondamentale nel campo militare.

Lachete, abituato all'azione e meno propenso alla discussione filosofica, fornisce definizioni vaghe e incomplete. Nicia, invece, mostra una maggiore capacità intellettuale, ma anche la sua definizione del coraggio, pur basata su insegnamenti presumibilmente ricevuti da Socrate, non regge il confronto. Si giunge così a un punto di stallo, senza una conclusione chiara, un'aporia filosofica.

La discussione tra Nicia e Socrate evidenzia alcuni punti di accordo: il coraggio è considerato una parte della virtù, una scienza delle cose temibili e non temibili, con un focus particolare sui timori per i mali futuri. Tuttavia, emerge una contraddizione: se la scienza deve comprendere passato, presente e futuro, il coraggio non può essere solo una parte della virtù, ma piuttosto la virtù stessa.

In questo modo, il dialogo tra Socrate e i due generali si conclude senza raggiungere una definizione soddisfacente del coraggio, ponendo in discussione le loro premesse iniziali e evidenziando la complessità della ricerca filosofica.


Lettura


nicia Mi pare che tu non sappia che chiunque è più vicino a Socrate e gli si avvicina per discutere, necessariamente, anche se prima comincia a discutere d'altro, è trascinato da lui con il ragionamento incessantemente, finché giunge a rendere conto di se stesso, del modo in cui ora vive e di quello in cui è vissuto in passato; e una volta che vi sia giunto, Socrate non lo lascerà, prima di aver saggiato bene e attentamente tutto questo. Io sono abituato a lui, so che è necessario subire da lui queste cose e so bene che anch'io le subirò. Sono contento, infatti, Lisimaco, di stargli vicino e credo che non sia male ricordarsi di aver agito o di agire male; anzi è necessario che diventi più previdente per il futuro chi non rifugge da ciò, ma lo vuole, secondo il detto di Solone, e apprezza di imparare finché vive e non crede che la vecchiaia gli sopravvenga apportandogli l'intelletto. Per me, dunque, non è affatto inconsueto né spiacevole essere saggiato da Socrate; anzi da tempo sapevo che, alla presenza di Socrate, il nostro discorso avrebbe riguardato non i ragazzi, ma noi stessi. Come dico, dunque, da parte mia nulla impedisce di intrattenerci con Socrate come egli vuole. Ma vedi qual è l'atteggiamento di Lachete su questo punto.
lachete [...] Dei discorsi di Socrate non ho esperienza, ma ho provato prima, a quanto sembra, le sue azioni e qui l'ho trovato degno di bei discorsi e di ogni franchezza. Se ha anche questo, la mia volontà è con lui e proverò il massimo piacere ad essere esaminato da uno così e non mi spiacerà imparare: anch'io accetto il detto di Solone, con una sola aggiunta, perché invecchiando voglio che mi siano insegnate molte cose, ma soltanto dai buoni. Mi si conceda che il maestro sia buono, affinché io non appaia ottuso, se apprendo senza piacere; se poi il maestro sarà giovane o non ancora rinomato o con qualche altro inconveniente simile, non m'importa affatto. Ti invito, dunque, Socrate, ad insegnarmi e a confutarmi come vuoi e ad imparare quello che a mia volta so: tale è il mio atteggiamento nei tuoi confronti dal giorno in cui hai affrontato il pericolo con me ed hai dato del tuo valore la prova che deve dare chi vuole darla nel modo giusto. Di' dunque quel che ti piace, senza tener conto della nostra età. [...]
socrate Cerchiamo allora in primo luogo, Lachete, di dire che cos'è il coraggio; poi esamineremo anche in che modo può essere presente nei giovani, nella misura in cui può diventare presente a partire da occupazioni e discipline. Prova a rispondere a ciò che dico: che cos'è il coraggio?
lachete Per Zeus, Socrate, non è difficile dirlo: se uno è disposto a difendersi dai nemici rimanendo al proprio posto, senza fuggire, sappi che egli è coraggioso.
socrate Dici bene, Lachete. Ma forse io, non avendo parlato chiaramente, sono colpevole che tu abbia risposto non alla domanda che pensavo, ma ad altro.
lachete Che cosa vuoi dire, Socrate?
socrate Te lo dirò, se ne sono capace. Certo è coraggioso costui, che tu dici, il quale, rimanendo al proprio posto, combatte contro i nemici.
lachete Sì, lo dico.
socrate Anch'io. Ma colui che combatte i nemici indietreggiando invece di rimanere fermo? lachete Come indietreggiando?
socrate Come si racconta che combattano gli Sciti indietreggiando non meno che inseguendo; e Omero lodando i cavalli di Enea dice che essi «velocemente qua e là» sapevano «inseguire e fuggire» ed elogiò lo stesso Enea per questa stessa cosa, per la sua scienza della fuga, e disse che era «un maestro della fuga».
lachete E giustamente, Socrate, perché parlava di carri. E tu parli di cavalieri Sciti: la cavalleria combatte così, ma la fanteria come dico io.
socrate Eccetto, forse, quella dei Lacedemoni, Lachete, perché raccontano che i Lacedemoni, a Platea, quando furono davanti ai gerrofori, non vollero combattere contro di loro rimanendo fermi, ma fuggirono e, quando le schiere dei Persiani si sciolsero, come cavalieri si rivoltarono a combattere e così vinsero quella battaglia.
lachete È vero.
socrate Dicevo dunque poco fa di essere colpevole che tu non abbia risposto bene, perché non avevo formulato bene la domanda. Volevo infatti conoscere da te non solo i coraggiosi nella fanteria, ma anche quelli nella cavalleria e in ogni forma di combattimento e non solo quelli che sono coraggiosi in guerra, ma anche quelli che lo sono nei pericoli del mare e quelli che lo sono di fronte alle malattie, alla povertà o alle faccende politiche; e inoltre quelli che sono coraggiosi non solo di fronte ai dolori e alle paure, ma sono capaci di combattere anche contro i desideri e i piaceri, sia rimanendo fermi sia ritirandosi, perché anche in queste cose, Lachete, ci sono i coraggiosi. [...]
socrate Nicia, vieni in aiuto ad amici in difficoltà, colti dalla tempesta nella discussione, se hai qualche possibilità. Vedi come le nostre difficoltà sono forti. Ma tu, dicendo che cos'è il coraggio secondo te, liberaci dalla difficoltà e conferma tu stesso con il discorso ciò che pensi. nicia Da tempo, Socrate, mi pare che non definiate bene il coraggio, perché non fate uso di ciò che ti ho già sentito dire giustamente.
socrate Di che cosa, Nicia?
nicia Spesso ti ho sentito dire che ciascuno di noi è buono nelle cose in cui è sapiente e cattivo in quelle in cui è ignorante.
socrate È vero, per Zeus, Nicia.
nicia Dunque, se il coraggioso è buono, evidentemente è sapiente.
socrate Hai sentito, Lachete?
lachete Sì, ma non capisco bene ciò che vuol dire.
socrate Io credo di capire: mi pare che per coraggio intenda una certa sapienza.
lachete Quale sapienza, Socrate?
socrate Non è a lui che lo domandi?
lachete Sì.
socrate Allora, Nicia, digli quale sapienza è il coraggio, secondo il tuo discorso. Certo non è la flautistica.
nicia In nessun modo.
socrate E neppure la citaristica.
nicia No certo.
socrate Allora che scienza è e di che cosa?
lachete Lo interroghi proprio correttamente, Socrate. Ci dica quale scienza è secondo lui.
nicia Questa, Lachete: è la scienza delle cose temibili e rassicuranti, in guerra e in ogni altro caso. [...]
socrate Nicia, rispondici nuovamente da principio: sai che all'inizio del discorso esaminavamo il coraggio, considerandolo come una parte della virtù?
nicia Certo.
socrate E anche tu hai risposto come se fosse una parte tra altre parti, che tutte insieme sono chiamate virtù?
nicia Come no?
socrate Dici anche tu le parti che dico io? Io dico, oltre al coraggio, la temperanza a giustizia e altre simili. Tu no?
nicia Sì, certo.
socrate Fermati allora. Questo l'abbiamo ammesso, ma a proposito delle cose temibili e di quelle rassicuranti badiamo che tu non le consideri una cosa e noi un'altra. Noi ti diremo ciò che le consideriamo; tu, se non sei d'accordo, c'insegnerai. Noi consideriamo temibili le cose che procurano timore e rassicuranti quelle che non lo procurano e procurano timore non i mali passati né quelli presenti, ma quelli attesi, perché il timore è attesa di un male futuro. Non pare così anche a te, Lachete?
lachete Proprio così, Socrate.
socrate Tu senti, Nicia, la nostra affermazione che chiamiamo temibili i mali futuri e rassicuranti le cose che non saranno mali o saranno beni. Su questo, dici così o altrimenti?
nicia Così.
socrate E la scienza di queste cose la chiami coraggio?
nicia Esattamente.
socrate Esaminiamo ancora un terzo punto, se tu e noi lo condividiamo.
nicia Quale?
socrate Te lo dirò. A me e a Lachete pare che per le cose su cui c'è scienza, non ci sia una scienza del passato per sapere come è avvenuto, un'altra del presente come avviene e un'altra su come può avvenire nel modo migliore e avverrà ciò che non è ancora avvenuto, ma ci sia la stessa scienza. Per esempio, a proposito della sanità, per tutti i tempi non c'è che la medicina, che è unica e osserva ciò che avviene, ciò che è avvenuto e ciò che avverrà come avverrà. E a proposito dei prodotti della terra, identica è la posizione dell'agricoltura. E per le cose della guerra, voi stessi potete testimoniare che la strategia provvede a tutto nel modo migliore e soprattutto a ciò che avverrà e crede che occorra non asservirsi alla divinazione, ma dominarla, in quanto conosce meglio gli eventi della guerra presenti e futuri: e così prescrive la legge, che l'indovino non comandi lo stratega, ma lo stratega l'indovino. Diremo questo, Lachete?
lachete Lo diremo.
socrate E tu, Nicia, affermi con noi che, a proposito delle stesse cose, la medesima scienza è competente delle future, presenti e passate?
nicia Sì, a me pare così, Socrate.
socrate Carissimo, il coraggio, come affermi tu, è scienza delle cose temibili e di quelle rassicuranti. Non è così?
nicia Sì.
socrate Ma si è ammesso che le cose temibili e quelle rassicuranti sono rispettivamente i mali futuri e i beni futuri.
nicia Certo.
socrate E la stessa scienza è delle stesse cose, future e di ogni altro tempo.
nicia È così.
socrate Il coraggio, dunque, non è solo scienza delle cose temibili e di quelle rassicuranti, perché è competente non solo sui beni e sui mali futuri, ma anche su quelli presenti, passati e di ogni tempo, come le altre scienze.
nicia Sembra.
socrate Allora, Nicia, tu ci hai detto che cosa è un terzo, circa, del coraggio; ma noi ti chiedevamo che cosa fosse il coraggio intero. Ora, a quanto sembra, stando al tuo discorso, il coraggio non solo è scienza delle cose temibili e di quelle rassicuranti, ma pressappoco è la scienza di tutti i beni e di tutti i mali di ogni tempo (tale è ora la tua definizione). Dichiari di mutare così la definizione o come, Nicia?
nicia A me pare così, Socrate.
socrate E ti pare, divino amico, che un uomo mancherebbe di una parte della virtù, se conoscesse tutti i beni in ogni tempo, come avvengono, avverranno e sono avvenuti e allo stesso modo i mali? Credi che costui mancherebbe di temperanza, giustizia o santità, egli a cui solo spetta, riguardo agli dèi e agli uomini, guardarsi dalle cose temibili e da quelle che non lo sono e procurarsi i beni, sapendo comportarsi correttamente con essi?
nicia Mi pare che tu abbia ragione, Socrate.
socrate Allora, Nicia, non è una parte della virtù ciò che ora hai detto, ma la virtù intera.
nicia Sembra.
socrate Eppure dicevamo che il coraggio è solo una delle parti della virtù.
nicia Lo dicevamo.
socrate Ma ciò che ora si è detto non sembra tale.
nicia Non sembra.
socrate Dunque, Nicia, non abbiamo trovato che cos'è il coraggio.
nicia Pare di no.


Guida alla lettura


1) Quali effetti attribuisce Nicia all'interrogazione socratica?
Nicia attribuisce diversi effetti all'interrogazione socratica durante il dialogo. Ecco alcuni di questi effetti:

Autoconsapevolezza: Nicia riconosce che l'interrogazione socratica porta gli interlocutori a riflettere su se stessi, il proprio modo di vivere e di pensare.
Preparazione al futuro: Nicia considera positivo essere sottoposti all'interrogazione socratica in quanto ciò lo rende più previdente per il futuro.
Apprendimento e crescita: Nicia ritiene che l'interrogazione socratica sia un'opportunità di apprendimento e di crescita personale. Accetta di essere esaminato e di imparare da Socrate.
Valorizzazione dell'insegnamento di Socrate: Nicia mostra di apprezzare l'insegnamento di Socrate e di essere disposto ad essere istruito da lui, riconoscendo il suo valore e la sua competenza.

In sintesi, Nicia attribuisce all'interrogazione socratica gli effetti di autoconsapevolezza, preparazione al futuro, apprendimento e crescita personale, nonché una valorizzazione dell'insegnamento di Socrate.

2) Quali qualità attribuisce a Socrate Lachete?
Lachete attribuisce a Socrate diverse qualità nel testo. In particolare, lo considera un individuo capace di condurre discussioni profonde e significative, in grado di trascinare i suoi interlocutori attraverso il ragionamento fino a farli riflettere su se stessi e sulle proprie azioni passate e presenti. Lachete ammira la franchezza e l'intelligenza di Socrate, e si mostra disponibile ad essere esaminato e confutato da lui, riconoscendo il suo valore nel campo del pensiero filosofico. Socrate è visto come un maestro che aiuta gli altri a comprendere meglio se stessi e a crescere intellettualmente.

3) Quale difetto rivela la definizione del coraggio di Lachete?
La definizione del coraggio data da Lachete rivela un difetto perché è limitata e parziale. Lachete definisce il coraggio come la disposizione a difendersi dai nemici rimanendo al proprio posto senza fuggire. Questa definizione si concentra esclusivamente sul coraggio in campo militare, trascurando altre forme di coraggio che possono manifestarsi in contesti diversi, come ad esempio di fronte alle malattie, alla povertà o alle sfide politiche. Inoltre, la definizione di Lachete non tiene conto del fatto che il coraggio non riguarda solo il mantenimento di una posizione ma può anche coinvolgere la capacità di affrontare le sfide in diverse modalità, inclusa la capacità di ritirarsi quando necessario.

4) Ricostruisci lo schema della ricerca del coraggio mediante il dialogo tra Nicia e Socrate, sottolineando i punti di accordo e i punti di confutazione.
Certamente, ecco lo schema della ricerca del coraggio mediante il dialogo tra Nicia e Socrate:

Punti di accordo:

Il coraggio è considerato una parte della virtù.
Il coraggio è definito come la scienza delle cose temibili e rassicuranti.
Le cose temibili sono quelle che procurano timore dei mali futuri.
La stessa scienza del coraggio è competente sia sulle cose future che su quelle presenti e passate.

Punti di confutazione:

Socrate argomenta che se il coraggio è la scienza di tutti i beni e mali di ogni tempo, allora non è solo una parte della virtù ma la virtù intera.
Questo concetto contraddice l'idea iniziale che il coraggio sia solo una delle parti della virtù.
Nicia concorda con Socrate nel riconoscere che il coraggio, secondo la definizione data, sembra rappresentare la virtù intera, non solo una parte di essa.
Alla fine del dialogo, Nicia ammette che non è stata trovata una definizione soddisfacente del coraggio.

Lo schema evidenzia come il dialogo tra Nicia e Socrate abbia portato a una riflessione più profonda sul concetto di coraggio, mettendo in discussione la definizione iniziale e portando alla conclusione che la ricerca non ha ancora trovato una risposta definitiva.

5) Che tipo di conclusione viene raggiunta?
La conclusione raggiunta è che non è stato definito in modo chiaro e soddisfacente cos'è il coraggio. Nonostante i tentativi di definizione e di esplorazione condotti attraverso il dialogo tra Socrate, Nicia e Lachete, alla fine non si è giunti a una definizione accettabile e completa del concetto di coraggio. Questo viene evidenziato dall'incoerenza tra le varie definizioni proposte e la mancanza di consenso su cosa costituisca veramente il coraggio. La discussione termina senza una risoluzione definitiva, lasciando aperta la questione e mostrando le sfide e le complessità nel definire concetti filosofici astratti come la virtù del coraggio.


Guida alla Comprensione


1) Perché Nicia e Lachete accettano di discutere con Socrate?
Nicia e Lachete accettano di discutere con Socrate principalmente per due motivi:

Rispetto e fiducia in Socrate: Entrambi i generali dimostrano rispetto e fiducia nei confronti di Socrate. Nicia riconosce l'autorità intellettuale di Socrate e accetta di essere esaminato da lui, mostrando interesse nell'apprendere e migliorare. Lachete, d'altra parte, è attratto dal valore dimostrato da Socrate sul campo di battaglia e mostra disponibilità a essere esaminato e a imparare da lui.
Preoccupazione per l'educazione dei loro figli: Nicia e Lachete si rivolgono a Socrate per avere consigli sull'opportunità di avviare i loro figli all'uso delle armi. Essi sono preoccupati per l'educazione dei loro giovani e cercano orientamento da parte di esperti, incluso Socrate, riguardo all'approccio migliore da adottare.

In sintesi, Nicia e Lachete accettano di discutere con Socrate perché rispettano la sua autorità intellettuale e sono interessati a migliorare sé stessi e a ricevere consigli su questioni importanti, come l'educazione dei loro figli.

2) Qual è il senso del «che cos'è» di Socrate? Perché non si accontenta di esempi di coraggio?
Il "che cos'è" di Socrate indica il suo desiderio di ottenere una definizione precisa e completa del concetto di coraggio. Socrate non si accontenta degli esempi di coraggio forniti da Nicia perché vuole una comprensione più profonda e universale del concetto, piuttosto che solo esempi specifici. Socrate crede che comprendere la natura essenziale del coraggio sia essenziale per sviluppare una vera conoscenza della virtù e della giustizia. Egli cerca di condurre i suoi interlocutori attraverso un processo di analisi critica per giungere a una definizione accurata e coerente del coraggio, piuttosto che basarsi solo su casi particolari.

3) In che cosa risulta superiore la ricerca svolta da Nicia e Socrate?
La ricerca svolta da Nicia e Socrate risulta superiore perché va oltre la definizione superficiale del coraggio come semplice capacità di affrontare i pericoli. Essi approfondiscono il concetto, cercando di comprendere la natura stessa della virtù e del coraggio. Attraverso un dialogo rigoroso e un esame critico delle definizioni proposte, Nicia e Socrate giungono alla conclusione che il coraggio non può essere ridotto solo alla competenza nel gestire le situazioni di pericolo, ma deve includere la conoscenza e la capacità di discernere tra i beni e i mali in ogni tempo. Questo livello di indagine e riflessione li porta a mettere in discussione le loro stesse premesse iniziali e ad ammettere l'incompletezza delle loro definizioni precedenti.

4) Perché il ragionamento giunge a una situazione senza sbocco? Rispondi spiegando il nesso tra coraggio e scienza.
Il ragionamento giunge a una situazione senza sbocco perché mostra l'incompatibilità tra la definizione iniziale del coraggio come parte della virtù e la successiva caratterizzazione del coraggio come scienza delle cose temibili e rassicuranti.
Inizialmente, Nicia e Lachete concordano con Socrate sul fatto che il coraggio sia una parte della virtù. Tuttavia, durante il dialogo, emergono delle incongruenze nella definizione del coraggio. Nicia propone che il coraggio sia la scienza delle cose temibili e rassicuranti. Socrate, utilizzando il suo metodo di interrogazione, dimostra che questa definizione implica che il coraggio non sia solo una parte della virtù ma piuttosto la virtù intera.
Il nesso tra coraggio e scienza è rilevato da Socrate nel dialogo. Egli evidenzia che, se il coraggio è la scienza delle cose temibili e rassicuranti, allora implica la conoscenza di tutti i beni e i mali di ogni tempo. Questo allontana il concetto di coraggio come semplice parte della virtù, rendendolo piuttosto una virtù completa. Tuttavia, questa conclusione entra in conflitto con l'idea iniziale che il coraggio sia solo una delle parti della virtù, portando così il ragionamento a una situazione senza sbocco.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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