Hegel - Lezione 6 - La concezione filosofica della storia e lo spirito assoluto


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1) La filosofia della storia
2) Lo spirito assoluto
3) L'arte
4) La religione
5) La filosofia
6) Hegel e l'insegnamento della filosofia

La filosofia della storia


Nella sezione finale dedicata allo Stato, Hegel approfondisce la "storia del mondo" come elemento di connessione tra lo spirito oggettivo e lo spirito assoluto. Secondo il pensiero hegeliano, le diverse costituzioni statali che sorgono e si estinguono nel corso della storia incarnano lo "spirito del mondo". Ogni costituzione esprime l'identità nazionale di un popolo mentre la successione di queste costituzioni collega le ragioni del loro sorgere e decadere al disegno dialettico della storia.

Poiché gli elementi dello spirito assoluto - arte, religione e filosofia - si sviluppano all'interno di popoli organizzati in Stati, la ricostruzione filosofica della storia assume un ruolo cruciale su diversi livelli. Essa mira a mostrare come nel corso del tempo si siano create le condizioni per la realizzazione di forme di vita etica nelle istituzioni dei popoli e a incorniciare le manifestazioni dello spirito assoluto attraverso le diverse epoche storiche, ossia attraverso l'esistenza di popoli e Stati.

Nelle Lezioni sulla filosofia della storia, Hegel si confronta con la prospettiva religiosa che enfatizza l'inconoscibilità di Dio e vieta l'indagine sui suoi disegni. Al contrario, Hegel sostiene la necessità di tradurre l'intuizione della provvidenza, ovvero del governo divino del mondo, in concetto e pensiero. Nonostante le apparenze, la "storia del mondo" non è governata dal caso ma è guidata da una teleologia immanente finalizzata alla realizzazione della libertà. In questa prospettiva, la filosofia della storia assume la forma di una "teodicea", una giustificazione di Dio nella storia, contrapponendosi alle obiezioni basate sulla presenza del male nel mondo.

Scrive Hegel:
"[...] Tutto il male del mondo, non escluso il male morale, doveva venir compreso nel concetto, e lo spirito pensante esser conciliato con la sua negazione. Ora, è proprio nella storia del mondo che ci si presenta allo sguardo la totale massa del male concreto [...]"
(Lezioni sulla filosofia della storia, vol. I, parte I)

Il male che si manifesta nella storia può essere compreso appieno considerando il "potere assoluto della ragione", ovvero gli scopi ultimi dell'assoluto che si manifesta nel corso del tempo come lo "spirito del mondo". La progressione della storia avanza attraverso il conflitto tra le comunità, organizzate in strutture e istituzioni statali che rappresentano di volta in volta un certo livello di sviluppo dello "spirito del mondo", concretizzato in uno specifico "spirito del popolo".

Scrive Hegel:
"[...] il particolare spirito di un particolare popolo può perire; ma esso è un anello nella catena costituita dal corso dello spirito del mondo, e questo spirito universale non può perire [...]"
(Lezioni sulla filosofia della storia, vol. I, parte II, cap. 1)

Durante il periodo berlinese, Hegel sviluppa la convinzione che ciascuna entità spirituale di un popolo sia caratterizzata da una specifica localizzazione climatica, geografica e si manifesti nel corso del tempo, sottoponendosi al giudizio supremo del "tribunale del mondo". Attraverso questa metafora, tratta da una poesia di Schiller, Hegel intende esprimere l'idea che ogni singolo spirito di un popolo ha origine e si forma all'interno di un contesto geografico e storico ben definito, emergendo e affermandosi rispetto agli altri attraverso la sua particolare forma statale.

Scrive Hegel:
"[...] al popolo cui tale momento appartiene come principio naturale, è assegnata la piena effettuazione del principio stesso nel processo di auto sviluppo dell'autocoscienza dello Spirito del mondo. Nella storia del mondo, per questa epoca, – e un popolo può fare epoca nella storia soltanto una volta [...] –, tale popolo è quello dominante. Davanti a questo suo diritto assoluto di essere l'esponente dello stadio presente dello sviluppo dello Spirito del mondo, gli spiriti degli altri popoli sono privi di diritti, ed essi, come pure quelli la cui epoca è passata, non contano più nella storia del mondo [...]"
(Lineamenti di filosofia del diritto, parte III, sez. III, § 347)

Dopo esser emerso, negando agli altri il diritto di esistere, lo spirito della dominanza popolare è destinato a un inevitabile tramonto, da cui scaturisce una nuova era. È il solo spirito del mondo a determinare, quindi, i destini dei singoli spiriti nazionali, esercitando, come sostiene Hegel, il suo diritto che è "il più supremo fra tutti i diritti". È importante notare che, secondo Hegel, la storia universale non si svolge su tutto il globo ma si limita a specifiche regioni: lo spirito del mondo inizia il suo percorso in Asia, definita "il continente delle origini", dove si sviluppano le prime forme politiche stabili. Le sue successiva evoluzioni riguardano principalmente l'Europa. Infatti, attraversando l'area mediterranea, trova il suo compimento nella zona temperata dell'Europa continentale. Solo la regione temperata settentrionale del mondo consente all'uomo di distaccarsi gradualmente dalla natura e di svilupparsi economicamente e civilmente all'interno di strutture statali.

Per questo l'Europa è il teatro della storia universale. Solo nella razza bianca caucasica:
"[...] lo spirito giunge all'assoluta unità con se stesso; solo qui lo spirito entra in completa opposizione con la naturalità, si coglie nella sua assoluta indipendenza, si sottrae all'alternarsi delle oscillazioni da un estremo all'altro, accede all'autodeterminazione, allo sviluppo di se stesso, e dà in tal modo origine alla storia mondiale [...]"
(Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, ed. 1830, «aggiunta» al § 393)

I popoli europei rappresentano lo strumento attraverso il quale lo spirito del mondo si manifesta appieno, secondo quanto affermato. Intorno a essi coesistono i popoli africani, permanentemente legati alla natura e considerati incapaci di sviluppo civile e morale. Allo stesso modo, si indicano i popoli asiatici, stagnati nella fase iniziale dell'umanità dopo aver esaurito il loro compito storico e i popoli indigeni americani destinati a scomparire senza aver raggiunto una piena maturità. Sullo sfondo si trova l'America settentrionale, prodotto della colonizzazione europea, posizionata tra il declino previsto per i popoli indigeni e l'aurora di una nuova era. Hegel scrive che l'America è "il paese del futuro", la cui importanza nella storia universale si svelerà in tempi futuri.

Nel grande palcoscenico della storia, individui e popoli credono di agire per i propri scopi ma in realtà stanno portando avanti l'opera dell'idea e dell'assoluto senza esserne consapevoli, fungendo da "strumenti della realizzazione dello spirito", secondo il concetto di "astuzia della ragione" di Hegel. Il filosofo distingue tra individui conservatori che in una certa epoca consentono senza consapevolezza la realizzazione e la conservazione di uno spirito del popolo e individui cosmico-storici, come Cesare, Alessandro e Napoleone che avanzano la storia e hanno un'intuizione generale del loro ruolo come strumenti di realizzazione della libertà dello spirito del mondo.

Hegel categorizza la storia universale in quattro epoche o "mondi" successivi, rifacendosi forse alle quattro monarchie menzionate nel libro di Daniele nella Bibbia. Questi quattro mondi sono caratterizzati da specifiche forme di costituzione politica: il dispotismo orientale, la democrazia dei greci, l'aristocrazia romana e la monarchia costituzionale, rappresentando rispettivamente l'età infantile della storia, la spiritualità sostanziale, l'aristocrazia e la libertà per tutti. Nel dispotismo orientale, la teocrazia è centrale, con il sovrano che assume anche il ruolo di sommo sacerdote o Dio.

Nel primo contesto, la sfera della religione, morale e politica si intrecciano in maniera indissolubile, caratterizzata da una struttura di caste ereditarie. Gli individui, privi di diritti, sono tutti soggetti al potere arbitrario e personale del sovrano, risultando in una condizione in cui si può affermare che la libertà è appannaggio di uno solo. La mancanza di una dialettica interna impedisce qualsiasi possibilità di progresso, con la storia destinata a ripetersi ciclicamente, sempre immutabile nel suo maestoso tramonto.

Nel secondo scenario, appartenente al mondo greco, definito come "l'età giovanile" della storia, emerge il principio dell'individualità all'interno di una vita comunitaria caratterizzata da libertà e serenità. Tuttavia, la consapevolezza della libertà è ancora incompleta, poiché gli uomini percepiscono il dominio superiore degli dèi e del destino. Inoltre, delegano le attività legate alla soddisfazione dei loro bisogni agli schiavi, rendendo evidente che, in questo contesto, solo "alcuni sono liberi".

Nel terzo periodo, l'epoca romana, che rappresenta la "maturità" della storia, si sostituisce alla raffinata moralità greca con l'egemonia del diritto astratto e la rigorosa disciplina al servizio dello Stato. Con la conclusione della repubblica, la scena politica si frantuma tra le opposte polarità dell'aristocrazia senatoria, definita come una "potenza fredda ed avida" e della plebe, accusata di corruzione. Su questo scenario emerge il potere dell'imperatore, incarnazione del dominio della legge: di fronte all'imperatore onnipotente, i sudditi si presentano come una massa di individui, di "persone private", resi uguali solo dal punto di vista legale. La legge prevale su uomini trasformati in entità giuridiche, prive di legami etici reciproci. L'espansione della cittadinanza romana durante l'epoca imperiale rappresenta soltanto un passo ulteriore verso la "disgregazione atomica" della società.

Gli effetti negativi che mostra Hegel in questa dissoluzione dei legami etici, sostituiti da legami giuridici, sono un'efficace metafora sulla putrefazione del corpo politico:
"[...] Come, quando il corpo fisico si dissolve, ogni punto acquista una vita per sé, la quale è soltanto la miserabile vita dei vermi, così qui l'organismo statale si dissolve negli atomi delle persone private. Tale è ora la condizione della vita romana: non vediamo più un corpo politico, ma solo un dominatore da un lato e persone private dall'altro. Il corpo politico è un cadavere in putrefazione, pieno di vermi puzzolenti, e questi vermi sono le persone private [...]"
(Lezioni sulla filosofia della storia, vol. III, parte III, sez. II, cap. 3)

Dalla "disgregazione atomica" dei vincoli etici sorge la soggettività che cerca in sé stessa ciò che non può più trovare nella società e nello Stato. Qui si insinua il messaggio rivoluzionario portato da Cristo che rivela il valore infinito della soggettività come oggetto della grazia divina. Con il cristianesimo si manifesta il passaggio alla quarta epoca della storia, il "regno della libertà concreta" realizzato attraverso i popoli nordici, i Germani. Si entra così nel mondo germanico (o cristiano-germanico, come talvolta lo definisce Hegel), l'"età senile" della storia, che assume un significato positivo per Hegel: se la "vecchiaia naturale" che colpisce i corpi è segno di debolezza, la "vecchiaia dello spirito" è la "sua maturità perfetta", il compimento del percorso che lo spirito del mondo compie nel tempo. I popoli germanici, conquistatori dell'Impero romano, si presentano come dotati di una soggettività, spontaneità e disposizione sentimentale che li rendono predisposti ad accogliere profondamente il messaggio del cristianesimo: è lo spirito del mondo che li ha scelti per realizzare il suo disegno provvidenziale. Così, ereditano cultura, religione e istituzioni dal mondo romano ma in essi vive uno spirito completamente nuovo: la libera soggettività, figlia del cristianesimo che cerca la verità dentro di sé. In questa nuova epoca si apre inizialmente una scissione tra mondo interiore e mondo esterno, manifestata storicamente dalla frattura tra il potere spirituale della Chiesa e il potere temporale. Hegel traccia le tre tappe principali di questo percorso, paragonandolo all'avvento del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: la prima va dall'apparire delle nazioni germaniche fino a Carlo Magno; la seconda inizia con la nascita del Sacro Romano Impero e attraversa il contrasto tra il potere spirituale della Chiesa, desideroso di affermarsi come teocrazia e il potere temporale organizzato nella monarchia feudale; la terza inizia con il regno di Carlo V e la Riforma di Lutero, estendendosi fino alla contemporaneità.

In questo periodo recente, da un lato, si assiste all'organizzazione dello Stato secondo principi razionali, con l'abbandono del diritto consuetudinario e la subordinazione degli interessi dei signori feudali al monarca, il quale esprime il principio dell'unità e dell'universalità. Dall'altro lato, con Lutero, si affievolisce l'autorità indiscussa della Chiesa, il suo potere temporale perde importanza e prende piede il libero esame delle Sacre Scritture. Assume rilevanza centrale il percorso di libertà individuale nella ricerca interiore della verità in dialogo con Dio.

Da quel momento in poi, in Germania, la religione e lo Stato assumono un ruolo congiunto, agendo in armonia per realizzare la libertà di tutti gli individui attraverso la ricerca interiore della verità e la razionalità. La Rivoluzione francese, abolendo l'ancien régime e il sistema feudale, fornisce un contributo significativo, conferendo agli uomini la consapevolezza della propria libertà. Tuttavia, i frutti della rivoluzione non possono essere completamente apprezzati in Francia poiché manca l'elaborazione del principio spirituale della soggettività propria di una nazione protestante.

Secondo Hegel, un rinnovamento profondo è impossibile senza il contributo della religione luterana e quindi solo la Germania che ha conosciuto la sua rivoluzione spirituale con la Riforma, sembra in grado di accogliere positivamente quanto di buono ha portato la rivoluzione politica francese. Gli altri paesi, se desiderano progredire verso la libertà per tutti, dovranno anch'essi seguire quella strada.

Hegel afferma che non possono esistere due tipi di coscienza morale, una religiosa e una etica, diverse per tenore e contenuto e solo la religione può costituire la base dell'eticità e dello Stato per l'autocoscienza. Ciò implica che l'eticità, come massima realizzazione dello spirito oggettivo, può essere accolta solo da un popolo il cui individuo abbia sviluppato una profonda responsabilità personale verso Dio e i propri doveri. Separare religione e Stato, considerarli reciprocamente indifferenti e credere che l'eticità, il diritto e la costituzione razionale, possano essere realizzati attraverso una rivoluzione politica senza una base religiosa è stato, secondo Hegel, "l'enorme errore dei nostri tempi". Su questa base, Hegel critica il cattolicesimo come una religione dell'esteriorità e dell'illibertà.

La religione cattolica, a differenza di quella protestante, non richiede un'autentica adesione interiore a Dio, limitandosi piuttosto a prescrivere culti e atti di fede esteriori. Hegel critica il modo in cui viene celebrato il sacramento dell'Eucaristia, la delega della preghiera al clero, il culto delle immagini e delle reliquie dei santi, nonché la giustificazione mediante le opere. Tutte queste pratiche sembrano sottomettere la spiritualità a forme esterne e rituali.

"[...] lo spirito ad un'estraneità a se stesso, che fa sì che il suo concetto venga misconosciuto e travisato nell'intimo, e che vengano corrotti alla radice il diritto e la giustizia, l'eticità e la coscienza, la responsabilità ed il dovere [...]"
(Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, ed. 1830, § 552)

Nel contesto cattolico, sembra che molte persone non abbiano sviluppato una genuina responsabilità personale verso Dio. Questo significa che la verità che si manifesta nell'interiorità non viene considerata come il risultato di una ricerca individuale. Alcune persone potrebbero non plasmare il proprio comportamento basandosi sui doveri verso Dio, vivendo quindi in quella che potremmo definire come "illibertà dello spirito".

A questa illibertà in campo religioso corrispondono:
"[...] una legislazione ed una costituzione dell'illibertà giuridica ed etica, ed una situazione di negazione del diritto e dell'eticità nello Stato effettivamente reale [...]"
(Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, ed. 1830, § 552)

I cattolici potrebbero non essere completamente pronti ad abbracciare appieno i principi del diritto e dell'etica, risultando così meno inclini ad ascoltare le istituzioni politiche come espressione della razionalità dello spirito e della realizzazione della propria libertà. L'educazione impartita dalla Chiesa romana spinge spesso a dare a Cesare ciò che è di Cesare, senza cogliere appieno il valore etico e religioso, allo stesso tempo, del servizio allo Stato e alla comunità di appartenenza.

Solo negli Stati che hanno sperimentato la Riforma si è verificato il passaggio dalla santità all'eticità. Al posto del voto di castità e del celibato dei preti, si è posto il matrimonio come valore etico. Al posto del voto di povertà, si è enfatizzata l'attività volta al guadagno e la rettitudine negli scambi commerciali. Al posto del voto di obbedienza all'autorità ecclesiastica, si è promosso l'obbedienza nei confronti della legge e delle istituzioni dello Stato. Questa è un'obbedienza considerata vera libertà, come afferma Hegel, poiché lo Stato rappresenta la ragione in senso proprio, la ragione che si realizza effettivamente; l'eticità nello Stato.

È evidente, quindi, che senza una riforma religiosa, i principi della Rivoluzione francese possono rimanere concetti astratti, incapaci di concretizzarsi in un popolo che li accetti come espressione della necessità di libertà. Solo negli Stati tedeschi protestanti, come la Prussia, che hanno vissuto la loro rivoluzione con Lutero, gli individui sviluppano una coscienza morale che li rende pronti ad abbracciare la verità.

"[...] Bisogna considerare soltanto come una follia dei nostri tempi quella di cambiare un costume sistematicamente corrotto, insieme alla relativa costituzione dello Stato e legislazione, senza mutare la religione; di fare una rivoluzione senza aver fatto una riforma religiosa [...]"
(Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, ed. 1830, § 552)

Alla fine delle sue Lezioni di filosofia della storia, Hegel suggerisce che il suo tempo sia giunto per la realizzazione della forma suprema di libertà nello Stato, specialmente negli Stati tedeschi protestanti. Nel concludere la sua analisi, rivolge uno sguardo alla situazione attuale della Germania, identificando la Prussia come lo spazio geografico e politico destinato a incarnare il culmine del concetto di libertà come verità dello spirito del mondo. Hegel sostiene che in Prussia si trova l'unica costituzione statale in cui, secondo lui, "tutti sono liberi". In questo contesto, egli osserva il compimento della storia del mondo che egli considera non solo come un risultato divino ma come l'opera stessa di Dio.

Nel chiudere la sua riflessione sulla filosofia della storia, Hegel compie una trasfigurazione degli eventi, sottolineando che la filosofia riconstruisce al di là della superficie la verità che si manifesta come spirito. Afferma che "la filosofia ha soltanto a che fare con lo splendore dell'idea che si specchia nella storia del mondo". Considera la storia del mondo come la vera teodicea, la giustificazione di Dio nella storia. Pertanto, conclude le sue lezioni universitarie esortando i suoi allievi, dicendo: "Mi sono sforzato di dispiegare davanti ai vostri occhi questo corso dello spirito del mondo".


Lo spirito assoluto

Hegel pone lo Stato in una posizione di supremazia, esplorandone le manifestazioni attraverso la storia dello "spirito del mondo". Tuttavia, lo Stato rappresenta solamente la forma più elevata dello spirito finito. L'infinità e la libertà dello spirito si realizzano solo quando questo ritorna completamente a se stesso nello "spirito assoluto", ossia nella piena consapevolezza di sé. Lo spirito assoluto si manifesta attraverso tre momenti distinti: arte, religione e filosofia. Pur condividendo lo stesso contenuto, ovvero lo spirito come idea infinita, differiscono per la forma: nell'arte è l'"intuizione sensibile", nella religione la "rappresentazione", e nella filosofia il "concetto". Le lezioni berlinesi, pubblicate post mortem di Hegel, approfondiscono ampiamente questi tre momenti dello spirito assoluto. Sebbene abbiano avuto un'ampia influenza, va notato che si basano principalmente sulla trascrizione degli appunti degli studenti e quindi devono essere interpretate con cautela.


L'arte

La figura immediata dello spirito assoluto si manifesta attraverso l'arte, la quale lo esprime attraverso l'intuizione sensibile. Questo implica che l'arte cattura lo spirito e cerca di renderlo concreto nella sua idealità utilizzando forme sensibili, ossia la materialità di un oggetto. Poiché trova il suo limite nella sensibilità, l'ispirazione dell'artista rimane un'espressione della natura e non ancora della completa libertà dello spirito. A differenza di quanto pensano molti rappresentanti del romanticismo tedesco, Hegel sostiene che l'arte non costituisce il modo più elevato per percepire la verità. Nelle Lezioni di estetica, Hegel traccia un ampio quadro della storia dell'arte universale, delineando le sue tre fasi. Il primo momento è caratterizzato dall'arte "simbolica", in cui la materia sensibile domina sui contenuti spirituali e la libertà della rappresentazione ha i suoi timidi inizi.

Per questo motivo la prima forma d'arte caratteristica del mondo orientale è:
"[...] più una semplice ricerca della raffigurazione che possibilità di vera rappresentazione; l'idea non ha ancora trovato in se stessa la forma, vi aspira soltanto, si sforza ad essa [...]"
(Estetica, «Introduzione all'estetica», suddivisione)

Hegel offre una descrizione efficace dell'immagine dello spirito che cerca di manifestarsi attraverso le forme sensibili. Tuttavia, non trovando queste forme sufficienti, le ingigantisce e amplifica in modo spropositato, cercando invano un'espressione di sé. Nella successiva fase dell'arte classica, tipica del mondo greco, si eleva al di sopra della natura e raggiunge un equilibrio perfetto tra l'ideale e il materiale, assumendo come suo contenuto l'elemento spirituale e come forma la figura, il gesto, e l'azione umana. Qui, lo spirito si manifesta attraverso la forma armonica del corpo umano.

Nel terzo momento, quello dell'arte romantica, riemerge lo squilibrio tra questi due elementi. La interiorità cristiana e moderna non si presta a essere completamente riversata nella forma sensibile ma piuttosto appare in controluce attraverso di essa. A differenza dell'arte simbolica, l'arte romantica si allontana sempre di più dall'elemento sensibile, ritirandosi da esso. Il sistema delle forme di espressione artistica delineato da Hegel diventa più comprensibile. Nell'arte simbolica, l'architettura assume una posizione centrale, cercando di esprimere il divino attraverso le forme grandiose dei templi indiani o delle piramidi egizie. Nell'arte greca, è la scultura a manifestare completamente il divino presente nell'uomo, attraverso proporzioni idealizzate del corpo.

Con l'arte romantica, caratterizzata dallo squilibrio tra il contenuto spirituale e la forma sensibile, emergono le arti che svalutano la materia come strumento espressivo. Prima la pittura, poi la musica e infine la poesia, culmine dell'espressione artistica, in cui il suono diventa "fonema articolato, il cui senso è di significare rappresentazioni e pensieri".

Scrive Hegel:
"[...] la poesia è l'arte universale dello spirito che è divenuto in sé libero, che non è legato per la realizzazione al materiale esterno sensibile, e che si effonde solo nello spazio interno e nel tempo interno delle rappresentazioni e dei sentimenti. Ma proprio in questa fase suprema l'arte va oltre se stessa, in quanto abbandona l'elemento della sensibilizzazione conciliata dello spirito, e dalla poesia della rappresentazione passa nella prosa del pensiero [...]"
(Estetica, «Introduzione all'estetica», suddivisione)

Nella poesia, l'arte raggiunge il suo culmine e completa il suo scopo. Lo spirito, consapevole di essere il principio assoluto e infinito, non trova più soddisfazione nella forma dell'intuizione sensibile che risulta inadeguata a esprimerlo appieno. Questa è la prospettiva di Hegel sulla "morte dell'arte": non significa che non sia più possibile creare opere d'arte ma sottolinea che l'arte non può più essere considerata come la forma suprema dello spirito.


La religione

Scrive Hegel: "[...] L'ambito successivo che sorpassa il regno dell'arte è quello della religione. La religione ha come forma della propria coscienza la rappresentazione in quanto l'assoluto è trasferito dall'oggettività dell'arte nell'interiorità del soggetto, e ora è dato in modo soggettivo per la rappresentazione, sicché cuore e animo, in generale la soggettività interna, divengono un momento fondamentale [...]" (Estetica, «Parte prima», introduzione)

Il superamento dell'arte da parte della religione si manifesta attraverso il trasferimento dell'assoluto nell'interiorità. La sua forma espressiva prende vita attraverso la "rappresentazione", un prodotto dell'intelletto che si posiziona in una zona intermedia tra l'intuizione sensibile dell'arte e il concetto filosofico. Secondo Hegel, queste rappresentazioni possono essere considerate come "metafore dei pensieri e dei concetti":
"[...] il fatto [...] di avere delle rappresentazioni non vuol ancora dire che se ne conosca il significato per il pensiero, e cioè i pensieri e i concetti loro corrispondenti [...]"
(Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, § 3)

Nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Hegel si dedica approfonditamente al cristianesimo considerandolo la "vera religione" rivelata da Dio. È essenziale sottolineare che, per Hegel, la rivelazione implica la manifestazione dello spirito all'interno dello spazio dell'interiorità. Questo processo si è realizzato pienamente solo con il cristianesimo, il quale pone al centro il principio della soggettività. Nei suoi insegnamenti a Berlino, Hegel analizza sia il concetto generale di religione che le sue forme storicamente determinate, rappresentando tappe nell'ascesa dell'uomo verso la rivelazione divina. La religione, come la storia universale e la storia dell'arte, attraversa una successione di momenti, con il cristianesimo culminante. Il primo momento include le religioni "naturali", in cui il divino è adorato sotto forma di oggetti o forze naturali, come nel confucianesimo, induismo e buddhismo orientali. Il secondo momento comprende la religione greca della "bellezza", dove l'arte si fonde con la religione e la religione ebraica del "sublime", caratterizzata dal predominio dello spirituale sul sensibile. Il terzo momento è la religione romana della "finalità", in cui la religione è subordinata a un fine universale ma astratto, preparando il terreno per il nuovo contenuto spirituale del cristianesimo. L'ultimo momento è la "religione rivelata" o "assoluta", in cui Hegel assume i grandi temi della teologia cristiana, dalla creazione all'incarnazione, alla Trinità, come i contenuti della verità eterna. Nella religione rivelata, l'unità di Dio si manifesta in tre sfere distinte, corrispondenti alle categorie logiche di universalità, particolarità e singolarità. L'essenza divina universale (il Padre) si concretizza nella finitezza (il Figlio) per ritornare a sé nella comunità dei fedeli animata dallo Spirito Santo e dalla devozione in Dio.


La filosofia

Nella filosofia si superano i limiti della rappresentazione religiosa, poiché l'assoluto viene elevato a pensiero autocosciente, a concetto. Questa rappresentazione costituisce la forma suprema e non più unilaterale del manifestarsi dello spirito.

Scrive Hegel:
"[...] La terza forma dello spirito assoluto è la filosofia. Infatti la religione, in cui Dio è dapprima per la coscienza un oggetto esterno, poiché si deve prima apprendere che cosa è Dio e come si è rivelato e si rivela, si riversa poi nell'elemento dell'interno, spinge e riempie la comunità; ma l'interiorità della devozione dell'animo e della rappresentazione non è la forma più alta dell'interiorità. E il libero pensiero che va riconosciuto come questa forma purissima del sapere; in esso la scienza si porta a coscienza l'identico contenuto, divenendo quindi il culto massimamente spirituale di appropriarsi mediante il pensiero e di sapere concettualmente ciò che altrimenti è soltanto contenuto di sentimento o rappresentazione soggettivi. In tal modo nella filosofia sono unificati i due lati dell'arte e della religione: l'oggettività dell'arte, che qui ha certamente perduto la sensibilità esterna, ma ha trovato il compenso nella forma suprema dell'oggettivo, nella forma del pensiero, e la soggettività della religione, che è purificata a soggettività del pensiero [...]"
(Estetica, «Parte prima», introduzione)

La filosofia rappresenta la fusione tra arte e religione, superando entrambe e chiudendo il cerchio. In essa, l'assoluto ritorna completamente in sé stesso, contemplando dall'alto la grandiosa architettura tripartita del sistema. Il rapporto della filosofia con la storia è duplice: si lega alla storia della filosofia e al proprio tempo.

Riguardo al primo aspetto, la filosofia incorpora tutte le filosofie del passato come momenti della propria verità, seguendo la successione delle determinazioni logiche dell'idea. Ogni filosofia è necessaria e insostituibile come momento storicamente condizionato dell'unica vera filosofia che si sviluppa nel tempo. D'altra parte, ogni filosofia è figlia del proprio tempo, rappresentando il proprio periodo nel pensiero.

Hegel utilizza l'immagine della civetta per esprimere il concetto che la filosofia può esprimere lo spirito di una civiltà solo quando questa è matura e volge al tramonto, come la civetta che inizia a volare dopo il tramonto del sole. Ciò porta a due conseguenze complementari: la filosofia non può andare oltre il proprio tempo, ma, in quanto sapere del contenuto sostanziale dell'epoca, lo supera nella forma e prepara i tempi nuovi.

Storicamente, la filosofia è nata in Grecia in una civiltà già matura, durante un periodo in cui il popolo si era emancipato dal torpore della vita primitiva naturale. La tendenza filosofica si manifesta in epoche di crisi etica e religiosa, spingendo lo spirito a cercare vie d'uscita nel mondo del pensiero.

Hegel distingue tre periodi della storia della filosofia (antico, medioevale e moderno) ma in realtà le grandi forme della filosofia sono due: quella greca, che coglie l'assoluto come idea e quella germanica moderna, che lo interpreta come spirito. Il limite della filosofia greca riflette quello della civiltà di cui è espressione e il cristianesimo presenta novità rispetto alla cultura greca, con un Dio più umano che abbraccia il dolore e la morte attraverso la passione e la morte di Cristo.

Nel campo del pensiero, un passaggio cruciale verso il cristianesimo si manifesta attraverso l'interiorizzazione dell'assoluto promossa dai neoplatonici: un profondo immergersi della coscienza in Dio di fronte a un mondo, sia naturale che storico, percepito ormai come estraneo o avverso. La crisi anticipa una sintesi più elevata, in cui "l'unità dell'uomo col mondo è [...] infranta, ma solo per essere restaurata in modo più elevato, mediante l'accoglimento del mondo in Dio come mondo intelligibile". Questo è il momento in cui avviene la fusione tra la filosofia neoplatonica e la filosofia ebraico-cristiana, concretizzandosi prima con Filone di Alessandria e successivamente con la Patristica cristiana. Questo processo trova la sua chiave di volta nell'identificazione di Cristo con il lògos eterno, il principio che governa il mondo.

Il cristianesimo introduce un nuovo e superiore principio spirituale ma impiega parecchi secoli per tradursi in forme filosofiche adeguate. Resta a lungo intrappolato nella teologia medievale, considerata da Hegel come un periodo di "barbarie", in cui l'intelletto viene utilizzato per disputare in modo ingannevole sui contenuti della rivelazione. Il Rinascimento e la Riforma protestante frantumano la filosofia medievale ma è solo con Cartesio che il principio della soggettività, vera scoperta del cristianesimo, viene posto al centro del pensiero europeo e inizia a svilupparsi in modo specificamente filosofico.

A questo punto, lo spirito può intraprendere il suo percorso per ritornare pienamente a se stesso, nella trasparenza del concetto filosofico che trova il suo apice nella filosofia idealistica di Hegel stesso. In questo contesto, la filosofia riconosce che "la vita eterna è produrre eternamente gli opposti e porli eternamente nell'identità". Hegel, tuttavia, lascia in sospeso una questione: il suo sistema prende forma nella Prussia dell'inizio dell'Ottocento, una monarchia costituzionale che sembra realizzare l'essenza stessa dello Stato. Con la sua filosofia, il cerchio si chiude, poiché lo spirito ritorna a se stesso, consapevole di essere l'assoluto che si pensa nella forma del concetto.

Ma cosa significa ciò per la fine della filosofia e della storia? È davvero la fine del divenire dell'Assoluto stesso? Oppure, dato che la storia continua a progredire, il sistema di Hegel rappresenta solo un momento transitorio destinato a essere superato da nuove configurazioni? Questa è una questione che appassionerà a lungo gli allievi e i sostenitori di Hegel dopo la sua morte, generando una vera e propria spaccatura tra le scuole: la destra hegeliana contro la sinistra hegeliana.


Hegel e l'insegnamento della filosofia

Abbiamo esplorato i tratti essenziali della filosofia di Hegel. Possiamo ora interrogarci sul fatto che Hegel reputasse il proprio pensiero accessibile agli studenti liceali del suo tempo. Tra il 1808 e il 1816, Hegel assume il ruolo di preside e insegnante di filosofia al Ginnasio di Norimberga, in Baviera. Questo periodo coincide con la fase in cui sta sviluppando il suo sistema filosofico e dando forma alla Scienza della logica. Durante questo periodo, Hegel dedica una profonda riflessione alla didattica della filosofia per gli adolescenti (14-18 anni). Nel contesto di quella fase storica, si oppone alla tendenza emersa con la riforma scolastica dei programmi bavaresi, che era stata influenzata da Kant e dai suoi seguaci.

Kant affermava che non esiste una filosofia statica da impartire, un insieme definitivo di dottrine o un testo che contenga la verità. Egli sottolineava che l'unico approccio valido, sia nell'insegnamento che nella ricerca teorica, è quello "zetetico", ovvero investigativo. Secondo Kant, il compito del maestro non è trasmettere pensieri prefabbricati, bensì insegnare agli allievi a pensare, ossia ad apprendere l'arte di filosofare. Questo approccio richiamava alla mente il metodo maieutico socratico, dove si incoraggia i giovani a ragionare in modo tale da estrarre da sé stessi le nozioni che possono veramente appropriarsi.

Questo punto di vista, sostenuto anche da importanti filosofi kantiani interessati alle questioni pedagogiche come Johann Friedrich Herbart (1776-1841), Jakob Friedrich Fries (1773-1843) e Friedrich Immanuel Niethammer (1766-1848), quest'ultimo funzionario chiave nel sistema educativo del Regno di Baviera e amico di Hegel, aveva proposto in un progetto di riforma che l'obiettivo delle lezioni di filosofia dovesse essere quello di condurre gli studenti al "pensiero speculativo".

Hegel, al contrario, ritenne priva di significato la formula "imparare a filosofare", poiché, secondo lui, per poter filosofare è necessario un contenuto preciso che il docente deve trasmettere agli studenti.

Scrive Hegel nel 1812: "[...] Secondo la mania moderna, specialmente della pedagogia, non si deve tanto essere istruiti nel contenuto della filosofia, quanto imparare a filosofare senza contenuto; ciò vuol dire, pressappoco: si deve viaggiare, viaggiare sempre, senza imparare a conoscere le città, i fiumi, i paesi, gli uomini ecc. [...]"
(Dell'insegnamento della filosofia nei ginnasi, parte II, «Metodo»)

Secondo Hegel, il modo di ragionare comune tra i giovani adolescenti è carente e privo di sostanza, caratterizzato da "opinioni, illusioni, imperfezioni, errori e indeterminatezza". Egli sostiene che solo attraverso lo studio delle discipline filosofiche si può sostituire tali illusioni con la verità. Infatti, afferma che solo quando la mente è ricca di pensieri ha la possibilità di contribuire ulteriormente allo sviluppo della scienza, personalmente.

Di conseguenza, bisogna fare in modo che nel ginnasio:
"[...] si impari qualcosa, che sia cacciata l'ignoranza, che la testa vuota venga riempita di pensieri e di contenuto, che venga cacciata via quella caratteristica naturale del pensiero, ossia la casualità, l'arbitrio, la parzialità dell'opinione [...]"
(Dell'insegnamento della filosofia nei ginnasi, parte II, «Metodo»)

Qual è il contenuto adatto per studenti tra i 14 e i 18 anni e come si può guidarli verso il pensiero speculativo? Anche Hegel, nonostante le sue riserve sull'utilità della filosofia nelle scuole superiori, concorda sul fatto che se questa disciplina deve essere insegnata, deve necessariamente portare gli studenti a "imparare a pensare speculativamente". Hegel precisa che questa preparazione al pensiero speculativo coinvolge prima di tutto l'abituarsi al "pensiero astratto" e al "pensiero dialettico", e in secondo luogo, l'acquisizione di "rappresentazioni dal contenuto speculativo".

Cosa significa questa precisazione? Hegel distingue tre fasi nel processo di conoscenza dello spirito: il momento intellettuale o astratto, il momento negativo o dialettico e il momento speculativo o veramente razionale. Nel momento intellettivo astratto, si tratta le determinazioni della realtà e del pensiero come distinte l'una dall'altra, separando le singole realtà ottenute per astrazione dall'esperienza sensibile. Nel secondo momento razionale negativo o dialettico, la ragione mostra che ogni realtà deve essere messa in relazione con altre determinazioni, a cominciare da quella opposta che la nega. Ad esempio, per comprendere il concetto di bene, è necessario metterlo in relazione con il male e per capire la vita, è necessario collegarla alla morte. La negazione assume un ruolo fondamentale per uscire dall'astrattezza del pensiero e metterlo in movimento.

Infine, nel terzo momento razionale positivo o speculativo, la ragione comprende che le prime due determinazioni sono superate in una sintesi superiore che le ingloba. In questo senso, la sintesi supera e conserva contemporaneamente ciò che era contenuto nei primi due momenti.

Hegel ritiene che gli studenti delle scuole superiori possano tranquillamente comprendere solo la prima forma di conoscenza, quella intellettuale che li aiuta a distaccarsi dalla realtà sensibile per elevarsi all'astratto. Il secondo aspetto, ovvero l'elemento dialettico che consente di capire come ogni determinazione della realtà sia contraria a un'altra determinazione, risulta meno interessante per i giovani desiderosi di concretezza e completezza. Questo li mette in difficoltà di fronte a ragionamenti che si allontanano troppo dall'esperienza e li rendono complicati. Il terzo elemento, quello speculativo che permette di vedere che gli opposti sono, in realtà, una cosa sola, rappresenta il momento "veramente filosofico" della conoscenza ed è il più difficile da raggiungere.

Certamente, si può avvicinare a esso attraverso la "rappresentazione" e l'"immaginazione", ad esempio quando si parla della vita universale della natura che si muove e si configura con una forma infinita. Tuttavia, tali visioni, che stimolano l'immaginazione e inducono il giovane a considerare ogni aspetto della realtà come manifestazione dell'assoluto, non portano realmente l'oggetto nel concetto ma solo davanti alla rappresentazione.

L'insegnamento di tipo narrativo o evocativo, con concessioni all'uso di linguaggio religioso e immagini di tipo panteistico, può portare solo l'oggetto davanti alla rappresentazione e non nella forma del concetto. In altre parole, l'oggetto rimane esterno al soggetto che non lo pensa veramente in modo concettuale. Hegel sottolinea che lo speculativo nella forma superiore del concetto può comparire con cautela durante le lezioni al ginnasio ma pochi possono davvero comprenderlo.

Pertanto, poiché l'insegnamento ginnasiale della filosofia ha un carattere principalmente propedeutico, dovrebbe limitarsi alla preparazione al pensiero speculativo e all'acquisizione di rappresentazioni dal contenuto speculativo. In altre parole, è possibile utilizzare metafore e un linguaggio quasi visivo per far comprendere la verità delle cose. Tuttavia, non è realistico aspettarsi che uno studente liceale possa accedere completamente al principio chiave della filosofia hegeliana, ovvero che ogni aspetto della realtà, compreso nella sua verità, ci rinvii sempre e solo all'assoluto che pensa a se stesso.



Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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