Hegel - Lezione 4 - La costruzione del sistema: logica, natura e spirito soggettivo


Immagine Hegel
1) Dalla Fenomenologia al sistema enciclopedico
2) La logica
3) Essere, essenza, concetto
4) La filosofia della natura
5) I tre momenti della filosofia dello spirito
6) Lo spirito soggettivo

Dalla Fenomenologia al sistema enciclopedico


L'idea che la filosofia debba essere più di una semplice aspirazione al sapere ma piuttosto il possesso effettivo del sapere, manifestandosi come scienza strutturata in un sistema, è un concetto antiromantico che emerge chiaramente nel titolo della Fenomenologia dello Spirito (Sistema della scienza. Parte prima: Fenomenologia dello Spirito). A Norimberga, Hegel aveva già formulato la struttura tripartita del suo sistema, comprendente la "logica" (intesa come "scienza dell'idea in sé e per sé"), la "filosofia della natura" (come "scienza dell'idea nella sua alterità") e la "filosofia dello spirito" (rappresentante la "scienza dell'idea che ritorna in sé dalla sua alterità"). Mentre la Scienza della Logica, pubblicata tra il 1812 e il 1816 a Norimberga, riceve uno sviluppo autonomo, le altre due parti sono trattate solo nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio e nelle lezioni universitarie.

La svolta verso una elaborazione sistematica avviene nel 1817 con la pubblicazione della prima edizione dell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Inizialmente concepita come un riassunto a scopo didattico, l'opera afferma l'identità tra filosofia ed enciclopedia, sottolineando il carattere sistematico della filosofia che è inseparabile dal suo carattere scientifico. Il vero, secondo Hegel, è completo solo come "intero", non come un aggregato casuale di conoscenze ma come una totalità articolata nelle sue distinzioni, un sistema del sapere che segue un ordine determinato e "necessario". La filosofia costituisce una "totalità", un "circolo" (l'enciclopedia significa "circolo" o "ciclo" del sapere) e questo concetto si riflette anche in ogni singola scienza, dando luogo a un circolo di circoli o a una triade di triadi.

Il sistema è suddiviso in tre parti. In primo luogo, la logica è la scienza dell'idea pura, l'esposizione di Dio nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e dello spirito finito, unificando temi tradizionalmente trattati dalla logica e dalla metafisica sulla base dell'identità tra razionale e reale. In secondo luogo, la filosofia della natura è la scienza dell'idea che si "aliena", uscendo da sé stessa e diventando "altro da sé". Essa esamina il ruolo delle moderne scienze della natura, rivendicando il ruolo autonomo della filosofia anche in questo campo. In terzo luogo, la filosofia dello spirito è la scienza dell'idea che ritorna in sé dal proprio processo di alienazione, rivolgendosi al mondo dell'uomo sia come individuo (spirito soggettivo) che come essere sociale che vive le dimensioni del diritto, della morale, della politica (spirito oggettivo) ed infine come cultura e sapere, dove lo spirito ritorna compiutamente in sé attraverso l'arte, la religione e la filosofia, realizzando la vita divina nell'uomo (spirito assoluto).


La logica

Nel periodo di Jena, Hegel aveva considerato la logica come un processo di purificazione dell'intelletto finito, mirante a distruggere le sue pretese in preparazione al passaggio alla metafisica, ossia la filosofia speculativa. Egli sosteneva che la logica fosse limitata alla conoscenza del finito, definita come "riflessione" mentre la metafisica aveva come oggetto la conoscenza dell'infinito. Dopo la Fenomenologia dello spirito, Hegel identifica logica e metafisica. Afferma che la logica deve sostituire la tradizionale metafisica, abbandonata a causa delle critiche kantiane sulla conoscibilità della "cosa in sé" e diventare essa stessa metafisica, ovvero filosofia speculativa.

Per Hegel, l'obiettivo è costruire una "logica speculativa" in cui la ragione si elevi oltre le limitazioni dell'intelletto, rivelando la struttura profonda della realtà attraverso un telaio di concetti. Hegel propone un ritorno al panorama ontologico di Platone e Aristotele, in cui logica e metafisica non erano separate. Secondo Aristotele, la logica rifletteva nella mente la struttura eterna e necessaria dell'essere. Tuttavia, per Hegel, la struttura razionale del pensiero e della realtà non è statica. Le categorie del pensiero si muovono internamente, richiamandosi reciprocamente e attraversandosi, in un movimento che riflette l'evoluzione interna della realtà.

Oltre alla Scienza della logica, Hegel affronta l'argomento nella prima sezione dell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. La logica si suddivide in tre parti che corrispondono ai tre momenti della dialettica: il momento astratto o intellettivo, il momento dialettico o negativamente razionale e il momento speculativo o positivamente razionale. La dottrina dell'essere tratta il pensiero nella sua immediatezza, la dottrina dell'essenza, nella sua riflessione e la dottrina del concetto, nel suo ritorno a sé. Le prime due parti compongono la logica oggettiva o metafisica, occupandosi degli oggetti della metafisica tradizionale, l'essere e l'essenza. La terza è la logica vera e propria o logica soggettiva, compimento della verità del pensiero, in quanto, superata la falsa distinzione tra essere ed essenza, rimane solo l'idea, unico soggetto della realtà che si pensa nella forma del concetto.


Essere, essenza, concetto

La prima parte del discorso si concentra sull'argomento dell'"essere", il concetto più immediato e indeterminato. Dopo aver affermato, seguendo il pensiero di Parmenide, che l'essere è semplicemente ciò che è, sembrerebbe che non si possa aggiungere nulla senza contraddirsi: questo essere assolutamente indeterminato, del quale non si può dire nulla, sembra non differenziarsi affatto dal nulla stesso, che diventa la sua antitesi. Tuttavia, sia l'essere che il nulla convergono nel concetto di divenire che rappresenta la loro sintesi, evidenziando che essi non esistono autonomamente: l'essere si determina escludendo ciò che non è, mentre il nulla si determina indicando ciò che l'essere non è più o non è ancora, ovvero la possibilità offerta dal divenire. Il divenire di essere e nulla genera così l'essere determinato, ossia l'essere qualcosa, l'essere finito. Ogni essere finito o determinato esiste solo in relazione ad altro, differenziandosi da ciò che non è e distinguendosi come altro da sé. Da ciò deriva quello che Hegel definisce il processo all'infinito, poiché ogni essere finito richiama necessariamente altro da sé per esistere in una catena infinita. Se si concepisce l'infinito come la semplice negazione del finito, con i due in opposizione, si ottiene la "cattiva infinità", tipica della filosofia di Fichte. Invece, se si comprende che l'infinito è la "negazione della negazione" del finito, ovvero che ogni finito è necessariamente una determinazione dell'infinito, si accede alla considerazione della "vera infinità". La scoperta che il finito si risolve nell'infinito, o che l'infinito si risolve nella successione infinita di determinazioni finite, porta all'idealismo: Hegel sostiene che ogni filosofia è idealistica, poiché riconosce che il finito in sé non ha alcuna assolutezza.

"[...] La proposizione, che il finito è ideale, costituisce l'idealismo. L'idealismo della filosofia consiste soltanto in questo, nel non riconoscere il finito come un vero essere. Ogni filosofia è essenzialmente idealismo, o per lo meno ha l'idealismo per suo principio, e la questione non è allora se non di sapere fino a che punto cotesto principio vi si trovi effettivamente realizzato. La filosofia è idealismo com'è idealismo la religione. [...]. L'opposizione di filosofia idealistica e realistica è quindi priva di significato. Una filosofia che attribuisse all'esistere finito, come tale, un vero essere, un essere definitivo, assoluto, non meriterebbe il nome di filosofia [...]"
(Scienza della logica, vol. I, sez. I, cap. 2, § C, nota II)

Dopo aver esplorato la natura infinita di ogni determinazione finita dell'essere, si può considerare l'essere come quantità, numero, misura. Al di là di queste determinazioni immediate dell'essere, sorge la necessità di definire cosa sia, aprendo la strada alla logica dell'essenza. La seconda parte riguarda l'"essenza", ossia l'essere che diventa oggetto di riflessione e definizione da parte del pensiero, il quale cerca di trovare nella sua essenza la verità dell'essere. Hegel sostiene che, a differenza dell'apparenza immediata dell'essere, il pensiero deve definirne la vera essenza, utilizzando i principi di identità e non contraddizione. Per Hegel, ogni cosa è identica a sé stessa ma simultaneamente è diversa, opposta e in contraddizione con le altre cose. Nella logica dell'essenza, egli esamina le categorie tradizionali della metafisica per comprendere la realtà (fenomeno, materia, forma, relazione, sostanza, causa, azione reciproca), sostenendo che solo considerando la contraddizione non come opposizione assoluta ma come necessaria relazione tra ogni cosa, si può comprendere l'essenza dell'essere, risolta nel concetto. La terza parte tratta del "concetto", attraverso il quale la realtà è pensata per ciò che è: non un insieme irrisolto di contraddizioni ma un'unità tra essere ed essenza in una sintesi superiore. Hegel afferma che il concetto è la verità dell'essere, unendo dialetticamente i processi di pensiero del soggetto che ragiona (dottrina della soggettività) e i processi reali che costituiscono l'oggetto (dottrina dell'oggettività), convergendo nella totalità razionale del reale (dottrina dell'idea). "Il vero è l'intero" e si manifesta come risultato di un processo che coinvolge l'essere e il pensiero; la realtà si rivela come idea, principio razionale di vita che giunge a conoscere e pensare se stessa. Introduce qui il concetto di "sviluppo" o "svolgimento" dell'idea, indicando la via d'uscita dalla dimensione della logica: il processo in cui l'idea si aliena per poi ritornare a se stessa, senza diventare altro da sé. Lo sviluppo può essere chiarito richiamando le categorie aristoteliche di potenza e atto: ciò che è implicito nel primo momento si oggettiva, si aliena, esce da sé, per poi ritornare a sé nella pienezza della sua realizzazione. Per Hegel, questo processo passa per l'oggettivazione della forma logica ma si compie solo nella consapevolezza realizzata dello spirito. In altre parole, affinché l'idea sia effettuale, deve manifestarsi liberamente come natura per poi essere compresa come spirito e diventare soggetto.

Considerando che l’idea contiene in nuce tutti i suoi sviluppi successivi, possiamo comprendere la celebre formula hegeliana secondo cui la logica costituisce:

"[...] l’esposizione di Dio, come egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito [...]"
(Scienza della logica, Introduzione)

La natura rappresenta piuttosto "il concetto nella forma dell'alterità", ossia il concetto che si estranea, diventando altro da sé, pur rimanendo, nella sua struttura logica, costantemente identico a se stesso. La sua posizione nel contesto del sistema è un punto cruciale, sebbene secondo Hegel la vera comprensione della natura si manifesti solo nell'autocomprensione dello spirito.


La filosofia della natura

Questa è la parte del pensiero hegeliano che fin dall'inizio ha ricevuto molte critiche, considerata obsoleta e legata al contesto temporale e culturale in cui è emersa. Un aspetto già menzionato è la limitata simpatia e sensibilità di Hegel nei confronti della natura, evidente nella sua disputa con Schelling e i romantici, strettamente legata al suo deciso antropocentrismo. Nonostante tutto derivi dall'idea e si risolva nell'assoluto, la natura rimane comunque l'idea nel suo essere diverso, nel suo alienarsi e negarsi: per Hegel, solo lo "spirito" può rendere conto del ritorno dell'idea a se stessa dalla sua alienazione. La natura può solamente manifestare in modo estrinseco, attraverso la sua struttura gerarchica per gradi, la progressione che conduce all'individualità umana, punto di partenza della coscienza e, di conseguenza, dei processi intrinsecamente significativi per lo spirito.

L'accusa più seria rivolta alla filosofia della natura hegeliana riguarda la sua presunta pretesa di discutere della natura ignorando le scienze sperimentali e i loro risultati. Tuttavia, come dimostrano gli studi più recenti, questa accusa non è completamente giustificata e dovrebbe essere piuttosto indirizzata alle approssimazioni presenti nella Naturphilosophie dei romantici, da cui Hegel si distanzia chiaramente. Egli afferma esplicitamente che la scienza filosofica della natura presuppone la fisica empirica e critica le forzature e le vaghe analogie presenti nella filosofia della natura di Schelling.

È più corretto parlare di una differenza di paradigmi rispetto all'approccio meccanicistico della fisica newtoniana, come evidenziato nella polemica di Goethe sulla teoria dei colori, con la quale Hegel concorda. Quando critica la famosa affermazione di Newton "hypotheses non fingo", Hegel intende sostenere che le leggi fisiche newtoniane sono effettivamente ipotesi, generalizzazioni basate sull'esperienza e prive di necessità concettuale. Al contrario, si ispira ai risultati più recenti della chimica e delle scienze della vita per proporre un approccio alla natura come sistema finalizzato a realizzare l'organicità delle forme viventi.

In sostanza, l'obiettivo polemico di Hegel è duplice: da un lato, contesta la liquidazione della filosofia della natura a favore della scienza newtoniana; dall'altro, rifiuta la divinizzazione della natura operata dai romantici e da Schelling, sostenendo che lo spirito è infinitamente superiore alla natura. Quest'ultima è inevitabilmente colpita dall'accidentalità ed esteriorità, rappresentando l'esteriorità immediata e la "contraddizione insoluta" esposta alla casualità. La sua azione non può essere adeguatamente ridotta a un "sistema" di leggi e classificazioni non a causa dei limiti dell'esperienza ma a causa dell'"impotenza della natura a realizzare il proprio concetto". La struttura della natura, pur rimanendo dialettica, si articola in una rigida successione di tre momenti: la "meccanica", dominio dell'esteriorità o dell'"infinito isolamento", in cui l'unità è solo un'aspirazione; l'oggetto di studio è la "materia", considerata prima astrattamente come spazio-tempo, poi come attrazione-repulsione, infine come gravitazione.

La «fisica» è la sfera dell’«individualità naturale», è l’idea della natura:

"[...] nella determinazione della particolarità, per cui la realtà è posta con la determinatezza formale immanente e con la differenza in essa esistente [...] ".
(Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, § 252)

Nell'analisi qualitativa dei fenomeni, si verifica un'individualizzazione della materia, rompendo con l'indistinzione del livello precedente. I processi precedentemente dispersi acquisiscono un certo grado di unità. Ad esempio, ciò si manifesta nella luce, nei corpi celesti, negli elementi e in determinate caratteristiche come il peso specifico e il calore, culminando nella triade di magnetismo, elettricità e chimismo (come proposto dalla filosofia della natura di Schelling). Questo contesto include anche la difesa da parte di Goethe della sua teoria dei colori, in contrasto con la teoria newtoniana.

Nella "fisica organica", emerge la "soggettività" della natura. Inizialmente si osserva nell'organismo geologico (dove anche i pianeti sono concepiti come totalità viventi), successivamente nel regno vegetale (caratterizzato dalla differenziazione degli organi ma con ogni parte che contiene l'intero e può riprodurlo) e infine nell'organismo animale. In quest'ultimo, si raggiunge la massima differenziazione degli organi, strettamente correlati per realizzare le funzioni di sensibilità, irritabilità e riproduzione. Sebbene nell'atto riproduttivo l'organismo animale possa avvicinarsi a una sorta di immortalità, questa riguarda la specie e il genere, non l'individuo. L'inadeguatezza dell'individuo animale rispetto al genere rappresenta la sua malattia originaria e mortale. Solo attraverso un nuovo passaggio dialettico, bruciando, per così dire, come la mitica Fenice, la natura può liberarsi dal morto involucro, risorgendo come spirito e dando luogo a una nuova sintesi di universale e individuale.


I tre momenti della filosofia dello spirito

Secondo Hegel, lo spirito trova la sua essenza nella libertà, in contrasto con la necessità che domina la natura. La libertà, per Hegel, si manifesta nel "non dipendere da altro" e nel "rapportarsi a se stesso". Inizialmente, lo spirito acquisisce la consapevolezza che la libertà è la sua essenza, rappresentando il momento dello spirito soggettivo. Successivamente, poiché la libertà non è immediatamente presente, lo spirito deve realizzarla attraverso la sua attività nel "mondo", costituendo il momento dello spirito oggettivo. La libertà si concretizza in diverse forme fino a raggiungere la sua realizzazione suprema nello Stato moderno, come concepito da Hegel, ad esempio, nella monarchia costituzionale. Solo dopo aver ottenuto una realizzazione esteriore nel mondo, lo spirito può giungere a comprendere appieno la sua natura, completando il suo percorso con l'autoconsapevolezza attraverso l'arte, la religione e infine il concetto, ossia la filosofia. Questo costituisce il momento dello spirito assoluto.


Lo spirito soggettivo

I tre momenti dello spirito soggettivo sono rappresentati dall'«anima», oggetto dell'«antropologia», dalla «coscienza», oggetto della «fenomenologia», e dallo «spirito» in senso proprio, oggetto della «psicologia».

L'anima costituisce il momento aurorale dello spirito, il suo emergere dal sonno della vita naturale e la sua formazione nell'uomo attraverso il distacco dall'immersione nei ritmi costanti della natura. In questo stadio, il soggetto non è ancora consapevole della propria alterità rispetto alla natura. Nell'antropologia di Hegel, si esplorano le prime determinazioni dell'anima umana, le più elementari, dove si manifestano funzioni non razionali e non consapevoli. Hegel si sofferma sull'influenza esercitata sull'anima universale da fattori come i climi, le stagioni e le diverse caratteristiche geografiche dei continenti. Questa analisi è cruciale per comprendere le differenze tra le razze umane, poiché Hegel ritiene che non tutte siano adatte a sviluppare una coscienza della libertà come fine propriamente umano.

Hegel valuta le differenze tra le razze, classificandole in base a criteri fisici e spirituali. Emerge che solo la razza bianca caucasica, abitante della zona temperata settentrionale (Europa), può essere il veicolo dello spirito e sviluppare la coscienza di sé in forme superiori della cultura.

Nell'antropologia di Hegel, si analizza l'emergere delle qualità primarie dell'anima prima che essa acquisisca la consapevolezza di essere diversa dal mondo esterno. La coscienza, oggetto della fenomenologia, attraversa fasi come la coscienza sensibile, la percezione, l'intelletto, il desiderio, l'autocoscienza e la ragione. La vera realizzazione dello spirito avviene quando la coscienza diventa consapevole che al di fuori di sé non esiste nulla, giungendo a conoscere la propria vera essenza, la libertà, e determinarsi come volontà di realizzarla, tema specifico della psicologia.

La sintesi di «spirito teoretico» e «spirito pratico» porta alla nascita dello spirito libero, che si manifesta come «volontà libera» destinata a realizzarsi nel mondo, diventando «spirito oggettivo». Hegel conclude la sezione dello spirito soggettivo sottolineando che l'idea di libertà, portata nel mondo dal cristianesimo, ha avuto fraintendimenti, con interi continenti come l'Africa e l'Oriente che, secondo lui, non l'hanno mai posseduta. La vera idea di libertà, come libertà soggettiva, è emersa con il cristianesimo e diventata centrale nella modernità, un principio assente nelle concezioni antiche che subordinavano l'individuo alla comunità o allo Stato. Nella filosofia dello spirito oggettivo, Hegel dedica la sua attenzione alla progressiva realizzazione concreta di questa forma di libertà nella modernità, con massima espressione nella "totalità etica" rappresentata dallo Stato, dove sono garantiti i diritti individuali alla proprietà e all'indipendenza, a differenza del mondo antico.



Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

Utenti più Affidabili:

Ultimi Articoli:

Ultimi Commenti:

Commenti:


Commenti Verificati Tutti i Commenti