Hegel - Lezione 2 - La formazione del pensiero filosofico di Hegel


Immagine Hegel
1) La biografia
2) L'idealismo come un nuovo modo di pensare la realtà
3) La formazione nel contesto storico e culturale
4) Gli scritti teologici giovanili
5) Testi di Tubinga-Berna (1793-1797)
6) Testi di Francoforte (1797-1800)
7) Hegel a Jena

La biografia

Georg Wilhelm Friedrich Hegel nasce a Stoccarda il 27 agosto 1770, nel granducato del Württemberg, da un padre alto funzionario del granduca. La sua formazione umanistica al locale ginnasio lo porta a immergersi in vaste letture storiche e letterarie. Nel 1788 si trasferisce a Tubinga per studiare allo Stift, un seminario per la formazione dei ministri protestanti, dove stringe legami significativi con due personalità eccezionali: Schelling e Hölderlin. Insieme, condividono letture, convivialità studentesca e entusiasmo per la Rivoluzione francese.

Dopo gli studi a Tubinga, Hegel intraprende la carriera di precettore a Berna (1793-1796) e successivamente a Francoforte (1797-1800). Durante questi anni, sebbene non pubblichi nulla, i suoi scritti testimoniano un intenso lavoro sulla religione e il suo ruolo nella formazione individuale e collettiva. Nel 1799, a seguito della morte del padre, Hegel eredita una modesta fortuna che gli consente di dedicarsi alla carriera universitaria. Nel 1800 si trasferisce a Jena, pubblicando nel 1801 la sua prima opera, "Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling", in cui ridefinisce il dibattito interno all'idealismo.

Gli anni 1802-1803 vedono la massima vicinanza con Schelling, con Hegel che scrive per il "Giornale critico di filosofia" e dimostra una personalità indipendente. Nel 1807 pubblica la "Fenomenologia dello spirito", un testo complesso che presenta la sua nuova prospettiva filosofica. Le difficoltà economiche lo spingono a trasferirsi a Bamberga nel ruolo di redattore di una gazzetta ma nel 1808 diventa preside e insegnante a Norimberga. In questo periodo, sviluppa il sistema definitivo, pubblicando nel 1812 e nel 1816 la "Scienza della logica".

Nel 1816, diventa professore di filosofia all'Università di Heidelberg, pubblicando nel 1817 l'"Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio". Nel 1818 accetta la cattedra di filosofia all'Università di Berlino, iniziando un'attività d'insegnamento di vasta risonanza. Nel 1821 pubblica i "Lineamenti di filosofia del diritto", la sua opera più importante del periodo berlinese. Nel 1831, Hegel muore improvvisamente durante un'epidemia di colera.


L'idealismo come un nuovo modo di pensare la realtà

Per penetrare nel pensiero di Hegel è necessario adottare un cambiamento di prospettiva. Come molti filosofi, Hegel ritiene che sia suo compito mostrare agli individui ciò che essi non sono in grado di comprendere. Questo perché spesso le persone si limitano a percepire la realtà solo attraverso la superficie, senza penetrare nella sua vera essenza. Hegel critica altri filosofi, come Kant e Fichte, accusandoli di mancare della capacità di cogliere la totalità della realtà. Afferma che questi filosofi frammentano la conoscenza in singole parti, impedendo così di coglierne la connessione interna.

Se gli uomini comuni sono intrappolati nel senso comune, i filosofi, secondo Hegel, sono prigionieri dell'intelletto che offre solo una conoscenza parziale della realtà. Questi filosofi non riescono a collegare gli aspetti separati della realtà, perdendo il significato più ampio e vero. Hegel critica anche altri filosofi, come Schelling e Schleiermacher, che credono nella possibilità di conoscere direttamente la totalità delle cose attraverso un atto di intuizione geniale.

A differenza di Platone, che sosteneva che i filosofi vedono la vera realtà delle idee, Hegel crede che la verità non sia separata dal mondo sensibile. Tuttavia, egli sostiene che la verità è inaccessibile attraverso gli strumenti cognitivi comuni e solo il filosofo può comprendere la realtà come un insieme articolato di manifestazioni dell'assoluto, chiamato da Hegel "idea". Questo sapere richiede il superamento dialettico delle apparenti contraddizioni tra le determinazioni astratte per giungere a una comprensione speculativa attraverso la ragione.

Filosofi come Giordano Bruno e Baruch Spinoza avevano affermato che l'essere è uno e infinito, ogni manifestazione della realtà è un "modo di essere" dello stesso infinito. Hegel concorda con questa visione ma precisa che l'essere si manifesta compiutamente solo attraverso l'insieme delle sue manifestazioni. Le filosofie panteistiche tradizionali, secondo Hegel, mancano il loro obiettivo perché non rendono conto della connessione tra finito e infinito, offrendo così una visione limitata dell'assoluto.

La verità dell'idealismo, secondo Hegel, risiede nella capacità di riconoscere che ogni determinazione finita è una manifestazione dell'infinito che si completa nel suo manifestarsi. Mentre Galilei riteneva che la lettura del libro della natura richiedesse la conoscenza preventiva della matematica, per Hegel, la lettura del grande libro scritto continuamente dall'assoluto richiede chiavi interpretative complesse e la capacità di cogliere la logica del vivente al di là dei principi di identità e non contraddizione.

In sintesi, comprendere Hegel richiede un abbandono delle certezze quotidiane e del buon senso, accettando di seguire il filosofo in un percorso di trasfigurazione della realtà, dove la contraddizione non è un divieto ma uno strumento per comprendere più a fondo l'interconnessione di tutte le cose, poiché dietro ogni manifestazione si muove l'assoluto.


La formazione nel contesto storico e culturale

La straordinaria fioritura della cultura tedesca tra il Settecento e l'Ottocento è strettamente legata alle circostanze storiche di una Germania devastata e frammentata dalle guerre del Seicento. Nel secolo successivo, la nazione inizia a risollevarsi, trovando un posto nella storia europea. Questo periodo di rinascita non è solo dovuto all'ascesa politica di Federico II, noto come "re filosofo", guerriero ed anche alla capacità della cultura tedesca di esprimersi in modo originale attraverso figure come Kant e Goethe.

Federico II preferiva il francese, lingua internazionale dell'epoca, ma con Kant e Goethe, la cultura tedesca ha dimostrato di poter esprimere concetti originali nella propria lingua, superando i complessi d'inferiorità. Nonostante la stagnazione politica, l'intelletto tedesco si è manifestato attraverso la filosofia romantica, compensando le lacune politiche. I giovani intellettuali tedeschi, desiderosi di riscatto, hanno elevato Kant a figura profetica e quasi salvifica, considerandolo il Mosè che indica al popolo tedesco la strada verso la terra promessa.

Un paradosso sorge nel pensiero kantiano che accetta il limite e la finitudine umana. Questo contrasta con i giovani intellettuali tedeschi che non accettano di essere limitati dalla finitezza umana. Vivendo le contraddizioni del loro tempo, tra progresso materiale e crisi morale, scienza e poesia, libertà e determinismo, classicità e cristianesimo, le nuove generazioni non trovano significato nel progresso o in una cultura priva di connessione emotiva e senso complessivo della vita.

In questo contesto, emerge la sensazione di una svolta radicale nell'umanità, sostenuta dagli sconvolgimenti politici dell'epoca. Si diffonde l'idea di completare la rivoluzione politica francese con una rivoluzione culturale, con la Germania al centro. La filosofia illuministica non soddisfa e la religione tradizionale non risuona più nei cuori. Non si tratta solo di rifiutarla ma di reinventarla. La riscoperta di Spinoza, promossa da Jacobi, suggerisce un nuovo modo di concepire il divino come Uno-Tutto, non più geometrico come in Spinoza ma all'interno di una natura vivificata dallo spirito, accessibile all'intuizione di artisti e filosofi.

Il gruppo romantico trova nell'arte, in particolare nella poesia, un accesso privilegiato all'assoluto. Fichte rilegge il kantismo in chiave di idealismo etico e i romantici lo reinterpretano in chiave estetica, considerando il poeta come il massimo creatore di realtà, un possibile messia in grado di indicare e creare nuovi mondi durante le crisi epocali. Hegel, pur influenzato dai temi romantici e mistici nella sua formazione con Hölderlin e Schelling a Francoforte, si distingue per la sua ricerca di conciliazione attraverso prospettive politiche, educative e religiose, con un temperamento meno poetico rispetto ai suoi contemporanei.

Nel diario di un viaggio nelle Alpi bernesi, nel luglio del 1796, emerge la figura di un giovane intellettuale poco attratto dallo spettacolo della natura selvaggia. La sensibilità di Hegel si discosta notevolmente da quella di Kant, il quale rimase affascinato dal "cielo stellato sopra di me", trovando nel finalismo la bellezza della natura nella Critica del giudizio. Hegel, caratterizzato da una forte impronta ebraico-cristiana, si distingue per il suo marcato antropocentrismo, convinto che lo spirito umano contenga una vita infinitamente più ricca e profonda rispetto a quella della natura.

Tuttavia, un breve e denso testo, intitolato "Primo programma di sistema dell'idealismo tedesco", attribuito a Hegel ma con contenuti che richiamano piuttosto Hölderlin e Schelling, rivela un aspetto diverso. Questo testo, redatto durante l'ultimo periodo a Berna o il primo a Francoforte, rappresenta probabilmente il frutto di un intenso legame tra i tre giovani intellettuali, accomunati dal desiderio di filosofare insieme.

Più che essere un documento sistematico, il testo si configura come un manifesto di rinnovamento globale (etico-politico-religioso) del mondo, affrontato da una prospettiva estetica. L'obiettivo è superare i limiti della ragione illuministica, proponendo la mitologia come veicolo di rinnovamento. Si sostiene che solo attraverso un rivestimento sensibile, la verità può comunicarsi a tutti gli uomini e investire l'essere umano nella sua totalità. Questa visione si distacca dal nostalgico vagheggiamento dell'armonia antica proposto in quegli anni dal classicismo di Schiller e Goethe, per abbracciare una "mitologia della ragione", in linea con le indicazioni di Herder per l'educazione dei popoli.


Gli scritti teologici giovanili

La filosofia di Hegel si manifesta fin dai primi scritti come un tentativo di reinterpretare la religione cristiana. I principali pensatori del romanticismo filosofico tedesco, da Fichte a Schelling, da Hegel a Hölderlin, hanno una formazione teologica. In un'epoca segnata dalla Rivoluzione francese e dalla secolarizzazione, promuovono l'integrazione della teologia nel cuore della speculazione filosofica, intrecciando concetti greci come il lògos con categorie e temi di origine ebraico-cristiana, come l'incarnazione di Dio e la Trinità.

Fichte e Schelling affrontano la trascendenza divina nella loro speculazione matura; Hegel cerca di superare definitivamente la trascendenza nella comprensione filosofica della realtà ma il suo dialogo con la teologia cristiana è costante e caratterizza le tappe della sua maturazione teorica. Gli Scritti teologici giovanili, pubblicati per la prima volta nel 1907, evidenziano le prime fasi della riflessione sulle forme dell'esperienza religiosa e sul loro ruolo formativo nella coscienza individuale e collettiva.

Queste riflessioni giovanili, sebbene private e non destinate alla pubblicazione, rivelano la critica decisa del giovane Hegel alla tradizione da cui proviene. Manifesta la necessità di rivalutare il ruolo della religione nella storia, con uno sguardo alla formazione civile. In "Religione popolare e cristianesimo", Hegel sostiene che il concetto di religione non si limita a una scienza su Dio e attributi divini ma rappresenta anche un modo di concepire i doveri umani nel mondo, plasmato per parlare al cuore e alla sensibilità, costituendo le convinzioni di un popolo.

Il giovane Hegel critica il cristianesimo dogmatico del suo tempo, favorendo il modello della religione greca come capace di rappresentare e rendere sacri i sentimenti etici di un popolo. Parallelamente, nelle convinzioni del giovane Hegel si riflette l'idea, in parte derivata da Kant, che l'obiettivo dell'educazione sia la disciplina interna della volontà, affinché possa esprimersi come convinzione profonda e scelta libera.


Testi di Tubinga-Berna (1793-1797)

Tra i primi scritti teologici di Hegel, quelli compresi tra il 1793 e il 1797 presentano caratteristiche notevolmente coese. Nel suo primo testo, "Religione popolare e cristianesimo" (1793-1795), Hegel esplora la differenza fondamentale tra la "religione soggettiva", rappresentante la dimensione viva della religiosità, e la "religione oggettiva", intesa come un insieme di dogmi e pratiche prive di vita se non alimentate da autentiche motivazioni e sentimenti etici. Il testo è permeato di richiami all'antichità classica, idealizzata come modello di armonia etica, proponendo persino un confronto tra l'insegnamento esemplarmente umano di Socrate e quello di Gesù, enfatizzando come l'aggiunta del divino renda il modello di Gesù difficile da imitare e possa forse inclinare verso ideali che superano l'umanità. Hegel sottolinea gli effetti negativi di uno spirito assoluto di virtù nel contesto della legalità operante, minando l'autorità dei custodi delle leggi e delle tradizioni.

Il cristianesimo, sin dalle sue origini, porta con sé la contraddizione di nascere come religione "privata", mirando a formare la morale degli individui, per poi evolversi in una religione "pubblica" con insegnamenti che dovrebbero plasmare il modo di vivere di una comunità politica. Accolto positivamente durante l'epoca di decadenza della "virtù pubblica dei romani", il cristianesimo deve trovare la sua "vera e autonoma dignità" in un contesto civile e istituzionale di qualità superiore. Nella "Vita di Gesù" (1795), Hegel interpreta la figura di Cristo come portatore di una pura forma di razionalità morale, chiaramente ispirandosi alla "Religione nei limiti della semplice ragione" (1793) di Kant. Rielaborando il "Discorso della montagna" in linguaggio kantiano, Hegel traduce il precetto fondamentale di agire secondo una massima che potrebbe valere come legge universale tra gli uomini.

L'azione di Gesù è descritta come rivolta al rinnovamento interiore dell'individuo, in netto contrasto con il culto delle norme e dei riti della religione ebraica. Ogni gesto e ogni parola di Gesù, come narrato nei Vangeli, è reinterpretato come un costante richiamo alla sostanza interiore dei valori morali, contrapponendosi al vano rispetto esteriore delle regole. Non si tratta di rifugiarsi in una religione puramente interiore ma piuttosto nell'intento di Gesù, presentato da Hegel come esemplare, di rinnovare lo "spirito della legge", basandosi su pochi principi (l'amore per Dio e per il prossimo) con infinite applicazioni possibili.

Nella "Positività della religione cristiana" (1795-1796), Hegel sottolinea che anche il cristianesimo, analogamente all'ebraismo, ha assunto nella storia tratti di una religione "positiva", accentuando gli aspetti dogmatici della dottrina e la pretesa di imporre dall'esterno al credente le "verità" teologiche. Questa richiesta di assenso incondizionato, basata sull'autorità anziché sulla ragione, non riguarda solo il cristianesimo storico, ma coinvolge anche la figura stessa di Cristo. A differenza di Socrate, che si basava sul richiamo al giudizio interiore, Cristo ha dovuto imporre una legge diversa da quella mosaica, centrata sull'intenzione morale anziché sulle pratiche esteriori. Tuttavia, questo ha contribuito a favorire la nascita del cristianesimo come culto della persona di Cristo, evolvendosi nel tempo in una struttura istituzionalizzata, dogmatica e "positiva".


Testi di Francoforte (1797-1800)

I testi provenienti da Francoforte evidenziano un netto superamento del punto di vista di Kant e una rivalutazione del cristianesimo. Hegel cerca ora, influenzato dagli eventi legati alla Rivoluzione francese, una conciliazione simbolica delle scissioni manifestatesi nella storia della modernità. Le sue riflessioni si dirigono verso una critica della religione del dovere kantiana e un recupero della funzione storica del cristianesimo, valorizzando il suo messaggio fondamentale: l'amore. Nell'amore, così come nella fede, è solo smarrendosi che si può tornare a sé stessi; è solo spostandosi dal proprio punto di vista che si può recuperare la propria essenza:

"La religione è una con l’amore. L’amato non ci è opposto, è uno con la nostra essenza: in lui vediamo solo noi stessi, e tuttavia non è noi: miracolo che non siamo in grado di capire [...]"
(Amore e religione)

In questi scritti, possiamo individuare la prima manifestazione di ciò che, nel periodo maturo di Hegel, costituisce l'unità dialettica dell'intero. Nel saggio "Lo spirito del cristianesimo e il suo destino" (1798-1799), l'amore cristiano emerge come risultato di un processo storico che attraversa la fase della scissione: il popolo ebraico assume qui il ruolo di modello negativo, con la sua forma di religiosità che isolava il divino, separandolo dal mondo e perpetuava la separazione tra uomo e natura, tra gli uomini stessi; al contrario, il cristianesimo si configura come modello di unione che non annulla la differenza e l'opposizione, bensì le incorpora in sé, intensificandole. La centralità dell'amore conferisce una nuova dimensione anche alla figura di Cristo, non più portatore di un messaggio astratto di morale kantiana ma veicolo di pienezza di vita e di intuizione vissuta del divino.

La superiorità divina di Cristo non si presenta come un'imposizione opprimente, bensì come apertura incondizionata, un'accettazione che permette alla coscienza ferita dell'altro di espandersi, riconciliandosi con se stessa. Di fronte al peccatore, non c'è più la sanzione di una legge impersonale ma la "nostalgia per la vita perduta", un sentimento che, pur causando dolore, prepara il terreno per la formazione di un'unità più elevata e complessa, per la riconciliazione con il proprio destino, con sé stessi e col mondo. Questo sentimento, che riscopre la vita, è l'amore, la verità tanto cercata.

Tuttavia, l'esperienza storica del cristianesimo evidenzia anche i suoi limiti. L'amore cristiano si trova intrappolato in un dilemma: se si manifesta in una cerchia ristretta, è intenso ma esclude l'oggettività del mondo; se si diffonde nell'intera società, rischia di diluirsi trasformandosi in una banale filantropia o, peggio ancora, in ipocrisia. Nel "Frammento di sistema" del 1800, Hegel approfondisce ulteriormente il tema dell'unificazione: una vera unificazione può avvenire solo in una totalità viva che non elimina, bensì conserva le opposizioni interne, da intendere quindi come "unione di unione e di non unione". La strada per raggiungere questa totalità vivente passa attraverso la filosofia, ma non può risolversi in essa: la filosofia dell'intelletto, intesa solo come tale, è incapace di superare l'opposizione tra pensante e pensato; solo la religione può rappresentare il superamento, elevando il punto di vista del soggetto conoscente "da vita finita a vita infinita". Hegel qualifica la vita infinita come "spirito", un termine chiave nel suo pensiero, su cui torneremo in seguito.

"[...] la vita infinita può essere chiamata spirito, in opposizione alla pluralità astratta, poiché lo spirito è l’unità vivente del molteplice in opposizione al molteplice stesso inteso come forma dello spirito [...]. Lo spirito è la legge vivificante in unione con il molteplice che ne è vivificato [...]"
(Frammento di sistema del 1800)

Considerare lo spirito come "vita", abbracciando ogni diversità e superando ogni separazione, rappresenta inizialmente un approccio ispirato al neoplatonismo nel trattare il concetto di totalità come un'unità articolata e onnicomprensiva. Quest'ultima trae nutrimento da tutte le sue specifiche determinazioni.


Hegel a Jena

Con il suo arrivo a Jena, Hegel emerge sulla scena filosofica, pur rimanendo inizialmente all'ombra dell'amico più giovane ma già famoso, Schelling. La sua prima pubblicazione in questo contesto è una presa di posizione nel dibattito tra i maestri riconosciuti dell'idealismo, intitolata "Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling" nel 1801. Rispetto al periodo trascorso a Francoforte, la novità principale nella posizione di Hegel è l'attribuzione esplicita alla filosofia, anziché alla religione, del compito di realizzare la riconciliazione suprema tra finito e infinito, sensibile e intelligibile, necessità e libertà.

In questo nuovo contesto, Hegel critica le "filosofie della riflessione", come quelle di Kant, Jacobi e Fichte, che mantengono la separazione tra finito e infinito, soggetto e oggetto. Solo la filosofia schellinghiana, secondo Hegel, consente di superare questa opposizione, consentendo di comprendere l'assoluta unità del finito e dell'infinito, come già delineato nel Frammento di sistema.

Il "bisogno di filosofia" diventa, per Hegel, una necessità di unità che sorge dalla scissione e dalla crisi. La filosofia può offrire la possibilità di una sintesi superiore solo in questa situazione, procedendo dalla massima divisione. In "Fede e sapere" del 1802, Hegel sostiene che solo dalla "durezza" dell'"assenza di Dio" può emergere la "suprema totalità". Questo scritto mira a mostrare il contrasto tra fede e sapere nel processo di sviluppo del pensiero filosofico.

Negli scritti di Jena, Hegel esplora liberamente vari temi. Di particolare rilievo è il "Rapporto dello scetticismo con la filosofia" del 1802, che fornisce una chiave di lettura sulla concezione dialettica di Hegel, evidenziando l'importanza della negazione nella ricerca filosofica. In ambito storico-politico, Hegel affronta la ricerca di ricomposizione intorno al concetto di "popolo" e al realismo politico nella "Costituzione della Germania" (1801-1803), considerando l'unificazione nazionale tedesca.

Nelle lezioni tenute all'Università di Jena, si delineano i primi contorni dell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, con la tripartizione delle "scienze filosofiche" in "logica", "filosofia della natura" e "filosofia dello spirito". Tuttavia, la fusione completa tra logica e metafisica avviene solo dopo i corsi del 1804-1805, lasciando aperto il problema di una scienza preliminare. Questo compito preliminare, di guidare l'ascesa dal punto di vista del senso comune a quello della filosofia, viene affidato da Hegel alla Fenomenologia dello spirito, completata alla vigilia della battaglia di Jena nel 1806 e pubblicata l'anno successivo.



Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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