George Berkeley - Le leggi della natura


Immagine George Berkeley
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nei paragrafi 25-33 del suo Trattato sui principi della conoscenza umana, Berkeley sintetizza i concetti fondamentali della sua filosofia e descrive il ruolo di Dio come l'artefice che forma le nostre percezioni sensoriali, quelle che noi definiamo "cose reali". Queste ultime si manifestano a noi come "idee del senso", percepite secondo un ordine preciso impartito da Dio: questo processo è il fondamento attraverso il quale comprendiamo le "leggi della natura" e ci orientiamo nella realtà. L'argomentazione di Berkeley si sviluppa attraverso diversi punti chiave:

Le idee sono di natura passiva, non avendo la capacità di influenzare altre idee.
Le percepiamo in sequenza, notando come alcune emergano mentre altre svaniscono, legate tra loro da una catena di eventi.
La causa di questa sequenzialità non può essere attribuita né alle idee stesse né a entità materiali, che, come già dimostrato, non esistono.
Pertanto, la generazione delle idee può essere attribuita solo a un ente incorporeo.

Lo spirito umano, o mente, che possiede le facoltà dell'intelletto e della volontà, è capace di percepire e generare idee. Tuttavia, le idee che può generare autonomamente sono solo quelle dell'immaginazione, meno intense e meno persistenti delle "idee del senso", che percepiamo continuamente in un flusso ordinato e devono quindi essere prodotte da un altro spirito.
L'unico spirito capace di ordinare le idee nella nostra mente in modo così coeso è lo spirito divino.
In conclusione, Berkeley ci avverte di un comune errore di percezione: tendiamo a credere erroneamente che alcune entità esterne, come il Sole, siano la causa diretta di effetti che percepiamo (ad esempio il calore). In realtà, secondo Berkeley, tutto ciò che percepiamo e il modo in cui lo percepiamo sono modellati da Dio nella nostra mente.


Lettura


Tutte le nostre idee, sensazioni, ossia le cose che noi percepiamo, quali che siano i nomi con cui possano essere distinte, sono palesemente inattive; non c'è alcun potere o alcuna attività inclusi in esse. Così che un'idea, o un oggetto del pensiero, non possono produrre o fare alcuna alterazione in un altro. Per essere soddisfatti della verità di questo non è richiesto altro che una semplice osservazione delle nostre idee. Infatti, poiché esse e ogni parte di esse esistono solo nella mente, segue che non c'è niente altro in esse se non ciò che è percepito: ma chiunque presterà attenzione alle proprie idee, sia del senso che della riflessione, non percepirà in esse alcun potere o attività; non c'è perciò alcuna cosa simile contenuta in esse.

Una piccola attenzione ci mostrerà che l'essere reale di un'idea implica la passività e l'inerzia in essa, al punto che è impossibile per un'idea fare qualcosa, o, parlando rigorosamente, essere la causa di qualcosa: né può essere il ritratto o l'esempio di alcun essere attivo, come è evidente dal paragrafo 8. Dal che segue chiaramente che l'estensione, la figura e il movimento non possono essere la causa delle nostre sensazioni. Dire perciò che queste sono l'effetto del potere risultante dalla configurazione, dal numero, dal movimento e dalla grandezza dei corpuscoli, deve essere certamente falso.

Noi percepiamo una successione continua di idee, alcune sono suscitate ex novo, altre subiscono un cambiamento o scompaiono del tutto. C'è quindi qualche causa di queste idee, dalla quale esse dipendono e che le produce e le cambia. Che questa causa non possa essere alcuna qualità, o idea, o combinazione di idee, è chiaro dal paragrafo precedente. Deve perciò essere una sostanza; ma è stato mostrato che non c'e alcuna sostanza materiale o corporea: rimane quindi che la causa delle idee è una sostanza attiva incorporea, vale a dire Spirito.

Uno spirito è un essere semplice, indiviso, attivo; se percepisce idee è chiamato intelligenza, e se produce o opera altrimenti su esse è chiamato volontà. Per cui non può esserci alcuna idea formata di un'anima o di uno spirito; infatti tutte le idee quali che siano, essendo passive e inerti (cfr. § 25), non possono rappresentare a noi, secondo la modalità dell'immagine o della somiglianza, ciò che agisce.

Una modesta attenzione renderà chiaro a chiunque che avere un'idea, che sia simile a quel principio attivo del movimento e del cambiamento delle idee, è assolutamente impossibile. Tale è la natura dello Spirito, o di ciò che agisce, ossia che non può essere percepito in sé stesso, ma solamente dagli effetti che esso produce. Se qualche uomo dubitasse della verità di ciò che è pronunciato qui, lasciamolo riflettere e provare se può elaborare l'idea di qualche potere o essere attivo; e se egli abbia le idee dei due principali poteri, indicati dai nomi volontà e intelligenza, distinti l'uno dall'altro così come da una terza idea di sostanza o essere in generale, con la nozione relativa del suo sostenere o dell'essere il soggetto dei poteri suddetti, la quale è significata dal nome anima o spirito. Questo è ciò che alcuni ritengono; ma, per quanto possa vedere, le parole volontà, anima, spirito, non rappresentano idee differenti o, in verità, alcuna idea in genere, ma qualcosa che è molto differente dalle idee, e che, essendo un agente, non può essere simile ad alcuna idea, o rappresentato da quelle. Tuttavia deve essere riconosciuto, nello stesso tempo, che abbiamo alcune nozioni dell'anima, dello spirito, e delle attività della mente; come il volere, l'amare, l'odiare; nella misura in cui conosciamo o comprendiamo il significato di quelle parole.

Trovo di poter suscitare a piacimento le idee nella mia mente, e di variare e spostare la scena tanto quanto ritengo giusto. Niente più che il volerlo e immediatamente questa o quella idea sorgono nella mia fantasia; e dallo stesso potere è distrutta e lo stesso potere fabbrica la strada per un'altra. Questo farsi e disfarsi delle idee denomina molto propriamente attiva la mente. Questo è davvero certo e fondato sull'esperienza: ma quando parliamo di agenti non pensanti, oppure di idee suscitate indipendentemente dalla volontà, stiamo solamente divertendo noi stessi con le parole.

Ma qualunque potere possa avere sui miei propri pensieri, trovo che le idee attualmente percepite dal senso non hanno una simile dipendenza dalla mia volontà. Quando in pieno giorno apro i miei occhi non è in mio potere scegliere se vedrò o meno, o determinare quali particolari oggetti presenteranno sé stessi alla mia vista; e così parimenti per l'udito e gli altri sensi, le idee impresse in essi non sono creature della mia volontà. Perciò c'è qualche altra volontà o spirito che le produce.

Le idee del senso sono più forti, vivaci e distinte di quelle dell'immaginazione; inoltre hanno stabilità, ordine e coerenza, e non sono suscitate a casaccio come quelle che sono effetti delle volontà degli uomini spesso sono, ma in una successione regolare, o serie; l'ammirabile connessione della quale testimonia sufficientemente la saggezza e la benevolenza del suo Autore. Ora le regole poste o i metodi stabiliti con cui la mente, da cui noi dipendiamo, suscita in noi le idee dei sensi, sono chiamate Leggi di Natura; e queste apprendiamo dall'esperienza, la quale insegna a noi che tale e tale idea è seguita da tale e talaltra idea, nel corso ordinario delle cose.

Questo dà a noi un tipo di preveggenza, che ci mette in grado di regolare le nostre azioni a beneficio della vita. E senza questo saremmo eternamente nell'imbarazzo; non potremmo sapere come fare qualcosa che possa procurarci il minimo piacere, o togliere la minima fatica dai sensi. Che il cibo nutre, il sonno ristora, e il fuoco riscalda; che seminare nel periodo della semina è il modo di mietere al raccolto; e in generale che per ottenere questo o quel fine, sono efficaci tale o tal mezzo; tutto questo lo sappiamo, non scoprendo qualche connessione necessaria fra le nostre idee, ma solamente dall'osservazione delle prefissate leggi di natura, senza le quali saremmo tutti nell'incertezza e nella confusione, e un uomo adulto non saprebbe come condurre sé stesso negli affari della vita più di quanto un bambino appena nato.

Tuttavia questo lavoro uniforme e coerente, che tanto evidentemente mostra la bontà e la saggezza di quello spirito governante, la cui volontà costituisce le Leggi di Natura, è così lontano dal condurre i nostri pensieri a Lui, che li manda piuttosto a vagare fra le cause seconde. Infatti, quando percepiamo certe idee costantemente seguite da altre idee, e sappiamo che questo non è un nostro proprio fare, immediatamente attribuiamo potere e attività alle stesse idee, e facciamo l'una la causa dell'altra; della quale cosa niente può essere più assurdo e inintelligibile. Perciò, per esempio, avendo osservato che quando percepiamo con la vista una certa figura luminosa circolare, allo stesso tempo, percepiamo con il tatto l'idea o la sensazione chiamata calore, concludiamo da questo che il sole sia la causa del calore. E in maniera simile percependo che il movimento e la collisione dei corpi sono seguiti da un suono, siamo inclini a pensare il secondo effetto dei primi.

Le idee impresse nei sensi dall'Autore della Natura sono chiamate cose reali: e quelle suscitate nell'immaginazione, essendo meno regolari, vivaci e costanti, sono più propriamente definite idee, o immagini di cose, che esse copiano e rappresentano.

Ma pure le nostre sensazioni, quanto mai siano vivaci e distinte, sono nondimeno idee, cioè esistono nella mente, o sono da essa percepite, tanto realmente quanto le idee formate da essa. Le idee del senso sono riconosciute possedere più realtà in questo; vale a dire che sono più forti, ordinate e coerenti di quelle create dalla mente; ma questo non è un argomento per il quale esse esistano al di fuori della mente. Esse sono anche meno dipendenti dallo spirito, o dalla sostanza pensante che le percepisce, in quanto sono suscitate dalla volontà di un altro e più potente spirito: tuttavia sono ancora idee, e certamente nessuna idea, sia debole che forte, può esistere altrimenti che in una mente che la percepisce.


Guida alla lettura


1) Che cosa significa che le idee sono «palesemente inattive»?
Nel contesto del pensiero di Berkeley, affermare che le idee sono "palesemente inattive" significa che esse non hanno alcun potere o capacità di agire da sole o di causare cambiamenti in altre idee o oggetti. Berkeley sostiene che le idee, comprese tutte le nostre percezioni sensoriali e mentali, sono completamente passive e prive di forza intrinseca o di capacità causale.

Questo concetto è centrale nella filosofia idealista di Berkeley, che rifiuta l'esistenza di una materia esterna e sostiene che tutto ciò che percepiamo sono idee nella mente. Poiché le idee non possono avere attività o potere, non possono essere la fonte di altre idee né possono causare alcun effetto materiale. Di conseguenza, se osserviamo che le idee sembrano influenzarsi a vicenda o causare eventi nel mondo, ciò deve essere attribuito non alle idee stesse ma all'azione di una mente o spirito, come quello umano o divino.

In altre parole, Berkeley sostiene che l'osservazione diretta delle nostre idee mostra che non includono alcun potere di agire: sono meri oggetti di percezione, e non possono essere la causa di altre idee o eventi. Pertanto, per spiegare la nostra esperienza di causa ed effetto e la regolarità delle percezioni, dobbiamo presupporre l'esistenza di una mente superiore (Dio) che organizza e causa queste percezioni in modo coerente e prevedibile.

2) Con quale funzione viene identificata l'esistenza di una «sostanza attiva incorporea»?
Nel testo, l'esistenza di una «sostanza attiva incorporea» è identificata con la funzione di causare e regolare le idee del senso che percepiamo. Berkeley, nel contesto del suo idealismo, sostiene che le idee non possono avere una causa materiale, dato che la materia come sostanza indipendente dalla percezione non esiste. Pertanto, la successione regolare e ordinata delle idee del senso che sperimentiamo deve essere causata da una "sostanza attiva incorporea", che viene identificata con lo Spirito o Dio.

L'argomentazione di Berkeley si articola come segue:

Le idee sono passive e inerti, quindi non possono essere la causa di altre idee né possono essere causate da qualcosa di materiale (dato che la materia non esiste al di fuori della percezione).
La successione di idee deve avere una causa che non è materiale.
Questa causa non può essere una qualità, idea, o combinazione di idee, in quanto queste sono anch'esse passive.
Di conseguenza, la causa delle idee deve essere una "sostanza attiva incorporea".

Questa "sostanza attiva incorporea" è quindi responsabile della produzione delle idee del senso in modo coerente e regolato, il che riflette l'ordine e la coerenza del mondo come lo percepiamo. Questa attività divina è anche la base delle leggi di natura che sperimentiamo e che ci permettono di prevedere e agire efficacemente nella realtà. In sintesi, la funzione di questa sostanza attiva incorporea è di essere la causa ultima e l'organizzatore delle nostre esperienze sensoriali, operando attraverso la volontà divina.

3) Che differenza esiste tra intelligenza e volontà?
Nel contesto del pensiero di Berkeley, come esposto nel testo fornito, intelligenza e volontà sono due aspetti distinti dello spirito, sia umano che divino.

Intelligenza: Si riferisce alla capacità di percepire le idee. Essa è quella facoltà dello spirito che consente di comprendere e conoscere le idee, cioè di essere consapevoli e di riflettere su di esse. Nel testo, viene indicato che quando uno spirito percepisce idee, viene chiamato intelligenza. Quindi, l'intelligenza è fondamentalmente legata alla percezione e alla consapevolezza delle idee.
Volontà: Si riferisce alla capacità di agire su tali idee o di produrne di nuove. Questo aspetto dello spirito è collegato alla capacità di iniziativa e di modificazione dell'ordine delle idee. La volontà consente di creare, manipolare o cambiare le idee secondo il proprio desiderio. Nel testo, quando si menziona che uno spirito opera o produce idee, è descritto come volontà. In particolare, la volontà umana può produrre "idee dell'immaginazione", mentre quella divina produce le più vivide e reali "idee del senso" che percepiamo.

In sintesi, l'intelligenza è la capacità di percepire e comprendere le idee, mentre la volontà è quella di produrle o modificarle. Entrambe sono essenziali per definire le facoltà di uno spirito secondo Berkeley ma riguardano aspetti diversi dell'esperienza e dell'azione mentale.

4) Che cosa sono le «leggi di natura» secondo Berkeley e da quale volontà dipendono?
Secondo Berkeley, le "leggi di natura" sono i metodi stabiliti e le regole poste dalla mente divina per suscitare in noi le idee dei sensi. Esse non sono il risultato di connessioni necessarie tra le idee percepite tramite l'esperienza ma sono piuttosto l'espressione dell'ordine e della regolarità con cui Dio, il creatore e il sostentatore dell'universo, organizza le nostre percezioni sensoriali.

Queste leggi permettono agli esseri umani di prevedere eventi e conseguenze delle proprie azioni nella vita quotidiana, basandosi sull'osservazione e l'esperienza, e non tramite una comprensione intrinseca delle cause sottostanti. Per esempio, sappiamo che il cibo nutre o che il fuoco riscalda non perché comprendiamo una connessione necessaria tra queste idee, ma perché abbiamo osservato che queste sono le regole costantemente applicate da Dio.

In definitiva, le leggi di natura, secondo Berkeley, dipendono totalmente dalla volontà di Dio, lo spirito divino che produce e organizza le idee del senso nella mente umana. Questo spirito divino è l'unico vero agente attivo, mentre tutte le altre idee e sensazioni sono passive e non hanno alcuna capacità causale autonoma.


Guida alla Comprensione


1) Ricostruisci il ragionamento con il quale Berkeley pensa di dimostrare che la causa delle idee può essere soltanto una qualche sostanza spirituale.
Il ragionamento di Berkeley per dimostrare che la causa delle idee può essere soltanto una sostanza spirituale si articola in diversi passaggi chiave, basati sulla sua interpretazione idealista della realtà, secondo cui tutto ciò che esiste sono le idee nella mente. Ecco una ricostruzione del suo argomento basato sul testo che hai fornito:

Natura passiva delle idee: Berkeley inizia osservando che tutte le nostre idee e sensazioni sono passive e inerti. Questo significa che un'idea o un oggetto del pensiero non possono, da soli, produrre o alterare un'altra idea. Le idee sono impotenti e non possiedono alcuna capacità di causare cambiamenti.
Successione delle idee: Le idee non emergono o cambiano in modo casuale; sono percepite in una successione ordinata e coerenza logica. Questo suggerisce che c'è una regolarità e una prevedibilità nel modo in cui le idee si presentano alla nostra mente.
Esclusione della causa materiale: Poiché le idee sono inerti e la materia (come concepita tradizionalmente) è considerata da Berkeley inesistente o incapace di produrre idee, segue che la successione ordinata di idee non può essere il risultato di una causa materiale o di altre idee.
Introduzione dello spirito incorporeo come causa: L'unica spiegazione rimasta, secondo Berkeley, è che le idee devono essere causate da una sostanza attiva e incorporea, ovvero uno spirito. Uno spirito è un essere che può percepire idee (intelletto) e produrle o operare su di esse (volontà).
Distinzione tra idee di immaginazione e idee del senso: Le idee generate dall'immaginazione umana sono meno vivaci e meno coerenti rispetto alle idee del senso, che sono estremamente vivide e seguono una successione regolare. Questo suggerisce che mentre le menti umane possono produrre idee di immaginazione, solo uno spirito più potente e superiore, che Berkeley identifica con Dio, può essere la fonte delle idee del senso.
Dio come causa finale e ordinatrice: Berkeley conclude che le idee del senso, che formano la nostra esperienza della realtà, devono essere infuse nella nostra mente da Dio, che ordina queste idee in modo tale da permetterci di navigare e interagire con il mondo in modo prevedibile e coerente.

Questo ragionamento si basa sull'assunzione fondamentale che le idee non possono esistere indipendentemente da una mente che le percepisce, e che l'ordine e la coerenza nel nostro mondo percepito devono quindi essere il risultato dell'azione di una mente divina.

2) Che differenza esiste, secondo Berkeley, tra le «idee del senso» e le idee suscitate dall'immaginazione?
Secondo Berkeley, le differenze tra le «idee del senso» e le idee suscitate dall'immaginazione sono principalmente legate a come queste idee vengono percepite e da dove originano. Dal testo si evincono le seguenti distinzioni principali:

Origine e causa: Le idee del senso sono impresse nella nostra mente direttamente da Dio, l'Autore della natura. Questo significa che non derivano dalla volontà umana, ma piuttosto dalla volontà divina. Al contrario, le idee dell'immaginazione sono generate dalla mente umana stessa e possono essere modificate o create a piacimento dalla volontà dell'individuo.
Vivacità e distinzione: Le idee del senso sono descritte come più vivaci, forti e distinte rispetto a quelle dell'immaginazione. Questo implica una maggiore intensità e chiarezza percepita nelle idee del senso, che sono quindi più immediate e impattanti nella loro percezione.
Ordine e coerenza: Le idee del senso possiedono una stabilità, un ordine e una coerenza che non si ritrovano nelle idee dell'immaginazione. Le idee del senso seguono delle leggi di natura stabili e prevedibili, che ci permettono di orientarci nella realtà e di prevedere certi eventi. Le idee dell'immaginazione, invece, possono essere suscitate casualmente e non seguono necessariamente un ordine logico o naturale.
Dipendenza dalla volontà: Le idee suscitate dall'immaginazione dipendono strettamente dalla volontà dell'individuo; possono essere create, modificate o eliminate a piacimento. Invece, le idee del senso non hanno una simile dipendenza dalla volontà umana: emergono indipendentemente dal desiderio o dall'azione dell'individuo, essendo regolate dalla volontà di Dio.

In sintesi, Berkeley vede le idee del senso come dirette manifestazioni dell'ordine divino, più reali, coerenti e affidabili rispetto alle più flessibili e soggettivamente modulabili idee dell'immaginazione. Questa distinzione sottolinea il ruolo di Dio come mediato delle percezioni umane e la natura passiva dell'uomo nel processo di percezione della realtà.

3) A qual fine Dio ci permette di percepire le «leggi di natura»?
Dio ci permette di percepire le "leggi di natura" per diversi motivi fondamentali, come illustrato nel testo di Berkeley. Questi scopi includono:

Orientamento nella realtà: Le leggi della natura ci permettono di orientarci nella realtà e di capire come le cose accadono in un ordine prevedibile e regolare, facilitando così la nostra interazione con il mondo che ci circonda.
Regolazione delle azioni per il beneficio della vita: La conoscenza delle leggi di natura ci offre un tipo di preveggenza che ci permette di regolare le nostre azioni in modo da ottenere benefici e minimizzare le difficoltà nella vita quotidiana. Per esempio, sappiamo che il cibo nutre, il sonno ristora e il fuoco riscalda, e queste conoscenze ci permettono di agire in modo efficace per il nostro benessere.
Evitare l'incertezza e la confusione: Senza la comprensione delle leggi di natura, saremmo costantemente incerti e confusi su come agire in situazioni quotidiane, tanto che un adulto non saprebbe condurre la propria vita più di un bambino appena nato.
Rivelazione della saggezza e benevolenza divine: Le leggi di natura riflettono la saggezza e la benevolenza del loro Autore, Dio. La regolarità e coerenza dell'universo sono viste come testimonianze della cura divina per la creazione, dimostrando l'ordine e l'intento positivo di Dio verso l'umanità.

In sostanza, Berkeley vede la percezione delle leggi di natura come uno strumento attraverso il quale Dio ci guida e ci sostiene, permettendoci di vivere in un mondo ordinato e comprensibile, al fine di realizzare il nostro benessere e riconoscere la presenza e la provvidenza divina.

4) Perché la presunta differenza tra idee e cose è dichiarata da Berkeley irrilevante?
La posizione di George Berkeley riguardo alla presunta differenza tra idee e cose è fondata sul principio che tutte le nostre percezioni, sia quelle che chiamiamo "cose reali" (le idee del senso), sia quelle suscitate dalla nostra immaginazione, sono in realtà idee e non possono esistere indipendentemente da una mente che le percepisce. Berkeley afferma che ciò che percepiamo come "reale" sono in realtà idee impresse nella nostra mente da Dio, l'autore della natura.

La distinzione tra idee e cose diventa quindi irrilevante perché entrambe esistono solo come percezioni nella mente. Le "cose" che riteniamo esistano indipendentemente da noi sono, per Berkeley, non meno idee di quelle che emergono dalla nostra immaginazione. La differenza che percepiamo tra idee del senso e idee dell'immaginazione sta nella vivacità, nella costanza e nell'ordine con cui le prime ci appaiono ma entrambe sono comunque idee.

Berkeley sottolinea che la realtà di queste idee, la loro forza e coerenza, non le rende indipendenti dalla mente. Anche le idee più vivide e coerenti, quelle del senso, sono causate e sostenute dalla volontà di un altro spirito – quello divino – e non possono quindi avere una realtà autonoma fuori dalla mente. Così, la distinzione tra idee e cose è irrilevante in quanto entrambe sono manifestazioni all'interno della mente e non possiedono esistenza indipendente. Questo porta Berkeley a concludere che l'assunzione di una realtà materiale indipendente è erronea e che l'unica realtà effettiva è quella delle idee percepite nella mente.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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