Adam Smith - La simpatia e l'immaginazione


Immagine Adam Smith
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel primo capitolo del suo lavoro "Teoria dei sentimenti morali", Adam Smith delinea il ruolo cruciale che simpatia e immaginazione svolgono nella vita etica dell'individuo. Preceduto dal suo insegnante Francis Hutcheson, che aveva introdotto concetti quali i sensi esterni, il senso morale, e il senso dell'onore, aggiungeva un "senso pubblico" o "simpatia", descritto come la nostra inclinazione a gioire per la felicità altrui e a soffrire per le loro sventure. David Hume aveva poi elaborato ulteriormente queste idee, enfatizzando l'importanza dell'immaginazione e elevando la simpatia a chiave interpretativa delle modalità con cui gli individui condividono le emozioni altrui. Smith, tuttavia, espande e approfondisce le teorie di Hutcheson e Hume, posizionando la simpatia al centro del suo sistema etico: simpatizzare implica un giudizio morale, positivo o negativo, riguardo le condizioni emotive e passionali di chi agisce o subisce un'azione. Questo processo di approvazione comporta una valutazione complessa che integra la reattività emotiva con la capacità di immaginare e riflettere sulla condizione altrui.


Lettura


1. Per quanto egoista si possa ritenere l'uomo, sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni principi che lo rendono partecipe delle fortune altrui, e che rendono per lui necessaria l'altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla. Di questo genere è la pietà o compassione, l'emozione che proviamo per la miseria altrui, quando la vediamo, oppure siamo portati a immaginarla in maniera molto vivace. Il fatto che spesso ci derivi sofferenza dalla sofferenza degli altri è troppo ovvio da richiedere esempi per essere provato; infatti tale sentimento, come tutte le altre passioni originarie della natura umana, non è affatto prerogativa del virtuoso o del compassionevole, sebbene forse essi lo provino con più spiccata sensibilità. Nemmeno il più gran furfante, il più incallito trasgressore delle leggi della società ne è del tutto privo.

2. Dal momento che non abbiamo esperienza diretta di ciò che gli altri uomini provano, non possiamo formarci alcuna idea della maniera in cui essi vengono colpiti in altro modo che col concepire ciò che noi stessi proveremmo nella stessa loro situazione. Nonostante nostro fratello sia sotto tortura, finché ce ne stiamo tranquilli a nostro agio, i nostri sensi non ci informeranno mai di quel che sta soffrendo.

Non ci hanno mai condotto, e mai potranno condurci, al di là della nostra persona, ed è solo attraverso l'immaginazione che noi possiamo concepire quali siano le sue sensazioni. E tale facoltà non può aiutarci in questo, altro che col rappresentarci quali sarebbero le nostre sensazioni se fossimo noi al posto suo. Sono solo le impressioni dei nostri sensi, non quelle dei suoi, che le nostre immaginazioni copiano.

Con l'immaginazione noi ci mettiamo nella sua situazione, ci rappresentiamo mentre proviamo tutti i suoi stessi tormenti, come se entrassimo nel suo corpo, e diventiamo in una certa misura la sua stessa persona e di qui ci formiamo qualche idea delle sue sensazioni e proviamo persino qualcosa che, nonostante di grado più debole, non è del tutto diverso da esse.

I suoi tormenti, quando li abbiamo ricondotti a noi, quando li abbiamo adottati e fatti nostri, cominciano infine a far soffrire anche noi, e così tremiamo e trepidiamo al pensiero di ciò che egli prova. Infatti, come provare dolore o angoscia di qualsiasi genere provoca la più grande sofferenza, così rappresentarci o immaginare di provarlo suscita un certo grado della stessa emozione, in proporzione alla vivacità o alla debolezza della rappresentazione.

3. Che questa sia l'origine del nostro sentimento di partecipazione per la miseria altrui, che questo avvenga tramite un immaginario scambio di posto con chi soffre, che noi arriviamo a concepire ciò che egli prova, o a esserne colpiti, può essere dimostrato attraverso molte ovvie osservazioni, se non si dovesse ritenere abbastanza evidente di per sé. Quando vediamo che la gamba o il braccio di un'altra persona stanno per ricevere un colpo, istintivamente ci contraiamo e ritiriamo la nostra gamba o il nostro braccio, e quando il colpo cade, in una certa misura lo sentiamo anche noi, e ne siamo feriti quanto la vittima. [...]

4. E non sono solo queste situazioni che creano dolore o sofferenza a far sorgere il nostro sentimento di partecipazione. Qualunque sia la passione che da un qualsiasi oggetto sorge nella persona principalmente coinvolta, un'emozione analoga scaturisce, al pensiero della sua situazione, nell'animo di ogni attento spettatore. La nostra gioia per la liberazione degli eroi delle tragedie o dei racconti fantastici che ci stanno a cuore è sincera come la nostra pena per la loro angoscia, e il nostro sentimento di partecipazione per la loro miseria non è più reale che quello per la loro felicità. Prendiamo parte alla loro gratitudine verso quei fedeli amici che non li hanno lasciati soli nelle loro difficoltà, e condividiamo il loro risentimento contro quei perfidi traditori che li hanno feriti, abbandonati, o ingannati. In ogni passione cui la mente umana è soggetta, le emozioni dello spettatore corrispondono sempre a quelli che, riportando il caso a sé, egli immagina debbano essere i sentimenti della persona che soffre.

5. Pietà e compassione sono parole appropriate per significare il nostro sentimento di partecipazione per la sofferenza altrui. La parola simpatia, nonostante il suo significato fosse forse originariamente lo stesso, ora tuttavia può, senza eccessiva improprietà, essere usata per denotare il nostro sentimento di partecipazione per qualunque passione. [...]

7. Tutto ciò, comunque, non vale universalmente o per ogni passione. Ci sono alcune passioni la cui espressione non suscita alcun genere di simpatia, ma, ancor prima di sapere ciò che ha dato loro occasione di manifestarsi, serve piuttosto a disgustarci, e a rendercele ostili.

È più facile che il furente comportamento di un uomo in collera ci faccia irritare proprio contro di lui, piuttosto che contro i suoi nemici. Dal momento che non sappiamo cosa lo abbia provocato, non possiamo riportare il suo caso a noi stessi, né rappresentarci nulla di simile alle passioni da esso suscitate. Invece vediamo facilmente qual è la situazione di coloro che sono oggetti della sua collera, e a quale violenza possano essere esposti da un avversario tanto furente. Perciò, prontamente simpatizziamo con il loro timore o risentimento, e siamo immediatamente disposti a schierarci contro l'uomo da cui sembrano così minacciati. [...]

9. Anche la nostra simpatia per la pena o la gioia di un altro, prima che veniamo a conoscenza della loro causa, è sempre estremamente imperfetta. Delle lamentazioni generiche, che non esprimono altro che l'angoscia di colui che soffre, creano più una curiosità di indagare sulla sua situazione, insieme a una certa disposizione a simpatizzare con lui, che un'effettiva simpatia del tutto consapevole. La prima cosa che chiediamo è «Che ti è successo?». Finché non riceviamo risposta, nonostante la nostra ansia per la vaga idea della sua disgrazia, e ancor più per il nostro torturarci con congetture su cosa potrebbe essere capitato, il nostro sentimento di partecipazione non è molto profondo.

10. La simpatia, perciò, non sorge tanto dalla vista della passione, quanto dalla vista della situazione che la suscita. Proviamo a volte, al posto di un altro, una passione della quale lui stesso sembra del tutto incapace, perché, quando ci mettiamo nei suoi panni, quella passione sorge in noi dall'immaginazione, nonostante non sorga in lui dalla realtà.

Arrossiamo per la sfrontatezza e la rozzezza di un altro, nonostante egli stesso sembri non rendersi conto dell'inappropriatezza del suo comportamento, perché non possiamo evitare di sentire la vergogna di cui ci saremmo coperti se fossimo stati noi a comportarci in una maniera così assurda.

11. Di tutte le calamità a cui la condizione della mortalità espone il genere umano, la perdita della ragione appare, a coloro che abbiano il minimo barlume di umanità, di gran lunga la più terribile, ed essi guardano a quell'ultimo stadio dell'infelicità umana con la più profonda commiserazione. Ma il povero infelice che la vive di persona forse ride e canta, e non si accorge affatto della sua disgrazia. L'angoscia che l'umanità prova a una simile vista, perciò, non può essere il riflesso di qualche sentimento della persona sofferente. La compassione dello spettatore deve sorgere interamente dalla considerazione di ciò che lui stesso proverebbe se fosse ridotto nella stessa infelice situazione, rimanendo, cosa forse impossibile, allo stesso tempo capace di osservarla con la sua attuale ragione e il suo attuale giudizio.

12. Quali sono le sofferenze di una madre, quando sente i lamenti del suo bimbo malato, incapace di esprimere quello che prova? Nel farsi l'idea di ciò che lui soffre, lei collega all'effettiva impotenza del figlio i suoi personali terrori per le oscure conseguenze del male, e forma, con sua grande sofferenza, la più perfetta immagine di miseria e pericolo. Il piccolo, invece, sente solo il male dell'istante, che non può mai essere tanto grande. Riguardo al futuro, egli è perfettamente tranquillo, e nella sua assenza di riflessione e previdenza, possiede un antidoto contro paura e ansietà, i grandi tormenti dell'animo umano, dai quali invano la ragione e la filosofia cercheranno di difenderlo quando diventerà un uomo.


Guida alla lettura


1) Qual è, secondo Smith, l'origine dei sentimenti di partecipazione ai dolori e alla felicità altrui?
Secondo Adam Smith, l'origine dei sentimenti di partecipazione ai dolori e alla felicità altrui risiede nella capacità di immaginazione, attraverso la quale le persone si mettono nella situazione altrui. Questo processo coinvolge l'immaginare di essere la persona che soffre o prova gioia, provando così, in una misura più debole, le stesse sensazioni. Smith spiega che non possiamo conoscere direttamente le sensazioni altrui, ma possiamo rappresentarci mentalmente cosa proveremmo noi stessi se fossimo nella loro situazione. Questa rappresentazione delle sensazioni altrui attraverso l'immaginazione è ciò che scatena in noi un sentimento di partecipazione, che ci porta a soffrire per la loro sofferenza o a gioire per la loro felicità.

Inoltre, Smith aggiunge che questo processo di simpatia non avviene solo in risposta a sensazioni di dolore o disagio, ma può essere scatenato da qualsiasi passione o emozione che la persona osservata sta provando. La nostra simpatia, quindi, scaturisce dalla comprensione della situazione che ha suscitato tali passioni nella persona coinvolta, più che dalla visione diretta della passione stessa.

2) Su quale operazione mentale si basa la nostra capacità di metterci al posto degli altri?
La capacità di metterci al posto degli altri si basa sull'operazione mentale dell'immaginazione. Nel testo, viene spiegato che non possiamo avere un'esperienza diretta di ciò che provano gli altri, e l'unico modo per comprendere le loro sensazioni è attraverso l'immaginazione. Utilizzando questa facoltà, ci rappresentiamo mentalmente le sensazioni che potremmo provare se ci trovassimo nella stessa situazione della persona che osserviamo. Così facendo, possiamo formarci un'idea di quello che l'altra persona sta provando e persino provare un sentimento simile, seppur di grado più debole. Questo processo è descritto come un "immaginario scambio di posto" con la persona che soffre, che ci permette di partecipare emotivamente alle sue esperienze.

3) Con quali passioni possiamo entrare in sintonia?
Il testo di Adam Smith, tratto dalla "Teoria dei sentimenti morali", spiega che possiamo entrare in sintonia con una vasta gamma di passioni e sentimenti umani attraverso il processo di simpatia. Ecco le principali passioni con cui possiamo simpatizzare secondo il testo:

Sofferenza e Dolore: Siamo naturalmente capaci di simpatizzare con la sofferenza altrui. Quando vediamo qualcuno provare dolore, attraverso l'immaginazione, ci mettiamo nei suoi panni e proviamo una forma di quel dolore, sebbene in grado più debole.
Gioia e Felicità: Simpatizziamo anche con le emozioni positive di altre persone. Ad esempio, proviamo gioia per la liberazione dei protagonisti delle storie o dei drammi che ci interessano, e questa gioia è tanto sincera quanto il dolore che proviamo per la loro angoscia.
Paura e Risentimento: Quando percepiamo che qualcuno è minacciato o in pericolo, possiamo rapidamente simpatizzare con la sua paura o risentimento, a volte schierandoci contro colui che rappresenta una minaccia.
Vergogna e Imbarazzo: Possiamo anche provare imbarazzo o vergogna per le azioni di altri, soprattutto se riteniamo che tali azioni siano inappropriate o sconvenienti, anche se la persona coinvolta non sembra esserne consapevole.
Compassione per Calamità Estreme: Ad esempio, la perdita della ragione viene vista con profonda compassione da chi è capace di umanità, anche se l'individuo direttamente colpito può non rendersi conto della sua situazione.

Queste capacità di simpatizzare con le passioni altrui non sono limitate ai sentimenti di chi è considerato virtuoso o compassionevole; sono invece caratteristiche intrinseche della natura umana, accessibili a tutti indipendentemente dal loro carattere morale.

4) Perché prima di partecipare alla pena altrui vogliamo conoscerne i motivi?
Secondo il testo, la nostra simpatia per la pena altrui, prima di conoscere la causa specifica del loro dolore, è generalmente "estremamente imperfetta". Questo avviene perché le manifestazioni generiche di sofferenza tendono a suscitare più una curiosità di indagare sulla situazione specifica dell'individuo, accompagnata da una certa predisposizione a simpatizzare con lui, piuttosto che una simpatia pienamente consapevole ed efficace.

Inoltre, il testo suggerisce che, quando osserviamo qualcuno soffrire, la nostra prima reazione è spesso quella di chiedere "Che ti è successo?". Fino a quando non riceviamo una risposta, la nostra ansia per la situazione vaga dell'altra persona, e il nostro tormentarci con congetture su cosa potrebbe essere accaduto, impediscono che il nostro sentimento di partecipazione diventi profondo e significativo.

Quindi, vogliamo conoscere i motivi della pena altrui per poter meglio immaginare la loro situazione e quindi simpatizzare più autenticamente e profondamente, essendo la simpatia, come spiegato, più una questione di comprendere e condividere le emozioni derivanti dalla situazione specifica che causa la passione, piuttosto che una mera reazione alla manifestazione visibile della sofferenza stessa.


Guida alla Comprensione


1) Spiega il ruolo dell'immaginazione nell'elaborazione di sentimenti di trasposizione negli altri.
Nel testo estratto dalla "Teoria dei sentimenti morali" di Adam Smith, l'immaginazione gioca un ruolo cruciale nell'elaborazione dei sentimenti di trasposizione, o simpatia, verso gli altri. Smith espone come l'immaginazione permetta agli individui di mettersi nei panni di altri, immaginando come si sentirebbero se si trovassero nelle stesse circostanze.

Immedesimazione: L'immaginazione consente di rappresentare mentalmente e di provare, seppur in misura attenuata, i tormenti o le emozioni altrui. Quando osserviamo qualcuno in una situazione dolorosa o difficile, tramite l'immaginazione ci mettiamo nel suo corpo e nella sua mente, arrivando a formarci un'idea delle sue sensazioni e a provare un sentimento simile al suo.
Processo di identificazione: Smith spiega che, non avendo esperienza diretta delle sensazioni altrui, l'unico modo per comprendere ciò che gli altri provano è attraverso il processo di immedesimazione. Questo avviene concependo ciò che noi stessi proveremmo nella stessa situazione. Ad esempio, se vediamo qualcuno che sta per ricevere un colpo, istintivamente ci ritraiamo, immaginando il dolore che ciò potrebbe causare.
Empatia e condivisione emotiva: Attraverso l'immaginazione, non solo ci identifichiamo con il dolore o il piacere degli altri, ma arriviamo anche a provare emozioni simili. Smith illustra come la gioia o il dolore altrui possano scatenare reazioni emotive analoghe in chi osserva, proprio perché l'immaginazione attiva un parallelo emotivo interno.
Limiti e specificità: Il testo rileva anche i limiti dell'immaginazione nella simpatia. Ad esempio, è più difficile empatizzare con la collera di qualcuno se non conosciamo il motivo della sua ira, perché non possiamo immaginare in modo adeguato la sua situazione. Inoltre, la simpatia non è sempre perfetta o completa senza una comprensione delle cause delle emozioni altrui.

In sintesi, secondo Smith, l'immaginazione è fondamentale per sviluppare la capacità di simpatizzare con gli altri. Permette di andare oltre la nostra esperienza personale, aiutandoci a comprendere e a condividere le emozioni e le situazioni di altre persone, creando un ponte emotivo e cognitivo essenziale per la moralità e l'etica sociale.

2) Spiega quali fattori possono limitare la nostra disposizione a partecipare alle passioni che percepiamo o supponiamo negli altri.
Il testo analizza diversi fattori che possono limitare la nostra capacità di simpatizzare o partecipare emotivamente alle passioni degli altri, mettendo in luce come le dinamiche della simpatia funzionino e quali ostacoli possano presentarsi. Ecco alcuni dei fattori limitanti identificati nel testo:

Mancanza di conoscenza diretta e personale delle circostanze dell'altro: Come spiegato nel passaggio, non possiamo sperimentare direttamente quello che sentono gli altri, quindi dobbiamo affidarci all'immaginazione per figurarci come potremmo sentirsi se fossimo nella loro situazione. Questo processo può essere imperfetto e limitato dalla nostra capacità di immaginare accuratamente le sensazioni altrui.
La differenza tra percezione e realtà delle emozioni altrui: Spesso simpatizziamo non tanto con le emozioni reali della persona, quanto con quelle che noi immaginiamo essa provi, basandoci sulla nostra percezione della sua situazione. Ciò può portare a una disconnessione tra ciò che realmente prova l'individuo e ciò che noi percepiamo e sentiamo.
Le emozioni negative espressive possono generare risposte contrarie: Ad esempio, il comportamento irritabile o furente di una persona può suscitare antipatia piuttosto che simpatia per la sua situazione, soprattutto se non conosciamo il contesto o le cause della sua rabbia.
La generica espressione di dolore o angoscia: Queste possono sollevare più curiosità e domande sul contesto del dolore piuttosto che un sentimento di simpatia consapevole. Senza una comprensione chiara delle cause specifiche del disagio di una persona, la nostra capacità di simpatizzare può essere superficiale o limitata.
Limiti della nostra immaginazione e sensibilità: La nostra capacità di simpatizzare è limitata anche dalla vivacità o debolezza con cui possiamo immaginare le sofferenze altrui. Se la nostra immaginazione non è particolarmente vivida o se tendiamo a rimuovere mentalmente le esperienze dolorose, potremmo non essere in grado di connetterci profondamente con le emozioni degli altri.

In sintesi, la nostra simpatia è limitata non solo dalle nostre capacità personali di immaginazione e comprensione, ma anche dalla quantità e qualità delle informazioni che abbiamo sulle esperienze altrui. Questi fattori possono rendere la nostra risposta emotiva meno accurata o meno intensa di quanto potrebbe essere in condizioni ideali.

3) Smith fornisce alcuni esempi che chiariscono come l'effetto della simpatia sia mediato da un giudizio sul comportamento o sulla persona osservata. Si tratta a tuo parere di un giudizio morale? La sua origine ti sembra istintiva, culturale o razionale e meditata?
Nel testo di Adam Smith sulla "Teoria dei sentimenti morali", l'effetto della simpatia è chiaramente mediato da un processo di valutazione che implica una componente di giudizio. Tuttavia, questo giudizio non sembra essere puramente morale nel senso stretto, ma piuttosto un meccanismo complesso che coinvolge l'immaginazione e la capacità di mettersi nella posizione altrui per comprendere e condividere le loro emozioni. Smith sottolinea come, attraverso l'immaginazione, ci mettiamo nei panni dell'altro, avvertendo in maniera più o meno intensa le stesse emozioni, il che suggerisce una sorta di valutazione empatica più che strettamente morale.

Quanto all'origine di questa simpatia, Smith non la definisce come completamente istintiva, né totalmente razionale e meditata. La simpatia pare emergere da un processo innato, come indicato dall'esempio in cui istintivamente ci si ritrae vedendo qualcun altro in procinto di ricevere un colpo, ma viene anche influenzata e modulata dall'immaginazione e dalla riflessione, che sono processi più razionali e culturalmente mediati. Questo mix suggerisce che la simpatia sia un fenomeno complesso dove interagiscono elementi istintivi e culturali, arricchiti da una dimensione di riflessione personale che ne modula l'espressione in contesti sociali specifici.

In sintesi, Smith presenta la simpatia come un fenomeno radicato in una facoltà umana innata, ma la sua manifestazione e il suo sviluppo sono influenzati da fattori culturali e da un processo cognitivo che implica immaginazione e riflessione. Questi elementi contribuiscono a formare una risposta empatica che può avere, tra le altre, anche una dimensione morale, specialmente quando si valutano le situazioni di altri esseri umani da una prospettiva etica o di giustizia.

4) Spiega l'anomalia della compassione per chi ha perso la ragione: perché soffriamo in questo caso una pena che il soggetto interessato non sente? Per quali aspetti è simile a questo il caso della madre e del bambino?
L'anomalia della compassione per chi ha perso la ragione, descritta nel testo, risiede nel fatto che gli spettatori provano una profonda commiserazione per l'individuo che ha perso la ragione, benché questa persona possa non essere affatto consapevole della propria condizione e persino vivere momenti di gioia e allegria. Questo tipo di compassione si basa non sulle sensazioni reali della persona sofferente, ma sulla considerazione di quello che lo spettatore stesso proverebbe se si trovasse in quella situazione, pur mantenendo la propria capacità di giudizio e ragione.

Questo tipo di compassione è simile al caso della madre che soffre vedendo il suo bambino malato, descritto verso la fine del testo. La madre percepisce il dolore del bambino in maniera acuita, non solo per il disagio immediato che il bambino sente, ma anche per le possibili gravi conseguenze future del suo malessere, che il bambino stesso non è in grado di prevedere o di temere. La madre usa la sua capacità di riflessione per anticipare il pericolo e le complicazioni che potrebbero derivarne, aggravando così il suo senso di sofferenza.

In entrambi i casi, la compassione e il dolore provati dagli spettatori (o dalla madre) derivano non tanto da quello che la persona diretta interessata sta effettivamente sentendo, ma piuttosto da una proiezione di ciò che lo spettatore immagina di sentire se fosse al posto dell'altro. Questa è una forma di empatia amplificata dalla propria capacità di immaginare e riflettere sulla situazione altrui, piuttosto che una risposta diretta alle emozioni espresse dalla persona stessa.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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